Collocamento del minore non impugnato passa in giudicato?
18 Gennaio 2024
Come è noto, il passaggio in giudicato di una sentenza coincide con il momento in cui il provvedimento diviene definitivo ed immodificabile, in quanto sono stati esperiti tutti i mezzi di impugnazione esperibili o perché tali mezzi non sono più proponibili. Quanto ai termini, l'impugnazione andrà proposta entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento ad opera di una parte ovvero entro sei mesi dalla pubblicazione della decisione, in caso di assenza di notifica. Qualora ciò non avvenisse il provvedimento diverrebbe immutabile e si formerebbe quindi il giudicato. Ciò posto, l'impugnazione può coinvolgere l'intero pronunciato o avere come oggetto solo specifici capi, il tutto con obbligo di motivazione. Nel caso de quo, la parte proponeva gravame avverso una sentenza di separazione giudiziale, chiedendo la declaratoria di nullità del provvedimento per “omessa e illogica motivazione” esclusivamente per alcuni capi della decisione. Nello specifico, l'appellante impugnava la decisione in merito al regime di affidamento e al quantum del mantenimento da corrispondere quale contributo per la prole, nulla invece richiedendo circa il collocamento. L'appellante, nelle proprie conclusioni, insisteva poi per la conferma del collocamento del minore presso la casa coniugale, così come statuito dal Tribunale. Le tematiche da affrontare sono quindi duplici: l'una riguardante il passaggio in giudicato dei singoli capi della sentenza di primo grado non espressamente impugnati, l'altra concernente la nullità. In riferimento al passaggio in giudicato dei singoli capi della sentenza non esplicitamente impugnati, si riporta anzitutto il dettato dell'art. 329 comma 2 c.p.c. in tema di acquiescenza, il quale prevede che: “L'impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate”. Dall'altro lato, in tema di passaggio in giudicato parziale, si deve tener presente che la Corte di Cassazione nella pronuncia Cass. n. 2816/2016 ha chiarito che “la formazione della cosa giudicata per mancata impugnazione su un determinato capo della sentenza investita dal gravame, può verificarsi soltanto con riferimento ai capi della stessa sentenza completamente autonomi, in quanto concernenti questioni affatto indipendenti da quelle investite dai motivi di impugnazione, perché fondate su autonomi presupposti di fatto e di diritto, tali da consentire che ciascun capo conservi efficacia precettiva anche se gli altri vengono meno”. Alla luce di quanto esposto, si può certamente affermare che, quanto al collocamento della prole si tratta di una statuizione indipendente ed autonoma rispetto a quella relativa al regime di affidamento. Ciò avviene ovviamente nei casi in cui si parli di regime di affidamento all'Ente territorialmente competente ovvero in caso di affidamento condiviso. Diverso sarebbe qualora si ravvisassero i presupposti per un affido esclusivo o super-esclusivo in quanto, in tali casi, il minore andrebbe ad essere collocato necessariamente presso il genitore affidatario, sia esso in via esclusiva o superesclusiva. Il collocamento della prole invece potrebbe avere delle dirette ripercussioni e quindi delle connessioni rispetto alle statuizioni in punto economico. Infatti, qualora non venisse contestato il collocamento del minore, l'an dell'obbligo di contribuzione dovuto per la prole da un genitore nei confronti dell'altro sarebbe da ritenersi certo. Ciò che potrebbe essere in contestazione è invece il solo quantum di tale obbligo di pagamento e la ripartizione delle spese straordinarie. Nel caso di specie, la ricorrente ha impugnato la disposizione in punto economico, accettando il collocamento prevalente del figlio presso l'altro genitore e pertanto non ponendo in discussione l'an del collocamento e del mantenimento, ma solo il relativo ammontare. In ogni caso, occorre considerare che, in tema di acquiescenza parziale così come disciplinata dall'art. 329 comma 2 c.p.c., la Corte di Cassazione si è pronunciata in diverse occasioni ribadendo, in particolare nell'Ordinanza Cass. n. 30369/2019, che “affinché l'impugnazione della sentenza sia solo parziale, è necessario che l'appellante, all'interno del proprio atto, esprima in modo non equivoco la volontà di appellare solo in parte la decisione all'esame dell'appello.” Il tutto rispecchiando l'idea della giurisprudenza maggioritaria su tal argomento. Nel caso oggetto di analisi, se da un lato nessuno dei motivi posti a sostegno del gravame sia correlato al capo riferito al collocamento del figlio, dall'altro lato tuttavia tale statuizione viene travolta dalla domanda di nullità dell'intera pronuncia posta dall'appellante. È indubbio quindi che, qualora il capo della sentenza concernente il collocamento del minore fosse ritenuto del tutto indipendente dai motivi oggetti dell'appello, si dovrebbe ipotizzare una acquiescenza parziale della sentenza riferita al solo capo non impugnato ed anzi confermato da parte ricorrente nelle proprie conclusioni. Laddove però la Corte d'Appello dovesse accogliere la domanda relativa alla declaratoria di nullità per “omessa e illogica motivazione” della sentenza, quest'ultima avrebbe quale oggetto l'intero dettato e pertanto non potrebbe più parlarsi di un passaggio in giudicato del singolo capo. La nullità, laddove appurata, comporterebbe infatti la necessità di riesaminare l'intera questione nel merito e sarebbe irrealizzabile il passaggio in giudicato di un capo di una sentenza dichiarata nulla. In caso di rigetto, tutti i capi della sentenza verrebbero indubbiamente confermati e cristallizzati e potrà quindi parlarsi di passaggio in giudicato della pronuncia. |