Licenziamenti collettivi: nelle more della nuova rappresentanza sindacale, il datore che non informa e consulta i singoli lavoratori non viola il diritto UE

La Redazione
26 Ottobre 2023

Con sentenza del 5 ottobre 2023 (C-496/22), la CGUE si è pronunciata su rinvio pregiudiziale inerente a un ricorso da parte di un lavoratore rumeno oggetto di un licenziamento collettivo della società datrice durante il periodo dell'epidemia da Covid-19. Ricorrendo in giudizio difronte alle Corti rumene, l'interessato lamentava di non esser stato informato di detta procedura, mentre la società datrice affermava che, poiché erano scaduti i mandati dei rappresentanti dei lavoratori e non ne erano stati nominati dei nuovi, aveva omesso la fase di informazione e consultazione, sostenendo che era oggettivamente impossibile svolgere tali fasi trovandosi in una «situazione atipica». Il giudice di rinvio, constatando una diversa interpretazione della direttiva 98/59/CE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi che ha condotto a decisioni giudiziarie contrastanti sulla legittimità di una procedura di licenziamento collettivo, si è pertanto rivolto alla CGUE ai fini della corretta applicazione del diritto dell'Unione. Per la Corte, anche se la direttiva sui licenziamenti collettivi non prescrive alcun obbligo a carico dei lavoratori di nomina dei rappresentanti dei lavoratori, esiste tuttavia un obbligo giuridico dell'UE per gli Stati membri di adottare tutti i provvedimenti utili affinché vengano designati dei rappresentanti dei lavoratori e che «i lavoratori non si trovino in una situazione in cui, per motivi indipendenti dalla loro volontà, essi sono impossibilitati a designare tali rappresentanti».

Con sentenza del 5 ottobre 2023 (C-496/22), la Corte di Giustizia dell'Unione Europea si è pronunciata in relazione ad una causa avente ad oggetto la direttiva 98/59/CE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi.

Nello specifico, il 14 agosto 2014 il ricorrente, in qualità di dipendente, aveva concluso un contratto di lavoro con una società rumena, convenuta nel caso di specie in qualità di datore di lavoro. Detta società, a causa della pandemia di Covid-19, si è trovata a dover ridurre significativamente le sue attività in tutto il paese, effettuando dei tagli sul personale, notificando il 12, 13 e 15 maggio 2020 alle autorità coinvolte una procedura di licenziamento collettivo volta a sopprimere 128 posti di lavoro a livello nazionale. Tuttavia, nella notifica si prevedeva l'esecuzione dei licenziamenti tra il 19 maggio e il 2 luglio 2020, periodo in cui il mandato dei rappresentanti dei dipendenti dell'azienda era già scaduto e non era stato rinnovato.

Dunque, il datore di lavoro non aveva comunicato la propria intenzione di rendere noti i licenziamenti collettivi ai lavoratori o ai rappresentanti precedentemente designati. Poiché non erano stati nominati nuovi rappresentanti dei lavoratori, la società ha omesso la fase di informazione e consultazione, sostenendo che era oggettivamente impossibile svolgere tali fasi trovandosi in una «situazione atipica».

In tale contesto, uno dei lavoratori coinvolti dal licenziamento ha presentato ricorso. In appello, i giudici rumeni hanno ritenuto che la decisione di licenziamento fosse stata legittimamente adottata e che la procedura di licenziamento collettivo rispettava le fasi previste dalla legge, nonostante il fatto che la fase di informazione e consultazione dei lavoratori non avesse avuto luogo.

Il ricorrente ha interposto appello avverso tale decisione dinanzi al giudice del rinvio, il quale ha ritenuto che  uno degli obiettivi della direttiva 98/59/CE è quello di garantire la partecipazione dei lavoratori alla procedura di licenziamento collettivo e, a tal fine, impone ai datori di lavoro di informare e consultare i lavoratori, tramite i loro rappresentanti, in una fase preliminare della procedura di licenziamento collettivo. A suo avviso, infatti, «dall'interpretazione dell'articolo 2, paragrafo 3, della direttiva 98/59, in combinato disposto con l'articolo 6 di tale direttiva, emerge che la fase di informazione e di consultazione dei lavoratori, anche in assenza di rappresentanti dei lavoratori, è obbligatoria nell'ambito di una procedura di licenziamento collettivo, e ciò nonostante il fatto che essa non modifichi affatto il piano di ristrutturazione previsto dal datore di lavoro».

Altri giudici di secondo grado, secondo un'interpretazione letterale della direttiva, giungono alla conclusione opposta: in assenza di rappresentanti dei lavoratori, il datore di lavoro sarebbe esonerato dall'obbligo di informazione e consultazione. Tale diversa interpretazione conduce a decisioni giudiziarie contrastanti sulla legittimità di una procedura di licenziamento collettivo, portando il giudice del rinvio a chiedere una risposta alla CGUE ai fini della corretta applicazione del diritto dell'Unione.

In tali circostanze il giudice del rinvio chiede dunque alla CGUE:

1) Se l'art. 1, § 1, primo comma, lett. b) e l'art. 6 dir. 98/59/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, in combinato disposto con i considerando 2 e 6 di tale direttiva, ostino a una normativa nazionale in forza della quale un datore di lavoro può astenersi dal consultare i lavoratori sottoposti a una procedura di licenziamento collettivo in quanto questi ultimi non hanno designato rappresentanti e non sono obbligati a farlo ex lege ;

2) Se l'art. 1, § 1, primo comma, lettera b) e l'art. 6 dir. 98/59/CE debbano essere interpretati nel senso che, nella predetta ipotesi, il datore di lavoro debba informare e consultare tutti i lavoratori sottoposti a una procedura di licenziamento collettivo.

Nelle sue conclusioni, la CGUE ha stabilito che: «L'articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera b), l'articolo 2, paragrafo 3, e l'articolo 6 della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, come modificata dalla direttiva (UE) 2015/1794, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 ottobre 2015» (…) «non ostano a una normativa nazionale che non prevede alcun obbligo per un datore di lavoro di consultare individualmente i lavoratori coinvolti da un progetto di licenziamento collettivo, qualora tali lavoratori non abbiano designato rappresentanti dei lavoratori, e che non obbliga detti lavoratori a procedere a una simile designazione, a condizione che tale normativa consenta, in circostanze indipendenti dalla volontà degli stessi lavoratori, di garantire la piena efficacia di tali disposizioni della direttiva 98/59, come modificata».

La Corte specifica che, nel caso di specie, la normativa nazionale rumena non prevede un obbligo per i lavoratori di procedere alla designazione di rappresentanti e anche se la direttiva sui licenziamenti collettivi non prescrive alcun obbligo a carico dei lavoratori di nomina dei rappresentanti dei lavoratori, esiste tuttavia un obbligo giuridico dell'UE per gli Stati membri di adottare tutti i provvedimenti utili affinché vengano designati dei rappresentanti dei lavoratori e che «i lavoratori non si trovino in una situazione in cui, per motivi indipendenti dalla loro volontà, essi sono impossibilitati a designare tali rappresentanti».

Sul tema, si rimanda alla Giurisprudenza commentata di M. TALARICO, Licenziamenti collettivi e diritto di informazione e consultazione dei lavoratori: la questione della mancata designazione dei rappresentanti dei lavoratori