Il nuovo codice rosso: l’arresto differito

Cesare Parodi
04 Dicembre 2023

Molte sono le novità introdotte dalla l. n. 168/2023 «Disposizioni per la prevenzione e il contrasto del fenomeno della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica» in vigore dal 9 dicembre 2023, che ha profondamente modificato e integrato il c.d. codice rosso di cui alla l. n. 69/2019. Una tra questa è indubbiamente la previsione della possibilità dell'arresto differito.

Premessa

L'arresto differito è un istituto in alcuni casi – come vedremo – formalmente o sostanzialmente già conosciuto dal sistema, ma che nell'ambito dei reati in oggetto potrebbe assumere una particolare significatività, sul piano operativo e in termini statistici.

In particolare, l'art. 10 l. n. 168/2023, stabilisce che al codice di procedura penale, dopo l'articolo 382 è inserito il seguente: «Art. 382-bis (Arresto in flagranza differita) Nei casi di cui agli articoli 387-bis, 572 e 612-bis c.p., si considera comunque in stato di flagranza colui il quale, sulla base di documentazione video fotografica o di altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica, dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l'arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro le quarantotto ore dal fatto».

Si tratta di una disposizione di grande impatto, in base alla quale è possibile procedere all'arresto in “flagranza differita” per i soggetti che saranno individuati, in modo inequivocabile, quali autore di una condotta (violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa; maltrattamenti in famiglia; atti persecutori), sulla base di documentazione video-fotografica o che derivi da applicazioni informatiche o telematiche (chat, condivisione di una posizione geografica…).

La valutazione sulla flagranza

In realtà, il sistema ha già previsto ipotesi di arresto assimilabili a quella sopra indicata. Si pensi all'art. 8 l. n. 401/1989 (Effetti dell'arresto in flagranza durante o in  occasione  di manifestazioni sportive) per il quale al comma 1-ter «quando non è possibile procedere immediatamente all'arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica, si considera comunque in stato di flagranza ai sensi dell'articolo 382 del codice di procedura penale colui il quale, sulla base di documentazione video fotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l'arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro le quarantotto ore dal fatto».

Arresto anche in assenza di flagranza o quasi flagranza è poi previsto, per il delitto di evasione di cui all'art. 385 c.p. dall'art. 3 l. n. 152/1991, per il quale «E' consentito l'arresto anche fuori dei casi di flagranza della persona che ha posto in essere una condotta punibile a norma dell'articolo 385 del codice penale. Nell'udienza di convalida il giudice, se ne ricorrono i presupposti, dispone l'applicazione di una delle misure coercitive previste dalla legge anche al di fuori dei limiti previsti dall'articolo 280 del codice di procedura penale».

L'accertamento del momento di consumazione dei reati di maltrattamenti e atti persecutori pone problemi interpretativi in relazione alla possibilità – prevista dalla legge – di procedere all'arresto in flagranza di reato. Come stabilito dall'art. 382 c.p. (Stato di flagranza) è in stato di flagranza chi «viene colto nell'atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima. Nel reato permanente lo stato di flagranza dura fino a quando non è cessata la permanenza».

Nel procedere all'arresto in flagranza la polizia giudiziaria è tenuta ad accertare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni legittimanti la misura e, preliminarmente, sulla base dei criteri indicati dagli artt. 380 e 381 c.p.p., a verificare se trattasi di arresto obbligatorio o facoltativo. Nel caso di specie, ci troviamo a fronte di arresti facoltativi, per procedere ai quali non è sufficiente un semplice riscontro della situazione di fatto descritta dalla fattispecie, quanto- come previsto dall'art. 380, comma 4, c.p.p.- una valutazione sulla «gravità del fatto» ovvero sulla «pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto»,

Una valutazione non semplice, considerando che, per forza di cose, la flagranza o quasi flagranza non potrà che avere per oggetto in termini immediati la realizzazione di un condotta – non necessariamente tipica – funzionale alla realizzazione dell'evento.

Con riguardo agli atti persecutori, l'accertamento è relativamente semplice a fronte di una minaccia o comunque di una condotta assimilabile ad una minaccia; lo è meno per le molestie, indicate in termini ontologicamente generici ed atipici, interpretabili più in funzione delle conseguenze che possono determinare piuttosto che del loro intrinseco contenuto. La consegna di un mazzo di fiori è certamente condotta apparentemente atipica e apparentemente non espressiva della flagranza. E nondimeno come valutare una consegna che rappresenta, poniamo, il trentesimo episodio quotidiano di consegna o che avviene, poniamo ancora, in piena notte?

Quando il fatto può essere ritenuto grave o comunque espressivo della pericolosità del soggetto? Se è vero che la personalità del soggetto può essere valutata anche attraverso una lettura complessiva – per quanto approssimativa, stante l'urgenza di decidere – degli elementi storici o clinici a disposizione della polizia giudiziaria, quando una condotta quale quella sopra descritta assume una natura inequivocamente indicativa della pericolosità?

Inoltre, anche ammesso che si sia giunti- sulla strada o negli uffici ove la persona è stata condotta per accertamenti- a una valutazione corretta e completa sulla condotta, come potrà l'ufficiale di polizia giudiziaria verificare la sussistenza – almeno in termini di elevata verosimiglianza – di uno dei tre eventi tipici indicati dalla fattispecie? Il timore o il mutamento di abitudini di vita possono anche essere valutati – come spesso accade – attraverso una ricostruzione di fatti storici, ma come si può, in termini immediati, valutare uno stato di ansia o stress? Occorrerà procedere a una valutazione quantomeno minimale presso un Pronto Soccorso? Interpellare il medico curante della vittima?

Ancora: il singolo atto che potrebbe consentire l'arresto determina “flagranza” su una situazione ove uno di tali eventi si è già compiutamente verificato? Possiamo, almeno in quest'ottica, considerare il delitto in oggetto un reato permanente, con conseguente permanente flagranza, quantomeno ogni qual volta la vittima sia negativamente stimolata dalla condotta dell'aggressore?

Tale opzione ermeneutica risolverebbe, di certo, il problema della flagranza, ma potrebbe scontrarsi con una linea interpretativa portata ad individuare la permanenza penalmente rilevante non nella permanenza delle conseguenze del reato (anche laddove tali conseguenze possano essere reiteratamente rideterminate), quanto in uno stato di fatto la cui cessazione dipende in tutto e per tutto dalla volontà dell'agente (ad es. la liberazione del sequestrato in un sequestro di persona o la cessazione di uno scarico di acque reflue industriali non autorizzato). Nel caso di specie, al contrario, la permanenza parrebbe riguardare più l'evento in sé- ossia il manifestarsi ed il perdurare, ad esempio, della condizione di ansia o stress- rispetto all'incidenza di un ulteriore atto rispetto al manifestarsi o al permanere di tali condizioni.

Il problema, in realtà si pone, anche se in termini differenti, anche per il delitto di maltrattamenti. Dalla prassi giudiziaria è possibile trarre un'indicazione che può contribuire a chiarire il quadro delineato. Nel delitto di maltrattamenti l'arresto avviene in conseguenza di una singola condotta – generalmente del reato di lesioni volontarie – che determina l'intervento della polizia giudiziaria, esprime la flagranza e porta alla valutazione di un contesto storico nel quale l'ultimo episodio di violenza risulta collegato con fatti precedenti; nondimeno, si tratta di un reato per il quale il legislatore non ha specificamente inserito nella fattispecie eventi quelli che caratterizzano il delitto di cui all'art. 612-bis c.p., e che quindi resta, sotto questo aspetto, di più semplice accertamento.

La S.C. ha riconosciuto lo stato di flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia allorché il singolo episodio lesivo non risulti isolato, ma si ponga inequivocabilmente in una situazione di continuità rispetto a comportamenti di reiterata sopraffazione direttamente percepiti dagli operanti; in particolare la flagranza può essere desunta della constatazione da parte delle forze dell'ordine delle condizioni dell'abitazione, delle modalità con le quali era stato richiesto l'intervento d'urgenza, delle condizioni soggettive della persona offesa, costretta a rifugiarsi presso una vicina per sottrarsi all'aggressione del figlio il quale, anche alla presenza degli agenti, non aveva esitato ad inveire contro la madre, ingiuriandola con epiteti vari (Cass. pen., sez. VI, 16 gennaio 2019, n. 7139, Rv. 275085). È stato ritenuto legittimo l'arresto in flagranza per il delitto di maltrattamenti qualora la polizia giudiziaria, dopo avere raccolto le dichiarazioni della persona offesa su comportamenti di reiterata sopraffazione, assista personalmente ad un singolo episodio che, pur non integrando autonoma ipotesi di reato, si pone inequivocabilmente in una situazione di continuità con le condotte denunziate dalla persona offesa medesima (Cass. pen., sez. VI, 9 maggio 2013, n. 34551, Rv. 256128).

A sua volta, la quasi flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia sarebbe ravvisabili in base a una duplice condizione:

  • il singolo episodio lesivo non deve essere isolato ma risultare quale ultimo anello di una catena di comportamenti violenti o in altro modo lesivi;
  • l'episodio delittuoso deve essere avvenuto immediatamente prima e l'autore di esso si deve essere dato alla fuga ovvero deve essere stato sorpreso con cose o tracce dalle quali appare che egli abbia appena commesso il reato (Cass. pen., sez. VI, 14 ottobre 2014, n. 44090, Rv. 260718)

È stata, al contrario, esclusa la quasi flagranza in relazione a un arresto eseguito per fatti già avvenuti al momento dell'intervento della P.G. ed in presenza di un atteggiamento genericamente aggressivo dell'imputato, ma non connotato da minacce o ingiurie alla persona offesa, nonché nel caso di arresto avvenuto in esito a un incontro concordato telefonicamente con la P.G. procedente (Cass. pen., sez. VI, 3 aprile 2014, n. 21900, Rv. 259770)

Tornando al delitto di cui all'art. 612-bis c.p., dalla tematica delle lesioni da malattia professionale possiamo, al contrario trarre, un'altra specifica indicazione: anche se riteniamo che l'evento si sia già realizzato (così che, sotto tale aspetto, potrebbe porsi in termini problematici l'individuazione della flagranza) una successiva esposizione agli atti persecutori (così come una ulteriore esposizione ad una sostanza nociva) consente di ravvisare un' ulteriore flagranza, quantomeno in tutti in casi in cui la condotta ulteriore sia autonomamente idonea a determinare un aggravamento oggettivamente percepibile dell'evento verificatosi.

Per la S.C., è' consentito procedere per il delitto di atti persecutori, attesa la natura abituale del reato, anche quando il bagaglio conoscitivo del soggetto che procede all'arresto deriva da pregresse denunce della vittima, relative a fatti a cui non abbia assistito personalmente, purché egli assista ad una frazione dell'attività delittuosa, che, sommata a quella oggetto di denuncia, integri l'abitualità richiesta dalla norma, ovvero sorprenda il reo con cose o tracce indicative dell'avvenuta commissione del reato immediatamente prima (Cass. pen., sez. V, 16 aprile 2019, n. 19759, Rv. 277521; Cass. pen., sez. V, 3 dicembre 2018, n. 7915, Rv. 275627).

Questi – almeno in parte – i non semplici quesiti ai quali la polizia giudiziaria deve dare una risposta e conseguente contezza all'atto dell'arresto; in particolare, dovrà esporre gli elementi dai quali i predetti parametri sono stati desunti, così da consentire al giudice, in sede di convalida, di effettuare la verifica di legittimità. Il tutto secondo quanto si desume dal disposto degli artt. 389, comma 2 – che prevede la liberazione dell'arrestato quando risulta evidente che l'arresto è stato eseguito fuori dei casi previsti dalla legge – e 385 c.p.p. – che impone il divieto di arresto in presenza di determinate circostanze di non punibilità accertabili dalla stessa polizia giudiziari (Cass. pen., sez. VI, 4 giugno 1993, n. 1680, Rv. 195517).

Per altro, nel caso dell'ipotesi di cui al comma primo dell'art. 612-bis c.p. – ossia di un delitto perseguibile a querela, a differenza di quello di cui all'art. 572 c.p. – l'arresto in flagranza può essere eseguito se la querela viene proposta, anche con dichiarazione resa oralmente all'ufficiale o all'agente di polizia giudiziaria presente nel luogo. Se l'avente diritto dichiara di rimettere la querela, l'arrestato è posto immediatamente in libertà.

Le nuove indicazioni sull'arresto differito

Precisa il testo dell'articolo 10 che l'arresto differito potrà essere disposto sul soggetto «il quale, sulla base di documentazione video fotografica o di altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica, dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l'arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro le quarantotto ore dal fatto».

Di fatto, il legislatore ha posto ha posto ben quattro condizioni alla possibilità di arresto differito. Vediamole nel dettaglio:

  • la valutazione deve avvenire sulla base di documentazione video fotografica o di altra documentazione ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica;
  • tale documentazione deve essere legittimamente ottenuta;
  • deve essere tale da far sì che emerga inequivocabilmente il fatto riferibile al soggetto che potrà essere arrestato;
  • l'arresto deve essere compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro le quarantotto ore dal fatto.

In primo luogo, il legislatore si è posto il problema della riferibilità e dell'autenticità della documentazione sulla base della quale fondare l'arresto. Per questa ragione viene inserito un riferimento esplicito alla documentazione video, fotografica o comunque ottenute da dispositivi di comunicazione, in quanto in tali casi è ragionevolmente possibile risalire alla data esatta di formazione delle immagini. Circostanza questa che evidentemente non è possibile in termini di certezza per altre tipologie di documentazione. Si tratta, pertanto, di una garanzia diretta a semplificare l'attività della polizia giudiziaria, in quanto è concretamente utilizzabile solo la documentazione la cui data e provenienza possono essere facilmente e oggettivamente accertati. Si pone, ovviamente, il problema delle modalità di acquisizione, ossia se sia necessaria la formazione di una copia forense dell'immagine o - verosimilmente anche per ragioni di urgenza – se sia sufficiente la semplice estrazione di copia documentaria in un verbale della polizia giudiziaria e fermo restando la possibilità di integrare, in seguito, la stessa attraverso la formazione di una copia forense.

Il secondo punto riguarda la legittimità dell'acquisizione della documentazione. Verosimilmente il legislatore ha inteso porre dei limiti alle modalità di acquisizione non tanto della polizia giudiziaria, quanto evidentemente da parte della persona offesa o di altri soggetti che potrebbero ritenere di potersi procurare tale documentazione attraverso attività anche potenzialmente illecite, quali accessi abusivi ovvero sottrazione di p.c. o device nella disponibilità dell'autore di fatto o di terzi. La finalità dell'indicazione pare evidente, vista la formula utilizzata e la delicatezza del problema, dovendosi poi fondare su tali atti anche la richiesta di arresto e di conseguente misura cautelare.

Il terzo punto riguarda la valenza della prova in oggetto; in molti casi le immagini potrebbero non essere sufficienti di per sé a giustificare l'identificazione dell'autore e/o una lettura corretta e completa del fatto e, quindi, l'apprezzamento della gravità dello stesso. Su questo punto la prassi giudiziaria mostrerà in che termini e con quali canoni di valutazione potranno essere valutate queste immagini, tenendo presente, oltretutto, un ulteriore elemento. L'arresto differito potrà essere disposto per casi facoltativi e per casi obbligatori. Ove le immagini non siano particolarmente significative, si può ipotizzare che l'arresto facoltativo non sarà disposto; nondimeno, anche a fronte della possibilità di un arresto obbligatorio, un'immagine non sufficientemente chiara non potrebbe consentire di ravvisare sostanzialmente il quadro indiziario indispensabile per giustificare - anzi imporre - il provvedimento di arresto.

Il quarto punto interviene sul piano temporale e precisa che l'attività integrativa documentale dovrà essere svolta certamente entro le 48 ore dal fatto, ma comunque «non oltre il tempo necessario» all'identificazione dell'autore del fatto stesso. L'arresto differito risulta disposizione di natura eccezionale, giustificata dalla delicatezza delle situazioni indicate dal legislatore; ciò non toglie che l'utilizzazione di video o immagini dopo il termine indicato (o di natura differente rispetto a quello precisate nell'articolo in oggetto) potrà comunque giustificare l'applicazione di una misura o, comunque, completare il quadro probatorio a carico dell'indagato.

Una precisazione si impone, infine, sulla indicazione della “documentazione video fotografica o …altra documentazione”.

Nel primo caso (immagini e video) si tratta di elementi verosimilmente funzionali a individuare l'autore dei fatti nei casi (atti persecutori) in cui lo stesso non sia persona conosciuta (quanto almeno alle generalità) per la persona offesa. Più difficile ipotizzare immagini attestanti direttamente atti di violenza (avvenuti nelle ultime 48 ore) e considerando che per le lesioni ha certamente valenza più significativa un referto medico rispetto alla foto degli esiti delle stesse.

Indubbiamente di rilievo potrà essere la prova “visiva” nei casi di arresto per art. 387-bis c.p., ove le immagini documentino la presenza dell'autore dei fatti in luoghi dai quali si possa presumere la violazione delle prescrizioni.

Più complessa e delicata la valutazione sulle “altre comunicazioni” consistenti in messaggi (su social, o via mail o sms) destinati alla persona offesa e contenenti-verosimilmente – minacce. Occorre tenere presente che non ogni messaggio – pervenuto nelle ultime 48 ore - è di per sé sufficiente a giustificare un arresto differito, ma solo quei messaggi (di provenienza certa) espressivi di una minaccia grave e verosimile che si “innesti” in un quadro già significativo rispetto al reato nel quale tale condotta viene e inserirsi. Non si può escludere la possibilità di arresto differito anche per una singola minaccia grave, anche se, in assenza di condotte pregresse- deve trattarsi di minaccia in grado di suscitare un concreto e singolare allarme.

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