Poteri di cognizione del giudice amministrativo in sede di ottemperanza ad un provvedimento di assegnazione di somme

14 Novembre 2023

In relazione al giudizio di ottemperanza di provvedimenti del giudice civile, si pongono diversi profili problematici attinenti sia all'esatta individuazione degli “altri provvedimenti equiparati alle sentenza passate in giudicato”, sia all'estensione dei poteri di cognizione del giudice amministrativo chiamato ad eseguire un titolo formatosi dinanzi al giudice ordinario sia, infine, al rilievo che le eventuali vicende concernenti il regime di stabilità e definitività di detto titolo – ossia il giudicato o vicenda giuridica a questo assimilabile – possono assumere nel procedimento di ottemperanza.

Massima

L'ordinanza di assegnazione del credito, ai fini della proposizione dell'azione di ottemperanza, deve essere equiparata alla sentenza passata in giudicato ai sensi dell'art. 112, comma 2, lett. c), c.p.a.; è, perciò ammissibile il giudizio di ottemperanza per conseguire l'esecuzione di una ordinanza di assegnazione del credito adottata ai sensi dell'art. 553 c.p.c., nei confronti di una pubblica amministrazione. In sede di ottemperanza a una sentenza definitiva del giudice ordinario, l'eventuale contrasto tra diversi giudicati - quand'anche possa avere effetti revocatori ex art. 395, n. 5, c.p.c., nel cui ambito è destinato a prevalere il primo di essi; e parimenti quando, non essendo stato azionato o non essendo azionabile detto rimedio, il contrasto si risolva invece nella mera prevalenza dell'ultimo, ratione temporis e secondo i principi dell'art. 2909 c.c.- va risolto necessariamente e unicamente in sede civile.

Il caso - Ottemperanza ad ordinanza di assegnazione di crediti

La vicenda decisa dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (d'ora in poi, C.G.A.R.S.) trae origine da un giudizio di ottemperanza proposto, dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale etneo, per l'esecuzione di una ordinanza di assegnazione di somme emessa da un Tribunale ordinario.

In primo grado, l'Agenzia delle Entrate, qui appellante, aveva rappresentato che il difensore del debitore esecutato aveva comunicato di aver presentato domanda di concordato preventivo, con riserva ex art. 161, comma 6, l. Fall., cosicché il T.A.R. aveva sospeso il giudizio, richiamando l'art. 168, comma 1, della l. Fall.

Impugnata l'ordinanza di sospensione dinanzi al C.G.A.R.S., quest'ultimo aveva annullato e aveva disposto la restituzione gli atti al T.A.R. per l'ulteriore corso dell'ottemperanza.

Il T.A.R., quindi, aveva accolto il ricorso per l'ottemperanza, disponendo per l'ipotesi di ulteriore inadempienza, l'insediamento del commissario ad acta.

L'Agenzia delle Entrate, a sostegno dell'appello, aveva articolato due motivi.

Con il primo motivo aveva dedotto: “violazione e falsa applicazione dell'art t 44 e 51 R.d. 16 marzo 1942, n. 267; violazione falsa applicazione dell'art. 553 c.p.c. e dell'art. 2928 c.c.”, sul rilievo che la definitiva uscita del credito dalla sfera del debitore esecutato si verificherebbe solo con l'effettivo pagamento da parte del terzo, cosicché esso non potrà essere più pagato se non ancora corrisposto prima della dichiarazione di fallimento, dopo la quale potrà essere soddisfatto al di fuori della sede concorsuale; nel caso di specie, a detta dell'appellante Agenzia, la sopravvenienza della dichiarazione di fallimento avrebbe dovuto condurre alla declaratoria di improcedibilità del ricorso ai sensi dell'art. 51 l. Fall. e, in ogni caso, al rigetto della domanda per infondatezza della pretesa avversa in applicazione dell'art. 41 l. Fall.

Con il secondo motivo l'Agenzia delle Entrate aveva dedotto: “violazione e falsa applicazione dell'art. 43, comma 3, l. Fall.”, in quanto la sentenza di primo grado sarebbe stata erronea nella parte in cui aveva omesso di dichiarare interrotto il giudizio ai sensi dell'art. 43, comma 3 l. Fall.; la mancata interruzione del processo avrebbe precluso, quindi, ogni ulteriore attività processuale, che, se compiuta, sarebbe incorsa nella nullità degli atti successivi e della sentenza. In sostanza, l'Agenzia affermava che l'assegnazione del credito non avrebbe comportato la definitiva uscita del credito dalla sfera del debitore esecutato.

Con la pronuncia in commento, il C.G.A.R.S., richiamata la propria ordinanza (ord. 15 maggio 2023 n. 334) con la quale aveva annullato la sospensione del giudizio disposta dal giudice di prime cure, afferma, in primo luogo, che l'ordinanza di assegnazione del credito, emanata nell'ambito di un procedimento esecutivo presso terzi, va equiparata alla sentenza passata in giudicato ai sensi dell'art. 112, comma 2, lett. c) c.p.a. e, in secondo luogo, che al giudice amministrativo, adito in sede di ottemperanza a sentenza definitiva (o, come nella specie, a un provvedimento a essa equiparato qual è l'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c.) del giudice ordinario, non pertiene alcun potere cognitorio sul giudicato civile in tale sede azionato, né sulla sua caducazione eventualmente sopravvenuta.

La questione - Esecuzione civile e giudizio di ottemperanza: titoli azionabili e poteri cognitori del giudice amministrativo

Entrambe le questioni esaminate e decise dal C.A.R.G.S. attengono ai rapporti tra l'esecuzione civile e la peculiare azione esecutiva prevista nella giurisdizione amministrativa, che, come è noto, presenta profili commisti di cognizione ed esecuzione, tanto che, in dottrina, si discorre di natura polisemica del (sintagma) giudizio di ottemperanza, in ragione delle sue caratteristiche, volta per volta, di tipo esecutivo, attuativo, di cognizione, risarcitorio, conformativo (1).

Peraltro, va rimarcato come la descritta natura polisemica del giudizio di ottemperanza è funzionale alla piena attuazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale, in vista della garanzia dell'attuazione del dictum giudiziale nella misura più fedele (ed effettiva) possibile, in tal modo assicurando la pienezza della tutela giurisdizionale.

In particolare, la prima questione attiene alla annoverabilità dell'ordinanza di assegnazione del credito, pronunciata nell'ambito di un procedimento espropriativo verso terzi, tra i titoli azionabili in sede di ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo ai sensi dell'art.112, comma 2, lett. c) c.p.a.

La seconda questione, invece, riguarda l'estensione dei poteri cognitori del giudice amministrativo, adito in sede di ottemperanza, nei riguardi di un titolo emesso dal giudice ordinario e coperto da giudicato o dalla c.d. preclusione pro judicato (quando, cioè, non possa parlarsi di giudicato in senso proprio, non essendo intervenuta una sentenza di merito sul rapporto dedotto in giudizio, ma l'ordinamento processuale prevede un meccanismo di rapida formazione del titolo azionabile in executivis, riconnettendo a tale titolo una stabilità paragonabile, id est equiparabile, a quella del giudicato in senso proprio: è quanto avviene nel caso di decreto ingiuntivo non opposto, di ordinanza di convalida di sfratto e di ordinanza di assegnazione di crediti).

Le soluzioni giuridiche - Limiti ai poteri cognitori del giudice dell'ottemperanza

Sulla prima questione, il C.G.A.R.S. richiama quanto affermato nella precedente ordinanza emanata nel medesimo giudizio (ordinanza n. 334 del 15 maggio 2023) e con la quale aveva annullato la sospensione disposta dal giudice di primo grado, statuendo:

- in via generale e richiamando un precedente conforme del Consiglio di Stato (2), che l'ordinanza di assegnazione del credito, ai fini della proposizione dell'azione di ottemperanza, deve essere equiparata alla sentenza passata in giudicato ai sensi dell'art. 112, comma 2, lett. c), del Codice del processo amministrativo;

- in particolare, che, a partire dalla data di definitività dell'ordinanza di assegnazione del credito resa nel procedimento di pignoramento presso terzi (che si produce con la scadenza del termine per proporre l'opposizione agli atti esecutivi, ove non proposta, ovvero con il passaggio in giudicato della sentenza che definisca tale opposizione, ove proposta), l'esecutato non è più creditore del terzo, e il terzo diviene invece diretto debitore del procedente, così che da tale stesso momento le vicende dell'esecutato diventano indifferenti per le azioni esecutive (o, nella specie, di ottemperanza) che il procedente abbia intrapreso verso il terzo per realizzare il proprio credito (restandone eccettuato il solo caso in cui, in difetto del pagamento del terzo al procedente del credito a costui assegnato, il procedente – giacché gli effetti estintivi e satisfattivi dell'assegnazione del credito pignorato si producono, ex lege, bensì immediatamente, ma sempre “salvo esazione” – proceda a pignorare ulteriori beni dell'esecutato: e sarebbe, comunque, solo rispetto a tali ulteriori azioni esecutive, nella specie però non proposte, contro l'originario esecutato che avrebbe rilievo sospensivo la sottoposizione di costui al concordato preventivo);

- infine e richiamandosi ad orientamenti della Corte di cassazione (3), che, nel caso di sopravvenienza rispetto all'emanazione dell'ordinanza di assegnazione dell'apertura di un concordato preventivo o di una (anche in via successiva rispetto al concordato preventivo, come accaduto nel caso di specie) dichiarazione di fallimento, gli effetti dell'esecuzione rimangono fermi, anche se il pagamento del credito sia successivo all'inizio della procedura concordataria o della procedura fallimentare.

Sulla seconda questione, il C.G.A.R.S. ribadisce il constante indirizzo ermeneutico dei giudici amministrativi, secondo il quale il giudice amministrativo, adito in sede di ottemperanza a sentenza definitiva (o, come nella specie, a un provvedimento a essa equiparato qual è l'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c.) del giudice ordinario, non è titolare di alcun potere cognitorio sul giudicato civile in tale sede azionato, né tantomeno sulla sua caducazione eventualmente sopravvenuta.

Il C.G.A.R.S. aggiunge, poi, richiamando una propria recente decisione (4) che, nei casi particolarissimi, in cui una sentenza passata in giudicato (o, nella specie, un'ordinanza di assegnazione definitiva per mancata opposizione nei termini) sia travolta da un successivo provvedimento giurisdizionale ( in accoglimento di una domanda di o di una querela nullitatis), non spetta mai al giudice dell'ottemperanza dare atto del fatto estintivo, neppure in via di delibazione meramente incidentale, giacché egli è unicamente tenuto a prendere atto delle pertinenti decisioni rese (in sede cognitoria) dal giudice munito di giurisdizione sul rapporto che ha dato origine alla formazione del titolo azionato in ottemperanza.

Precisa, inoltre, il C.G.A.R.S. che, in sede di ottemperanza a una sentenza definitiva del giudice ordinario, l'eventuale contrasto tra diversi giudicati - quand'anche possa avere effetti revocatori ex art. 395, n. 5, c.p.c., nel cui ambito è destinato a prevalere il primo di essi; e parimenti quando, non essendo stato azionato o non essendo azionabile detto rimedio, il contrasto si risolva invece nella mera prevalenza dell'ultimo, ratione temporis e secondo i principi dell'art. 2909 c.c.- va risolto necessariamente e unicamente in sede civile e non potrebbe essere dichiarato tale incidentalmente in questa sede, ma unicamente legittimerebbe il successivo esercizio, in sede ordinaria, dell'azione di ripetizione di quanto indebitamente percetto, pur se iussu iudicis. Il giudice dell'ottemperanza non può accertare, neanche incidentalmente, la debenza o meno di somme dichiarate dovute da un giudicato civile, quali che siano gli ulteriori rapporti di diritto sostanziale tra le parti. In questo caso il giudice dell'ottemperanza deve arrestarsi - come fosse il giudice dell'esecuzione civile - alla mera verifica della sussistenza del titolo esecutivo ottemperabile perché gli è precluso conoscere, rispetto alle sentenze ottemperande di altra giurisdizione, dei contenuti cognitori propri dei prefati giudizi di opposizione.

Pertanto, nella vicenda in esame – osserva il Consiglio di Giustizia non può essere consentito all'Agenzia appellante far valere, in sede di ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo, deduzioni che avrebbe dovuto svolgere in sede civile per far dichiarare dal giudice della cognizione la sopravvenuta inefficacia dell'ordinanza di assegnazione qui posta in ottemperanza; una volta ottenuta dal giudice ordinario la detta declaratoria di inefficacia - resa con provvedimento giurisdizionale definitivo o quantomeno esecutivo - del provvedimento di assegnazione, la parte appellante potrebbe farla valere nel giudizio di ottemperanza per ottenerne l'arresto.

OSSERVAZIONI - Il dovere di “stretta continenza” del giudice dell'ottemperanza

In via generale, la decisione in commento si apprezza perché definisce in termini chiari e puntuali sia il rapporto tra il giudizio di ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo e il giudicato civile e gli istituti ad esso equiparati, sia i poteri del giudice dell'ottemperanza sul giudicato civile e gli istituti ad esso equiparati, sia, infine, l'enucleazione della categoria degli “altri provvedimenti ad esse [delle sentenze passate in giudicato] equiparati del giudice ordinario, al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato” di cui all'art. 112, comma 2, lett. c), c.p.a.

In particolare, la pronuncia del C.G.A.R.S. si rivela particolarmente perspicua laddove esamina e risolve, allineandosi all'orientamento della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato, il nodo problematico dei limiti della cognizione del giudice amministrativo rispetto al giudicato civile e alle vicende che possono interessarlo, e ciò dopo aver calibrato la nozione di giudicato in rapporto alla definitività dell'ordinanza di assegnazione di crediti emessa dal giudice ordinario nell'ambito di una procedura espropriativa presso terzi.

Su quest'ultimo profilo, di recente, il Consiglio di Stato ha indicato nell'osservanza di un criterio di “stretta continenza” il canone comportamentale che deve guidare il giudice amministrativo investito di un ricorso per l'ottemperanza al giudicato civile (5).

Guida all'approfondimento

M. CLARICH, Effettività della tutela nell'esecuzione delle sentenze del giudice amministrativo, in Dir. Proc. Amm., 1998.

G. CORSO, Processo amministrativo di cognizione e tutela esecutiva, in Foro it., V, 1989.

M. CLARICH, Il giudicato, in A. Sandulli (a cura di), Diritto processuale amministrativo, Milano, 2013.

A. DE VITA, Il giudizio di ottemperanza, in ilmerito.org, 2019.

Note

(1) A. DE VITA, Il giudizio di ottemperanza, in ilmerito.org, 2019.

(2) Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2021, n. 1528 in giustizia-amministrativa.it.

(3) Cass., sez. III, 5 giugno 2020, n. 10820: “nell'espropriazione presso terzi di crediti il fallimento del debitore esecutato, dichiarato dopo la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione di cui all'art. 553 c.p.c., e nelle more del giudizio di opposizione agli atti esecutivi contro di essa proposto dal terzo pignorato, non comporta né la caducazione dell'ordinanza di assegnazione, né la cessazione ipso iure della materia del contendere nel giudizio di opposizione; non spetta al giudice dell'opposizione stabilire se gli eventuali pagamenti compiuti dal terzo pignorato in esecuzione dell'ordinanza di assegnazione siano o meno efficaci, ai sensi dell'art. 44 l. fall., in considerazione del momento in cui vennero effettuati”.

(4) C.G.A.R.S., 29 settembre 2023, n. 633, in giusitizia-amministrativa.it

(5) Cons. Stato, 9 maggio 2023, n. 4687: «la domanda di esecuzione davanti al giudice amministrativo di una sentenza di altro plesso che dispone una condanna generica, relativa cioè al pagamento di una somma non determinata nel suo ammontare e non determinabile in modo pacifico, risulta inammissibile, trattandosi di sentenza che non costituisce valido titolo esecutivo; deve, infatti, ritenersi precluso al giudice amministrativo, investito dell'ottemperanza, effettuare nuove valutazioni in fatto e in diritto su questioni che non sono state specificamente dedotte o trattate nel giudizio definito con la sentenza del giudice civile da ottemperare, la cui cognizione, nel caso di perdurante contrasto fra le parti, spetta al giudice ordinario; pertanto il giudice amministrativo, nel dare esecuzione a una pronunzia emessa da un organo giudicante appartenente ad altro plesso giurisdizionale, non può integrare la decisione o risolvere questioni non espressamente affrontate da quel giudice, ma deve orientarsi a un criterio di ‘stretta continenza'» .

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