Applicazioni di Intelligenza Artificiale al diritto di famiglia

12 Gennaio 2024

I sistemi di intelligenza artificiale sviluppati nell’ultimo decennio hanno le potenzialità per potersi affiancare agli strumenti che già quotidianamente supportano il lavoro degli operatori del diritto e in particolar modo del diritto di famiglia. La doppia natura quantitativa e linguistica dell’insieme dei metodi disponibili potrebbe permettere di affrontare efficacemente l’annoso problema della quantificazione degli assegni di mantenimento e divorzio. A partire dai molti tentativi già disponibili di parziale ma non trascurabile efficacia, un approccio davvero integrato tra competenze giuridiche e tecniche potrebbe produrre strumenti con grandissima capacità di deflazione del contenzioso e quindi da applicarsi parallelamente ai metodi alternativi di risoluzione delle controversie, nonché di indirizzamento delle decisioni giudiziarie verso una maggiore aderenza alla realtà economica dei nuclei familiari coinvolti.

Intelligenza artificiale e applicazioni al diritto

Vale la pena di identificare un sistema di Intelligenza Artificiale (da ora in poi IA) per mezzo di quanto di recente proposto nella discussione sull’AI Act a livello europeo, richiamando quindi l’emendamento 165 all’art. 3, paragrafo 1, punto 1, che molto probabilmente transiterà nel teso definitivo e che definisce IA un sistema basato su una macchina che sia progettato per operare a livelli di autonomia variabile e che sia in grado, esplicitamente o implicitamente per i propri obiettivi, di generare uscite come predizioni, raccomandazioni, o decisioni che influenzino l’ambiente fisico o virtuale.”

Difficile non notare come, eliminando la menzione alle macchine, molti aspetti del diritto stesso si possano pensare come attività di generazione di “raccomandazioni o decisioni che influenzino l’ambiente fisico o virtuale”.

La necessità che l’Unione Europa si occupi di normare e quindi definire l’IA deriva dal fatto che la ormai settantennale storia della disciplina (Il termine “Artificial Intelligence” risale al 1955) ha subito nell’ultimo decennio un’accelerazione che ha permesso di applicare tecniche di IA ai più svariati compiti cognitivi che si pensava fossero dominio esclusivo dell’intelligenza umana. Il legislatore europeo è stato chiamato in causa dall’enorme potenziale che queste tecnologie hanno di impattare su molti aspetti della nostra società, un potenziale che, all’interno delle regole che verranno stabilite, è chiaramente opportuno esplorare e sfruttare anche nell’ambito del diritto, piuttosto che rigettare aprioristicamente.

Tutto ciò, peraltro, potendosi finalmente affrancare dal giogo dell’espressione “giustizia predittiva” che, sicuramente prendendo le mosse dalle capacità predittiva che l’IA mostra in molti contesti, ha suscitato le prime reazioni di difesa del mondo giuridico, polarizzando la discussione in maniera inutilmente aprioristica a scapito di una serena analisi dei potenziali benefici.

È quindi estremamente interessante osservare che, al di là delle complicazioni tecniche che sottostanno alle recenti evoluzioni, dal punto di vista dell’utente, l’IA odierna si presenti come uno strumento che affianca le capacità intellettive umane lungo due direzioni: quella quantitativa/percettiva e quella linguistica, peraltro in entrambi i casi con prestazioni ormai adeguate ad essere considerata, almeno, un utile supporto.

Questa doppia direzione appare ideale per applicazioni al diritto, un campo nel quale il principale veicolo di informazione è il linguaggio, ma che spesso, nel formulare raccomandazioni/decisioni, ha la necessità di quantificare (pene, danni, risarcimenti, indennità, assegni, ecc.). Ancor più nell’ambito del diritto di famiglia, questa doppia capacità si attaglia perfettamente al compito di quantificare un contributo economico in virtù della complessità dello stato patrimoniale e reddituale delle parti, nonché dell’organizzazione familiare, dati codificati perlopiù in termini linguistici.

Intelligenza artificiale a supporto della quantificazione di contributi economici nell’ambito del diritto di famiglia

Seguendo la linea di pensiero cominciata nel paragrafo precedente, il compito della quantificazione può essere idealmente scomposto in due fasi.

In una prima fase i documenti di causa vengono esaminati per ricavarne i dati necessari.

In una seconda fase i dati vengono considerati in un percorso logico-giuridico-contabile che porta ad una stima del contributo.

Entrambe le fasi del processo sono già state oggetto di riflessioni e, se non di totale automatizzazione, almeno di tentativi di standardizzazione e formalizzazione che ne facilitano la trasposizione in termini informatici.

Per quanto riguarda la prima fase, per esempio, è molto interessante il recente lavoro della sezione Famiglia del Tribunale Di Genova che sistematizza la raccolta dei dati minimi necessari alla decisione sotto forma di linee guida molto dettagliate.

Per quanto riguarda la seconda fase, poi, nel panorama nazionale sono reperibili almeno 5 contributi ormai definibili come storici: il Child Cost Software - ChiCos,(https://www.crescere-insieme.org/tabelle-costo-dei-figli) il metodo “Palermo”, il Modello di Calcolo degli Assegni di Mantenimento – MoCAM (www.mocam.net), il modello di Stima Assegni di Mantenimento – SAM (www.stimaassegnidimantenimento.it), e ReMida Famiglia (www.remidafamiglia.it).

Un’analisi dettagliata di questi metodi(E. Al Mureden, R. Rovatti, Gli assegni di mantenimento tra disciplina legale e intelligenza artificiale, Torino, 2023) rivela tanto interessanti convergenze (di cui si dirà brevemente in seguito) quanto peculiarità e allineamenti diversi rispetto ai requisiti che un ausilio efficace alle decisione non può che rispettare: l’aderenza al dettato normativo e giurisprudenziale, la coerenza con la realtà economica del nucleo familiare in questione, la completa trasparenza del procedimento e riproducibilità del risultato.

Quest’ultimo requisito peraltro molto enfatizzato dalla recente evoluzione normativa a livello Europeo in materia di IA che vede gli ultimi emendamenti al testo dell’AI Act ( https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2023-0236_EN.html) accentuare l’importanza della trasparenza algoritmica al fine di raggiungere quell’ideale “Trustworthy AI” che viene identificata come l’unica in grado di portare benefici alla società nel rispetto dei diritti fondamentali.

L’analisi dei documenti

Le potenzialità dei recenti modelli linguistici di grandi dimensioni (da ora in poi LLM) che più di un fornitore mette a disposizione sia in forma commerciale (da menzionare in questa categoria almeno GPT4 di OpenAI https://openai.com/research/gpt-4; Gemini di Google https://deepmind.google/technologies/gemini/; Claude di Anthropic https://www.anthropic.com/index/introducing-claude che in forma open-source (da menzionare almeno LLAMA-2, il più recente modello reso disponibile da Meta https://ai.meta.com/llama/)(ovvero completamente trasparente quanto ai dettagli di funzionamento interno) può certamente permettere di assistere il negoziatore o il decisore umano nella prima fase. Queste IA, infatti, possono essere adeguatamente istruite tramite il cosiddetto prompting, ovvero sostanzialmente in linguaggio naturale, affinché estraggano da un documento informazioni predeterminate, fornendo nel contempo il riferimento a dove esse si trovino.

Linee guida dettagliate sulle informazioni necessarie possono essere assimilate da un LLM e usate per scandire i documenti e redigere automaticamente un rapporto standardizzato e di immediata consultazione sia per il decisore umano che per l’eventuale successivo stadio di stima automatizzata. È infatti stato dimostrato, per esempio dalle recentissime applicazioni di IA alla Giustizia Tributaria(https://www.altalex.com/documents/news/2023/10/30/futuro-prodigit-tool-sintesi-sentenze-massimario-nazionale-tributario) che questi modelli, opportunamente sfruttati, raggiungono un livello di affidabilità paragonabile a quello umano nella ricerca degli elementi salienti in testi anche di contenuto giuridico (https://arxiv.org/pdf/2308.04416).

Lo stesso procedimento di scansione può anche essere adattato a cercare nei documenti predeterminati elementi che suggeriscano che il caso in questione ha caratteristiche peculiari tali da richiedere una quantificazione di particolare delicatezza, come ad esempio la presenza di disabilità o nuclei familiare particolarmente numerosi o disagiati.

Queste ulteriori informazioni unite ad un dettaglio puntuale sulla provenienza dei dati inseriti nel rapporto standardizzato permetterebbero un intervento umano di controllo e validazione che è ovviamente sempre necessario, sia che si voglia procedere con una seconda fase automatizzata, sia che si decida per una quantificazione basata su altri criteri.

La quantificazione

Come anticipato, esistono cinque approcci storici per affrontare questa fase. Questi metodi, sviluppati individualmente o da piccoli gruppi di studiosi con provenienze e competenze molto diverse (tra i quali è singolarmente scarsa la rappresentanza dell’avvocatura), hanno contribuito a chiarire molti aspetti del problema.

I metodi offrono tre principali servizi:

  1. valutazione di elementi generalmente difficili da quantificare ma essenziali per la stima (come la spesa annuale di una famiglia e la parte di questa destinata ai figli);
  2. l'attuazione di calcoli più complessi rispetto a quelli eseguibili con una semplice calcolatrice, necessari per modellare adeguatamente i flussi finanziari tra le famiglie (ad esempio l'impatto delle tasse sul pagamento degli alimenti dopo il divorzio);

        iii.  la realizzazione di uno strumento per valutare sia fattori quantitativi (come gli anni di matrimonio, i tempi di permanenza dei figli con ciascun genitore), che qualitativi delle abitudini familiari (le modalità di accudimento e di cura), permettendo così di tracciare il loro impatto numerico nel calcolo.

Nonostante i metodi abbiano molte somiglianze di base nella quantificazione dei contributi economici, esistono differenze significative, particolarmente nel caso di stima dell’assegno per il coniuge soprattutto in ambito di divorzio.

Non è possibile qui esaminare in dettaglio tutti i metodi, ma si possono evidenziare alcune comunanze.

Tutti i metodi seguono variazioni di un processo astratto di quantificazione, che può essere riassunto in quattro fasi:

  1. analisi delle risorse totali coinvolte;
  2. identificazione degli oneri o delle risorse assegnati a ciascuna parte in caso di separazione dei nuclei familiari;
  3. determinazione degli oneri o delle risorse che dovrebbero, secondo diritto, essere assegnati a ciascuna parte;
  4. calcolo di un trasferimento monetario, basato sul confronto tra i punti 2 e 3, per ristabilire, per quanto possibile, la situazione di Diritto.

Completano questa ossatura ampiamente condivisibile, varianti ed interpretazioni specifiche di ogni metodo, soprattutto orientate al terzo servizio che mirano a fornire, ovvero la formalizzazione di un effetto numerico di caratteristiche del caso con componenti qualitative o difficilmente ponderabili.

Queste varianti, spesso allontanano il risultato da uno o più degli obiettivi prima dichiarati (l’aderenza al dettato normativo e giurisprudenziale, la coerenza con la realtà economica del nucleo familiare in questione, la completa trasparenza del procedimento e riproducibilità del risultato).

In questo scenario imperfezione, alla luce degli strumenti algoritmici sempre più sofisticati a disposizione, nonché della crescente facilità di accesso a dati statistici di tipo sociale ed economico sulle caratteristiche delle famiglie italiane, è chiaro come i tempi siano maturi per partire da queste esperienze e concretizzare, con il coinvolgimento di tutti gli operatori del Diritto coinvolti (e quindi anche dell’avvocatura) uno strumento largamente condivisibile e di vero supporto sia alla fase negoziale che, eventualmente, a quella decisoria in materia di assegni.

Alcune osservazioni giuridiche di principio

Il punto di vista costruttivo e ottimista esposto fin qui non vuole ovviamente trascurare le più tipiche obiezioni che vengono mosse ad un percorso assistito dall’IA nella quantificazione degli assegni.

Si tratta però di obiezioni che la stessa comunità giuridica comincia a considerare superabili anche considerando che in altri paesi, alcuni molto vicini a noi, il problema, almeno per quanto riguarda l’assegno per il mantenimento del figlio, è affrontato efficacemente e automaticamente ricorrendo ad strumenti assai meno sofisticati rispetto all’IA (Si vedano per esempio https://www.gov.uk/calculate-child-maintenance per il Regno Unito e https://www.olg-duesseldorf.nrw.de/infos/Duesseldorfer_Tabelle/Tabelle-2023/index.php per la Germania).

Oltre a ciò è probabilmente opportuno affrontare due temi specifici.

L’intelligenza artificiale e la compatibilità con il sistema normativo vigente

Un passaggio argomentativo da cui non si può prescindere è quello relativo alla verifica della compatibilità degli strumenti di IA, come lo sono i metodi di stima dei contributi economici, con i principi generali del nostro impianto normativo. La prima osservazione riguarda il timore che l’amministrazione della giustizia venga sottratta all’autonomia decisionale di un giudice a causa dell’influenza che un sistema algoritmico ideato da un soggetto terzo possa avere sulla decisione. Rimanendo nell’ambito degli strumenti di IA analizzati in questa sede e quindi ai metodi di stima dei contributi economici in ambito di diritto di famiglia, va rilevato come nel momento in cui questi vengono resi totalmente trasparenti, non siano altro che strumenti il cui funzionamento è del tutto sotto il controllo del proprio utilizzatore. Dunque, ritenere che l’algoritmo possa sostanziare una autonomia di giudizio a cui il Giudice sarebbe obbligato a conformarsi è preoccupazione del tutto infondata. Il soggetto terzo si limita a creare un algoritmo per consentire la quantificazione secondo parametri indicati dalla norma lungo un percorso che anche l’uomo potrebbe seguire, ma con minori informazioni, nonché maggior dispendio di tempo e di energia. Si pensi ad esempio all’uso dei dati tratti dalle rilevazioni della Banca d’Italia sui consumi delle famiglie italiane da combinarsi con le scale di equivalenza per verificare le variazioni di spesa dovute dalla disgregazione del nucleo familiare al fine di quantificare il mantenimento del figlio. Calcoli complessi da fare, ma non da comprendere nella loro logica, che mira esclusivamente all’ottimizzazione del processo decisionale della giustizia.

Non può comunque negarsi che in alcuni frangenti l’algoritmo necessiti di dati la cui fonte non è altro che una scelta discrezionale. Ebbene, proprio questo è l’esempio calzante per sostenere come per una Giustizia efficace, siano ormai maturi i tempi per collaborazioni interdisciplinari di modo che i contenuti di nuove metodologie di giudizio possano essere individuati dalle competenze dei diversi soggetti coinvolti senza invasioni di campo che vadano ad incarnare pericolose violazioni di norme fondamentali del nostro ordinamento.

Perché ciò sia assicurato, è evidente che il modello debba essere progettato in modo da non presentarsi come la cosiddetta black box, ma debba offrire accesso a tutti i propri meccanismi interni nonché qualificare tutti i dati di cui si avvale, certificandone la validità statistica.

L’impugnabilità dei provvedimenti basati su un sistema di calcolo

È infine necessario confrontarsi anche sulle conseguenze che un modello di stima degli assegni potrebbe avere sull’appello o sul ricorso Cassazione. A parere di chi scrive, le decisioni assunte con l’ausilio di modelli di calcolo non impedirebbero comunque di far ricorso ai tradizionali metodi di impugnazione, in quanto abbiamo ben visto come il giudicante non si sottragga affatto ad un percorso logico argomentativo tradizionale, ma semplicemente utilizzi degli strumenti automatici e sicuramente più efficaci per una valorizzazione numerica del proprio ragionamento. L’utilizzo dell’IA non deve essere avvertito come una sostituzione del percorso decisorio tradizionale, ma un ausilio per l’ottimizzazione della Giustizia, tanto da potersi parlare addirittura di un percorso argomentativo più trasparente, basato su dati oggettivi e non totalmente su un giudizio di equità. L’impugnazione potrebbe ben riguardare la mancata valorizzazione di caratteristiche del nucleo familiare nella individuazione degli elementi di valutazione che, abbiamo già detto, possono variare a seconda delle scelte del giudicante. Si pensi ad esempio alla differente valorizzazione che può essere data ai tempi di permanenza e di cura con riguardo all’incidenza alla determinazione del contributo diretto, o all’individuazione del livello di reddito da considerarsi rivelatore dell’indipendenza economica a fronte della legittimità di poter richiedere l’assegno divorzile a seconda del contesto sociale in cui è inserito il coniuge economicamente più debole. Di esempi se ne potrebbero fare molti e ciò discende dal fatto che i metodi di stima degli assegni non sottraggono affatto al giudicante il potere discrezionale, ma impongono che esso venga sempre accompagnato da una motivazione oggettiva.

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