PCT: l’accettazione del deposito telematico da parte del cancelliere non vale quale attestazione sul relativo contenuto

09 Novembre 2023

La sentenza in commento si pronuncia sulla seguente questione: l'accettazione del deposito telematico da parte del cancelliere vale quale certificazione dell'avvenuto deposito ai sensi dell'art. 36 (per tale parte ora abrogato) e dell'art. 74 (formalmente ancora vigente) disp. att. c.p.c. oppure tale potere certificatorio deve ritenersi ormai superato?

Massima

L'introduzione del PCT ha inciso sul potere certificatorio attribuito al cancelliere dall'art. 36 (per tale parte ora abrogato dal d.lgs. n. 149/2022, come modificato dalla l. n. 197/2022) e dall'art. 74 (formalmente ancora vigente) disp. att. c.p.c. in relazione ai depositi di atti e documenti effettuati dalle parti. Con l'accettazione del deposito telematico il cancelliere non esprime alcuna attestazione sulla corrispondenza fra quanto indicato dalla parte nell'elenco documenti e quanto effettivamente inserito dalla stessa nel fascicolo processuale.

Il caso

La pronuncia in oggetto riguarda un giudizio di revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c.

L'ordinanza impugnata (ordinanza della Corte di Cassazione Cass. civ., sez. un., 21 novembre 2022, n. 34207) aveva dichiarato il ricorso, proposto contro sentenza del Consiglio Nazionale Forense, improcedibile per mancato deposito in sede di iscrizione a ruolo di copia autentica della decisione impugnata, come stabilito dall'art. 369 c.p.c., comma 2, là dove il deposito della sentenza era avvenuto solo successivamente nel corso del giudizio.

La questione

La sentenza in commento si pronuncia sulla seguente questione: l’accettazione del deposito telematico da parte del cancelliere (cioè dell’ufficio che accetta il deposito telematico) vale quale certificazione dell’avvenuto deposito ai sensi dell’art. 36 (per tale parte ora abrogato) e dell'art. 74 (formalmente ancora vigente) disp. att. c.p.c. oppure tale potere certificatorio deve ritenersi ormai superato?

Le soluzioni giuridiche 

Con la pronuncia in oggetto le Sezioni Unite hanno statuito che l'introduzione del PCT ha fatto venire meno il potere certificatorio attribuito al cancelliere dall'art. 36 (per tale parte ora abrogato dal d.lgs. n. 149/2022, come modificato dalla l. n. 197/2022) e dall'art. 74 (formalmente ancora vigente) disp. att. c.p.c., con riferimento all'ipotesi di specie nella quale il ricorrente aveva omesso di indicare specificamente nell'elenco dei documenti depositati la sentenza impugnata e questa non era stata rinvenuta nel fascicolo informatico.

La sentenza evidenzia in particolare che nel processo civile telematico il cancelliere non procede ad alcuna sottoscrizione dell'indice del fascicolo della parte, là dove ai sensi dell'art. 16-bis d.l. n. 179/2012, applicabile ratione temporis, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche. Tale disposizione, evidenzia la sentenza in commento, appare ora pienamente trasfusa nell'art. 196-quater disp. att. c.p.c.

Va rilevato che precedentemente all'introduzione del PCT la stessa Corte di cassazione aveva ritenuto (cfr. ordinanze nn. 5893/2022 e 8217/2016, sentenza n.8217/2006) che l'effettiva presenza nel fascicolo di parte dei documenti indicati nell'indice potesse essere contestata solo con la proposizione della querela di falso.

Le Sezioni Unite motivano la pronuncia in oggetto con riguardo ai seguenti ulteriori profili:

- il caso di specie non sarebbe riconducibile all'ipotesi di revocazione di cui all'art. 391-bis c.p.c., atteso il costante orientamento della Corte di Cassazione secondo cui per la configurabilità dell'errore revocatorio deve sussistere un errore di fatto, che ricorre ove la decisione sia fondata sull'affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare, rimanendo estranee le vicende imperniate su una decisione conseguente ad una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, cioè attinente alla sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (cfr. Cass. civ., sent., n. 10040/2022),

- la sentenza di cui è stata chiesta la revocazione ha dato atto che non si sono verificati errori del sistema informatico o di archiviazione o di ricezione da parte del PCT che possano giustificare il fatto che non risulta essere stata depositata insieme al ricorso anche la sentenza impugnata né la ricorrente ha dimostrato il contrario nel giudizio di revocazione,

- nulla può dedursi neppure dalla generica descrizione della documentazione prodotta,

- non può venire in considerazione neppure il principio del raggiungimento dello scopo quale sinora applicato dalla giurisprudenza affermatasi nella transizione da processo analogico a processo compiutamente telematico presso la Corte di Cassazione (cfr. sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 22438/2018 e n. 33433/2022),

- ad avviso della sentenza impugnata non soccorrono nel caso di specie il diritto fondamentale di azione (e, quindi, anche di impugnazione) e difesa in giudizio (art. 24 Cost.), il principio dell'effettività della tutela giurisdizionale e il correlato principio del giusto processo dalla durata ragionevole (art. 111 Cost.), nel quadro delle garanzie previste a livello sovranazionale (art. 47 Carta dei diritti fondamentali, art. 19 del Trattato sull'Unione Europea, art. 6 CEDU), né i criteri di ragionevolezza e proporzionalità che devono venire in considerazione in relazione a eventuali restrizioni del diritto della parte all'accesso al giudice e improntare la lettura della strumentalità delle forme degli atti del processo al suddetto raggiungimento dello scopo. In merito la sentenza in commento evidenzia che nel caso in esame il ricorrente non aveva indicato alcun elemento utile né aveva dimostrato che la sentenza impugnata era stata depositata, seppure in modo irregolare, insieme al ricorso,

- nel PCT, l'indice dei documenti viene inserito dal ricorrente nel fascicolo, mentre in precedenza ciò avveniva manualmente da parte del cancelliere, dunque viene in considerazione il criterio di autoresponsabilità, posto che solo il buon fine del procedimento di deposito attivato dalla parte determina per i documenti l'appartenenza al fascicolo informatico; in altri termini, il cancelliere, nell'accettare informaticamente l'atto di parte e relativi documenti, non attribuisce alcuna attestazione di immediata esistenza nel fascicolo a quegli stessi atti, non procedendo (secondo le regole tecniche vigenti ratione temporis) ad alcuna sottoscrizione dell'indice del fascicolo della parte.

Osservazioni

La sentenza in oggetto pone l'accento sull'onere di autoresponsabilità che incombe sul difensore nel deposito di atti e documenti all'interno del fascicolo processuale, alla luce delle disposizioni che disciplinano il PCT.

Ciò conduce in concreto ad un nuovo inquadramento dei rapporti fra difensore e cancelliere, là dove il primo risulta integralmente onerato di verificare la completezza e correttezza del proprio fascicolo mentre il secondo vede venire meno parte delle funzioni allo stesso attribuite (la pronuncia in oggetto esamina in particolare l'abrogazione implicita dell'art. 74 disp. att. c.p.c., osservando che già l'art. 36 disp. att. c.p.c. risulta abrogato nella parte riferita al potere di certificazione del cancelliere).

Tale cambio di prospettiva non è privo di conseguenze anche gravi, come risulta dalla sentenza in commento, posto che la statuizione della Corte di cassazione secondo cui, nell'attuale quadro normativo disciplinante il processo civile telematico, il cancelliere non svolge più alcuna attività di verifica sulla corrispondenza fra quanto indicato nell'elenco documenti e quanto effettivamente depositato, ha condotto nel caso di specie alla declaratoria di improcedibilità del ricorso, in quanto non risultava essere stata depositata tempestivamente la sentenza impugnata.   

La Corte perviene a tale conclusione, invocando in particolare principi fondamentali del nostro ordinamento processuale, anche di rango costituzionale e sovranazionale, che conducono a ritenere legittima la disposizione dell'art. 369, comma 2, c.p.c..

Va infine rilevato come il predetto onere di autoresponsabilità trovi eco anche nelle pronunce del Giudice Amministrativo in tema di procedure amministrative telematiche, che affermano l'esistenza del principio dell'equa ripartizione, tra soggetto partecipante e amministrazione procedente, del "rischio tecnico" di inidoneo caricamento e trasmissione di dati su piattaforma informatica ("rischio di rete" dovuto alla presenza di sovraccarichi o cali di performance della rete e "rischio tecnologico" dovuto alle caratteristiche di sistemi operativi software utilizzati dagli operatori), secondo criteri di autoresponsabilità dell'utente, su cui grava l'onere di pronta e tempestiva attivazione delle procedure, con la sola esclusione dei malfunzionamenti del sistema imputabili al gestore (TAR Lazio, sez. I, 16/06/2022, n. 8038, Cons. Stato, sez. III, 2 luglio 2014 n. 3329; sez. V 29 dicembre 2014 n. 6416; sez. I n. 1673/2019, nonché TAR Lazio Sez. III n. 1710/2020).   

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