Copyright: rinviato alla CGUE il Regolamento dell’AGCOM sull’equo compenso agli editori per valutarne la compatibilità con la Direttiva (UE) 2019/790
17 Gennaio 2024
Nell'ambito di un ricorso presentato da una big tech statunitense, società di diritto irlandese che fornisce agli utenti europei diversi servizi online, Il TAR Lazio (12 dicembre 2023, n. 18790/2023) ha rinviato alla Corte di Giustizia dell'UE, ai fini di una valutazione di compatibilità con la normativa comunitaria, il regolamento in materia di individuazione dei criteri di riferimento per la determinazione dell'equo compenso per l'utilizzo online di pubblicazioni di carattere giornalistico di cui all'art. 43-bis l. 22 aprile 1941, n. 633, approvato dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Garante delle Comunicazioni (l‘AGCOM) con delibera n. 3/23/CONS. La normativa europea consente agli editori che le loro pubblicazioni giornalistiche vengano riprodotte e messe a disposizione online da fornitori di servizi della società dell'informazione, senza prevedere una remunerazione obbligatoria per gli editori. La società ricorrente si è opposta all'equo compenso previsto per gli editori online, norma introdotta nella legge sul diritto d'autore del 22 aprile 1941, n. 633 all'art. 43-bis, ai fini del recepimento dell'art. 15 della Direttiva (UE) 2019/790 c.d. “Direttiva Copyright”. L'importo di remunerazione compensativa è determinato sulla base di alcuni criteri che, come si legge nella sentenza del TAR, «includono la definizione di una base di calcolo che si basa sui ricavi pubblicitari degli ISSP derivanti dall'utilizzo online delle pubblicazioni giornalistiche dell'editore, al netto dei ricavi dell'editore derivanti dal traffico di reindirizzamento sul suo sito web». All'editore viene quindi fissata una aliquota fino al 70% da applicare alla base di calcolo ai fini della determinazione dell'importo dell'equo compenso e, qualora le trattative tra editori e piattaforme online fallissero, all'AGCOM sono attribuiti dei poteri regolatori di fissazione di tale remunerazione. Nello specifico, con il ricorso, la società statunitense ha adito il TAR richiedendo l'annullamento della delibera n. 3/23/CONS dell'AGCOM, a motivo della ritenuta violazione del c.d. divieto di gold plating «preordinato ad impedire l'introduzione, in via legislativa, di oneri amministrativi e tecnici, ulteriori rispetto a quelli previsti dalla normativa comunitaria, che riducano la concorrenza in danno delle imprese e dei cittadini». Il TAR Lazio, rimettendosi alla valutazione della CGUE, sottolinea come la delibera dell'AGCOM sull'equo compenso si trovi in una posizione di squilibrio rispetto alla Direttiva “Copyright” che, a parere della big tech, contrasterebbe con la normativa europea in materia e con la Costituzione, violando principi fondamentali come la libertà d'impresa e l'uguaglianza a motivo:
Inoltre, il citato art. 43-bis e la delibera dell'AGCOM non sarebbero applicabili nei confronti della società ricorrente, per «omessa notifica alla Commissione Ue della delibera Agcom ai sensi della Direttiva servizi tecnici, pur avendo introdotto una “regola tecnica” soggetta a notifica preventiva». In attesa di risposta dalla CGUE, il Tribunale amministrativo del Lazio ha dunque chiesto alla Corte se l'art. 15 della citata Direttiva Copyright osti all'introduzione di disposizioni nazionali che prevedano obblighi di remunerazione e negoziazione con gli editori e che attribuiscano all'AGCOM anche poteri di natura decisoria, rischiando di minare principi come la libertà d'impresa e proporzionalità. |