La domanda di riparazione per ingiusta detenzione può essere presentata a mezzo PEC?
20 Ottobre 2023
La vicenda esaminata con la sentenza 27 settembre 2023, n. 40483 trae origine dal ricorso per cassazione proposto da (omissis) avverso l'ordinanza con la quale la Corte di appello aveva dichiarato inammissibile l'istanza di riparazione per ingiusta detenzione proposta in relazione alla privazione della libertà personale subita, nella forma della custodia cautelare in carcere, nell'ambito di un procedimento conclusosi con decreto di archiviazione. La pronuncia di inammissibilità si fondava sul rilievo che l'istanza non recava alcuna procura speciale in calce all'atto, mentre si trovava pinzato, privo di autonomo timbro di deposito, un atto separato costituito da una fotocopia a colori di una procura speciale priva di data siglata (e non firmata per esteso) dal ricorrente con firma autentica del difensore. Il ricorrente contestava la rilevanza attribuita alla collocazione della procura speciale, evidenziando che è principio consolidato nella giurisprudenza che la procura speciale con firma autentica del difensore apposta su foglio separato, ma materialmente congiunto all'atto, sia equiparabile alla procura redatta a margine o in calce. Deduceva, inoltre, con riguardo al contenuto, che non potevano esservi dubbi circa la volontà del ricorrente di consentire al difensore di depositare l'istanza quale suo procuratore speciale, con inequivoco riferimento al procedimento penale; che la data della procura poteva desumersi dalla trasmissione a mezzo PEC della domanda corredata di procura in data 15 luglio 2020. In ogni caso, dunque, la difesa aveva già trasmesso l'istanza a mezzo PEC e la Corte territoriale non aveva rilevato alcun difetto relativo alle modalità di trasmissione. La Corte ha accolto il ricorso, evidenziando, con riguardo al profilo della collocazione della procura speciale e della firma apposta dall'interessato non per esteso, che l'art. 315 c.p.p., nel disciplinare il procedimento per la riparazione dell'ingiusta detenzione, richiama le norme sulla riparazione dell'errore giudiziario e, pertanto, l'art. 645 c.p.p. dove è previsto che l'istanza deve essere presentata dalla parte interessata o da un procuratore speciale. Con particolare riferimento alla istanza di riparazione per ingiusta detenzione, proponibile solo dall'interessato o da un suo procuratore speciale ex art. 122 c.p.p., costituisce, dunque, requisito imprescindibile di ammissibilità la riferibilità certa dell'atto alla persona dell'interessato, desumibile da elementi oggettivi, inequivocabilmente apprezzabili e sussistenti sin dalla sua presentazione (Cass. pen. 30404/2023). Ora, la difesa ritiene che, indipendentemente dai rilievi formulati nell'ordinanza circa l'autenticazione della firma in presenza, la riferibilità dell'atto all'interessato si sarebbe dovuta, in ogni caso, desumere dalla procura speciale allegata al ricorso depositato a mezzo PEC e si tratta di un assunto corretto. Invero, la Corte di legittimità ha affermato, proprio in tema di riparazione per ingiusta detenzione, che devono ritenersi mere imprecisioni formali, non inficianti la validità della procura speciale, le irritualità che non pregiudicano la ricostruzione in termini di certezza della volontà della parte di conferire al difensore un mandato riferito alla richiesta di indennizzo, posto che il per il rilascio della procura non sono previste formule sacramentali (Cass. pen. n. 48571/2013). Con riferimento poi al tema, del tutto trascurato nell'ordinanza impugnata, della domanda presentata a mezzo PEC, i giudici della quinta sezione hanno disatteso il principio affermato dalla sentenza della Corte (Cass. pen. sez. IV, n. 39765/2019, Lyadi), secondo cui la domanda di riparazione per ingiusta detenzione non può essere presentata a mezzo PEC, trattandosi di istanza che deve essere proposta seguendo le forme del codice di rito penale (art. 645 c.p.p., richiamato dall'art. 315, comma 3, c.p.p.), quindi per iscritto e con deposito nella cancelleria della Corte di appello che ha pronunciato la sentenza. A tale conclusione il giudice di legittimità era giunto osservando che al procedimento per ingiusta detenzione, ancorchè concernente l'esistenza di un'obbligazione pecuniaria nei confronti di un soggetto colpito da custodia cautelare, si applicano le norme del codice di rito penale e che, secondo la giurisprudenza di legittimità, nel processo penale non è consentito alla parte privata l'uso della PEC per la trasmissione dei propri atti alle altre parti né per il deposito presso gli uffici, perché l'utilizzo di tale mezzo informatico – ai sensi dell'art. 16, comma 4, d.l. n. 179/2012, conv. con modif. dalla l. n. 221/2012 – è riservato alla sola cancelleria per le comunicazioni richieste dal pubblico ministero ex art. 151 c.p.p. e per le notificazioni ai difensori disposte dall'autorità giudiziaria. In contrario avviso i giudici della quinta sezione penale hanno rilevato che l'introduzione nel periodo emergenziale di una serie di disposizioni che hanno consentito alle parti private il deposito in cancelleria di determinati atti del procedimento penale a mezzo posta elettronica certificata (art. 24, comma 4, d.l. n. 137/2020, conv. con modif. dalla l. n. 176/2020, che esclude espressamente il deposito a mezzo PEC degli atti elencati ai commi 1 e 2, segnatamente gli atti il cui deposito avviene tramite il portale del processo penale telematico) ha reso ammissibile, in linea di princìpio, il deposito dell'istanza di riparazione per ingiusta detenzione eseguita a mezzo PEC in data 15 luglio 2020. Per le ragioni espresse, la Corte in accoglimento del ricorso, ha disposto l'annullamento dell'ordinanza impugnata con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Cagliari per il riesame dell'istanza alla luce dei principi sopra esposti. |