Indipendenza della magistratura: il pensionamento anticipato obbligatorio dei giudici rappresenta una misura arbitraria e discriminatoria che viola la CEDU

30 Ottobre 2023

La Corte EDU, con sentenza del 24 ottobre 2023, ha affermato che le modifiche legislative che avevano abbassato l'età pensionabile dei giudici in Polonia, e subordinato la continuazione delle funzioni di giudice dopo il raggiungimento dell'età pensionabile all'autorizzazione del Ministro di Giustizia e dal Consiglio Nazionale della Magistratura, hanno compromesso il diritto dei giudici di godere di protezione dalle decisioni arbitrarie da parte del potere legislativo ed esecutivo. Nel caso di specie, la Corte ha rilevato una violazione del diritto di accesso ad un tribunale, del divieto di discriminazione e del diritto al rispetto della vita privata ai sensi della CEDU. La normativa, infatti, abbassando l'età pensionabile da 67 a 60 anni per le donne e a 65 per gli uomini, aveva introdotto una discriminazione fondata sul sesso per gli appartenenti alla stessa professione, con conseguenze negative sulle loro prospettive in termini di carriera professionale e personale

Nella sentenza del 24 ottobre 2023 (n. 25226/18, n. 25805/18, n. 8378/19 e n. 43949/19), la Corte europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto, a maggioranza, che vi erano stati:

  • una violazione dell'art. 6 § 1 CEDU (diritto di accesso ad un tribunale) nei confronti di tutti i ricorrenti;
  • una violazione dell'art. 14 CEDU (divieto di discriminazione) in combinato disposto con l'art. 8 CEDU (diritto al rispetto della vita privata) nei confronti dei tre ricorrenti che avevano presentato denunce ai sensi di tali disposizioni.

Il caso riguardava quattro giudici che lamentavano modifiche legislative che avevano abbassato l'età pensionabile dei giudici da 67 a 60 anni per le donne e a 65 per gli uomini, e avevano subordinato la continuazione delle funzioni di giudice dopo il raggiungimento dell'età pensionabile all'autorizzazione del Ministro di Giustizia e dal Consiglio Nazionale della Magistratura (“NCJ”).

La Corte EDU ha ritenuto che i giudici dovessero godere di protezione dalle decisioni arbitrarie da parte del potere legislativo ed esecutivo e che solo il controllo da parte di un organo giudiziario indipendente della legalità di una misura contestata potesse rendere effettiva tale protezione.

Nel caso di specie, ha ritenuto che le decisioni prese nei confronti di ciascun ricorrente dal Ministro della Giustizia e dal NCJ avevano costituito un'ingerenza arbitraria e illecita nella sfera dell'indipendenza della magistratura e della tutela dalla rimozione dalle funzioni giudiziarie, da parte del rappresentante del potere esecutivo e l'organismo a esso subordinato. Essa ha concluso che il diritto dei ricorrenti di accesso ad un tribunale era stato così compromesso nella sua stessa essenza.

La Corte EDU ha inoltre ritenuto che la normativa censurata avesse chiaramente introdotto una differenza di trattamento, fondata sul sesso, per quanto riguarda l'età pensionabile obbligatoria per gli appartenenti alla stessa professione. Essa ha rilevato che la vita lavorativa dei ricorrenti era cessata cinque anni prima rispetto a quella dei giudici uomini in circostanze simili, e che il loro pensionamento anticipato obbligatorio aveva avuto evidenti ripercussioni negative sulla loro carriera e sulle loro prospettive in termini di carriera professionale e personale.