Credito al consumo: i costi extrainteressi possono costituire una clausola abusiva se vi è squilibrio fra diritti e doveri delle parti a danno dei consumatori

La Redazione
27 Novembre 2023

La CGUE (23 novembre 2023, C-321/22), interrogata da un giudice polacco sull'interpretazione della direttiva 93/13/CEE sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, ha affermato che se vi è un significativo squilibrio tra diritti e obblighi delle parti contraenti, in danno del consumatore, le clausole possono configurarsi come abusive. Un tale squilibrio può esservi se i costi extrainteressi a carico del consumatore sono manifestamente sproporzionati rispetto all'importo concesso in prestito e ai servizi forniti in cambio. Nel caso di specie, tre cittadini, in capo ai quali sorgeva l'obbligo di pagare costi “extrainteressi” del credito molto elevati sui rispettivi contratti a consumo, invocavano il carattere eccessivo e irragionevole di tali costi. Il carattere abusivo delle clausole può essere valutato solo nel caso in cui esse non mirino a definire l'oggetto principale del contratto o a riferirsi alla perequazione del prezzo o della remunerazione rispetto ai servizi forniti in cambio. Spetterà al giudice nazionale verificare se ciò avvenga nel caso specifico.

Tre cittadini hanno stipulato, in Polonia, contratti di credito al consumo. Secondo tali contratti, essi devono pagare, oltre alla somma presa a prestito maggiorata degli interessi, spese e commissioni aggiuntive. Tali costi del credito extrainteressi sono molto elevati e corrispondono a diverse decine di punti percentuali degli importi concessi in prestito. Invocando il carattere eccessivo e irragionevole di tali costi, detti consumatori chiedono a un giudice polacco di dichiarare che le clausole di cui trattasi sono abusive. Due fra tali contratti prevedono anche che i rimborsi del credito siano dovuti esclusivamente in contanti ad un agente del mutuante presso il domicilio del mutuatario.

Il giudice polacco chiede alla Corte di giustizia di interpretare la Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori. Esso chiede se le clausole relative ai costi di credito extrainteressi possano essere qualificate come abusive per il solo motivo che tali costi sono manifestamente eccessivi rispetto alla prestazione fornita dal professionista. Esso chiede altresì se il contratto possa sussistere dopo la dichiarazione di nullità delle disposizioni che richiedono un rimborso in presenza presso il domicilio del consumatore.

Nella sua risposta, la Corte ricorda che una clausola contrattuale è considerata abusiva se determina un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti contraenti, a danno del consumatore. Un tale squilibrio può derivare dal solo fatto che i costi extrainteressi posti a carico del consumatore sono manifestamente sproporzionati rispetto all'importo concesso in prestito e ai servizi forniti in cambio, connessi alla concessione e alla gestione di un credito. Tuttavia, in linea generale, il carattere abusivo delle clausole può essere valutato solo nel caso in cui esse non mirino a definire l'oggetto principale del contratto o a riferirsi alla perequazione del prezzo o della remunerazione rispetto ai servizi forniti in cambio. Spetterà quindi al giudice nazionale verificare se ciò avvenga nel caso di specie. In caso di risposta negativa, il giudice nazionale dovrà esaminare se la legislazione nazionale consenta, in quanto normativa che garantisce un livello di tutela più elevato, di procedere a una siffatta valutazione.

Infine, qualora il giudice nazionale invalidi la clausola che richiede un rimborso presso il domicilio del consumatore sulla base del rilievo che essa consente al mutuante di esercitare una pressione illegittima, il contratto può rivelarsi ineseguibile e quindi nullo nel suo complesso. Tuttavia, se l'elemento abusivo di tale clausola è separabile dal resto di quest'ultima, la sua soppressione può essere sufficiente a ristabilire l'equilibrio reale tra le parti del contratto. In tal caso, il contratto può sussistere e il consumatore può scegliere qualsiasi metodo di pagamento tra quelli ammissibili ai sensi del diritto nazionale.