Inquinamento ambientale: l’inadeguata gestione dei rifiuti da parte autorità italiane viola il diritto al rispetto della vita privata e del domicilio dei cittadini

La Redazione
13 Novembre 2023

Con sentenza del 19 ottobre 2023 (n. 35648/10), la Corte EDU si è pronunciata sul ricorso presentato dai residenti di alcune città campane interessate nel periodo tra il 1994 e il 2009 da una grave emergenza rifiuti che si era prolungata nel tempo, causando gravi danni in termini di salute (scientificamente provati dalla documentazione presentata dai ricorrenti) e logistici, a tutta la popolazione delle zone interessate. Terminato lo stato di emergenza nel 2010, i ricorrenti hanno evidenziato una carenza da parte dell'autorità nella gestione del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti sia durante che dopo lo stato di emergenza che ha messo in pericolo la salute dei residenti poiché le  discariche individuate per lo smaltimento dei rifiuti erano state ritenute inadeguate, specie a motivo della vicinanza di abitazioni e per la contaminazione delle acquee sotterranee. Per la Corte, la condotta dello Stato italiano implica una violazione dell'art. 8 CEDU a motivo dell'assenza di una risposta tempestiva per la risoluzione della c.d. “crisi dei rifiuti” nelle località campane, sia relativamente alla gestione dei rifiuti che alla discarica. Infatti, secondo i giudici, le autorità italiane non hanno adottato le necessarie misure preventive volte a tutelare il diritto dei ricorrenti al rispetto della vita privata in quanto l'inquinamento causato dai rifiuti ha compromesso il benessere personale dei ricorrenti durante la predetta “crisi” e che tale pregiudizio sia continuato per quanto riguarda la discarica, sito non ancora messo in sicurezza o pulito. 

I ricorrenti sono 19 cittadini italiani nati tra il 1941 e il 1982 e residenti a Caserta e a San Nicola La Strada (Campania, Italia). Nel 1994 è stato dichiarato lo stato di emergenza nella regione Campania per far fronte ai gravi problemi incontrati nello smaltimento dei rifiuti solidi domestici. Quella che divenne la «crisi della gestione dei rifiuti» durò 15 anni.

In particolare, i servizi di raccolta dei rifiuti dei comuni di Caserta e San Nicola La Strada sono stati interrotti più volte tra il 2007 e il maggio 2008. Grandi quantità di rifiuti si accumularono sulle strade pubbliche e le autorità locali dovettero intervenire di emergenza, tra cui la chiusura temporanea delle scuole materne e elementari, delle università e dei mercati, nonché il trasferimento dei rifiuti verso siti di stoccaggio temporaneo.

Dopo la cessazione dello stato di emergenza, le autorità hanno adottato ulteriori misure nel 2010. In particolare, hanno deciso la costruzione di nuovi impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti e l'apertura di indagini per identificare le zone colpite dall'inquinamento dovuto ai rifiuti. Esse elaborarono anche un piano d'azione d'emergenza per lo smaltimento delle balle di rifiuti (chiamate «ecoballe»).

Durante lo stato di emergenza, le autorità hanno inoltre ispezionato le attrezzature per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti privati situate a Caserta per determinare se potessero essere utilizzate per porre rimedio alla crisi. Una delle attrezzature previste, una discarica in attività dalla fine degli anni '80, si trovava nel quartiere di Lo Uttaro, vicino alle abitazioni dei ricorrenti.

Tuttavia, una relazione del 2001, secondo la quale la discarica non rispettava le norme ambientali e aveva ricevuto quantità di rifiuti notevolmente superiori a quelle autorizzate, concludeva che il quartiere di Lo Uttaro era «assolutamente inadeguato» per accogliere nuove attrezzature. Inoltre, un piano di decontaminazione del sito è stato convalidato nel 2005.

Nel 2007, nonostante questo piano (e la chiusura del sito), le autorità hanno autorizzato lo smaltimento dei rifiuti non pericolosi nella discarica.

Vari procedimenti giudiziari e amministrativi, che durarono dal 2005 al 2020, portarono alla conclusione che il sito dell'Uttaro rappresentava un rischio per la salute pubblica, in particolare per quanto riguarda le acque sotterranee. Inoltre, tenuto conto della concentrazione in un certo numero di sostanze tossiche individuate, le autorità giudiziarie e amministrative hanno ripetutamente vietato l'uso delle acque sotterranee e la coltivazione dei terreni nel predetto quartiere tra il 2013 e il 2019.

Nel 2020, non erano ancora stati condotti lavori di messa in sicurezza o pulizia del sito di Lo Uttaro e non era stato stabilito un calendario chiaro per queste operazioni.

Nelle osservazioni presentate dinanzi alla Corte europea, i ricorrenti si sono basati su una serie di documenti ufficiali, tra cui sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE), relazioni d'inchiesta parlamentari e studi scientifici. Da tali documenti ne è risultato che la crisi dei rifiuti ha messo in pericolo la salute delle popolazioni in quanto ha aumentato i rischi di cancro e di malformazioni congenite per le generazioni future, mentre la gestione e il controllo delle attività svolte nel sito di Lo Uttaro erano stati segnati da una lunga serie di malfunzionamenti.

In primis, La Corte EDU ha respinto l'argomento del Governo secondo cui i ricorrenti non avrebbero esaurito i mezzi di ricorso interni, affermando che i ricorsi evocati dal Governo avrebbero potuto fornire soltanto un risanamento parziale per le censure sollevate dai ricorrenti relativamente al danno ambientale.

Essa constata altresì che il Governo non ha prodotto alcuna decisione di giustizia interna che dimostri che i ricorrenti avrebbero avuto una qualche possibilità di successo se avessero esercitato i ricorsi proposti.

La gestione dei rifiuti

Sul punto della gestione dei rifiuti, la Corte EDU ha osservato che i comuni di Caserta e San Nicola La Strada, dove risiedono i ricorrenti, sono stati colpiti dalla crisi della gestione dei rifiuti dal 1994 al 2009. Durante tale periodo, i ricorrenti sono stati costretti a vivere in un ambiente inquinato dai rifiuti accumulati nelle strade e dai siti di stoccaggio temporaneo dei rifiuti.

La Corte ha pertanto concluso che tale esposizione ai rifiuti, in violazione delle norme di sicurezza, ha aumentato il rischio che i ricorrenti  potessero contrarre determinate malattie. Tale conclusione è stata attestata dagli studi scientifici prodotti dai ricorrenti, è riconosciuta dalla CGUE ed è corroborata da una relazione d'inchiesta parlamentare del 2013.

Le autorità italiane non sono state in grado di garantire il buon funzionamento dei servizi di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti durante il periodo di stato di emergenza nella regione Campania, ossia dall'11 febbraio 1994 al 31 dicembre 2009 e, non avendo adottato tutte le misure necessarie per la tutela effettiva del diritto dei ricorrenti al rispetto del loro domicilio e della loro vita privata, hanno violato l'art. 8 CEDU.

Tuttavia, la Corte ha constatato che i ricorrenti non hanno dimostrato che (ed eventualmente in quale misura) tali inadempienze hanno avuto un effetto diretto sul loro domicilio e sulla loro vita privata dopo la fine dello stato di emergenza, ossia a decorrere dal 1° gennaio 2010.

Ne consegue che, per i giudici di Strasburgo, non vi è stata violazione dell'art. 8 CEDU per quanto riguarda la gestione dei servizi di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti a partire da tale data.

La discarica

I documenti ufficiali forniti dalle parti hanno mostrato che il deposito illegale di rifiuti, per una ventina d'anni, nel sito di Lo Uttaro, è stato la causa di un grave inquinamento ambientale.

Tuttavia, dal momento che le autorità erano a conoscenza del fatto che il sito di smaltimento dei rifiuti rappresentava un rischio significativo, nel 2007 hanno autorizzato l'utilizzo del sito per lo smaltimento di rifiuti non pericolosi, aggravando ulteriormente il danno ambientale.

Tale situazione, che ha portato a vietare più volte l'uso delle acque sotterranee, ha necessariamente influito sul benessere individuale dei residenti di Caserta e San Nicola La Strada, tra cui i ricorrenti.

Tali documenti hanno inoltre dimostrato che, anche se il sito è stato chiuso nel 2007, la presenza dei rifiuti sul sito ha continuato a mettere in pericolo la salute dei ricorrenti. Secondo le ultime informazioni disponibili, i progetti previsti per la messa in sicurezza e la pulizia del sito non sono ancora stati completamente realizzati e non esiste un calendario chiaro per tali lavori.

In conclusione, in merito alla discarica, la Corte EDU ha affermato che  le autorità italiane non adottato le misure necessarie per la tutela del diritto dei ricorrenti al rispetto della loro vita privata di fronte all'inquinamento ambientale causato dalla discarica di Lo Uttaro e che hanno pertanto violato l'art. 8 CEDU (da un punto di vista meramente materiale).

Per contro, i giudici hanno ritenuto insussistente la violazione dell'art. 8 della Convenzione (aspetto procedurale) per quanto riguarda il presunto inadempimento delle autorità a fornire ai ricorrenti informazioni sull'inquinamento ambientale causato dalla discarica di Lo Uttaro. Tale situazione era infatti necessariamente nota al pubblico, a causa delle inchieste parlamentari condotte nel 2007 e nel 2013, di diverse ordinanze emesse dai sindaci di Caserta e di San Nicola La Strada e di comunicati stampa pubblicati dalle autorità giudiziarie tra il 2013 e il 2019.

La Corte ha ritenuto che la constatazione di una violazione fornisca di per sé una soddisfazione equa sufficiente per qualsiasi danno morale che possa essere stato subito dai ricorrenti.