Avvocato e sua responsabilità per inadempimento qualificato
06 Novembre 2023
Massima Il cliente che invoca il risarcimento per la negligente attività esercitata dall’avvocato è tenuto a dimostrare il pregiudizio subito e l’immediata derivazione causale dalla condotta del professionista, secondo una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell’azione giudiziale che avrebbe dovuto essere diligentemente seguita. Il caso Una società alberghiera si è rivolta ad un avvocato per proporre opposizione ad un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, notificatogli da un Istituto bancario, lamentando che il credito ingiunto, vertente sul rapporto di conto corrente, non era rispondente alle effettive spettanze. Senonché, il Tribunale adito ha dichiarato improcedibile l’opposizione per omesso esperimento della procedura di mediazione nel termine all’uopo assegnato dal giudice, con la conseguente declaratoria di esecutività del decreto ingiuntivo. Interposto appello alla pronuncia di primo grado, il giudice di seconde cure ha dichiarato inammissibile il gravame. Ritenendo che l’esito negativo del giudizio di opposizione fosse imputabile esclusivamente all’errore del difensore per aver omesso di depositare la domanda di mediazione entro il termine perentorio assegnato dal giudice, la società alberghiera ha adito il Tribunale di Foggia per chiedere, previo accertamento della responsabilità, la condanna del professionista al risarcimento del danno patrimoniale. La questione Quando l’avvocato è tenuto a risarcire il cliente per mala gestio dell’incarico conferitogli? Le soluzioni giuridiche Il Tribunale di Foggia, nella sentenza emarginata in epigrafe, ha preliminarmente richiamato i principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità in punto di responsabilità del professionista. Più in particolare, in subiecta materia, il Tribunale dauno ha chiarito come il comportamento dell’avvocato debba essere valutato alla stregua della regola della “preponderanza dell’evidenza” o del “più probabile che non”, in ragione della quale, perché si configuri la responsabilità dell’avvocato per l’esito infausto del giudizio, occorre accertare il nesso di causalità fra l’omissione e l’evento di danno, nonché, vieppiù, vagliare le conseguenze dannose risarcibili. In tale ottica, quindi, l’affermazione della responsabilità per colpa professionale implica, quale condicio sine qua non, una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell’azione giudiziale che avrebbe dovuto essere diligentemente seguita (Cass., 26 aprile 2010, n. 9917). Mutuando il prefato corollario alla fattispecie concreta sottoposta all’esame del giudice, l’indagine è stata condotta sul giudizio tecnico di merito circa il risultato processuale che l’azione giudiziale di opposizione a decreto ingiuntivo avrebbe conseguito qualora il prestatore d’opera non fosse stato inerte rispetto all’obbligo normativamente previsto di promuovere, entro il termine ad hoc disposto d’ufficio, il procedimento di mediazione. Entrando in media res e facendo applicazione della superiore regola, il Tribunale di Foggia ha effettivamente constatato l’errore professionale dell’avvocato per omesso promovimento della procedura di mediazione obbligatoria, il cui onere, ratione temporis (trattandosi di controversia precedente la novella riforma Cartabia), era a carico dell’opponente, con la conseguente declaratoria di improcedibilità dell’opposizione e la definitiva esecutorietà del decreto ingiuntivo. Pur tuttavia, le evidenze processuali non sono state connotate da elementi di fatto idonei a fondare una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell’opposizione nel caso fosse stata esaminata nel merito. Invero, dall’esame del tenore dell’originario atto di opposizione sono emersi motivi di censura generici e svincolati da un’analisi puntuale delle condizioni economiche del rapporto di conto corrente posto a fondamento del decreto ingiuntivo. E anche sotto il profilo probatorio, il giudice ha appurato come il richiamo persino generico ad una relazione tecnica di parte offerta nel giudizio di opposizione a d.i., a sostegno delle ragioni attoree, sia rimasto sfornito di adeguato riscontro, dal momento che la detta relazione tecnica non è stata prodotta nel giudizio vertente sulla responsabilità professionale dell’avvocato. Per tali ragioni, l’impossibilità di verificare, ai fini della valutazione prognostica necessaria per l’accertamento del nesso di causalità nei termini sopra esposti, la fondatezza delle contestazioni allora sollevate in ordine al rapporto bancario, in uno con la mancanza di allegazione di specifici elementi di fatto idonei a supportare un giudizio controfattuale ispirato ad un criterio di ragionevole probabilità, hanno determinato il rigetto della domanda. Osservazioni La questione affrontata dal Tribunale di Foggia è degna di nota perché affronta la responsabilità professionale dell’avvocato, soffermandosi sul quomodo dell’onere probatorio a carico del cliente. Premesso che l’obbligazione dell’avvocato è di mezzi e non di risultato, e che il professionista, in luogo del criterio generale della diligenza del buon padre di famiglia, è tenuto all’osservanza della diligenza professionale media esigibile, ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c., da commisurare alla natura dell'attività esercitata, il danno derivante da eventuali sue omissioni intanto è ravvisabile, in quanto, sulla base di criteri necessariamente probabilistici, si accerti che, senza quell'omissione, il risultato sarebbe stato conseguito, secondo un'indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito. Il giudice è chiamato a vagliare non solo gli elementi fondanti la fattispecie risarcitoria, ossia l’evento lamentato ed il rapporto di causalità tra il comportamento e le conseguenze dannose, ma a verificare, altresì, secondo una regola probabilistica, se la condotta del legale, improntata al prototipo dell’attività richiesta (e non omessa), avrebbe determinato un risultato apprezzabile. Sul punto, la Suprema Corte ha avuto modo di confermare il già granitico orientamento, secondo il quale “la responsabilità dell'esercente la professione forense non può affermarsi per il solo fatto del mancato corretto adempimento dell'attività professionale, occorrendo verificare se, qualora l'avvocato avesse tenuto la condotta dovuta, il suo assistito avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale ed il risultato derivatone” (Cass., 14 novembre 2022, n.33466; Cass., 10 dicembre 2012, n. 22376). Tale giudizio, da compiere sulla base di una valutazione necessariamente probabilistica, è riservato al giudice di merito, con decisione non sindacabile in sede di legittimità, atteso che "nelle cause di responsabilità professionale nei confronti degli avvocati, la valutazione prognostica compiuta dal giudice di merito circa il probabile esito dell'azione giudiziale malamente intrapresa o proseguita, sebbene abbia contenuto tecnico-giuridico, costituisce comunque valutazione di un fatto, censurabile in sede di legittimità solo sotto il profilo del vizio di motivazione" (Cass., 20 marzo 2018, n. 6862). Alla luce dei principi esposti sanciti ne discende come l’inadempimento rilevante nell’ambito dell’azione di responsabilità professionale non sia qualunque inadempimento, ma solo quello che costituisce causa (o concausa) efficiente del danno. Ciò comporta che l’allegazione del creditore non può attenere ad un inadempimento tout court, ma ad un inadempimento cd. qualificato, ossia astrattamente efficiente alla produzione del danno. Sul punto, il Tribunale di Foggia ha ragionato essenzialmente in termini di carenza di prova del danno, il cui onere incombe su chi agisce, facendo applicazione del principio secondo cui “in tema di responsabilità professionale per omesso svolgimento di un'attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il cliente, la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non" si applica non solo all'accertamento del nesso di causalità fra l'omissione e l'evento di danno, ma anche all'accertamento del nesso tra quest'ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, atteso che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell'omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull'esito che avrebbe potuto avere l'attività professionale omessa (Cass., 24 ottobre 2017, n. 25112)”. |