Offerte inammissibili o non convenienti: la stazione appaltante può indire una nuova procedura di gara

20 Dicembre 2023

È legittimo il provvedimento con il quale la stazione appaltante decida di non aggiudicare una gara e indire una nuova procedura ad evidenza pubblica, se nessuna delle offerte presentate dagli operatori economici concorrenti sia stata giudicata “ammissibile” e/o “conveniente”.

Il caso

L'appellante ha impugnato la sentenza del TAR Puglia con cui era stato respinto il suo ricorso in primo grado, quest'ultimo volto ad annullare i provvedimenti con cui la stazione appaltante aveva stabilito di non procedere all'aggiudicazione di una gara d'appalto ad alcuna delle imprese partecipanti.

Più nello specifico, l'Amministrazione aveva indetto una procedura aperta per la ricerca di un immobile da acquisire in locazione. L'offerta presentata dal ricorrente era stata ritenuta inammissibile da parte della stazione appaltante, in quanto il canone offerto superava «il parametro massimo dell'Agenzia del Territorio […] nel secondo semestre del 2020 in relazione all'ubicazione dell'immobile nonché al tipo di destinazione, ovvero quella terziaria».

L'Amministrazione, inoltre, avendo ritenuto incongrue anche le ulteriori offerte presentate, aveva stabilito di procedere all'indizione di una nuova gara d'appalto.

Dinanzi ai giudici di seconde cure, l'appellante ha riproposto – fra gli altri – anche le censure del primo grado di giudizio, in cui aveva sostenuto la violazione da parte della P.A. della lex specialis di gara.

Secondo il ricorrente, infatti, il disciplinare di gara consentiva di dichiarare la inammissibilità dell'offerta economica solo ove essa superasse i valori medi dell'Agenzia delle entrate riferiti all'ubicazione dell'immobile, rispetto ai quali la sua offerta era congrua, trattandosi di immobile avente ubicazione in zona commerciale. Nessun rilievo, dunque, avrebbero potuto avere i valori medi degli immobili ubicati in zona terziaria, come sarebbe dimostrato dal fatto che tale specificazione sarebbe stata introdotta dall'Amministrazione solo in seguito, nel nuovo bando.

La decisione

Anche il Consiglio di Stato ha rigettato siffatte censure.

Secondo il Collegio, infatti, se è vero che la legge speciale di gara prevedeva che il canone offerto «non dovrà superare il parametro massimo dell'Agenzia del territorio […] nel secondo semestre 2020, in relazione all'ubicazione dell'immobile» – senza ulteriormente specificare il concetto di ubicazione in relazione alla destinazione terziaria – d'altra parte, non sarebbe stato necessario esplicitare tale specifica, in quanto risultava già evidente sulla base della tipologia e della funzionalizzazione degli immobili oggetto di gara.

Legittima, dunque, sarebbe stata la decisione della stazione appaltante di non procedere all'aggiudicazione, in quanto il canone offerto dalla ricorrente sarebbe stato conforme alla lex specialis solo se parametrato agli immobili aventi destinazione commerciale, e non, invece, in relazione a quelli aventi destinazione terziaria.

A fronte, infine, dell'ulteriore doglianza dell'appaltante, che già in primo grado aveva contestato in radice la scelta della stazione appaltante di avviare la nuova gara e di non portare a compimento la prima, i giudici hanno affermato «che il potere esercitato dall'Amministrazione è conforme anche a quanto previsto dall'art. 5 del disciplinare, secondo cui «è facoltà della Stazione appaltante di non procedere all'aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all'oggetto del presente Avviso».

Rientra pertanto nei pieni poteri dell'Amministrazione non aggiudicare la gara e indirne una nuova, ove le offerte ricevute siano state valutate come inidonee o non convenienti in relazione all'oggetto della procedura medesima.

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