Simboli religiosi sul luogo di lavoro: una P.A. può vietare ai dipendenti di indossarli per la finalità legittima di creare un ambiente amministrativo neutro

La Redazione
04 Dicembre 2023

La CGUE (28 novembre 2023, C-148/22) ha risposto negativamente al Tribunale del lavoro di Liegi che chiedeva se la regola di rigorosa neutralità stabilita da un Comune belga, che aveva vietato a una sua dipendente di indossare il velo islamico sul luogo di lavoro, desse luogo a una discriminazione contraria al diritto dell'UE (ai sensi della Direttiva 2000/78/CE sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro). Nel caso in esame, la dipendente invocava l'accertamento della violazione della sua libertà di religione e della discriminazione subita. La CGUE ha affermato che, al fine di creare un ambiente amministrativo totalmente neutro, una P.A. può vietare di indossare in modo visibile sul luogo di lavoro qualsiasi segno che riveli convinzioni filosofiche o religiose. Una regola del genere non è discriminatoria se viene applicata in maniera generale e indiscriminata a tutto il personale di tale amministrazione e si limita allo stretto necessario. Spetta ai giudici nazionali verificano se le misure adottate realizzino una conciliazione tra la libertà di religione e le finalità legittime che sono alla base di tale divieto.

A una dipendente del Comune di Ans (Belgio), che svolge la sua funzione di responsabile dell'ufficio principalmente senza contatto con gli utenti del servizio pubblico, è stato vietato di indossare il velo islamico sul luogo di lavoro. Poco dopo il Comune ha modificato il proprio regolamento di lavoro e attualmente richiede ai propri dipendenti di osservare una rigorosa neutralità: è vietata qualsiasi forma di proselitismo e non è consentito indossare segni vistosi della propria appartenenza ideologica o religiosa ai dipendenti, ivi compresi quelli che non sono a contatto con gli utenti.

L'interessata intende ottenere l'accertamento della violazione della sua libertà di religione e della discriminazione da lei subita.

Investito del procedimento, il Tribunale del lavoro di Liegi si è chiesto se la regola di rigorosa neutralità stabilita dal Comune desse luogo a una discriminazione contraria al diritto dell'Unione (Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro).

La Corte risponde che la politica di rigorosa neutralità imposta da una pubblica amministrazione ai suoi dipendenti al fine di creare al suo interno un ambiente amministrativo totalmente neutro può essere considerata oggettivamente giustificata da una finalità legittima. Altrettanto giustificata sarebbe la scelta di un'altra pubblica amministrazione a favore di una politica che consenta, in maniera generale e indiscriminata, di indossare segni visibili di convinzioni, in particolare filosofiche o religiose, anche nei contatti con gli utenti, o l'introduzione di un divieto di indossare siffatti segni limitato alle situazioni che implicano contatti del genere. 

Infatti, ogni Stato membro, e ogni ente infrastatale nell'ambito delle sue competenze, dispone di un margine di discrezionalità nella concezione della neutralità del servizio pubblico che intende promuovere sul luogo di lavoro, a seconda del suo proprio contesto. Ciò premesso, tale finalità deve essere perseguita in modo coerente e sistematico, e le misure adottate per conseguirla devono essere limitate allo stretto necessario.

Spetta ai giudici nazionali verificare il rispetto di tali criteri.

Sul tema, si rimanda al Focus di R. COSIO, Il divieto del velo islamico nei luoghi pubblici. La sentenza della Grande Sezione