L’opera d’arte detenuta da un privato è un dato sensibile
09 Gennaio 2024
«[…] In altri termini, il legislatore ha inteso garantire un riserbo su alcune informazioni concernenti aspetti particolarmente delicati e “sensibili”, suscettibili di essere pregiudicati da una divulgazione del dato conoscitivo su scala generalizzata, tra i quali devono annoverarsi, ad esempio, le informazioni relative al titolare del bene (qualora trattasi di soggetto privato) e l'ubicazione della res (qualora trattasi di cosa mobile): tale disposizione, dunque, preclude un incondizionato e “illimitato” accesso ai dati e documenti relativi ai beni culturali privati, al fine di contemperare (sempre nell'ottica della ricerca di un soddisfacente punto di equilibrio tra poli contrapposti) l'interesse del pubblico alla conoscenza con l'interesse antagonista ad assicurare la “sicurezza” del bene e la “riservatezza” di chi lo possiede (in altri termini, laddove il vincolo sia stato apposto, ad es., su un'opera d'arte quale un dipinto o una scultura, va resa conoscibile al pubblico l'esistenza dell'opera, quale appunto “bene culturale”, e le sue intrinseche caratteristiche, ma non anche chi la possiede né dove essa si trovi)». È quanto deciso dal TAR Lazio n. 19889 del 28/12/23 relativamente ad un filone della lite tra i rampolli (madre e figli di primo letto) di una nota dinastia piemontese titolare di una holding automobilistica, i cui componenti hanno anche ricoperto incarichi pubblici (e sono stati coinvolti anche in un'altra vertenza, relativa alla validità del testamento di M.C. e del lascito dei beni ereditati dal marito G.A. risolta il 3/1/24 dalla Cassazione Civile n. 121/2024 tra cui queste opere d'arte). Nello specifico la trasmissione Rai Report tramite il giornalista che la conduce ha realizzato varie trasmissioni su questa disputa familiare e chiese alle competenti Sovrintendenze e Direzioni Generali di avere accesso ai dati su tale collezione (più precisamente voleva sapere quali beni erano appartenuti od appartenevano ai singoli privati) richiesta che fu accolta ai sensi dell'art. 5 Foia perché ritenuta questione di interesse collettivo, tanto più che i nomi dei controinteressati eredi erano stati resi anonimi e quindi era tutelata la riservatezza ex art. 17 CBC. I fratelli eredi di questi beni contestarono i meri fini commerciali e voyeuristici della trasmissione ed una violazione della loro privacy: «la tecnica dell'oscuramento tramite “anonimizzazione” dei dati adottata dal Ministero (cd. tecnica di “aggregazione e k-anonimato”) non sarebbe idonea ad impedire l'identificazione delle persone fisiche interessate: ciò in base al tenore dell'istanza, essendo questa diretta alla comunicazione delle informazioni su base aggregata a livello di “gruppo” (sostanzialmente a livello di “famiglia”), trattandosi di un gruppo estremamente ristretto (solo 4 persone) ed essendo possibile l'agevole re-identificazione del singolo incrociando ciascuna informazione ostesa con il dato della residenza (noto al pubblico), con la conseguenza che le informazioni, in quanto non rese “sufficientemente anonime”, comunque rappresentano “dati personali” ai sensi dell'art. 4 del Regolamento UE 2016/679 - cd “G.D.P.R.” (punto II.1). L'alta probabilità di re-identificazione degli interessati sarebbe acuita non solo dalla notorietà degli interessati, ma anche dalle informazioni già a disposizione del -omissis-, come si ricaverebbe dall'approfondimento da lui curato e andato in onda il -omissis- all'interno della trasmissione televisiva Report, dal titolo “-omissis- -omissis-”, nel corso del quale erano stati resi noti al pubblico atti giudiziari presenti nel fascicolo della controversia (attualmente sospesa) pendente davanti al Tribunale di -omissis- tra -omissis- e i fratelli -omissis-, “nel contesto del quale, tra le altre cose, si discute, guarda caso, proprio anche di opere d'arte oggetto dell'accordo transattivo intercorso tra la moglie di -omissis--omissis-, -omissis-, e -omissis-” (punto II.2)» (neretto,nda). Linee guida sull'accesso civico e generalizzato alla tutela ed alla valorizzazione delle opere private Il TAR, ricostruendo l'evoluzione giurisprudenziale e normativa che ha portato dall'accesso agli atti ex art. 7 L.241/90 a quelli civici e generalizzato dall'art. 5 d.lgs. n. 33/2013 e del d.lgs. n. 97/2016 e chiarendone i vari principi, delinea i due aspetti fondamentali di questi istituti: da un lato vigilare sul buon andamento dell'amministrazione e sulla sua trasparenza e dall'altro attuare il diritto fondamentale ad essere informati su questioni di interesse collettivo. Si passa da un need to know ad un right to know (dal bisogno al diritto di essere informati), sì che i giornalisti hanno un interesse legittimo e qualificato, anche per il ruolo di “dogwatch” che svolgono in una democrazia, ad accedere a dati detenuti dalle PA. Tutto ciò si ricava da un'esegesi letterale, teleologica e sistematica delle norme che regolano questi istituti lette anche alla luce dell'art.10 Cedu: in una democrazia è fondamentale che ognuno possa informarsi ed essere informato, ivi compreso intavolare dibattiti, su temi di pubblico interesse. Il Codice dei Beni culturali impone restrizioni per la circolazione, vendita etc. di quei beni che, seppure appartenenti a privati, sono soggetti a vincolo storico, monumentale, etnografico, culturale ed artistico etc. In breve costituiscono, seppure appartenenti a privati, «il patrimonio storico e artistico è “nazionale” nel senso che fa capo, quale valore, all'intera popolazione, contribuendo all'arricchimento della cultura nazionale, comprensiva di tutte quelle componenti attraverso le quali sia possibile, per i cittadini tutti, accrescere le proprie conoscenze e migliorare la propria formazione, onde conseguire il pieno sviluppo della persona in connessione con l'art. 3 della Costituzione» (neretto, nda): quelli in questione sono opere d'arte private. Nella fattispecie il giornalista di Report voleva conoscere dati su quali beni erano andati in eredità ai vari eredi; perciò, la sua richiesta era meramente egoistica e basata su curiosità personali: erano dati che erano attinenti ai singoli proprietari ed all'ubicazione dei beni e non ai vincoli ed alle autorizzazioni allo spostamento in Italia od all'estero etc. prevista da questa lex specialis. Gli artt.2, 2-ter, 4,5,6 ed il Considerando 26 GDPR sono molto chiari nel considerare questi dati come personali e sensibili in quanto volti ad indentificare i diretti interessati e che gli stessi sono oggetto di trattamento da parte del Ministero della Cultura e dei suoi organi periferici che però sono obbligati a renderli anonimi a monte del trattamento come imposto dall'art.17 CBC. In breve, l'autorizzazione concessa a Report è incompatibile con i precetti sopra esplicati, come chiarito sinora. La creazione di un archivio nazionale online per realizzare le finalità di cui sopra deve riguardare i meri atti di competenza della PA come notifiche, vincoli, autorizzazioni agli spostamenti etc. Quelli richiesti dal giornalista di Report esulano come detto da queste richieste. Inoltre, in base alla più recente prassi sul GDPR è lecito che siano imposte restrizioni all'accesso ai dati per tutelare la privacy. È palese come questa autorizzata ostensione pregiudichi i diritti e gli interessi degli eredi stante anche l'audience del programma. La privacy prevale sul diritto di cronaca Nella fattispecie come sinora detto era facile reindividuare gli eredi proprietari di queste opere d'arte, era irrilevante la notorietà della famiglia e dei singoli componenti coinvolti: è lecito proteggerne la privacy da richieste che esulano i legittimi fini sottesi all'accesso civico/generalizzato. Si deve sempre preservare la riservatezza dei proprietari ex art. 17 comma 6 CBC e perciò in questo caso, in un equo bilanciamento dei contrapposti interessi, prevale la privacy dei controinteressati eredi e non si potrà invocare l'art.85 GDPR (diritto di cronaca) per avere accesso a tali dati, sì che l'originaria autorizzazione alla loro ostensione è stata annullata dal TAR. (Fonte: Diritto e giustizia) |