Il Regolamento sulla disciplina professionale del Mediatore Familiare

13 Novembre 2023

Il presente articolo si prefigge di offrire una fotografia del Regolamento sulla disciplina professionale del mediatore familiare, analizzandone tutti i contenuti, che spaziano dalla definizione della figura del mediatore familiare ai requisiti, personali e di acquisita formazione, necessari per l’esercizio della professione, alle regole deontologiche e alle tariffe applicabili.

Figlio della Riforma Cartabia, che l’ha espressamente preannunciato all’art. 12-sexies disp. att. c.p.c., il decreto interministeriale n. 151/2023 acquisisce una portata generale unica nel panorama legislativo, rappresentando il primo tentativo di regolamentazione nazionale a livello normativo della mediazione familiare, valorizzata, soprattutto con la Riforma, dal codice civile, dalla legge in materia di negoziazione assistita e dal codice di procedura civile ma mai disciplinata.

Inquadramento

Il 31 ottobre 2023 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – proprio nello stesso giorno di pubblicazione del decreto del Ministero di Giustizia n. 150 del 24 ottobre 2023 riguardante i criteri e le modalità di iscrizione nel Registro degli Organismi di mediazione e nell'elenco degli Enti di formazione e le indennità spettanti agli Organismi - il tanto atteso decreto interministeriale che il legislatore della Riforma Cartabia preannunciava nell'art. 12-sexies. disp. att. c.p.c. Il capo I bis (“Dei Mediatori Familiari”) – introdotto ex novo con il d. lgs. n. 149/2022 nel titolo II (“Degli esperti e degli ausiliari del giudice”) r.d. 18 dicembre 1941 n. 1368 – dopo aver descritto l'istituendo elenco dei mediatori familiari e definita la sua disciplina per la sua formazione e l'iscrizione in esso, si completa con una norma di portata più generale, l'art. 12-sexies appunto, che prevede testualmente: “L'attività professionale del mediatore familiare, la sua formazione, le regole deontologiche e le tariffe applicabili sono regolate con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico (ora Ministro delle Imprese e del Made in Italy) di concerto con il Ministro della Giustizia e con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, nel rispetto delle disposizioni di cui alla legge 14 gennaio 2013, n. 4”.

E così il decreto interministeriale 27 ottobre 2023 n. 151 ha introdotto, come preannuncia il suo titolo, il Regolamento sulla disciplina professionale del mediatore familiare inscrivendolo in un quadro legislativo, nazionale e sovranazionale, che ricomprende gli interventi della Riforma Cartabia (segnatamente il d. lgs. 149 del 10 ottobre 2022), la legge n. 4 del 2013 in materia di professioni non riconosciute, la legge n. 81 del 2017 in materia di misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale, la legge n. 49 del 2023 in materia di equo compenso delle prestazioni professionali, il cd. Codice del Consumo, il decreto legislativo n. 13 del 16 gennaio 2013 che ha introdotto a livello nazionale un sistema unificato di certificazione delle competenze (esso individua regole generali che permettano di valutare in modo omogeneo il livello di competenza e conoscenza relativo ad ogni tipo di apprendimento, formale, non formale e informale, disponendo che la certificazione delle competenze all'esito dell'apprendimento sia competenza di appositi “enti titolati”), il Codice in materia di trattamento dei dati personali unitamente al Regolamento UE 2016/679 e al Regolamento CE n. 765/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio in materia di accreditamento e vigilanza del mercato.

Non è richiamata la normativa tecnica UNI, la n. 11644 del 2016, che rappresenta il riferimento più completo ed articolato, insieme all'Atlante per il Lavoro, rispetto al profilo del mediatore familiare, alla sua attività e al percorso formativo per acquisire il livello di professionalità necessario per l'iscrizione alle associazioni di categoria descritte dalla legge n. 4 del 2013: ciò va verosimilmente imputato alla natura volontaria di tale norma la rende insuscettibile di essere fatta valere erga omnes, esplicando appunto i suoi effetti solo nei confronti di coloro che volontariamente scelgono di aderire all'Ente che l'ha definita.

L'impianto del decreto, al di là dell'elenco individuato nell'art. 1 (“oggetto”), può essere schematizzato e sintetizzato nelle seguenti aree:

  1. la definizione della professione di mediatore familiare (art. 2);
  2. i requisiti compositi per l'esercizio della professione e, con gli adeguati espressi adattamenti, anche per l'iscrizione nell'elenco ex art. 12-bis disp-att. c.p.c. (artt. 3, 4, 5 comma 11 e 6 comma 15);
  3. i contenuti e le caratteristiche della formazione iniziale e continua, compresa la definizione del profilo del formatore (art. 5);
  4. le regole deontologiche (art. 6);
  5. il compenso (artt. 7 e 8);
  6. il trattamento dei dati personali (art. 9).

La definizione

L'art. 2, precisando al comma 2 che la professione del mediatore familiare è esercitata in forma non organizzata secondo le previsioni della legge n. 4/2013, così definisce tale professionista al comma 1:

“Il mediatore familiare è la figura professionale terza e imparziale, con una formazione specifica, che interviene nei casi di cessazione o di oggettive difficoltà relazionali di un rapporto di coppia, prima, durante o dopo l'evento separativo. Il mediatore opera al fine di facilitare i soggetti coinvolti nell'elaborazione di un percorso di riorganizzazione di una relazione, anche mediante il raggiungimento di un accordo direttamente e responsabilmente negoziato e con riferimento alla salvaguardia dei rapporti familiari e della relazione genitoriale, ove presente”.

La norma coglie alcuni dei tratti salienti dell'attività:

  • la terzietà ed imparzialità del mediatore familiare, che non vanno confuse con la neutralità (nec utrum) propria del giudice: il mediatore familiare, per prendere in prestito le parole di Eligio Resta (da “Il coraggio di mediare” Milano, 2023) “deve essere questo e quello” in una continua danza di avvicinamento all'uno e all'altro dei genitori (d'ora in poi seguendo le indicazioni del decreto, dei mediandi, n.d.r.);
  • la imprescindibile e prodromica formazione specifica;
  • la centratura sull'essere, il mediatore familiare, innanzitutto facilitatore;
  • l'ingaggio dei mediandi chiamati al confronto e ad un lavoro, anche in vista di un accordo, in cui siano direttamente e responsabilmente i protagonisti, essendo il ruolo del mediatore quello di catalizzatore;
  • la finalità della salvaguardia del rapporto e della relazione.

La definizione dell'area di operatività del mediatore familiare si amplia ufficialmente:

  • da un lato, estendendo l'intervento alle situazioni di rottura delle relazioni familiari, siano esse di coppia o genitoriali: il focus sulla riorganizzazione delle relazioni genitoriali viene meno, posto che potranno rivolgersi al mediatore anche coppie che intendessero affrontare le fatiche della vicenda separativa pur in assenza di figli;
  • dall'altro lato, si prevede la possibilità di un intervento del mediatore familiare di pacificazione delle relazioni anche in un contesto di semplice conflittualità senza che siano maturate ma neppur prese in considerazione scelte di separazione: il senso della preposizione “o” inserita fra “casi di cessazione” e “oggettive difficoltà relazionali di un rapporto di coppia”, nonché l'avverbio “prima … [del]l'evento separativo” non possono che essere interpretati in tal senso.

I requisiti compositi per l'esercizio della professione e per l'iscrizione nell'elenco

L'esercizio della professione richiede la ricorrenza di una pluralità composita di requisiti riferiti alla persona, al percorso formativo professionalizzante e alla sussistenza di “titoli” ritenuti idonei.

L'articolo 4, comma 1, statuisce infatti che la professione è esercitata da chi:

  • possegga i requisiti di onorabilità dettagliati nell'art. 3;
  • abbia affrontato una formazione con le caratteristiche descritte nell'art. 5;
  • sia in possesso, alternativamente, di: (i) attestazione rilasciata dalle associazioni professionali iscritte alla II Sezione dell'elenco tenuto dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ai sensi degli articoli 7 e 8 della legge, n. 4 del 2013, oppure (ii) certificazione di conformità del professionista alla normativa tecnica UNI 11644, ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 4 del 2013, rilasciata da organismi di certificazione accreditati dall'organismo unico nazionale di accreditamento ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008, oppure (iii) diploma di laurea almeno triennale nell'area disciplinare umanistico-sociale di cui all'allegato 1 del decreto del Ministro dell'Università e della Ricerca del 30 dicembre 2020, n. 942 o altro titolo equivalente o equipollente per legge.

Il requisito dell'onorabilità è normalmente legato alla condotta del soggetto che non deve appunto aver realizzato fattispecie penalmente rilevanti in spregio di certi diritti individuati nelle norme di riferimento; associare la salute mentale e fisica che conduce ad un provvedimento di interdizione, inabilitazione o amministrazione di sostegno, risulta alquanto singolare. Significativo poi sotto tale aspetto è il rilievo dato, sempre in termini di connotato dell'onorabilità, all'aver riportato, per gli iscritti ad un ordinamento professionale, negli ultimi cinque anni, una sanzione disciplinare più grave di quella minima prevista dal singolo ordinamento (art. 3, comma 1, lett. g), ritenendo così preclusiva dell'esercizio dell'attività di mediatore familiare una fattispecie deontologicamente rilevante appartenente ad altra categoria professionale.

Al di là del valore generale della norma, l'art. 3 pare nascere quasi per dare contenuto a quella “condotta morale specchiata” richiesta dall'art. 12-quater disp. att. c.p.c. per l'iscrizione negli elenchi presso il tribunale, e il riferimento per accertare la sussistenza dei requisiti alla data di richiesta dell'iscrizione depone in tal senso. Sembra che il pensiero a tali elenchi accompagni l'interpretazione della norma che, non a caso, prevede all'ultimo comma che sia vietato, e conseguentemente sanzionato con le medesime modalità previste per le sanzioni dei CTU, “chiedere l'iscrizione presso l'elenco anche di altro tribunale.

La formazione cd. iniziale descritta puntigliosamente nell'art. 5, di cui infra, è requisito imprescindibile per lo svolgimento della professione di mediatore familiare, salve le previsioni dell'art. 5, comma 11, secondo cui “non sono tenuti a svolgere il corso di formazione iniziale previsto al comma 3 i soggetti di cui all'articolo 4 comma e coloro che sono iscritti nell'elenco di cui all'articolo 12 -bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile”.

Rispetto ai titoli necessari la singolare scelta operata è stata di ritenere alternativi titoli di contenuto differente: altro, infatti, sono le attestazioni delle associazioni di categoria piuttosto che le certificazioni di conformità alla normativa tecnica UNI 11644:2016 che verosimilmente si acquisiscono dopo un impegnativo percorso formativo, altro è la laurea in una disciplina umanistica che potrebbe essere completamente avulsa rispetto ai fondamentali della mediazione familiare.

Facendosi carico di una situazione molto variegata al momento della sua entrata in vigore, il decreto all'art. 4, comma 2, “salva, consentendo l'esercizio della professione, coloro che, possedendo i requisiti di onorabilità, “alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono già in possesso dell'attestato di mediatore familiare, conseguito con la frequenza di un corso di almeno duecentoventi ore e il superamento dell'esame finale, e documentano lo svolgimento di attività di mediazione familiare nel biennio precedente. Restano fermi gli obblighi formativi di aggiornamento professionale periodico di cui all'articolo 5, comma 6, da assolvere con cadenza annuale a decorrere dal 31 dicembre 2023. Al corso di formazione, in questo specifico caso, si richiede unicamente un monte ore minimo, null'altro, né la modalità di svolgimento della formazione, se on line piuttosto che in presenza, né quale sia l'ente che l'abbia realizzata.

Rispetto all'elenco dei mediatori istituendo presso il tribunale, ai requisiti del decreto si aggiungono quelli previsti dall'art. 12-quater disp. att. c.p.c. (art. 4, comma 3).

I contenuti e le caratteristiche della formazione

  1. il percorso formativo

La formazione è duplice (art. 5, comma 2): una iniziale di cd. accesso ai fondamentali e agli strumenti della professione e una di aggiornamento continuo secondo modalità definite dal decreto all'art. 5, comma 6.

Al di là della singolare connotazione della formazione finalizzata a migliorare, perfezionare, accrescere le conoscenze e le competenze piuttosto che preliminarmente ad offrire tali conoscenze e competenze, data la loro specificità, il percorso formativo delineato nel decreto ha una serie di importanti requisiti:

  • deve trattarsi di corso riconosciuto dalle associazioni ai sensi della legge 4/2013 oppure erogato da soggetti da queste riconosciuti oppure da Enti titolati alla certificazione delle competenze ai sensi del decreto legislativo 13/2013;
  • deve, quale requisito minimo, comporsi di non meno di duecentoquaranta ore di lezioni teorico-pratiche, di cui almeno il 70% dedicato alle materie della mediazione familiare, oltre a non meno di 80 ore di pratica guidata, di cui almeno 40 ore in affiancamento ad un mediatore familiare professionista;
  • il 75% del monte ore riguardante la parte dedicata alle lezioni teorico-pratiche potrà svolgersi in presenza o mediante collegamento audiovisivo in modalità sincrona;
  • il corso teorico pratico deve affrontare tutte le materie indicate nell'art. 5, comma 5, in cui sono anche ricomprese le conoscenze in tema di violenza domestica e di genere, secondo le indicazioni della riforma, e le esperienze di mediazione familiare all'estero;
  • deve prevedere un esame finale comprendente: una prova scritta con domande a risposte aperte, una prova pratica effettuata con la modalità del role playing e una prova orale consistente in un colloquio valutativo preceduto dall'esposizione di un elaborato scritto relativo al percorso formativo svolto e alla pratica guidata.

Il superamento dell'esame finale darà diritto al rilascio dell'attestato di idoneità all'esercizio della professione di mediatore familiare, attestato che attualmente viene rilasciato dopo la supervisione prevista dalla norna tecnica UNI 11644:2016 e che consiste nella conduzione di un caso in autonomia da parte del neo mediatore sotto la supervisione di mediatore professionista.

  1. il formatore

L'art. 5, comma 7 precisa che i corsi di formazione iniziale e quelli finalizzati all'aggiornamento professionale continuo sono tenuti da formatori con precisi requisiti riferiti alla propria formazione (art. 5, comma 7) e all'onorabilità (art. 5, comma 8) declinata, quest'ultima, analogamente all'onorabilità richiesta all'art. 3 ai mediatori familiari.

Rispetto invece agli altri requisiti, i formatori debbono alternativamente:

  • aver conseguito il diploma di laurea almeno triennale nell'area disciplinare umanistico-sociale di cui all'allegato 1 del decreto del Ministro dell'università e della ricerca del 30 dicembre 2020, n. 942, o altro titolo equivalente o equipollente per legge, e aver svolto docenza in materie giuridiche, umanistiche, sociali o psicologiche presso università, istituti secondari e scuole pubbliche o private legalmente riconosciute oppure, in alternativa alla suddetta docenza, avere almeno due pubblicazioni in materia di mediazione familiare, dotate di codice identificativo internazionale ai sensi dell'articolo 1, lettera t) , del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 7 giugno 2012, n. 76;
  • essere iscritti da almeno cinque anni a una delle associazioni professionali di mediatori familiari inserite nell'elenco tenuto presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy,
  • documentare lo svolgimento di attività di docenza in materia di mediazione familiare in corsi della durata di almeno quaranta ore ciascuno, per almeno cinque anni consecutivi anteriori alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Anche per i formatori è prevista una disciplina transitoria (art. 5, comma 9) che riconosce la qualifica di formatore a coloro che “alla data di entrata in vigore del decreto hanno conseguito la qualifica di mediatore familiare con la frequenza di un corso di almeno duecentoventi ore e il superamento dell'esame finale e documentano lo svolgimento dell'attività di formazione in una o più materie di cui al comma 5 per non meno di trenta ore nel biennio precedente”.

Anche per i formatori è naturalmente previsto un obbligo di aggiornamento professionale permanente (art. 5, comma 10).

Le regole deontologiche

L'art. 6, al comma 1, innanzitutto chiarisce che le regole deontologiche sono finalizzate a precisare l'etica professionale e le condotte cui il mediatore deve attenersi nell'esercizio della propria professione e configura come illecito deontologico il comportamento contrario a dette regole. Si tratta di un illecito senza previsione di sanzione, il che rende non privo di complessità l'intervento per così dire “punitivo” e apre alla riflessione di quale margine di discrezionalità possano avere le associazioni – ove è presente lo Sportello del Consumatore, almeno per quelle di cui alla legge n. 4/2013 – nell'individuare la misura sanzionatoria.

L'art. 6, comma 2, testualmente recita, se vogliamo sintetizzando il senso dell'attività del mediatore familiare, che “l'esercizio della professione è libero e fondato sull'autonomia, sulle competenze e sull'indipendenza di giudizio intellettuale e tecnico, secondo buona fede, affidamento della clientela, correttezza, responsabilità del professionista e riservatezza”.

Singolare la sottolineatura nelle regole dell'etica professionale della necessità di indipendenza di giudizio intellettuale e tecnico quasi a richiamare sempre e costantemente la necessità che il professionista – ma non solo il mediatore – sia consapevole delle “risonanze” che la narrazione portata dai genitori può avere rispetto alla propria storia professionale e, forse anche, personale. Tale sottolineatura che è in linea di continuità con la previsione del comma 3 che, nel richiamare l'imparzialità e la neutralità del mediatore familiare, nonché l'obiettivo di empowerment dei mediandi da incoraggiare ad un confronto costruttivo, gli richiede assenza di giudizio nei confronti dei mediandi stessi.

I commi 4 e 5 prevedono i divieti e le astensioni.

Al mediatore familiare non è consentito:

  1. intervenire in mediazioni che coinvolgano interessi propri, del coniuge o del convivente, dei suoi parenti entro il secondo grado o dei suoi affini, oppure di persone con le quali ha rapporti di frequentazione abituale, ovvero di soggetti con cui ha causa pendente, grave inimicizia, rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti di cui è tutore, curatore, procuratore o agente: il cd. conflitto di interessi;
  2. erogare ai mediandi servizi che esulano dallo specifico ambito della mediazione familiare;
  3. far pressione sui mediandi per ottenere la loro adesione ad un progetto non concordato liberamente;
  4. fornire ai mediandi prestazioni professionali riservate ad iscritti a ordini o collegi professionali durante lo svolgimento dell'attività di mediatore familiare; in altri termini non è possibile operare in una commistione di professionalità;
  5. offrire o accettare doni, richieste e favori dai mediandi, dalle parti, dai loro avvocati o da altre persone coinvolte direttamente o indirettamente nel percorso di mediazione.

In caso di conflitto di interessi e “in ogni altro caso in cui esistono [non meglio specificate, n.d.r.] gravi ragioni di convenienza” il mediatore è tenuto ad astenersi.

Il comma 6 ribadisce l'obbligo di segreto relativo allo svolgimento e al contenuto dei colloqui e agli accordi eventualmente raggiunti, un obbligo che si estende ai praticanti e “a tutti coloro che assistono agli incontri” (ma a quali altri soggetti potrebbero assistere?). Il segreto vincola il mediatore salvi i “casi di esenzione previsti dalla legge” e le ipotesi in cui “entrambi i mediandi … [esentino, n.d.r.] il mediatore familiareprestando l'assenso scritto”.V'è da chiedersi se questo comma sia correlato, e se così fosse occorrerà una riflessione più puntuale per comprendere i meccanismi di coordinamento, con il comma 8 laddove prevede – e sembrerebbe trattarsi anche in questo caso di un obbligo deontologico – che “il mediatore familiare segnala alle autorità competenti eventuali [anche in questo caso, non meglio specificati e decisamente genericamente richiamati, n.d.r.] abusi nell'ambito dell'esercizio della mediazione familiare”.

Proseguendo nell'elenco delle regole deontologiche, ma non solo (i divieti hanno portata più ampia della sfera deontologica):

  1. il comma 7 prevede l'obbligo di cura costante della preparazione professionale secondo i parametri del decreto;
  2. il comma 11 elenca le ipotesi in cui il mediatore interrompe il percorso di mediazione, senza peraltro menzionare la violenza probabilmente perché il divieto è già contenuto nell'art. 473-bis 43 c.p.c.: espressa richiesta di uno e entrambi i mediandi, mancanza di condizioni per la prosecuzione e impossibilità di assicurare la neutralità e l'imparzialità nello svolgimento del compito;
  3. il comma 12 prevede il divieto di pubblicità ingannevole unito ad un obbligo di attività di autopromozione veritiera e corretta;
  4. il comma 13 prevede il divieto di pratiche commerciali scorrette;
  5. il comma 14 prevede per coloro che siano iscritti negli istituendi elenchi di cui all'art. 12-ter disp. att. c.p.c., di comunicare immediatamente al presidente del tribunale il venire meno dei requisiti prescritti e il conseguente obbligo di interruzione immediata della professione di mediatore;
  6. il comma 15 prevede il divieto “… a qualunque mediatore familiare, anche non iscritto nell'elenco di cui all'articolo 12 -bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, di esercitare la professione di mediatore familiare quando non è in possesso dei requisiti prescritti dal presente decreto”.

Una particolare attenzione è data all'informativa verso i mediandi cui è tenuto il mediatore familiare: l'art. 6 dedica i corposissimi commi 8 e 9 ad elencare analiticamente i contenuti dell'informativa, la cui incompletezza costituisce illecito deontologico.

Il comma 8 dettaglia i contenuti dell'informativa che si integrano ed implementano dei contenuti individuati nel comma 9 quando l'informativa sia resa in pendenza di procedura giudiziaria.

Nel rapporto con i mediandi il mediatore familiare è tenuto a:

  1. informare i mediandi dei propri titoli professionali e della polizza assicurativa, ove stipulata (si è introdotta una pericolosa possibilità di non avere la polizza?);
  2. riportare in ogni documento e rapporto scritto con i mediandi le informazioni di cui all'art. 1, comma 3, legge 4/2013;
  3. informare i mediandi, fin dal primo incontro, sugli obiettivi, le modalità e il percorso dell'intervento di mediazione familiare;
  4. informare i mediandi sulla specificità del suo intervento, distinguendolo da quello di altri professionisti iscritti ad ordini o collegi professionali;
  5. informare i mediandi, prima dell'avvio del percorso di mediazione, del costo degli incontri di mediazione familiare e delle modalità di pagamento e che in nessun caso il costo può essere vincolato al risultato ottenuto (un'obbligazione, quella del mediatore familiare, di mezzi e non di risultato);
  6. informare i mediandi che presso le associazioni professionali di mediatori familiari di cui all'art. 2 l. 4/2013 è istituito lo Sportello del Consumatore.

Se poi l'informativa avviene in pendenza di una procedura giudiziaria, magari su invito del giudice o a fronte dell'attivazione degli avvocati una volta letto il decreto di fissazione udienza che obbligatoriamente (art. 473-bis. 14, comma 4, c.p.c., salvo i casi di violenza), deve contenere il riferimento alla possibilità di avvalersi della mediazione familiare, il mediatore familiare dovrà altresì informare:

  1. gratuitamente in via preliminare le parti sulle finalità, i contenuti, le modalità e i costi del percorso, nonché sulla disponibilità dell'elenco dei mediatori familiari presso il tribunale;
  2. sulla facoltà di avvalersi di uno tra i mediatori familiari inseriti nell'elenco istituito presso il tribunale;
  3. sulla facoltà, se le parti sono costituite in giudizio, di farsi assistere dal proprio avvocato al primo incontro di mediazione, agli incontri successivi che hanno ad oggetto aspetti economici e patrimoniali e per l'eventuale sottoscrizione dell'accordo;
  4. sulla riservatezza, nel senso che “nulla sarà riferito, ad eccezione di quanto previsto dalla lettera f) [obbligo di riferire al giudice “circa l'adesione o la mancata adesione dei mediandi al percorso di mediazione familiare”, n.d.r.], all'autorità giudiziaria nel caso di interruzione della mediazione familiare o di impossibilità di proseguirla;
  5. sulla trasmissione alle autorità competenti direttamente ad opera dei mediandi o dei loro avvocati degli eventuali accordi raggiunti in mediazione familiare.

Dalla lettura della norma emerge con immediata evidenza la peculiare connotazione che assume per il legislatore la mediazione familiare in caso di lite pendente:

  • l'informativa iniziale è gratuita;
  • è possibile ipotizzare un cambio di mediatore familiare (quando è previsto il richiamo ad avvalersi di mediatori iscritti nell'elenco ex art. 12-ter disp. att. c.p.c.) laddove normalmente dovrebbe essere preservata la continuità e immutabilità della figura che accoglie i mediandi e li accompagna nel percorso;
  • la presenza fisica dell'avvocato al primo incontro di mediazione e negli altri successivi incontri in fase di negoziazione quando i temi toccano questioni di natura economico-patrimoniale;
  • la possibilità di sottoscrizione, e quindi formalizzazione, di un accordo, presenti gli avvocati;
  • il contatto diretto fra il mediatore e il giudice, ancorché riferito alla comunicazione relativa all'adesione o meno al percorso di mediazione (in che forma? sempre o solo se il giudice lo richiede?).

Il compenso

L'art. 7 impone al mediatore di pattuire il proprio compenso al momento del conferimento dell'incarico professionale; un compenso che, come sottolinea il comma 1 dell'art. 7, “è adeguato alla delicatezza del ruolo rivestito, al decoro della professione e all'importanza della prestazione e non può essere condizionato all'esito o ai risultati dell'intervento professionale.

Tenuto conto che il compenso, che comprende anche le attività accessorie (ma quali?), come precisano l'art. 7, comma 2, è strettamente correlato al grado di complessità dell'incarico, il mediatore familiare sarà tenuto a rendere noto in forma scritta tale dato fornendo tutte le informazioni utili, verosimilmente sempre per iscritto, circa gli oneri prevedibili (il richiamo è all'art. 8 che menziona spese forfettarie non meglio definite, oneri e contributi dovuti a qualsiasi titolo che andranno tenute distinte rispetto al compenso/onorario).

Il coma 4 dell'art. 8 precisa l'importo base per ogni incontro a carico di ciascun mediando e lo quantifica in euro 40,00, oltre oneri di legge (IVA e cassa, verosimilmente). Tale importo base, secondo le previsioni del successivo comma 5, potrà essere adattato al grado di complessità dell'incarico moltiplicandolo secondo parametri fissi: 1 in caso di bassa complessità, 1,5 in caso di media complessità e 2 in caso di alta complessità.

La questione del calcolo del compenso, apparentemente numerica, tradisce la complessità della vicenda che nel momento in cui verrà concordato il compenso darà un'etichetta altamente valutativa ai mediandi; ciò a tacere di quanto un simile approccio rischi di banalizzare la variegatura delle vicende separative e rischi di innescare un meccanismo di accaparramento al cliente dettato da prezzi al ribasso.

Il trattamento dei dati

Come aveva correttamente sottolineato il Garante per la Protezione dei Dati Personali nel suo parere del 18 luglio 2023, la formazione e gestione dell'elenco dei mediatori familiari e la verifica in capo ai formatori e ai mediatori dei requisiti soggettivi necessari per l'esercizio della relativa attività comportano un trattamento rilevante di dati anche appartenenti alla categoria di cui all'art. 10 del Regolamento UE 2016/679 ai quali l'ordinamento accorda una tutela rafforzata.

Per tale motivo l'art. 9 indica quali “titolari” del trattamento dei dati personali rispettivamente:

  • i presidenti del Tribunale, o loro delegati, con riferimento alla formazione e alla tenuta degli elenchi di cui agli artt. 12-bis e seguenti disp. att. c.p.c.;
  • le associazioni di cui alla legge 14 gennaio 2013 n. 4 e i soggetti da queste riconosciuti per l'erogazione dei corsi di formazione iniziale e di aggiornamento annuale con riferimento ai dati acquisiti rispetto alla formazione, comprensivi dei requisiti di onorabilità riguardanti i formatori.

In conclusione

C’è da essere soddisfatti: finalmente si è riconosciuto a livello normativo che l’esercizio della professione del mediatore familiare è consentito solo in presenza di stringenti requisiti, analiticamente dettagliati, che riguardano la persona e la sua formazione.

L’entusiasmo si accompagna tuttavia alla preoccupazione per l’attuazione di un Regolamento che, letto, studiato e calato nella pratica della professione e della relazione con i mediandi, presenta non pochi ostacoli e insidie.

Il lavoro che si prospetta è di approfondire la norma, auspicabilmente in un confronto multidisciplinare che solo può consentire una visione d’insieme, condividendo le riflessioni in un prossimo articolo.

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