Nullità dei matrimoni concordatari. Profili processuali
28 Dicembre 2023
Inquadramento La sentenza di nullità matrimoniale emessa dai Tribunali della Chiesa non viene riconosciuta automaticamente dallo Stato Italiano ma, ottenuto il decreto di esecutività del Superiore organo ecclesiastico di controllo (Segnatura Apostolica), su domanda di una o entrambe le parti se ne può richiedere il riconoscimento con un procedimento di delibazione presso la competente Corte d'Appello. Erroneamente si ritiene che i costi del procedimento siano esorbitanti ed i tempi lunghissimi. I tempi sono variabili a seconda delle aree d'Italia in cui viene instaurato il procedimento, ma solitamente entro due anni si riesce a definire il procedimento in entrambe le due istanze. Gli onorari degli avvocati sono determinati dalla Conferenza Episcopale Italiana e variano tra un minimo di € 1.575,00 ad un massimo di € 2.992,00 oltre oneri fiscali di legge per i due gradi di giudizio. In caso di appello gli onorari variano da € 604,00 a € 1.207,00. A ciò andranno aggiunte le spese per le tasse giudiziarie stabilite in € 525,00 per la parte attrice, da versare al momento dell'introduzione della causa. Per i meno abbienti è previsto il patrocinio gratuito o semi gratuito davanti a tutti i Tribunali della Chiesa. La procedura dopo la riforma Occorre ora esaminare nel dettaglio il procedimento di nullità a seguito dell’importante riforma del 2015 La riforma del processo di declaratoria di nullità del matrimonio canonico stabilita dal S. Padre Papa Francesco con il “Motu proprio” “Mitis Judex Dominus Iesus” del 15 agosto 2015 è entrata in vigore il giorno successivo all’8 dicembre 2015. Cominciamo dall’espressione “Motu proprio”: essa indica l’emanazione di un documento con determinati provvedimenti (in questo caso riguardanti il processo canonico) che il S. Padre ha espressamente voluto personalmente, per “movimento” proprio, per sua esplicita volontà. In effetti, quando fu indetto il sinodo sulla famiglia, era emerso nei lavori preparatori il ripensamento sui processi di dichiarazione di nullità del matrimonio canonico nel senso di snellirli e facilitarli in considerazione della situazione di tanti cattolici separati e divorziati nella impossibilità di poter accedere a nuove nozze con rito sacramentale. Tale ripensamento nasceva dalla situazione di fatto, ossia dalla coscienza che in realtà molti, troppi, matrimoni celebrati con rito religioso nascono male, ossia non sono validi. È notorio come effettivamente molti matrimoni, ormai falliti e chiusi con separazioni civili e divorzi, di fatto non siano mai nati. Ci domandiamo quindi in che cosa consiste la riforma del S. Padre del processo canonico. Due sono gli aspetti di fondo Snellimento della procedura Innanzitutto deve essere chiaro che resta del tutto inalterato l’impianto e l’impostazione processuale, posto che la dichiarazione di nullità riguarda un patto fra due persone, ciascuna con propri diritti tra i quali quello del diritto di difesa di uno o dell’altra parte che resta assolutamente e ampiamente garantito (ovviamente anche con la possibilità di appello).La prima cosa che indubbiamente abbrevia i tempi quasi riducendoli a metà rispetto alla precedente normativa è stata la non obbligatorietà della doppia sentenza conforme. In pratica nella vecchia impostazione, perché una dichiarazione di nullità avesse effetto definitivo era necessario che esistessero due sentenze che appunto dichiaravano la nullità; pertanto era d’obbligo, comunque, in caso di sentenza affermativa in primo grado di esame, ricorrere al Tribunale di Appello, cosa che avveniva d’ufficio. Ora, con questa riforma, se una causa di nullità ha ottenuto una risposta affermativa, ossia ha dichiarato nullo il matrimonio, quella prima sentenza affermativa diventa immediatamente esecutiva, anche nel caso che vi sia stata una prima sentenza negativa e in appello sia diventata affermativa. Poiché però l’impianto processuale resta assolutamente assicurato, è ovvio che vi sia il diritto sia da parte del Difensore del Vincolo (parte pubblica del processo canonico) e sia per decisione di una delle due parti in causa, di appellare contro la sentenza affermativa. Diciamo subito che l’appello in concreto è rarissimo, per cui oggi, eliminando l’obbligo della doppia sentenza conforme, i tempi per una causa di nullità sono pressoché dimezzati. Nell’ipotesi che una causa di nullità affermativa sia appellata dal Difensore del Vincolo o da una delle due parti, in appello, costituito il Tribunale collegiale, avute le osservazioni del Difensore del Vincolo del Tribunale di Appello ed eventualmente ricevute le osservazioni delle due parti sulla sentenza, se l’appello risulta manifestamente dilatorio o inconsistente, il Tribunale collegiale conferma, con decreto, la sentenza di prima istanza, altrimenti procederà in via ordinaria nel riesame della causa. È qui il caso di ricordare che, purtroppo, quando le due parti sono invece in lite, in contrasto e discordi sulla causa di nullità è evidente che i tempi per una dichiarazione di nullità si allungano e talvolta anche in modo notevole, anche in considerazione che sicuramente vi sarà poi un appello contro l’eventuale sentenza affermativa. Così come i tempi sono più lunghi quando nella causa si richieda l’apporto di un consulente che svolga la perizia su una o su entrambe le parti in causa. Un altro aspetto di novità, effettivamente assai rilevante, è quello di aver esteso la competenza del Tribunale Ecclesiastico anche alla parte attrice che abbia domicilio o quasi domicilio nell’ambito della giurisdizione del Tribunale stesso. In antecedenza la competenza del Tribunale era fondata solo sul luogo di celebrazione del matrimonio o sul domicilio della parte convenuta, e, con particolari procedure, anche al luogo dove dovevano essere raccolte la maggior parte delle prove. Ora restano valide tutte queste ipotesi, aggiungendosi però la possibilità di fondare una causa presso il Tribunale di domicilio anche della parte attrice. Questa riforma è stata provvidenziale per moltissimi fedeli cristiani, in considerazione della sempre più frequente mobilità, in genere a causa del lavoro, delle persone. Oltre a queste prime grandi novità processuali, vi sono altre procedure iniziali che hanno snellito molto, soprattutto abbreviando i tempi istruttori, ma lasciando inalterata la struttura rigorosamente processuale (notifica del libello alla parte convenuta, presa d’atto della posizione della parte convenuta, concordanza del dubbio). La riforma di Papa Francesco prevede inoltre un’altra opportunità che sveltisce notevolmente il procedimento di nullità, ossia la possibilità di instaurare un procedimento processuale assai più veloce, per cui la causa di nullità assume la forma di causa “breviore”. Questa è una novità assoluta: in pratica il Vicario Giudiziale di fronte a due ben determinate condizioni può decidere che quella richiesta di nullità segua un procedimento assai più breve con un Giudice particolarmente significativo. Vediamo a quali condizioni la causa può diventare processualmente breve: • è assolutamente necessario che le due parti in causa siano d’accordo non solo nell’affrontare la causa di nullità, ma anche d’accordo sullo stesso contenuto del libello introduttivo che, al limite, può anche essere sottoscritto da entrambe le parti. Il semplice silenzio della parte convenuta pur significando, a livello processuale, una supposta non opposizione alla causa, non è sufficiente per decidere sul cammino “breviore” della causa medesima. In pratica il consenso della parte convenuta deve essere esplicito. • Il capo di nullità o i capi di nullità debbono essere alla luce dei fatti, delle circostanze e delle persone già nel libello così evidenti che non richiedano indagini approfondite e la nullità già in partenza sia manifesta. Questo è l’aspetto più delicato, tanto è vero che lo stesso Vescovo che presiede il procedimento in sede di decisione finale, se non ha elementi moralmente certi, dovrà rimettere la causa all’esame ordinario. La causa “brevior” ha come Giudice monocratico lo stesso Vescovo della Diocesi competente, affiancato da due assessori, dei quali uno ha il compito di svolgere l’istruttoria. L’istruttoria compiuta dal Vicario Giudiziale o da un altro assessore che però abbia le competenze giuridiche, deve svolgersi in tempi brevissimi, ossia non oltre i trenta giorni, interrogando parti e testi o nello stesso giorno o in tempi strettissimi con interrogatori ridotti all’essenziale. Terminata l’istruttoria è assolutamente necessario l’intervento del Difensore del Vincolo che deve proporre, entro quindici giorni, tutti gli elementi che sono contrari alla dichiarazione di nullità. Infine, il Vescovo, udito il parere dei due Assessori, decide la causa e stende la sentenza. Come si è detto se non vi fosse certezza morale da parte del Vescovo nel dare risposta affermativa, la causa passa all’esame ordinario che è quello già previsto dal Codice di Diritto Canonico. Pare fondamentale rimarcare che la causa “brevior” di fatto è un vero e proprio processo con presentazione del libello, con la partecipazione dell’altra parte, con la concordanza del dubbio, e con l’intervento obbligatorio della parte pubblica ossia del Difensore del Vincolo e comunque anche con il contraddittorio tra le parti (se le parti lo vedessero necessario) e si chiude con la stesura di una sentenza. Se non si verificano intoppi, una causa brevior dalla presentazione del libello alla sentenza del Vescovo potrebbe durare solo tre mesi. Contro la decisione del Vescovo infine il Difensore del Vincolo, “onerata sua conscientia”, ossia se davvero ha motivi validi, ha diritto di appellare. Queste sono, in buona sostanza, le grandi novità della riforma dei procedimenti processuali. Appare di prima evidenza l’intento di facilitare ai fedeli cristiani non solo il ricorso al Tribunale, ma anche, nei casi più chiari, abbreviare la tempistica. A parte l’eventuale possibilità della causa breviore, in tutti gli altri casi il processo di nullità si svolge secondo la via ordinaria come è prevista dal Codice di Diritto Canonico vigente a parte alcune accelerazioni iniziali alle quali ho già accennato. I costi Papa Francesco vuole e desidera che venga assicurata la gratuità delle procedure. Egli si esprime precisamente così: “Le Conferenze Episcopali curino, per quanto è possibile, salva la giusta e dignitosa retribuzione degli operatori dei Tribunali, che venga assicurata la gratuità delle procedure, perché la Chiesa, mostrandosi ai fedeli Madre generosa, in una materia così strettamente legata alla salvezza delle anime, manifesti l’amore gratuito di Cristo dal quale tutti siamo stati salvati”. È vivo desiderio del Santo Padre che i problemi economici non costituiscano assolutamente un impedimento nel ricorrere al Tribunale Ecclesiastico per la nullità del matrimonio proprio perché si tratta di un procedimento strettamente legato alla salvezza delle anime e quindi uno strumento strettamente pastorale. Papa Francesco ha demandato alle Conferenze Episcopali nazionali il compito di provvedere a questo aspetto naturalmente non dimenticando che, dove ci sono persone che lavorano, queste hanno diritto alla giusta ricompensa. In attesa di indicazioni più concrete da parte della Conferenza Episcopale Italiana, l’attuale disciplina per i Tribunali Ecclesiastici Regionali instaurata in Italia ormai da parecchi anni, prevede addirittura la totale gratuità della causa di nullità in casi particolari. Da anni gli aspetti economici delle cause di nullità in Italia sono così impostati: quando la parte attrice presenta un libello in Tribunale, è invitata a versare la cifra di € 525,00 comprensiva di tutte le spese e gli oneri del Tribunale ivi compresa l’eventuale perizia d’ufficio che si debba svolgere in causa nonché anche l’eventuale appello. Diciamo una sorta di contributo unificato. Se una parte attrice non fosse in grado di versare quella cifra, presentando una documentazione o una lettera del proprio Parroco, si concede la totale gratuità processuale. Poiché però ogni causa di nullità necessita dell’aiuto e dell’intervento di un avvocato dobbiamo qui ricordare che: – in ogni Tribunale Regionale esistono almeno due Patroni Stabili, che sono due avvocati ricompensati dal Tribunale stesso che hanno un doppio compito: 1. a) fare consulenza totalmente gratuita: ossia chiunque può telefonare in tribunale, prendere appuntamento con un Patrono Stabile, con lui esporre il proprio caso e vedere se vi è la possibilità di introdurre una causa di nullità: 2. b) la stessa persona può anche chiedere di essere patrocinato dallo stesso Patrono Stabile, in tal caso non vi è alcuna spesa di onorario per l’avvocato e pertanto la causa di nullità risulta essere gratuita per quanto riguarda l’aspetto dell’assistenza dell’avvocato. Concludendo, se una persona non potesse versare la piccola cifra simbolica di € 525,00 e naturalmente si serve del Patrono Stabile, la causa in questo caso è gratuita sia per il patrocinio che per gli oneri del Tribunale. – in ogni Tribunale esiste un Albo degli Avvocati ammessi a difendere le cause di nullità: ogni persona naturalmente è libera di servirsi di un avvocato di fiducia ricorrendo appunto ad uno di quelli inseriti nell’Albo del Tribunale. Per quanto concerne l’onorario di un avvocato di fiducia i Vescovi Italiani hanno stabilito, per l’assistenza totale ad una causa di nullità, una cifra che si aggira sui tremila euro (con l’aggiunta degli oneri connessi). Nulla vieta che vi siano accordi con l’avvocato per ridurre la cifra prevista: in ogni caso al momento in cui si presenta il libello al Tribunale Ecclesiastico, lo stesso Tribunale fissa, con la parte attrice (o con la parte convenuta se questa si costituisce con un proprio avvocato), l’onorario dovuto all’Avvocato stesso. Il rito Chi introduce la causa per ottenere la dichiarazione di nullità del proprio matrimonio (parte attrice) deve presentare, attraverso un avvocato o un Patrono Stabile, un esposto (libello) al Tribunale competente, indicando, almeno per sommi capi, i fatti e le prove che possono dimostrare che quel matrimonio va dichiarato nullo. La parte convenuta (ossia l’altro coniuge) può avvalersi dell’assistenza di un proprio Avvocato, da scegliersi fra quelli abilitati a patrocinare presso il Tribunale Ecclesiastico, o richiedere quella del Patrono Stabile ma non è strettamente necessario, anche se la parte convenuta si voglia opporre alla causa e, tanto più, se è ad essa favorevole. Potrà decidere di nominarsi un Avvocato in qualunque momento del procedimento. Se la parte convenuta intende avvalersi di un proprio Avvocato dovrà provvedere alle spese di difesa e a contribuire alle spese, anche di processo, salvo non dimostri al Tribunale di non avere sufficienti possibilità economiche e chieda quindi una difesa d’ufficio. In ogni processo canonico di nullità matrimoniale deve intervenire il Difensore del Vincolo che ha il compito di opporre tutte le difficoltà obbiettive alla dichiarazione di nullità. In linea di massima le due parti in causa non si incontrano mai in Tribunale. A) Ammesso il libello, Il Vicario Giudiziale invia alla parte convenuta e al Difensore del Vincolo il libello stesso per conoscere le intenzioni della parte convenuta. Dopo la risposta della parte convenuta il Vicario Giudiziale concorda il dubbio in causa (quale sia il motivo esatto su cui si basa la dichiarazione di nullità) e nomina il Presidente di causa e il Collegio dei Giudici. B) Quindi si procede all’interrogatorio separato della parte attrice, della parte convenuta e di tutti i testi indicati dalle due parti nonché alla raccolta di altre prove che siano necessarie e utili e, se la causa lo richiede, si svolgerà anche una eventuale perizia. C) Terminata l’istruttoria, il Presidente ordine la Pubblicazione degli atti: a questo punto la parte convenuta (nel caso non abbia un proprio avvocato) avrà diritto di prendere visione e leggere tutto quanto è emerso nell’istruttoria e di fare nuove istanze e richieste se le ritiene serie ed opportune. Tale diritto sussiste però solo se la parte convenuta ha in precedenza deposto in causa. D) Terminata ogni nuova indagine eventualmente richiesta, si procede quindi alla conclusione in causa: con questo atto la fase istruttoria si chiude. L’Avvocato o gli Avvocati e il Difensore del Vincolo dovranno studiarsi gli atti e mettere in scritto tutte le motivazioni a favore o contro la nullità del matrimonio in questione. Si tratta infatti di una discussione scritta. E) Infine il Presidente fissa il giorno e l’ora in cui i tre Giudici si riuniranno per decidere in seduta di voto la causa di nullità. Dopo la decisione uno dei tre Giudici stenderà la sentenza per scritto (lavoro piuttosto laborioso) la quale poi verrà notificata alle due parti in causa. F) Contro una sentenza affermativa la parte convenuta o il Difensore del Vincolo potranno eventualmente appellare, entro quindici giorni dalla notifica, presso il Tribunale ecclesiastico di appello. G) Se nessuno appella entro 15 giorni contro la sentenza affermativa, tale sentenza diventa immediatamente esecutiva per cui è diritto delle due parti in causa di passare a nuove nozze religiose purché non vi siano particolari divieti da parte del proprio Vescovo. Esiste un’altra ipotesi (non molto frequente) ossia se si è in presenza: • della piena collaborazione della parte convenuta che condivida totalmente il libello e • se il motivo di nullità appare particolarmente evidente ed eclatante il Vicario Giudiziale può decidere di affidare la causa di nullità al Vescovo della Diocesi in cui deve svolgersi il procedimento che seguirà quindi una via più breve e quindi più veloce. Sarà il vescovo, in questo caso, fatte le debite istruttorie, a decidere sulla nullità di quel matrimonio, o se invece rinviare la causa all’esame ordinario per approfondimenti ritenuti necessari. |