Dichiarazione giudiziale di paternità: casi in cui è necessaria la nomina del curatore speciale

17 Gennaio 2024

Interessante spunto di riflessione è l'ordinanza della Corte di Cassazione n. 34821/2023 in  tema di dichiarazione giudiziale della paternità o della maternità, ove si ammette che la partecipazione del curatore speciale è necessaria quando – ai fini dell’accertamento del diritto in parola – non vi siano eredi del presunto genitore.

Il quadro normativo

Nel risolvere l'articolata vicenda posta alla base della recente ordinanza n. 34821 del 13 dicembre 2023, la Suprema Corte ha evidenziato il principio secondo cui laddove il genitore od i suoi eredi diretti manchino fin dall'instaurazione del giudizio, il curatore speciale non può che ritenersi una parte necessaria.

Tralasciando gli aspetti inerenti la legittimazione attiva (non considerata dalla pronuncia in esame), l'art. 276, comma 1, c.c. in merito alla legittimazione passiva prescrive che la domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità deve essere promossa nei confronti del presunto genitore, ovvero, in sua mancanza nei confronti dei suoi eredi. Una disposizione - questa - rimasta invariata sino alla riforma della filiazione ex lege 10 dicembre 2012, n. 219, che l'ha modificata nel senso di riconoscere l'ammissibilità dell'azione anche in mancanza di eredi, nei confronti di un curatore speciale giudizialmente nominato. Va da sé, quindi, che la ratio sottesa alla modificata disposizione è, pertanto, ravvisabile nell'intento di uniformare la disciplina dell'azione giudiziale di paternità a quella dell'azione di disconoscimento di paternità, nonché di contestazione e di reclamo dello stato di figlio, nella specie introducendo una previsione analoga a quella contenuta nell'art. 247 c.c. ed estendendo la tutela dei diritti fondamentali del figlio all'identità personale ed al riconoscimento delle proprie origine biologiche, che venivano irrimediabilmente lesi, allorquando il presunto padre fosse deceduto senza lasciare eredi.

L'art. 276, comma 1, c.c. ante e post riforma

Prima delle modifiche intervenute nel 2012, la disposizione normativa in epigrafe non mancò di sollevare la questione (peraltro densa di implicazioni sotto il profilo della tutela di interessi aventi rango costituzionale) afferente la possibilità per il figlio di agire, ove gli eredi del presunto genitore defunto fossero stati anch'essi mancanti. La soluzione interpretativa, a favore della quale la giurisprudenza aveva finito per optare, era – nondimeno – apparsa per nulla conforme agli interessi sottesi al rapporto di filiazione, così come emergenti (primariamente) nel testo costituzionale. Al riguardo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass., sez. un., 3 novembre 2005, n. 21287) avevano – difatti – affermato che, in caso di morte del preteso genitore, unici soggetti legittimati passivamente fossero gli eredi diretti, con la conseguenza che, nell'ipotesi di decesso anche di questi ultimi, il figlio naturale, pur essendo legittimato all'esperimento di un'azione esplicitamente qualificata come imprescrittibile (art. 270, comma 1, c.c.), si sarebbe ritrovato nella pratica impossibilità di avviare il giudizio per mancanza di contraddittori. I supremi giudici non mancarono – tuttavia - di evidenziare un punto di debolezza e di perfettibilità di quella disciplina; rispetto – invero – alle sempre più avvertite esigenze di protezione dell'interesse del figlio all'accertamento della genitorialità (pure sotto il profilo del diritto all'identità personale) gli stessi giudici auspicarono un'integrazione dell'art. 276 c.c., mediante una previsione che – analogamente a quanto previsto dall'art. 247 c.c. in materia di azione di disconoscimento di paternità – consentisse la proposizione dell'azione nei confronti di un curatore giudizialmente nominato. Un auspicio – questo – che ha, successivamente, trovato concreta realizzazione attraverso la legge 219/2012, la quale ha introdotto nell'art. 276, comma 1, c.c. l'ulteriore previsione secondo cui, in mancanza degli eredi del presunto genitore, “la domanda deve essere proposta nei confronti di un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso”. L'intervenuta riforma non sciolse - però - dubbi in merito al fatto se gli eredi del presunto genitore fossero soltanto gli eredi diretti ovvero anche gli eredi degli eredi, sebbene – verosimilmente – il legislatore, ai fini dell'intervento normativo, abbia dato per presupposto il riconoscimento della legittimazione in capo ai soli eredi diretti.

Articolo 276 c.c. e legittimazione passiva in caso di decesso del presunto genitore

Se per principio generale, legittimato passivo nell'azione di dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità è il solo genitore nei cui confronti si intende accertare la filiazione, va da sé che a seguito del decesso del preteso genitore l'azione dovrà - invece – essere proposta nei confronti degli eredi. Detta legittimazione non viene – tuttavia – attribuita ex lege ai discendenti (come avviene per la legittimazione attiva) bensì agli eredi, quali portatori di un interesse immediato e diretto a non veder pregiudicate le proprie ragioni successorie. In tal senso si è espressa la prima Sezione del Supremo Collegio la quale, con ordinanza 26 maggio 2021, n. 14615 ha – chiaramente – affermato che l'art. 276 c.c. nell'estendere la legittimazione passiva del presunto padre anche ai suoi eredi, in mancanza, non può essere interpretato come se si riferisse in astratto a tutti coloro che tale qualificazione ex lege possono rivestire; contrasterebbe, invero, con siffatta interpretazione ermeneutica, in primo luogo, la lettera della norma che individua la categoria dei legittimati negli “eredi”. Non a caso, il sistema codicistico relativo alla successione ereditaria (Libro II, Titolo I, Capi 1 e ss) distingue nettamente la posizione dei chiamati all'eredità dagli eredi, predeterminando le forme legali di accettazione dell'eredità (art. 474 c.c.) e precisando, espressamente, che la rinuncia all'eredità ha effetto retroattivo e chi la manifesta nelle forme di legge (art. 519 c.c.) “è come se non vi fosse mai stato chiamato” (art. 521 c.c.). Dal sintetico quadro normativo testè delineato emerge – senza dubbio – la non sovrapponibilità delle nozioni di successore ex lege, chiamato all'eredità ed erede, con la conseguenza che l'utilizzo di una specifica qualificazione giuridica non può subire interpretazioni che ne discostino il contenuto e gli effetti da quelli previsti dalle disposizioni che la disciplinano. Va da sé, perciò, che l'art. 276 c.c., nella indicazione dei legittimati passivi diversi dal presunto padre, si riferisce ai soli eredi in senso stretto, escludendo – pertanto – chi abbia validamente ed efficacemente rinunciato all'eredità, non potendo costoro subire gli effetti patrimoniali dell'estensione dell'asse ereditario derivante dall'accoglimento della domanda di dichiarazione giudiziale di paternità, essendosi volontariamente determinati ad essere esclusi da qualsiasi vicenda accrescitiva o riduttiva dei diritti ereditari astrattamente conseguiti a norma di legge. Problemi si pongono nell'ipotesi in cui erede universale del presunto attore sia lo stesso attore. Parte della dottrina ritiene che in tal caso l'azione di dichiarazione giudiziale di paternità e di maternità sia improponibile, giacchè in capo al figlio verrebbero a cumularsi il potere di chiedere l'accertamento del suo status ed il potere di contrastare tale accertamento. Altra dottrina, peraltro maggiormente in linea con la successiva evoluzione normativa e giurisprudenziale, ritiene – invece – che l'instaurazione del contraddittorio sia possibile nei confronti dei congiunti più prossimi e, in mancanza, di un curatore speciale. Un'interpretazione, questa, ritenuta sintonica con la modifica apportata dalla legge 219/2012, secondo cui in mancanza di eredi del presunto genitore, la domanda va proposta nei confronti di un curatore speciale di nomina giudiziaria e ciò al fine di assicurare che ci sia sempre un legittimato passivo e, che – quindi – sia possibile agire, consentendo nello stesso tempo la presenza in un giudizio di un soggetto chiamato a rappresentare e ad esprimere gli interessi del presunto genitore.

La questione della legittimazione passiva degli eredi degli eredi ai fini della dichiarazione giudiziale di paternità

In tema di legittimazione passiva, dottrina e giurisprudenza si sono, altresì, poste la questione - nell'ipotesi di morte del preteso genitore - relativa alla necessità di agire, oltre che nei confronti degli eredi diretti, anche nei confronti degli eredi degli eredi. Il prevalente orientamento - limitando la legittimazione passiva ai soli eredi del preteso genitore – negava, senza con ciò compromettere le eventuali finalità patrimoniali dell'azione, che potessero assumere la qualità di litisconsorti necessari gli aventi causa degli eredi diretti ovvero altri soggetti portatori di un interesse contrario all'accoglimento della domanda, cui sarebbe soltanto riconosciuta la facoltà di intervenire a tutela di detto interesse (art. 276, comma 2, c.c.) (Cass. Civ., Sez. I, 14 ottobre 1993, n. 10171). Avvalorando siffatta tesi si è – del resto – ulteriormente precisato che il litisconsorzio necessario - oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge – ricorre pure allorquando sia dedotto in giudizio un rapporto plurisoggettivo richiedente, per ragioni di diritto sostanziale e processuale, la contestualità del procedimento e delle decisioni nei confronti di tutte le parti interessate. Pertanto, è da escludere la “presenza nel giudizio” di altri e differenti soggetti, la posizione dei quali è – appunto – regolata dal comma 2 del più volte citato art. 276 c.c., attribuente la mera legittimazione a contraddire alla domanda, intervenendo nel processo (Cass. civ., sez. I, 30 marzo 1994, n. 3143). In termini nettamente opposti si pronunciava Cass. civ., sez. I, 12 settembre 1997, n. 9033, secondo cui la domanda di dichiarazione di paternità, implicando questioni attinenti allo status delle persone, renderebbe indispensabile la partecipazione di tutti i soggetti la cui sfera giuridica sarebbe coinvolta tanto per l'aspetto personale che patrimoniale; in altre parole, si riteneva – pertanto – che nel procedimento per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità, la legittimazione spettasse, in mancanza del presunto genitore, ai suoi eredi considerati litisconsorti necessari e non semplici interessati ai sensi del secondo comma dell'art. 276 c.c.. Il contrasto, come sopra anticipato, è stato risolto dalle Sezioni Unite (Cass., SS.UU., n. 21287/2005) in senso conforme al primo e maggioritario orientamento, per cui - in ordine all'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità - contraddittori necessari passivamente legittimati sono, in caso morte del genitore, esclusivamente i suoi eredi e non anche gli eredi degli eredi di lui o di altri soggetti, comunque portatori di un interesse contrario all'accoglimento della domanda, ai quali è, invece, riconosciuta la sola facoltà di intervenire in giudizio a tutela dei rispettivi interessi.

L'excursus giurisprudenziale susseguitosi

Analogamente a quanto affermato dalle Sezioni Unite, anche Cass. civ., sez. I, 26 settembre 2011, n. 19603 ha ritenuto che, pacifico il principio di cui al primo comma dell'art. 276 c.c., “la posizione degli altri soggetti portatori di interessi, patrimoniali o non patrimoniali, contrari all'accertamento della filiazione, quali il coniuge e i figli legittimi del presunto genitore, resta regolata dal secondo comma dell'art. 276 c.c., cha attribuisce loro la legittimazione a contraddire alla domanda intervenendo nel processo, ma non anche quella a essere citati in giudizio come contradditori necessari, senza che ciò comporti contrasto con i precetti di cui agli artt. 3,29 e 30 Cost.”. Successivamente, pure Cass. civ., sez. I, 16 maggio 2014, n. 10783, ha ritenuto “insuperabili …. le indicazioni fornite dal dato testuale dell'art. 276 c.c. (la domanda deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in mancanza di lui, nei confronti dei suoi eredi) nel contesto del quale il verbo deve, riferito all'azione in esame, sottolinea l'obbligatorietà di indirizzarla esclusivamente nei confronti dei soggetti all'uopo indicati (con l'implicita impossibilità di proporla nei confronti di soggetti diversi da questi diversi), e l'aggettivo suoi, riferito agli eredi, identifica, senza alcun margine di dubbio, nei soli eredi, diretti ed immediati, del preteso genitore … i legittimati passivi all'azione stessa, nel caso di mancanza di lui”. Precisato ciò, con la medesima sentenza, la Corte ha – altresì – inequivocabilmente stabilito che “la lettura sistematica dell'art. 276 c.c., conferma ulteriormente l'impossibilità di ampliamento dell'area della legittimazione passiva nell'azione in questione, atteso che la facoltà di contraddire, riconosciuta dal capoverso della stessa norma a chiunque abbia interesse all'esito della lite, inevitabilmente comporta che detti altri soggetti - eredi degli eredi, aventi causa dal presunto genitore, titolari di posizioni personali o patrimoniali comunque suscettibili di essere incise dal diverso status reclamato dall'attore – possono bensì intervenire nel giudizio ex artt. 269 e ss c.c.” ma non possono assumere “in questo la veste di legittimati passivi”.

L'ipotesi transitoria del curatore speciale e la recente ordinanza della cassazione n. 34821/2023

In via transitoria, l'art. 276 c.c. (come novellato dall'art. 1, comma 5, Legge n. 219/2012, prevede – inoltre – che qualora sia deceduto il preteso genitore e manchino, o siano a loro volta deceduti i suoi eredi, la legittimazione passiva spetta al curatore speciale nominato dal giudice; si è, infatti, ritenuto che la sua partecipazione si concretizza in una condizione ineludibile per l'accertamento della discendenza biologica, quale elemento costitutivo dell''identità personale (Cass. civ., Sez. I, 19 settembre 2014, n. 19790). La norma prevede, peraltro, che il predetto curatore speciale debba essere nominato (in via esclusiva) dal giudice davanti al quale il giudizio “deve essere promosso”, svolgendo una funzione preventiva rispetto alla realizzazione completa della garanzia del contraddittorio (cfr. Cass. civ., 04 maggio 2009, n. 10228). In questo complesso panorama giuridico è nuovamente e recentemente intervenuta la Suprema Corte con l'ordinanza n. 34821/2023, la quale - richiamando l'ampio apparato di pronunce “generatesi” nei singoli casi sottoposti al suo giudizio – ha, ancora una volta, affermato l'importanza della “messa in campo” del curatore speciale, imprescindibile garante dell'interesse sostanziale e processuale della parte a favore della quale sia prevista la nomina. In particolare, facendo propri gli assunti formulati in più occasioni dalla Consulta (per tutte, Corte cost., ord. 20 novembre 2008, n. 389) ha, infatti, ribadito che la mancata designazione di un curatore speciale nel disposto ex art. 276 c.c. si risolverebbe in un rilevante impedimento all'esercizio del diritto di azione garantito dall'art. 24 Cost., in relazione ad azioni volte alla tutela dei diritti fondamentali attinenti allo status ed all'identità biologica, dal momento che la ricerca della paternità è da considerarsi una forma fondamentale di tutela giuridica di rilevanza costituzionale (v. Corte cost., ord., 20 marzo 2009, n. 80). Sarebbe, pertanto, irragionevole privare del diritto di agire colui che intenda far accertare la propria paternità o maternità nel caso in cui non vi fossero eredi diretti del presunto genitore deceduto. Avvalorando le argomentazione de quibus, la Suprema Corte ha – dunque – ricordato e ribadito che la fattispecie di cui all'art. 276 c.c. costituisce – altresì - una previsione legale di rappresentanza a mezzo del curatore speciale.

In conclusione

Il quadro operativo delineatosi in materia è – quindi - tale da incidere notevolmente sull’importanza della figura del curatore speciale, laddove l’assenza di legittimati passivi necessari consentirebbe – comunque – al soggetto interessato di veder salvaguardato il proprio diritto a veder accertata la sua condizione di figlio.

Riferimenti

Balestra, La dichiarazione giudiziale di paternità e maternità alla luce della riforma della filiazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 4, 2014;

Basini, La dichiarazione giudiziale di paternità e maternità naturale, in Tratt. Bonilini Cattaneo, III, Filiazione e adozione, Torino, 1997;

De Cupis, Della dichiarazione giudiziale della paternità maternità naturale, in Commentario di diritto di famiglia, artt. 269-279, IV, Padova, 1992;

Salanitro, La riforma della disciplina della filiazione dopo l’esercizio della delega (II parte), in Corr. giur., 2014.

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