Appello cautelare: legittima l’allegazione di elementi “nuovi”

16 Aprile 2024

Il tribunale del riesame, chiamato a decidere sull'appello cautelare ai sensi dell'art. 310 c.p.p., deve valutare anche gli elementi, non precedentemente sottoposti al vaglio del giudice per le indagini preliminari, che l'appellante alleghi al gravame o produca nel corso dell'udienza camerale.

Questione controversa

La questione controversa riguarda la possibilità, per l'appellante ex art. 310 c.p.p., di sottoporre ai giudici della libertà elementi nuovi ed ulteriori rispetto a quelli sui quali il giudice per le indagini preliminari ha fondato la decisione impugnata.

Possibili soluzioni
Prima soluzione Seconda soluzione

Secondo un primo orientamento, nel procedimento di appello ex art. 310 c.p.p. il tribunale del riesame è vincolato dall'effetto devolutivo dell'impugnazione ed è privo di poteri istruttori, oltre che sottoposto a limiti temporali per l'emissione del provvedimento di controllo: la prospettazione di una situazione di fatto nuova, ritenuta più favorevole all'appellante, dovrebbe, pertanto, essere oggetto di una nuova e ulteriormente documentata richiesta presentata al giudice procedente.

Questo orientamento affonda le sue radici nei principi statuiti dal massimo consesso nomofilattico con la sentenza Donelli (Cass. pen., sez. un., 31 marzo 2004, n. 18339), che differenziò il regime dell'appello cautelare avverso l'ordinanza reiettiva di una richiesta di applicazione di misura da quello applicabile nell'ordinaria evoluzione dell'incidente cautelare (applicazione della misura; rigetto dell'istanza di revoca; appello exart. 310 c.p.p.), riconoscendo soltanto nel primo caso la possibilità di ampliare il devolutum con l'introduzione di elementi nuovi e sopraggiunti (1).

Secondo l'opposto orientamento, invece, l'appello concernente misure coercitive personali, implicando una valutazione globale della prognosi cautelare, attribuirebbe al giudice ad quem tutti i poteri ab origine rientranti nella competenza funzionale del primo giudice, ivi compreso quello di decidere, pur nell'ambito dei motivi prospettati e, quindi, del principio devolutivo, anche su elementi diversi e successivi rispetto a quelli utilizzati dall'ordinanza impugnata, applicandosi anche a tale procedimento l'art. 603, commi 2 e 3, c.p.p. (2).

(1Cass. pen., sez. I, 31 marzo 2022, n. 29640; Cass. pen., sez. II, 12 novembre 2019, n. 6400, dep. 2020; Cass. pen., sez. VI, 29 novembre 2017, n. 57262.

    

(2Cass. pen., sez. I, 19 ottobre 2021, n. 44595; Cass. pen., sez. VI, 23 aprile 2015, n. 23729; Cass. pen., sez. VI, 21 maggio 2012, n. 34970; Cass. pen., sez. VI, 17 aprile 2012, n. 19008.

Rimessione alle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. I, 11 aprile 2023, n. 16525
  • I giudici rimettenti erano chiamati a scrutinare il ricorso per cassazione dell'indagato avverso l'ordinanza del tribunale del riesame che aveva confermato il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari aveva rigettato la richiesta di revoca - o di sostituzione con altra misura meno afflittiva - della misura cautelare della custodia in carcere irrogata per il delitto di associazione mafiosa.
  • Con il ricorso per cassazione l'imputato deduceva, tra l'altro, la violazione di legge, per avere i giudici della libertà affermato di non poter tenere conto, ai fini della decisione, degli elementi di novità introdotti dalla difesa nel corso dell'udienza camerale di discussione (nella specie: i verbali del procedimento di merito), elementi venuti ad esistenza dopo l'emissione del provvedimento di rigetto dell'istanza presentata exart. 299 c.p.p.
  • La Prima Sezione, accertata l'esistenza del contrasto ormai radicatosi nella recente giurisprudenza di legittimità, e ritenuto che il precedente arresto delle Sezioni Unite in argomento non avesse chiarito questo più generale aspetto (la sentenza Donelli enunciò il principio di diritto - circoscritto al caso dell'appello cautelare proposto dal pubblico ministero avverso l'ordinanza reiettiva della richiesta di misura cautelare - secondo cui «Nel procedimento conseguente all'appello proposto dal P.M. contro l'ordinanza reiettiva della richiesta di misura cautelare personale, è legittima la produzione di documentazione relativa ad elementi probatori nuovi, preesistenti o sopravvenuti, sempre che, nell'ambito dei confini segnati dal devolutum, quelli prodotti dal P.M. riguardino lo stesso fatto contestato con l'originaria richiesta cautelare e in ordine ad essi sia assicurato nel procedimento camerale il contraddittorio delle parti, anche mediante la concessione di un congruo termine a difesa, e quelli prodotti dall'indagato, acquisiti anche all'esito di investigazioni difensive, siano idonei a contrastare i motivi di gravame del P.M. ovvero a dimostrare che non sussistono le condizioni e i presupposti di applicabilità della misura cautelare richiesta»), ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, formulando il seguente quesito: «Se, nel giudizio sull'appello ex art. 310 c.p.p. proposto avverso provvedimenti in materia di misure cautelari personali, l'oggetto della cognizione sia delimitato dagli elementi sui quali era fondata la richiesta formulata ai sensi dell'art. 299 c.p.p. e decisa con il provvedimento appellato».

Informazione provvisoria

Le Sezioni Unite, all'esito della camera di consiglio del 30 novembre 2023, hanno enunciato il seguente principio di diritto: «Nel giudizio di appello cautelare (art. 310 c.p.p.), celebrato nelle forme e con l'osservanza dei termini previsti dall'art. 127 c.p.p., possono essere prodotti elementi probatori “nuovi” nel rispetto del principio di devoluzione, contrassegnato dalla contestazione, richiesta originaria e dai motivi contenuti nell'atto d'appello, e del contraddittorio».

Le motivazioni delle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. un., 30 novembre 2023, n. 15403
  • Le Sezioni Unite hanno preliminarmente ricordato che la qualificazione del rimedio impugnatorio in esame quale «appello» induce a ritenere che, per quanto non diversamente regolamentato nell'art. 310 c.p.p., debba farsi riferimento alle regole generali delineate nel Titolo II del Libro IX del codice di rito, così come si era sottolineato nella Relazione al progetto preliminare al codice di procedura penale, e così come si era affermato in una risalente pronuncia del massimo consesso nomofilattico (Cass. pen., Sez. Un., 25 giugno 1997, dep. 1998, n. 8: «l'appello nel processo di merito e l'appello nel procedimento incidentale in materia di libertà personale partecipano ... della stessa natura, poiché integrano lo stesso strumento di verifica del provvedimento del primo giudice»): in primis, i principi e le regole derivanti dall'effetto parzialmente devolutivo dell'impugnazione, con la puntualizzazione che «la cognizione del giudice dell'appello cautelare è perimetrata non solo dai motivi dedotti con l'impugnazione, ma anche dal thema decidendum sottoposto al giudice che ha adottato il provvedimento impugnato, con la conseguenza che non possono con l'appello essere proposti motivi nuovi rispetto a quelli articolati con l'istanza proposta al giudice che procede». Entrambi gli orientamenti in contrasto convergono con quanto si è appena illustrato: essi si distinguono, tuttavia, in merito alle «implicazioni di tale principio sulla determinazione dell'ampiezza del materiale cognitivo in relazione al quale a quel giudice è consentito decidere l'impugnazione».
  • Ad avviso delle Sezioni Unite, la modifica della base conoscitiva del giudice non è di per sé incompatibile con la struttura e la funzione tipiche dell'appello, purché gli elementi di novità che le parti sottopongono ai giudici dell'appello cautelare attengano ai punti della decisione impugnata investiti dai motivi di gravame; né può essere esclusa sol perché l'art. 310 c.p.p. rinvia a molte disposizioni contenute nell'art. 309 c.p.p., ma non anche a quella del nono comma, secondo cui il tribunale del riesame decide «anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza»; essa è, peraltro, coerente con quanto più volte statuito dal giudice delle leggi, ad avviso del quale il sistema cautelare deve garantire il costante adeguamento dello status libertatis alle risultanze del procedimento, e con il principio di ragionevole durata della restrizione della libertà personale stabilito dall'art. 5§3 CEDU, laddove si è chiarito che il giudizio di ragionevolezza deve essere parametrato su tutti i diversi fattori che influiscono sulla situazione cautelare.
  • Dunque, concludono le Sezioni Unite, «Nella logica tracciata dai suddetti principi, appare ... irragionevole ritenere che al giudice dell'appello cautelare sia preclusa la possibilità di acquisire gli elementi probatori eventualmente prodotti dalle parti ad integrazione della piattaforma cognitiva sulla base della quale è stato emesso il provvedimento impugnato. L'esigenza di garantire la sintonia tra l'intervento cautelare e la realtà sottostante ... risulta incompatibile con la preclusione ipotizzata dal primo dei due orientamenti in conflitto, che si traduce nell'illogica imposizione di riattivare in ogni caso la sequenza procedimentale prevista dall'art. 299 c.p.p. al fine di sottoporre a valutazione giudiziale i nova probatori anche quando le parti già ne dispongono al momento della celebrazione dell'appello proposto avverso un provvedimento già adottato».
  • Da tanto consegue che deve considerarsi legittima la produzione - tanto da parte del difensore del soggetto detenuto, quanto da parte del pubblico ministero (non potendo concepirsi un contraddittorio camerale irragionevolmente dimezzato, «nel quale solo l'accusa risulti vincolata all'immutabilità dello stato degli atti preesistenti») - di documentazione relativa ad elementi probatori “nuovi”, purché non esorbitino i confini segnati dal perimetro tracciato dai motivi di impugnazione e dall'oggetto della domanda già proposta al giudice che procede, dovendosi, invece, escludere la possibilità di configurare in capo al giudice dell'appello cautelare autonomi poteri istruttori, essendogli riconosciuto unicamente «il potere di acquisire la documentazione fornita dalle parti relativa agli elementi informativi “precostituiti” che intendono sottoporre alla sua valutazione».
  • Le Sezioni Unite hanno, dunque, risolto la questione controversa statuendo il principio di diritto secondo cui «Nel giudizio di appello cautelare, celebrato nelle forme e con l'osservanza dei termini previsti dall'art. 127 c.p.p., possono essere prodotti elementi probatori “nuovi” nel rispetto del contraddittorio e del principio di devoluzione, contrassegnato dalla contestazione, dalla richiesta originaria e dai motivi contenuti nell'atto d'appello».

     

Per approfondire si veda Riforma Cartabia: è competente il giudice di pace per le lesioni lievi divenute procedibili a querela

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