Revocabilità della donazione per ingiuria grave

06 Novembre 2023

Ai fini della revocabilità della donazione per ingiuria grave il comportamento del donatario deve essere valutato nel complesso del contesto temporale e ambientale in cui si è verificato

Massima

L'ingiuria rilevante per la revocabilità della donazione ex art. 801 c.c. è costituita da una serie di comportamenti lesivi del patrimonio morale del donante, che dimostrano una tale avversione del donatario da ripugnare alla coscienza collettiva, tenuto conto del contesto temporale e ambientale in cui si sono verificati i fatti e delle condizioni delle parti.

Il caso

Si tratta di una complessa vicenda familiare, nell'ambito della quale si è inserita la domanda giudiziale di dichiarazione della revocazione per ingratitudine dell'atto di donazione, con il quale il marito aveva trasferito alla moglie il 49% delle quote di due società.

A sostegno della richiesta l'attore aveva dedotto che, subito dopo l'attribuzione patrimoniale, la donna aveva posto in essere una serie di condotte ritenute gravemente lesive della dignità dell'uomo, quali: aver sporto una serie di infondate denunce querele per maltrattamenti, ed essersi ripetutamente rivolta al marito pronunciando frasi offensive - anche alla presenza di dipendenti e clienti delle imprese -, comportamento quest'ultimo che aveva avuto ripercussioni pregiudizievoli sulle attività commerciali (di ristorazione ed immobiliare) esercitate per il tramite delle compagini sociali.

La moglie ha contestato la domanda eccependo il difetto sia della gravità dell'ingiuria, sia dell'elemento soggettivo, in quanto le condotte contestate sarebbero state provocate dal comportamento del medesimo donante. La difesa della moglie, in sostanza, ha dedotto che il giudizio per revocazione della donazione avesse fini meramente ritorsivi, poiché tra le parti era in corso un amplissimo contenzioso giudiziario, aperto su più fronti ovvero:

- una separazione giudiziale con richiesta di addebito al marito;

- un procedimento penale a carico del medesimo donante, nell'ambito del quale a quest'ultimo era stata applicata la misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati da moglie e figli, nonché quello di comunicare con loro;

- una serie di querele sporte dal marito nei confronti della moglie (per appropriazione indebita e diffamazione);

- un giudizio dinanzi al giudice del lavoro relativo all'impugnazione del licenziamento irrogato alla moglie dalla società datrice di lavoro di cui il marito era amministratore.

La convenuta ha sostenuto inoltre che il rapporto coniugale era in crisi da tempo, e che la cessione delle partecipazioni sociali non era stata determinata da un atto di generosità, ma dal fatto che ella avesse chiesto con insistenza l'intestazione di parte delle quote, in virtù del fatto che aveva lavorato da sempre nel ristorante gestito dalla società, impresa nella quale aveva altresì impiegato anche dei denari di famiglia.

A fronte di tale affermazione, l'attore ha poi eccepito la nullità della donazione per difetto dell'animus donandi, evidenziando che la nullità può essere rilevata d'ufficio.

Il procedimento è stato istruito esclusivamente mediante acquisizione di documenti.

La questione

Quale è il concetto di ingiuria grave rilevante ai fini della revocabilità della donazione?

Le soluzioni giuridiche

Si precisa preliminarmente che il Tribunale di Bergamo ha rigettato l'eccezione di nullità della donazione, affermando che la circostanza che la donataria avesse dichiarato di ritenere che l'atto dispositivo era stato posto in essere a seguito della sua insistenza nel richiedere che le fossero trasferite le quote sociali è irrilevante.

I motivi che determinano il donante a compiere l'atto, infatti, non invalidano la donazione, che si realizza quando il disponente è consapevole di agire pur non avendo alcun obbligo nei confronti della parte beneficiata, a meno che non si rientri nelle ipotesi previste dagli articoli 788 e 1345 c.c.

Lo spirito di liberalità - che è elemento costitutivo della donazione – è infatti costituito dalla mancanza di vincoli giuridici e/o morali, circostanza da valutarsi in modo oggettivo, cosicché anche una donazione effettuata in un contesto conflittuale, o persino violento, è valida ed efficace.

La donazione può essere eventualmente annullata laddove si configuri una ipotesi di “errore sul motivo” o di “violenza” (ipotesi tipiche di annullamento di contratti), ma non trattandosi di nullità, la relativa eccezione non è rilevabile d'ufficio.

Nel merito, il Giudice Unico ha evidenziato che l'attore aveva chiesto di revocare la donazione invocando la sussistenza sia della “ingiuria grave”, sia del danno patrimoniale – fattispecie entrambe previste dall'art. 801 c.c. – ma che, con riferimento alla seconda non aveva neppure allegato di aver subito una diminuzione del fatturato dell'impresa di ristorazione.

Con riferimento al dedotto comportamento ingiurioso della moglie, il Tribunale ha espressamente dichiarato di aderire all'orientamento consolidato della giurisprudenza che ritiene rilevante, ai fini della revocabilità dell'atto, quei comportamenti lesivi del “patrimonio morale del donante” che dimostrano una tale avversione da parte del donatario da “ripugnare alla coscienza collettiva”, tenuto conto del contesto temporale e ambientale in cui si sono verificati e delle condizioni delle parti, previo accertamento dell'esistenza di un effettivo pregiudizio alla dignità del donante.

Applicando tale principio alla fattispecie sottoposta al suo esame, il Tribunale ha rilevato che i comportamenti ingiuriosi ascritti alla moglie si sarebbero verificati - per espressa ammissione del marito, che aveva articolato specifici capitoli di prova in merito - in un preciso arco temporale (dalla metà dell'anno 2020 alla fine dell'anno 2021), coincidente con il periodo in cui si era determinata una situazione “oggettiva di aspri contrasti e aggressioni fisiche e verbali che hanno coinvolto le parti e i loro figli, in un clima di elevatissima tensione e conflittualità insorto tra i coniugi”.

Il Giudice ha inoltre ritenuto che la sussistenza di un atteggiamento vessatorio e violento dell'attore nei confronti della convenuta fosse dimostrato ex  art. 2729 c.c. da quanto emerso nell'ambito del procedimento penale a carico del marito (documentazione prodotta in giudizio), ovvero: la scoperta del tradimento da parte della moglie (circostanza ammessa dall'umo in occasione dell'interrogatorio di garanzia); aggressioni verbali e fisiche nei confronti della moglie (commesse alla presenza del figlio, sentito a sommarie informazioni); percosse e violenze verbali nei confronti del figlio e dei suoceri.

Ha ritenuto quindi che, quand'anche la moglie avesse effettivamente pronunciato le frasi ingiuriose e denigratorie indicate dall'attore nei propri scritti difensivi, si dovrebbe comunque tener conto del fatto che tale atteggiamento si è inserito in un clima di grave tensione familiare e, dunque, devono essere considerate una reazione agli “agiti violenti, ingiuriosi e provocatori” del marito.

In effetti, sia la giurisprudenza richiamata nella sentenza in commento, sia decisioni più recenti del giudice di legittimità, confermano che il concetto civilistico di ingiuria, seppur mutuato dal diritto penale, deve essere oggetto di una valutazione complessiva e, soprattutto, deve riferirsi a un comportamento che crea imbarazzo e sdegno nella collettività, in quando dimostra chiaramente il totale e assoluto disprezzo del donatario nei confronti del donante, da risultare inaccettabile per la società.

Con la sentenza Cass. n. 24965/2018, la Suprema Corte ha affermato che “il comportamento del donatario va valutato non solo sotto il profilo oggettivo, ma anche nella sua potenzialità offensiva del patrimonio morale del donante, perché espressamente rivolta a ledere la sua sfera morale, tale da essere contraria a quel senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero improntare l'atteggiamento del donatario. Si tratta, evidentemente di una formula aperta ai mutamenti dei costumi sociali, il cui discrimine è segnato dalla ripugnanza che detto comportamento suscita nella coscienza sociale. La relazione extraconiugale intrattenuta dal coniuge donatario costituisce ingiuria grave solo se ad essa si accompagna un atteggiamento di disistima ed avversione da parte del donante”.

Recentemente (Cass. n. 13544/2022), decidendo in merito alla revoca della donazione indiretta di un immobile da parte della madre a vantaggio del figlio, gli ermellini hanno affermato che le azioni di quest'ultimo costituivano “una pluralità di comportamenti strettamente connessi e rivolti verso la persona della donante e tali da non poter essere tollerati secondo un sentire ed una valutazione di normalità” e che nel corso dei giudizi di merito era stata dimostrata “l'esistenza della manifestazione esterna, continua e durevole di un sentimento di forte opposizione del donatario nei confronti della donante”.

Nella motivazione è stata citata letteralmente altra decisione della Cassazione medesima ( Cass. n.  20722/2018) per ribadire che l'ingiuria grave richiesta dall'art. 801 c.c. per  la revocabilità della donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di “offesa all'onore ed al decoro della persona”, si caratterizza per la “manifestazione esteriorizzata, ossia resa palese ai terzi, mediante il comportamento del donatario, di un durevole sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante, contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero invece improntarne l'atteggiamento, a prescindere, peraltro, dalla legittimità del comportamento del donatario”

Anche con l'ordinanza Cass. n. 19816/2022, infine, il giudice delle leggi ha precisato che non è sufficiente a dimostrare la sussistenza dell'ingiuria la prova della “mera relazione extraconiugale”, occorrendo che l'adulterio sia stato palesato in maniera tala da far emergere “un atteggiamento di noncuranza e di assenza di rispetto nei confronti della dignità del coniuge tradito”.

Deve quindi trattarsi di un comportamento connotato da una tale gravità da far ritenere all'intera comunità sociale che il soggetto avvantaggiato dalla disposizione liberale non merita il beneficio che gli è stato attribuito.

Nel caso di specie, il comportamento della moglie non risulterebbe riprovevole in quanto non costituirebbe manifestazione di mancanza di rispetto o disistima, ma sarebbe conseguenza dell'atteggiamento irrispettoso del marito e, pertanto, la domanda proposta da quest'ultimo è stata rigettata.

L'art. 801 c.c. consente di revocare la donazione quando il donatario ha commesso uno dei fatti previsti dai numeri 1, 2 e 3 dell'articolo 463 c.c. (ipotesi di indegnità a succedere), ovvero si è reso colpevole d'ingiuria grave verso il donante o ha dolosamente arrecato grave pregiudizio al patrimonio di lui o gli ha rifiutato indebitamente gli alimenti.

Nel caso posto all'esame del Tribunale la domanda introduttiva si fondava esclusivamente sulla sussistenza di comportamenti integranti la fattispecie dell'ingiuria grave e che, invece, sono stati valutati quale diretta conseguenza dell'atteggiamento violento e ingiurioso del donante.

Il principio di diritto espresso nella pronuncia richiama l'interpretazione consolidata della norma, in virtù del quale il comportamento del donatario deve essere valutato oggettivamente, ma tenendo conto di tutte le circostanze di tempo e di fatto in cui si inserisce.

Affinché si configuri l'ingiuria grave, infatti, è necessario che il donatario abbia tenuto un comportamento finalizzato ad offendere la persona del donante in modo talmente grave da collidere con il sentimento di riconoscenza che invece dovrebbe normalmente dimostrare al donante. La mancanza di rispetto nei confronti di un soggetto che ha dimostrato tale generosità da spogliarsi di un bene senza essere tenuto a farlo è un atteggiamento che viene avvertito come riprovevole dalla società, e come tale sanzionato dall'ordinamento.

Dottrina e giurisprudenza concordano nell'affermare che l'assunzione di iniziative giudiziarie in abito penale (esposti, denunce, ecc.) sono irrilevanti ai fini della revocabilità della donazione, non costituendo di per sé espressione di irriconoscenza; parimenti anche l'infedeltà del coniuge/donatario talvolta è stata considerata rilevante (Cass. civ. n. 22936/2011), ma più recentemente la Suprema Corte ha precisato che “Non basta ad integrare un'ingiuria grave tale da legittimare la domanda di revocazione di una donazione, una mera relazione extraconiugale. Tuttavia, la circostanza che l'adulterio sia maturato all'interno del nucleo familiare ristretto dei due coniugi ed il fatto che esso si sia sviluppato nella cornice di un comune ambiente lavorativo possono connotare in termini di gravità l'offesa all'onore patita dal coniuge e ad evidenziare, nell'altro, un atteggiamento di noncuranza e di assenza di rispetto nei confronti della dignità della coniuge predetto” (Cass. civ. n. 19816/2022) in quanto anche l'eventuale tradimento non necessariamente è indice di disprezzo ed offesa. Ciò che rileva è infatti una valutazione complessiva delle condotte dei soggetti interessati, talché anche iniziative giudiziarie in ambito civile formalmente legittime (quali ad esempio la richiesta di rilascio di immobile, fattispecie esaminata dalla cassazione nell'ordinanza n. 2072/2018) possono essere ritenute ingiuriose, mentre altre, anche di rilievo penale, possono non integrare la fattispecie prevista dall'art. 801 c.c.

Il Tribunale di Bergamo si è attenuto all'interpretazione sopra indicata, tuttavia, si deve rilevare che ha ritenuto provato l'atteggiamento violento del donante - circostanza che avrebbe quindi “scriminato” il comportamento della moglie - esclusivamente mediante ricorso alla presunzione.

Non si può non evidenziare, al riguardo, che gli indizi gravi precisi e concordanti richiamati nella decisione sono, in realtà, costituiti solamente dalle dichiarazioni rese dalla medesima moglie e dal figlio nell'ambito delle indagini svolte nel procedimento penale, in cui l'uomo era indagato per il reato di maltrattamenti in famiglia.

Ebbene, se nel procedimento penale le persone offese assumono la veste di testimone e se le dichiarazioni rese in fase di indagine posso essere utilizzate ai fini della applicazione della misura cautelare, in sede civile sarebbe stata opportuna una ulteriore valutazione.

La presunzione semplice, infatti, consente di desumere un fatto ignoto da un fatto noto e legittimamente accertato, se vi sono più indizi gravi e concordanti tra di loro, mentre, nel caso in esame, il fatto ignoto (violenza e aggressività del marito) è stato dedotto richiamando esclusivamente le circostanze riferite in sede di sommarie informazioni, dichiarazioni che, però, non possono essere ritenute “prova certa” atteso che anche nel procedimento penale la prova si forma nel corso del dibattimento.

Per fondare il convincimento del giudice, pertanto, sarebbe stato necessario quantomeno un approfondimento istruttorio finalizzato a raggiungere la piena prova delle circostanze riferite nel procedimento penale.

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