La tutela dell’oblio deve essere bilanciata con il diritto della collettività all'informazione
02 Gennaio 2024
Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, I Sez. civile, Sentenza n. 36021 pubbl. il 27/12/2023. Tizio chiese al Tribunale di Roma di accertare il suo diritto all'oblio in relazione ad alcuni articoli pubblicati su una testata online e conseguentemente, verificato l'illecito trattamento dei dati personali da parte di Google Inc. per aver negato la deindicizzazione degli indirizzi URL relativi a tali articoli, condannarsi la società alla loro deindicizzazione affinché non potessero comparire tra i risultati di ricerche effettuate sul motore di ricerca “Google” utilizzando il proprio nome, solo o associato ad altre parole chiave. Domandò, inoltre, la condanna della controparte al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti. A sostegno di tali istanze dedusse l'avvenuta pubblicazione di alcuni articoli diffamatori nei suoi confronti da parte della suddetta testata giornalistica online, scritti nell'ambito di una più ampia campagna denigratoria condotta dal predetto giornale nei confronti di Caio (Direttore Generale della RAI). Tali articoli contenevano informazioni false e pettegolezzi che miravano, mediante la ridicolizzazione di Caio e di altri dirigenti RAI, a colpire, il reale destinatario della campagna denigratoria e che, nella specie, non era configurabile la natura di “notizia” delle informazioni e, quindi, la sussistenza ab origine dell'interesse pubblico alla pubblicazione, essendo carente di attualità ogni eventuale interesse in considerazione del decorso temporale che, sebbene richiestane in via stragiudiziale, Google Inc. si era rifiutata di deindicizzare i contenuti in questione. Si costituì la resistente, eccependo, preliminarmente, l'inammissibilità dell'avverso ricorso, per avere Tizio introdotto il giudizio con rito sommario anziché secondo il rito del lavoro. Contestò, poi, il diritto all'oblio rivendicato da quest'ultimo e la sua domanda risarcitoria in quanto il gestore del motore di ricerca, nella sua qualità di caching provider, non è responsabile dei contenuti che indicizza se non pone in essere un inadempimento ad una decisione giurisdizionale o amministrativa. Google ha precisato di non avere operato, spontaneamente, una «deindicizzazione», in quanto «l'irraggiungibilità di tutti gli URL oggetto di causa», non essendo più possibile, per quanto asserito, il reindirizzamento al sito web che ospitava i contenuti contestati, è da ascrivere a un intervento diretto del «Web Master». Il ricorrente ha contestato l'assunto, rilevando che le pagine relative agli articoli continuano ad apparire, laddove, ad es., si operi la ricerca, anziché con il proprio nome, con un aggettivo (parola-chiave) utilizzato nell'articolo della testata giornalistica online. Al soggetto giuridico, quale destinatario neutro ed indifferenziato della regola giuridica, astratto centro di imputazione di situazioni giuridiche subentra, dunque, nel sistema, la persona, quale fonte primaria di valori intesa non astrattamente, bensì nella individualità delle sue qualità soggettive e sociali. Orbene, la persona si individua, anzitutto, per certe caratteristiche esteriori. Viene, pertanto, in considerazione, in primis, il "diritto all'immagine", enucleabile dall'art. 10 c.c. e dagli artt. 96 e 97 della legge sul diritto di autore e il "diritto all'identità personale", il cui fondamento normativo è ravvisabile sempre nell'art. 2 Cost., e che risulta costruito come immagine sociale del soggetto, e non come idea meramente soggettiva che ciascuno abbia del proprio io. Nel valore "persona", protetto dall'art. 2 Cost., confluisce, quindi, il "diritto alla riservatezza". Se la nozione giuridica di personalità, implicita nell'art. 2 Cost., dà luogo, dunque, ad un concetto dinamico, è evidente che il diritto all'oblio, strettamente connesso a quello alla riservatezza ed al rispetto della propria identità personale, ma in una prospettiva evolutiva, si traduce nell'esigenza di evitare che la propria persona resti cristallizzata ed immutabile in un'identità legata ad avvenimenti o contesti del passato, che non sono più idonei a definirla in modo autentico o, quanto meno, in modo completo. Lo strumento della "deindicizzazione" è divenuto, nella prassi giurisprudenziale lo strumento applicabile ogni qual volta l'interesse all'indiscriminata reperibilità della notizia mediante motore di ricerca sia recessivo rispetto all'esigenza di tutela dell'identità personale, nel senso dinamico suindicato. In tal modo, viene evitato il rischio di quella che è stata definita in dottrina la "biografia ferita", ossia il rischio della "cristallizzazione della complessità dell'Io in un dato che lo distorce o non lo rappresenta più". La fattispecie analizzata dalla Corte è quella del diritto dell'interessato a richiedere al gestore di un motore di ricerca la rimozione (deindicizzazione) di taluni risultati connessi al proprio nome e concernenti articoli già legittimamente pubblicati nell'esercizio del diritto di cronaca giornalistica per l'interesse pubblico che circondavano alcune vicende che lo avevano interessato: si tratta, cioè, dell'aspirazione di una persona coinvolta in quelle vicende, una volta cessato il clamore e l'interesse pubblico per il decorso del tempo, a non vedersi consegnata al ricordo collettivo in quei termini. Rischio, questo, amplificato dalla potenza evocatrice dei motori di ricerca nell'ambiente internet che, tramite il collegamento alle sue generalità, permette con estrema facilità di rinvenire in rete, anche molti anni dopo, la traccia di quelle notizie e di quegli articoli. In tal senso, la Corte ha avuto modo di ritenere che il bilanciamento tra il diritto della collettività ad essere informata ed a conservare memoria del fatto storico, con quello del titolare dei dati personali a non subire una indebita compressione della propria immagine sociale, possa essere soddisfatto assicurando la permanenza dell'articolo di stampa relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di cronaca giudiziaria nell'archivio informatico del quotidiano, a condizione, però, che l'articolo sia deindicizzato dai siti generalisti (cfr. Cass. n. 7559 del 2020). Similmente, si è reputato che la tutela del diritto consistente nel non rimanere esposti senza limiti di tempo a una rappresentazione non più attuale della propria persona con pregiudizio alla reputazione ed alla riservatezza, a causa della ripubblicazione sul web, a distanza di un importante intervallo temporale, di una notizia relativa a fatti del passato, possa trovare soddisfazione - nel quadro dell'indicato bilanciamento del diritto stesso con l'interesse pubblico alla conoscenza del fatto, espressione del diritto di manifestazione del pensiero e quindi di cronaca e di conservazione della notizia per finalità storico-sociale e documentaristica - anche nella sola deindicizzazione dell'articolo dai motori di ricerca (cfr. Cass. n. 9147 del 2020). Il Collegio ritiene che la tutela dell'oblio dell'interessato in relazione ad articoli che lo riguardino e pubblicati, a suo tempo, legittimamente, nell'esercizio del diritto di cronaca e/o di critica e /o di satira, da una testata online, deve essere bilanciata con il diritto della collettività all'informazione e, ove non recessiva rispetto a quest'ultimo, è adeguatamente assicurata, innanzitutto, dalla deindicizzazione degli indirizzi URL relativi a tali articoli, quale rimedio atto ad evitare che il nome della persona sia associato dal motore di ricerca ai fatti di cui internet continua a conservare memoria, così assecondando il diritto della persona medesima a non essere trovata facilmente sulla rete (right not to be found easily). È doveroso puntualizzare, peraltro, che, come già sancito da Cass. n. 2893 del 2023, all'interessato può essere riconosciuto, a certe condizioni, anche il diritto a rimedi più incisivi della deindicizzazione suddetta, ma, sul punto, non è necessario indugiare oltre attesa la richiesta originaria di Tizio volta ad ottenere, appunto, la sola deindicizzazione suddetta, oltre al risarcimento del lamentato danno. La natura delle informazioni per cui è causa e il fatto che il ricorrente sia un noto dirigente nel settore della telecomunicazioni e che all'epoca del presente ricorso fosse un dirigente Rai, evidenzia la sussistenza dell'interesse della collettività alla conoscenza del suo percorso di studi e professionale, che non può ritenersi limitato ad un contesto specifico . È palese, dunque, che, così argomentando, il giudice di merito ha proceduto al bilanciamento tra la tutela dell'oblio invocata da Tizio in relazione agli articoli predetti ed il diritto della collettività all'informazione, ritenendo la prima recessiva rispetto a quest'ultimo in forza di una motivazione che, pur nella sua sinteticità, si rivela essere sicuramente in linea con il minimo costituzionale richiesto da Cass., SU, n. 8053 del 2014. (Fonte: Diritto e Giustizia) |