Nullità dei matrimoni concordatari: profili sostanziali

20 Dicembre 2023

Le leggende metropolitane, anche in ambito giuridico, a volte risultano difficili da sfatare, persino tra gli addetti ai lavori. Troppo spesso si sente dire: ha ottenuto l’annullamento del matrimonio alla Sacra Rota! Niente di più sbagliato. Soprattutto detto da un giurista

Inquadramento

Va specificato che comunemente si parla di "annullamento del matrimonio" concordatario, ma si tratta di un'espressione errata, perché la Chiesa non può annullare un matrimonio costituitosi validamente. E' corretto, invece, parlare di "nullità del matrimonio" in quanto lo stesso viene dichiarato nullo ab origine a causa di vizi del consenso, ovvero di cause ostative preesistenti o contestuali al momento del consenso.

E la volgarmente denominata “Sacra Rota”, altro non è che il Tribunale Apostolico della Rota Romana, che costituisce il terzo grado di giudizio. Difficilmente una causa giunge a tal punto. Saranno, come vedremo, i Tribunali Ecclesiastici regionali, di primo e secondo grado, sparsi, almeno in Italia, in tutto il territorio nazionale a trattare un procedimento di nullità del matrimonio canonico.

Cause di nullità del matrimonio concordatario

La fonte del diritto è rappresentata dal Codice di diritto canonico (1917- 1983), così come modificato dal motu proprio di Papa Francesco “Mitis Iudex Dominus Iesus” del 15 agosto 2015.

Le cause che fanno sì che un matrimonio sia giuridicamente nullo per la Chiesa e, quindi, debba intendersi come mai celebrato, possono essere ricondotte a tre categorie: vizi del consenso; impedimenti; difetto di forma canonica.

I vizi del consenso

Per quanto riguarda i vizi del consenso, va detto che quest'ultimo non deve essere "difettoso" e chi si sposa deve avere una volontà libera e consapevole: libera da costrizioni, intimidazioni, soggezioni e non gravata da angustie psichiche e da ansie profonde, né soggiogata da inganni, errori o condizioni.

Nella stipulazione del matrimonio i due nubendi devono esprimere la loro volontà di prendersi come marito e moglie, ma può essere che a questa manifestazione di volontà non corrisponda una volontà interna, perché uno di essi o entrambi escludono di volersi sposare o escludono alcune proprietà o elementi essenziali del matrimonio, volendo cioè dar vita sì ad un matrimonio, ma ad un matrimonio diverso da quello prospettato dal diritto canonico.

In tal caso, quindi, vengono meno uno o più dei principi fondamentali che sorreggono il legame: il matrimonio stesso, il valore sacramentale del matrimonio, il bene reciproco dei coniugi, la indissolubilità, la fedeltà ed unità del vincolo, la prole (procreazione ed educazione).

I vizi in esame possono così riepilogarsi:

a.           Incapacità al matrimonio per carenza di sufficiente uso della ragione  (can. 1095, n. 1)

b.           Incapacità al matrimonio per difetto di discrezione di giudizio (can. 1095, n. 2)

c.           Incapacità al matrimonio per cause di natura psichica (can. 1095, n. 3)

d.           Ignoranza circa l’essenza del matrimonio (can. 1096)

e.           Errore circa l’identità fisica del coniuge o circa sue specifiche qualità (can. 1097)

f.            Dolo (can. 1098)

g.           Simulazione del consenso matrimoniale (can. 1101)

h.           Condizione (can. 1102)

i.            Timore e violenza (can. 1103)

È opportuno ora passarli brevemente in rassegna.

a. Incapacità per carenza di sufficiente uso della ragione (can. 1095, n. 1)

È il caso di coloro che siano incapaci di intendere e di volere e, quindi, di cosciente autodeterminazione nella generale vita di relazione. Di conseguenza essi sono privi della necessaria capacità naturale al matrimonio, poiché non dotati di un uso della ragione sufficientemente proporzionata a costituire un negozio giuridico così importante ed impegnativo, come è appunto il matrimonio.

b. Incapacità per difetto di discrezione di giudizio (can. 1095, n. 2)

È il caso di coloro che siano privi della necessaria capacità naturale al matrimonio, in quanto non in possesso di una sufficiente maturità o discrezione di giudizio, cioè di una capacità critica o valutativa proporzionata alla gravità degli obblighi matrimoniali da assolvere. Tale forma di incapacità, che rende il matrimonio invalido, se presente in forma grave già al momento della sua celebrazione, non costituisce tuttavia un vero e proprio stato patologico psico-fisico dei soggetti, i quali – a differenza degli psicotici di cui alla categoria precedente – sono spesso coscienti del proprio stato e non perdono la razionalità, risultando magari anche soddisfacentemente inseriti sia in ambito sociale che professionale, ma inidonei ad assumere un impegno come quello matrimoniale, che è peraltro destinato a durare per tutta la vita.

c. Incapacità per cause di natura psichica (can. 1095, n. 3)

Si tratta di coloro che siano privi della necessaria capacità naturale al matrimonio, in quanto, pur dotati di sufficiente uso di ragione e di capacità valutativa in ordine alle essenziali obbligazioni che esso comporta, non sono in grado di assumerle e/o di adempierle per cause di natura psichica, intendendo per tali le malattie mentali e le deviazioni sessuali nel senso più ampio, le quali impediscono la costituzione di un’autentica relazione interpersonale coniugale. Anche in tale caso, affinché il vincolo possa ritenersi invalidamente contratto sotto il profilo giuridico, deve trattarsi di una forma di incapacità grave ed antecedente al matrimonio, ovvero almeno latente.

d. Ignoranza circa l’essenza del matrimonio (can. 1096)

Si configura allorquando un soggetto contraente ignori, almeno nei suoi principi generali, l’essenza (ma non le proprietà) del matrimonio e cioè:

che esso è un consorzio permanente;

che è di natura eterosessuale;

che è ordinato alla procreazione;

che tale procreazione necessita di una certa cooperazione sessuale. Secondo il diritto canonico, tale ignoranza non si presume dopo la pubertà.

e. Errore circa l’identità fisica del coniuge o circa sue specifiche qualità (can. 1097)

Sono due le ipotesi di nullità contemplate da tale canone, che possono rendere inefficace il consenso matrimoniale prestato ed invalidare, quindi, sin dalla sua origine il vincolo contratto.

La prima ipotesi riguarda l’errore sull’identità fisica del coniuge e si verifica allorquando un individuo, credendo di sposare una determinata persona, ne sposa invece un’altra che non corrisponde a quella conosciuta e voluta. Ovviamente trattasi di un’ipotesi che può configurarsi in via davvero eccezionale, come nel caso di forte somiglianza tra due persone o nel caso di matrimonio celebrato a mezzo di procuratore.

La seconda (e ricorrente) ipotesi riguarda, invece, l’errore su una qualità (o più qualità) voluta in modo essenziale e determinante nella persona del futuro coniuge e non rinvenuta poi durante il matrimonio. In altre parole, colui che desideri nel suo futuro coniuge una qualità specifica, intende sposare non tanto la persona in sé, quanto piuttosto la qualità richiesta ed acconsente al matrimonio sul presupposto che l’altra parte ne sia appunto in possesso, costituendo essa – in pratica – la sostanza stessa del matrimonio. Ne consegue che l’errore sulla sostanza del matrimonio rende nullo il consenso prestato, cioè come se il matrimonio non fosse proprio stato celebrato.

f. Dolo (can. 1098)

Si intende con tale termine un’azione ingannevole, commessa in modo deliberato e fraudolento nei riguardi di un soggetto, al fine di fargli compiere un determinato atto giuridico.  Circa il matrimonio canonico, esso risulterà quindi invalido allorquando un determinato comportamento doloso (che può consistere sia in una azione che in una omissione) sia stato deliberatamente posto in essere per indurre taluna delle parti a prestare il consenso matrimoniale, che altrimenti non sarebbe stato prestato. Come nel capo di nullità illustrato al precedente punto n. 5, si verifica un errore nel soggetto ingannato (in questo caso, meglio qualificabile come ignoranza, poiché non comporta alcun giudizio specifico) circa una qualità dell’altra parte, tale che per la sua natura sia in grado di turbare gravemente la convivenza coniugale.

g. Simulazione del consenso matrimoniale (can. 1101)

Da un punto di vista giuridico, si presume che il consenso al matrimonio che gli sposi esprimono durante la celebrazione sia conforme alla loro volontà interiore, cioè con effettiva accettazione di ogni sua finalità (prole, fedeltà e bene coniugale) e di ogni sua proprietà (unità, indissolubilità e sacramentalità), così come stabilite dalla Chiesa e da questa tradotte in normativa giuridica. Trattasi tuttavia di una presunzione semplice, che può essere all’occorrenza superata da una prova contraria.

Infatti, qualora taluno degli sposi (o entrambi in accordo tra loro), con un proprio atto interiore di volontà, escluda fermamente il matrimonio stesso nella sua globalità ovvero qualche sua finalità e/o proprietà, pur dichiarandone verbalmente l’accettazione innanzi al celebrante, provoca l’invalidità del vincolo matrimoniale posto in essere, poiché indirizza la propria volontà verso un modello di unione coniugale difforme dal diritto naturale e che la Chiesa accetta in modo esclusivo e valido. In altre parole, nel consenso simulato si configura una difformità tra la dichiarazione esteriore espressa durante la cerimonia nuziale e l’effettiva volontà interiore.

Le fattispecie che danno luogo ad un consenso simulato e, quindi, giuridicamente non valido sono quelle di seguito riportate, alcune delle quali anche piuttosto ricorrenti nella prassi giudiziaria dei tribunali ecclesiastici:

•            Esclusione dello stesso matrimonio – Tale vizio del consenso si configura nel caso in cui taluno dei nubendi neghi qualsiasi valore all’istituzione matrimoniale, da egli considerata come una semplice formalità esteriore priva di qualsiasi effettivo ed intrinseco significato e, nonostante ciò, si sposi con il rito canonico magari solo per compiacere il suo futuro coniuge e/o i rispettivi familiari.

•            Esclusione della prole – Tale vizio del consenso si configura nel caso in cui taluno dei nubendi (ovvero entrambi in accordo tra loro) escluda la prole dal costituendo matrimonio, con il proposito di astenersi successivamente dall’intrattenere regolari intimità coniugali, ovvero di limitarle soltanto ai periodi non fertili determinati dai cicli biologici femminili, ovvero di far ricorso a mezzi e/o sistemi anticoncezionali, oppure a pratiche onanistiche o abortive.

Tale esclusione può configurarsi in via perpetua, allorquando la prole sia ritenuta – ad esempio – un onere superiore alle proprie forze, ovvero di ostacolo alle proprie ambizioni professionali, ovvero per una innata avversione verso i bambini; oppure può configurarsi in via temporanea, ma condizionata ad avvenimenti futuri ed incerti, che potrebbero anche giammai realizzarsi, come – ad esempio – il conseguimento di una certa posizione economica oppure la successiva verifica dell’eventuale felice esito del matrimonio, cui magari si perviene nonostante un fidanzamento non sereno, ovvero non connotato da autentici sentimenti affettivi e, perciò, in assenza di rassicuranti prospettive future.

•            Esclusione della indissolubilità – Tale vizio del consenso si configura nel caso in cui taluno dei nubendi (ovvero entrambi in accordo tra loro) escluda la proprietà dell’indissolubilità del matrimonio, con il fermo proposito di ricorrere poi al divorzio in caso di fallimento dell’unione coniugale. E ciò a maggior ragione allorquando il soggetto simulante abbia una concezione specificamente laicista della vita e del matrimonio in modo particolare, oppure pervenga ad esso – come nell’ipotesi di cui al punto precedente – dopo un contrastato o altalenante rapporto di fidanzamento, magari soprattutto perché sospinto dal proprio ambiente familiare, cui non ha saputo o potuto opporsi.

•            Esclusione della fedeltà – Tale vizio del consenso si configura nel caso in cui taluno dei nubendi escluda l’impegno della fedeltà coniugale e si riservi il diritto di commettere adulterio dopo il matrimonio, negando in tal modo al suo futuro coniuge il diritto esclusivo alle intimità coniugali. Ciò, peraltro, acquisisce in ambito processuale un credito ancor più ampio allorquando taluno dei coniugi abbia intrattenuto una relazione extraconiugale instaurata già prima del matrimonio e si sia sposato, quindi, con la ferma intenzione di proseguirla anche durante il matrimonio stesso.

•            Esclusione del bene dei coniugi – Tale vizio del consenso si configura nel caso in cui taluno dei nubendi non intenda costituire con il coniuge alcuna relazione interpersonale fondata su un’autentica ed affettuosa comunione di vita, in spirito di reciproca e totale donazione ed accettazione. Ciò potrebbe verificarsi – ad esempio – nel caso di un soggetto caratterialmente introverso, asociale, egoista, egocentrico o addirittura violento, oppure nel caso di colui che si sposi solo per ottenere scopi estranei al matrimonio o, comunque, ad esso complementari, senza nutrire alcun trasporto di natura sentimentale e neanche di semplice benevolenza verso il suo futuro coniuge.

•            Esclusione della sacramentalità – Si verifica la fattispecie quando taluno dei nubendi, sebbene battezzato, pervenga al matrimonio in forma canonica solo in ossequio a ragioni di opportunità sociale, ovvero perché moralmente costretto da pressioni familiari, ma senza riconoscere in esso alcun valore sacramentale a causa di una sua totale assenza di fede e – a maggior motivo – qualora professi dottrine ateistiche contrarie alla religione cattolica.

In sede processuale la prova della simulazione, per ciascuna delle riferite fattispecie, sarà finalizzata innanzitutto ad accertare le motivazioni di fondo che hanno determinato la volontà escludente o simulatoria e che questa sia stata fermamente maturata e costantemente mantenuta fino alle nozze, nonché che sia stata in qualche modo manifestata soprattutto in epoca prenuziale.

h. Condizione (can. 1102)

Secondo la previsione del codice canonico, il consenso matrimoniale non può essere sottoposto ad alcuna condizione che riguardi un evento futuro (c.d. condicio de futuro), a motivo dell’effetto sospensivo che essa necessariamente conferirebbe a tempo indeterminato al consenso medesimo, nell’attesa (che potrebbe anche essere perpetua) che il vincolo diventi effettivo ed operante nel momento in cui si realizzi l’evento dedotto in condizione. Qualora apposta, tale condizione renderebbe perciò invalido il matrimonio, anche se l’evento dedotto dovesse poi realizzarsi.

È invece possibile apporre al matrimonio una condizione relativa ad un evento presente (c.d. condicio de praesenti) ovvero passato (c.d. condicio de praeterito), ma ignoto all’apponente al momento della celebrazione. Tali condizioni sono definite «improprie», poiché l’evento o il fatto da cui si intende far dipendere la validità del consenso è in realtà già accaduto, sebbene sconosciuto all’interessato al momento del matrimonio; di conseguenza esse non determinano la sospensione dell’efficacia del consenso, né tanto meno la differiscono in un tempo futuro ed incerto. Pertanto, ricorrendo tali diverse ipotesi, il matrimonio è valido o invalido a seconda che quanto dedotto in condizione esista o meno nella realtà oggettiva al momento della celebrazione.

i. Timore e violenza (can. 1103)

È nullo il matrimonio celebrato sotto l’effetto del timore provocato da pressione psicologica o costrizione morale, come pure da violenza o minaccia materiale. Al fine dell’invalidità del consenso, si richiede che il timore o la violenza abbiano i seguenti requisiti:

devono provenire dall’esterno da parte di terzi (che di solito si individuano nei genitori del soggetto minacciato);

devono generare un timore o un turbamento dell’animo specifico e grave nel soggetto minacciato, poiché altrettanto grave deve essere il male minacciato nel caso egli intenda sottrarsi al matrimonio;

la situazione in cui viene a trovarsi tale soggetto deve essere indeclinabile, ovvero senza alternativa o via di uscita, se non scegliendo appunto il matrimonio, da egli stimato quale male minore rispetto a quello minacciato.

In sede processuale la prova di tale capo di nullità, anche confortata da opportuno riscontro testimoniale, dovrà articolarsi su un duplice binario:

prova diretta: cioè la dimostrazione, da parte del soggetto minacciato o coartato, che la scelta matrimoniale infine da lui operata non sia stata frutto di una sua libera scelta, bensì impostagli da terzi;

prova indiretta: la ulteriore dimostrazione dell’avversione da parte del soggetto minacciato non tanto nei confronti della persona impostagli quale coniuge, quanto piuttosto nei confronti del matrimonio proprio con questi.

Gli impedimenti

Venendo agli impedimenti, nel Codex del 1917, seguendo una vecchia tradizione storica, gli stessi erano distinti in impedimenti impedienti, che rendevano il matrimonio solo illecito, ma valido con irrogazione di una sanzione, e impedimenti dirimenti, che lo rendevano invece nullo. Ora solo questi ultimi sono stati conservati con la semplice denominazione di "impedimenti" senza ulteriore specificazione.

Gli impedimenti matrimoniali possono, quindi, definirsi come delle circostanze soggettive che limitano eccezionalmente la generale capacità a contrarre matrimonio e sono:

•            l'impotenza,

•            il vincolo di precedente matrimonio,

•            il legame di sangue tra fratello e sorella o tra genitore e figlio,

•            il matrimonio seguito ad un omicidio fatto per favorire il nuovo sposalizio.

Impedimenti dispensabili su responsabilità dell'Autorità ecclesiastica sono invece:

•            l'età minima,

•            la parentela non strettissima (cugini),

•            la diversità di religione,

•            il vincolo degli ordini sacri o del voto solenne di castità.

Difetto di forma canonica

Veniamo infine al difetto di forma canonica.

La forma ordinaria di celebrazione del matrimonio canonico prevede lo scambio del consenso degli sposi con l'intervento di un ministro di culto e di almeno due o più testimoni. Motivi di nullità per vizi di forma possono derivare, quindi, da carenze o da problemi relativi alle figure del ministro di culto che assiste al matrimonio, degli sposi e dei testimoni, che devono intervenire contemporaneamente e coscientemente alla cerimonia nuziale.

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