Espropriazioni: se il risarcimento del danno è adeguato, la c.d. acquisizione “sanante” in caso di occupazione senza titolo non viola l’art. 1 Prot. CEDU
12 Dicembre 2023
Il caso in esame riguarda l'occupazione, da parte dell'Agenzia interregionale del Po (Agenzia Interregionale per il Fiume - AIPo), ai fini della costruzione di una diga, di una parte dei terreni agricoli appartenenti ai ricorrenti nel comune di Villanova Solaro, nonché le procedure giurisdizionali connesse a tale occupazione, ordinata dal prefetto di Cuneo nel 2004. Nel febbraio 2006, questa decisione e tutte quelle legate a tale progetto di costruzione furono annullate dal Tribunale superiore delle acque pubbliche. Nell'ambito del successivo procedimento di esecuzione, il tribunale ordinò all'AIPo di restituire la proprietà nelle sue condizioni originarie o, in subordine, di versare un'indennità. Una decisione di trasferimento della proprietà dei terreni dei ricorrenti all'AIPo era stata successivamente adottata sulla base dell'art. 42-bis della legge consolidata sugli espropri, una disposizione inserita dopo l'annullamento per incostituzionalità di una disposizione precedente. Il commissario speciale che prese la decisione menzionava, tra gli altri elementi, che la demolizione della parte della diga già costruita avrebbe creato un rischio di inondazione per gli abitanti di Villanova Solaro, invitando le autorità a versare un indennizzo ai ricorrenti piuttosto che a restituire i terreni. L'importo dell'indennità era stato fissato a 241.067,20 euro e, in applicazione dell'art. 42-bis, i ricorrenti avevano anche diritto, a titolo di danno morale, ad un indennizzo complementare corrispondente al 10 % del valore del bene. Nel novembre 2011 i ricorrenti contestarono tale decisione dinanzi al Tribunale superiore delle acque pubbliche, sostenendo in particolare che essa violava l'art. 117 della Costituzione italiana e l'art. 1 del Protocollo 1 della Convenzione EDUcostituendo un' «espropriazione indiretta». Il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha respinto gli argomenti avanzati sul terreno costituzionale come manifestamente infondati, rilevando, inoltre, che il commissario speciale aveva raccolto elementi con cura e che aveva correttamente soppesato gli interessi dei ricorrenti e quelli della collettività. Per quanto riguarda l'indennità complementare, il Tribunale ha statuito che le domande dei ricorrenti erano formulate in modo molto generale e non erano suffragate da alcuna giustificazione o documento. L'impugnazione proposta dai ricorrenti è stata pertanto respinta e, nell'aprile 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato conforme alla Costituzione la nuova disposizione oggetto della causa (art. 42-bis). La Corte EDU, sull'annullamento della decisione iniziale del 2004 da parte del Tribunale superiore delle acque pubbliche, ha ritenuto che le autorità avessero riconosciuto l'esistenza di una violazione dei diritti di proprietà dei ricorrenti. Essa ha inoltre osservato che l'art. 42-bis, disposizione che la Corte costituzionale ha giudicato conforme alla Costituzione, ha per oggetto la possibilità di risolvere i casi in cui un'autorità pubblica, in mancanza di una decisione di espropriazione valida, è de facto in possesso di un bene immobile che ha subito modifiche. I giudici di Strasburgo prendono altresì atto del bilancio d'azione presentato al Comitato dei Ministri del Governo per quanto riguarda i casi di espropriazione indiretta (causa B. A. n. 31524/96, nella quale il Comitato dei Ministri ha ritenuto nel 2017 che l'esecuzione della sentenza fosse terminata, nonché 106 altri casi di espropriazione indiretta) e rilevano che in tale bilancio, il governo indica che un trasferimento di proprietà ordinato sulla base dell'art. 42-bis non abbia effetto retroattivo e che l'occupazione precedente del terreno rimane illegittima, aprendo così al proprietario il diritto a un risarcimento sia per danni materiali che per danni morali. La Corte EDU ritiene dunque che il risarcimento ottenuto dai ricorrenti fosse adeguato, in quanto hanno ricevuto una somma corrispondente al valore di mercato del terreno, nonché un'indennità per ogni anno durante il quale non hanno potuto utilizzare la loro proprietà e un'indennità supplementare per danno morale pari al 10 % del valore del bene. La Corte conclude che i ricorrenti non possono più pretendere di essere vittime di una violazione dell'art. 1 del Protocollo, respingendo le domande. |