La Consulta sull’attenuante della collaborazione per chi si dissocia dalle organizzazioni dedite al narcotraffico
10 Novembre 2023
Il premio per chi si dissocia La questione di costituzionalità che la Consulta ha accolto partiva dal GUP del tribunale partenopeo, presso il quale erano tratti a giudizio alcuni esponenti di un sodalizio criminale dedito al traffico di stupefacenti. In particolare, la loro condotta assumeva un grado di pericolosità se possibile ancora maggiore perchè gli imputati erano soliti corrompere agenti della Polizia Penitenziaria per far entrare all'interno delle strutture carcerarie droga, cellulari ed altri oggetti vietati. Nel corso del procedimento penale, però, il colpo di scena: gli imputati intendevano collaborare con la giustizia, e rendevano dichiarazioni auto ed eteroaccusatorie. Per costoro, quindi, si sarebbe dovuta riconoscere l'attenuante speciale prevista dal settimo comma dell'art. 74 del Testo Unico sugli stupefacenti. Il discorso, però, si complicava: agli imputati, rileva il giudice a quo, andava applicata anche l'aggravante della recidiva prevista dall'art. 99, comma 4, c.p. la quale, a sua volta, fa scattare il divieto di prevalenza dell'attenuante, così come previsto dall'art. 69, comma 4, c.p. introdotto dalla legge “ex-Cirielli”. Il GUP, che riteneva quindi aberranti gli effetti prodotti da un simile groviglio di norme sul piano sanzionatorio, decideva quindi di porre la questione di legittimità costituzionale per contrasto della suddetta disciplina con il principio di ragionevolezza (contenuto nell'art. 3 Cost.) e con quello di proporzionalità della pena (di cui all'art. 27, comma 3, Cost.): in effetti, facendo rigorosa applicazione della combinazione delle norme appena indicate, agli imputati collaboranti sarebbe dovuto applicarsi un trattamento sanzionatorio uguale o peggiore rispetto a quelli che, invece, avevano scelto di non dissociarsi. La scure della Consulta sulla norma impugnata Nonostante la resistenza opposta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per tramite dell'Avvocatura Generale dello Stato, la Consulta ha accolto in pieno la censura di costituzionalità proposta dal GUP partenopeo. A guidare la decisione del Giudice delle leggi sono stati anche i precedenti arresti della giurisprudenza costituzionale sul divieto di prevalenza contenuto nell'art. 69, comma 4, c.p.. Esso era espressione di una precisa scelta di politica criminale, che era quella di rendere più severo – o per meglio dire il più severo possibile – il trattamento sanzionatorio per i recidivi. Questo effetto poteva essere conseguito anche operando nel modo che abbiamo visto, cioè azzerando il margine di discrezionalità nel giudizio di bilanciamento tra circostanze di segno opposto. Su questo argomento, come abbiamo anticipato, la Consulta si è espressa numerosissime volte: con una sfilza di sentenze, la prima delle quali è del 2012 e l'ultima del 2021, la norma “incriminata” è stata dichiarata parzialmente incostituzionale rispetto a svariate circostanze attenuanti, compresa quella prevista nel settimo comma dell'art. 73 T.U. Stupefacenti. Una situazione del tutto analoga a quella oggetto di giudizio, dalla quale si distingue soltanto per la natura associativa del delitto sottoposto all'attenzione del giudice remittente. In ogni caso, il sistema normativo generale non è coerente con il divieto giudicato incostituzionale con la sentenza che oggi vi proponiamo: a conferma di ciò si consideri ad esempio che, in materia di criminalità organizzata di stampo mafioso, l'attenuante della collaborazione sfugge a qualsiasi giudizio di bilanciamento. Una decisione scontata e condivisibile Se avessimo voluto fare un calcolo delle probabilità non avremmo seriamente messo in conto che la questione sollevata potesse essere respinta. In effetti, la premialità della disposizione il cui funzionamento era sostanzialmente paralizzato dall'automatismo del divieto di prevalenza, verrebbe del tutto frustrata nel caso in cui la norma avesse resistito alle obiezioni di costituzionalità. Con ciò non si vuole dire che l'aggravamento del trattamento sanzionatorio per i recidivi non sia giustificabile. Anzi, tutt'altro. Però non bisogna dimenticare che favorire la dissociazione dalla criminalità organizzata costituisce senza dubbio un obiettivo di interesse generale. Per raggiungerlo, quindi, occorre rendere “appetibile” la collaborazione proprio incidendo sul trattamento sanzionatorio. *Fonte: DirittoeGiustizia |