Reddito di cittadinanza: quali sono le false od omesse informazioni penalmente rilevanti?

15 Dicembre 2023

Le false indicazioni ovvero le omissioni contenute nell'autodichiarazione finalizzata all'ottenimento del reddito di cittadinanza non integrano, sempre e comunque, il delitto di cui all'art. 7 d.l. n. 4/2019, conv. in l. 26/2019, ma rilevano solo in quanto abbiano consentito all'istante di ottenere un beneficio al quale non aveva diritto, o di ottenerlo in misura più cospicua rispetto a quella spettante.

Questione controversa

La questione controversa riguarda il delitto di cui all'art. 7 d.l. n. 4/2019, conv. in l. 26/2019, a mente del quale «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il benefici di cui all'articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, è punito con la reclusione da due a sei anni»: ci si chiede, in particolare, se sia sufficiente ad integrare il delitto la semplice non corrispondenza al vero di quanto il richiedente attesta nell'istanza di concessione del beneficio, o se, invece, rilevino solo le false od omesse dichiarazioni strumentali all'ottenimento di un beneficio non dovuto.

Possibili soluzioni
Prima soluzione Seconda soluzione

Un primo orientamento ritiene il delitto configurabile in conseguenza della semplice presentazione di una autodichiarazione recante dati falsi o silente su informazioni dovute, poiché l'incriminazione sarebbe posta a presidio non solo del patrimonio pubblico, ma anche del dovere di lealtà verso le istituzioni gravante sul soggetto che vi si rivolge per ottenere un beneficio economico.

Si tratterebbe, dunque, di un reato di pura condotta e di pericolo, che prevede una tutela anticipata per il solo fatto che sia stata resa una dichiarazione parziale o mendace, punito a titolo di dolo generico, integrato dalla consapevolezza dell'agente di rappresentare in maniera infedele la propria situazione economica.

Il reato sarebbe, pertanto, configurabile indipendentemente dalla circostanza che il richiedente possedesse o meno i requisiti per ottenere il beneficio (1).

Secondo l'opposto orientamento, il reato in esame sarebbe configurabile solo nel caso in cui, grazie alle informazioni false o reticenti contenute nell'autodichiarazione, il richiedente sia riuscito ad ottenere un sussidio non dovuto nell'an o nel quantum.

Sarebbe la stessa formulazione letterale della norma incriminatrice a pretendere che la condotta sia stata tenuta «al fine di ottenere indebitamente il beneficio»: attraverso quell'avverbio il legislatore avrebbe fatto implicito riferimento alla necessità che l'agente sia stato animato dal dolo specifico, integrato dalla volontà (non semplicemente non iure, ma necessariamente anche contra ius) di conseguire il beneficio pur in assenza dei presupposti per il suo riconoscimento.

Ragionando diversamente, ammoniscono le pronunce che hanno seguito questo orientamento, si finirebbe per punire condotte prive di concreta offensività, del tutto inidonee ad arrecare effettivo nocumento all'ente erogatore (2).

(1Cass. pen., sez. III, 24 settembre 2021, n. 5309, dep. 2022; Cass. pen., sez. III, 25 novembre 2021, n. 1351, dep. 2022; Cass. pen., sez. III, 21 aprile 2021, n. 33808; Cass. pen., sez. III, 9 settembre 2021, n. 33431; Cass. pen., sez. II, 5 novembre 2020, n. 2402, dep. 2021; Cass. pen., sez. III, 15 settembre 2020, n. 30302; Cass. pen., sez. III, 25 ottobre 2019, n. 5290, dep. 2020; Cass. pen., sez. III, 25 ottobre 2019, n. 5289, dep. 2020.

    

(2Cass. pen., sez. II, 8 giugno 2022, n. 29910; Cass. pen., sez. III, 15 settembre 2021, n. 44366.

Rimessione alle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. III, 11 ottobre 2022, n. 2588
  • I giudici rimettenti erano chiamati a scrutinare il ricorso per cassazione dell'imputato condannato per aver omesso di indicare, nell'autodichiarazione allegata all'istanza di erogazione del reddito di cittadinanza, di essere comproprietario, unitamente alla propria moglie, di alcuni terreni.
  • I giudici di merito avevano ritenuto fondata l'ipotesi accusatoria sulla base di quella sola omissione, reputando irrilevante che, quand'anche il dato fosse stato correttamente indicato, l'imputato avrebbe avuto comunque accesso all'invocato beneficio.
  • Con il ricorso per cassazione l'imputato deduceva, tra l'altro, l'insussistenza del dolo specifico preteso dalla norma incriminatrice, avendo egli tenuto la condotta incriminata per mera distrazione, e non certo al fine di ottenere indebitamente un beneficio che, al contrario, gli spettava, e gli spettava proprio nella misura erogata.
  • La Terza Sezione, accertata l'esistenza del contrasto ormai radicatosi nella recente giurisprudenza di legittimità, ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, formulando il seguente quesito: «Se le omesse o false indicazioni di informazioni contenute nell'autodichiarazione finalizzata all'ottenimento del reddito di cittadinanza integrino il delitto di cui all'art. 7 del d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito in l. 28 marzo 2019, n. 26, indipendentemente dall'effettiva sussistenza o meno delle condizioni patrimoniali stabilite per l'ammissione al beneficio».

Informazione provvisoria

Le Sezioni Unite, all'esito della camera di consiglio del 13 luglio 2023, hanno enunciato il seguente principio di diritto: «Le omesse o false indicazioni di informazioni contenute nell'autodichiarazione finalizzata a conseguire il reddito di cittadinanza integrano il delitto di cui all'art. 7 del d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito in legge 28 marzo 2019, n. 26, solo se funzionali ad ottenere un beneficio non spettante ovvero spettante in misura superiore a quella di legge».

Le motivazioni delle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. un., 13 luglio 2023, n. 49686
  • Le Sezioni Unite hanno qualificato quello in esame come «un reato di pericolo concreto a consumazione anticipata», posto a tutela del patrimonio dell'ente erogatore del reddito di cittadinanza, e punibile a titolo di dolo specifico, poiché, ove così non fosse, non avrebbe alcun senso l'avverbio «indebitamente» inserito nella norma incriminatrice: avverbio che «qualifica il dolo specifico diversificandolo rispetto alla mera consapevolezza della falsità delle informazioni date (o omesse) per ottenere il beneficio».
  • Hanno, altresì, rilevato che questa soluzione si lascia preferire anche da un punto di vista sistematico: ed invero, per un verso, il secondo comma della norma incriminatrice in parola sanziona l'omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, nonché delle altre informazioni dovute ai fini della revoca o della riduzione del beneficio, ma solo a condizione che i dati non comunicati siano rilevanti; per altro verso, il sesto comma dell'art. 7 in oggetto prevede che, in caso di decadenza dal beneficio a cagione di un'accertata incompletezza delle informazioni inserite nell'autodichiarazione, l'ente possa recuperare non l'intero ammontare delle somme fino a quel momento corrisposte, ma solo quanto versato in eccesso. Queste disposizioni confermano che il bene giuridico tutelato dalla norma è il patrimonio dell'ente, e non il generico dovere di lealtà nei suoi confronti.
  • Dunque, «il dolo specifico svolge una funzione selettiva tra condotte penalmente rilevanti e quelle che tali non sono, estromettendo dalla fattispecie quelle insuscettibili di mettere in pericolo il bene protetto. Se l'agente ha comunque diritto al beneficio, la non corrispondenza al vero delle informazioni a tal fine rese non qualifica il falso come “inutile”, ma rende puramente e semplicemente atipica la condotta, dovendosi escludere la natura indebita del beneficio stesso; viene meno, cioè, un elemento del fatto tipico».

        

Per approfondire si veda Reddito di cittadinanza: omesse o false indicazioni di informazioni contenute nell'autodichiarazione finalizzata ad ottenere il beneficio.

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