Il recepimento italiano del regolamento europeo sul riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e confisca

Ferdinando Brizzi
29 Gennaio 2024

Con il d.lgs. 7 dicembre 2023, n. 203, l'Italia ha adeguato la disciplina interna al regolamento (UE) 2018/1805 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca. Tuttavia, il testo di legge presenta alcune aporie su cui pare opportuno soffermarsi.

Il quadro normativo

Il regolamento, direttamente applicabile sin dal 19 dicembre 2020, ha sostituito la disciplina previgente, ed in particolare:

  • la decisione 2007/845/GAI del Consiglio sul reperimento dei beni;
  • la decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato;
  • della direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione europea;
  • la decisione quadro 2003/577/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa all'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio;
  • la decisione quadro 2006/783/GAI del Consiglio, del 6 ottobre 2006, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca, queste ultime due tuttora applicabili nei confronti degli Stati membri non vincolati dal regolamento (Danimarca e Irlanda), cui avevano fatto seguito i d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 35 e d.lgs. 7 agosto 2015, n. 137.

Il d.lgs. 7 dicembre 2023, n. 203 di recepimento in Italia, fra le altre:

  • detta le regole concernenti il riconoscimento, l'esecuzione e la trasmissione dei provvedimenti di sequestro (articolo 2) e di confisca (articolo 3), nel cui ambito vengono designate le autorità nazionali competenti;
  • reca modifiche al codice di procedura penale in materia di assenza (articolo 4);
  • prevede alcune modifiche ai decreti legislativi n. 137 del 2015 e n. 35 del 2016 di implementazione rispettivamente della Decisione quadro 2006/783/GAI in materia di confisca e della Decisione quadro 2003/577/GAI, relativa all'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio, finalizzate ad uniformare alle nuove disposizioni quelle già contenute nei suddetti decreti (articoli 5 e 6).

Congelamento e confisca

Nel contesto del Regolamento per provvedimento di congelamento si intende, ai sensi dell'art. 2 n. 1, «una decisione emessa o convalidata da un'autorità di emissione al fine di impedire la distruzione, la trasformazione, la rimozione, il trasferimento o l'alienazione di beni in vista della loro confisca».

Sebbene il termine “congelamento” (freezing o seizure), presente in diversi strumenti eurounitari ed internazionali, non sia utilizzato nel linguaggio giuridico italiano e sia sconosciuto nel nostro ordinamento, e sebbene il termine freezing si attagli anche al sequestro probatorio, non v'è dubbio, dalla formulazione della norma, che in questa sede debba essere inteso quale provvedimento ablatorio provvisorio da assumere in vista dell'eventuale successiva confisca, come tale sussumibile nella nozione di sequestro finalizzato alla confisca.

Per provvedimento di confisca si intende, invece, ai sensi dell'art. 2 n. 2, «una sanzione o misura definitiva imposta da un organo giurisdizionale a seguito di un procedimento connesso a un reato, che provoca la privazione definitiva di un bene di una persona fisica o giuridica».

Il provvedimento di confisca, quale definito dal Regolamento, si configura dunque quale misura irrevocabile che realizza l'ablazione definitiva di un bene.

Procedura e Autorità competenti

Il Decreto definisce la procedura e le autorità competenti per il riconoscimento e l'esecuzione in ambito nazionale dei provvedimenti di sequestro e confisca emessi da un'altra autorità europea.

In particolare, nei rapporti con gli Stati membri vincolati dal Regolamento (UE) 2018/1805 il riconoscimento e l'esecuzione dei provvedimenti di sequestro e di confisca sono subordinati alla condizione che i fatti che hanno dato luogo all'adozione dei provvedimenti di sequestro o confisca siano previsti come reato dalla legge italiana.

Ferma la possibilità di trasmissione diretta dei certificati tra autorità di emissione e autorità di esecuzione, il Ministero della giustizia è “autorità centrale” ai sensi dell'articolo 24, paragrafo 2, del Regolamento.

Per i provvedimenti di sequestroautorità di esecuzione, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, numero 9), del regolamento, è il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale del capoluogo del distretto del luogo dove si trova il bene e, quando si tratta di un credito, del luogo dove si trova il debitore.

Se tali luoghi non sono noti, sarà competente il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale del capoluogo del distretto dove la persona nei cui confronti è stato emesso il provvedimento di sequestro risiede o, nel caso di persona giuridica, dove ha la sede sociale.

Le disposizioni del Decreto (ad eccezione dell'art. 4) non si applicano nei procedimenti in cui, alla data di entrata in vigore dello stesso, le autorità nazionali di emissione e di esecuzione abbiano già trasmesso o, rispettivamente, ricevuto le decisioni e i certificati di sequestro o di confisca.

Le disposizioni di cui all'articolo 4, invece, non si applicano nei procedimenti in cui, alla data di entrata in vigore del presente decreto, gli avvisi di fissazione di udienza preliminare e i decreti che dispongono il giudizio o che citano l'imputato a giudizio siano stati già emessi.

Novità in materia di avvisi

L'art. 4 del d.lgs. 203/2023 – nonostante la rubrica Modifiche alle disposizioni del codice di procedura penale in materia di assenza faccia pensare a modifiche inerenti la nuova disciplina del cd. procedimento in assenza – viene in realtà a modificare talune disposizioni del codice di procedura penale di carattere più generale. Ciò vale in particolare, per il novellato art. 419 c.p.p.: il giudice  deve far notificare all'imputato e alla persona offesa, della quale risulti agli atti l'identità e il domicilio, l'avviso del giorno, dell'ora e del luogo dell'udienza, con la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero e con l'avvertimento all'imputato che, qualora non compaia, si applicheranno le disposizioni di cui agli artt. 420-bis, 420-ter, 420-quater, 420-quinquies e 420-sexies c.p.p. L'avviso, a seguito del d.lgs. 7 dicembre 2023, n. 203, contiene anche l'avvertimento che potranno essere disposte, ove ne ricorrano le condizioni, le sanzioni e le misure, anche di confisca, previste dalla legge in relazione al reato per cui si procede. Tale diposizione non si applica nei procedimenti in cui, alla data di entrata in vigore del decreto, gli avvisi di fissazione di udienza preliminare e i decreti che dispongono il giudizio o che citano l'imputato a giudizio sono stati già emessi.

Ed ancora, nel decreto che dispone il giudizio ex art. 429 c.p.p., è modificata la lettera f), che prevede l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora dell'udienza per la prosecuzione del processo davanti al giudice del dibattimento. Tale ultima lettera, a seguito del d.lgs. 7 dicembre 2023, n. 203, è integrata dall'indicazione che potranno essere disposte, ove ne ricorrano le condizioni, le sanzioni e le misure, anche di confisca, previste dalla legge in relazione al reato per cui si procede. Tale diposizione non si applica nei procedimenti in cui, alla data di entrata in vigore del decreto, gli avvisi di fissazione di udienza preliminare e i decreti che dispongono il giudizio o che citano l'imputato a giudizio sono stati già emessi.

Infine, l'art. 552 c.p.p., nel descrivere il contenuto del decreto di citazione a giudizio, ricalca sostanzialmente quanto previsto dall'art. 429 c.p.p. in materia di decreto che dispone il giudizio, salvo alcune peculiarità. La lettera d), a seguito del d.lgs. 7 dicembre 2023, n. 203, è integrata dall'indicazione che potranno essere disposte, ove ne ricorrano le condizioni, le sanzioni e le misure, anche di confisca, previste dalla legge in relazione al reato per cui si procede. Tale diposizione non si applica nei procedimenti in cui, alla data di entrata in vigore del decreto, gli avvisi di fissazione di udienza preliminare e i decreti che dispongono il giudizio o che citano l'imputato a giudizio sono stati già emessi.

Quindi, piuttosto che di novità in materia di assenza si tratta di novità in materia di avvisi

Le tipologie di confische ricomprese

Vanno identificate quali tipologie di confisca debbano essere ricomprese all'interno della disciplina in esame.

In dottrina (Della Ragione, D.lgs. 203/2023: l'Italia si adegua alla normativa europea in tema di congelamento e confisca, QG) si evidenzia come vi dovrebbe rientrare la confisca diretta di cui all'art. 240 c.p., a cui devono essere aggiunte, aderendo al più recente indirizzo giurisprudenziale (C. cost., 25 marzo 2015, n. 49, che analizza la questione con riferimento alla confisca urbanistica di cui all'art. 44 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, T.U. edilizia; Cass. pen., Sez. un., 26 giugno 2015, n. 31617), le confische disposte in caso di prescrizione del reato dopo la condanna di primo grado. Invero, quest'ultima inclusione è stata avallata anche dalla giurisprudenza della Corte Edu che, a più riprese, si è pronunciata sulla questione. La medesima inclusione vale anche per la confisca c.d. “allargata” ex art. 240-bis c.p., rappresentando questa l'ipotesi di confisca di cui all'art. 5 della direttiva 2014/42/GAI. Tale inclusione potrebbe essere sostenuta, ma si deve tenere conto dei rilievi proposti dalla Corte costituzionale, in merito allo standard probatorio: infatti, la confisca di cui all'art. 240-bis c.p. si fonda su un “diverso e più ristretto ambito” (Corte cost. 21 febbraio 2018, n. 33). Il meccanismo presuntivo, che sta alla base della confisca ex art. 240-bis c.p., risulta in linea con gli standards previsti dalla direttiva 42/2014/UE, che, all'art. 5, nel prevedere in capo agli Stati poteri estesi di confisca, qualifica espressamente la circostanza della sproporzione come uno degli “elementi di prova” di cui il giudice può disporre per convincersi che i beni derivino da condotte criminose, contrariamente a quanto avviene nella disciplina interna, in cui il requisito della sproporzione fonda l'intero convincimento in ordine alla derivazione delittuosa del bene oggetto di confisca. Tuttavia, quest'ultima precisazione della Consulta si ritiene debba sostanziarsi in “una differenza, per così dire, ‘quantitativa' dello standard, senza affatto negare la qualità processuale del concetto di sproporzione, che rimane appunto “elemento di prova” e che, proprio in quanto unico elemento, va sottoposto a un rigoroso accertamento in concreto circa la sua pregnanza nel caso di specie”.

L'ipotesi di confisca, disciplinata dall'art. 240-bis c.p., dovrebbe rientrare nell'ambito di applicazione del Regolamento anche nel momento in cui venga prevista in un procedimento di esecuzione: questo profilo è confermato dalla previsione di cui all'art. 676 c.p.p.

Quest'aspetto è stato oggetto di contrasti giurisprudenziali, incentrati sull'assenza del rispetto del diritto di difesa, conflitti poi risolti dalla giurisprudenza di legittimità: secondo le Sezioni unite, infatti, non vi è una violazione del diritto alla difesa, costituzionalmente garantito dall'art. 24, comma 2, Cost., «perché tale diritto non è da intendersi in senso assoluto, ma va modulato secondo l'oggetto» (Cass. pen., Sez. Un., 17 luglio 2001, n. 29022). E questa possibilità, ad oggi, è anche confermata a seguito dell'introduzione del comma 1 dell'art. 183-quater d.lgs. n. 271/1989 ad opera del d.lgs. n. 21/2018, trattandosi, in ogni caso, di un “procedimento in materia penale”, nell'accezione conforme al significato specificato al considerandum n. 13 del regolamento.

Contro la tesi della inclusione della confisca allargata  nell'ambito di applicazione del regolamento (UE) 2018/1805 del Parlamento europeo era stato però opposto che che nell'Explanatory Memorandum della proposta di regolamento si evidenzia che la Corte Edu ha ripetutamente considerato conforme all'art. 6 Cedu e al diritto di proprietà ex art. 1 del PA Cedu, forme di confisca senza condanna fondate su presunzioni, purché siano confutabili e “if effective procedural safeguards are respected”, in linea con la direttiva 2016/343 sulla presunzione d'innocenza (che nel considerando n. 22 ammette l'uso di presunzioni)-, per contro la stessa direttiva 2016/242 pretende il rispetto del diritto al silenzio, quale aspetto importante della presunzione d'innocenza (considerando n. 24). E, allora, non si può fondare la prova dell'origine illecita del patrimonio sul silenzio dell'imputato o prevenuto o attribuire ad esso dignità probatoria, come invece avviene normalmente nell'applicazione di forme di confisca allargata, compresa la confisca ex art. 240-bis c.p. o misura di prevenzione in relazione alle quali la giurisprudenza pretende la spiegazione esauriente di come si sia economicamente formato il patrimonio (Maugeri, Il regolamento (UE) 2018/1805 per il reciproco riconoscimento dei provvedimenti di congelamento e di confisca, Diritto Penale Contemporaneo 1/2019).

Tali ultime considerazioni esposte dalla dottrina acquistano ora particolare pregnanza alla luce del più recente insegnamento giurisprudenziale che annette al “diritto al silenzio” sempre maggiore dignità: «In tema di riparazione per ingiusta detenzione, a seguito della modifica dell'art. 314, comma 1, c.p.p. ad opera dell'art. 4, comma 1, lett. b), d.lgs. 8 novembre 2021, n. 188, il silenzio serbato dall'indagato in sede di interrogatorio, nell'esercizio della facoltà difensiva prevista dall'art. 64, comma 3, lett. b) c.p.p., non costituendo ipotesi di colpa lieve, non osta al riconoscimento dell'indennizzo né assume rilevanza ai fini della sua determinazione» (Cass. pen., Sez. IV, 4 dicembre 2023, n. 48080).

La confisca di prevenzione

La Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato aveva diffuso già in data 12 gennaio 2021 una circolare diretta ai Questori, relativa al regolamento (UE) 2018/1805 in cui poteva leggersi che «l'espressione “procedimento m materia penale”, utilizzato dal legislatore europeo, è idonea a ricomprendere anche i provvedimenti di sequestro e confisca emessi nell'ambito dei procedimenti di prevenzione disciplinati dal Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (d.lgs. n. 159/2011), presupponendo essi una valutazione di pericolosità sociale, fondata sulla sussistenza di indizi della commissione di reati, e un accertamento della provenienza illecita dei beni».

Tale “granitica certezza si però scontra con le critiche più incisive all'inclusione (Maugeri) provenienti sulla scorta dell'orientamento della Corte di Strasburgo, in ordine alla natura giuridica dell'armamentario preventivo. Invero, la locuzione contenuta nel considerando (13) del Regolamento - Il presente regolamento dovrebbe applicarsi a tutti i provvedimenti di congelamento e tutti i provvedimenti di confisca emessi nel quadro di un procedimento in materia penale. «Procedimento in materia penale» è un concetto autonomo del diritto dell'Unione interpretato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, ferma restando la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. Tale termine contempla pertanto tutti i tipi di provvedimenti di congelamento e provvedimenti di confisca emessi in seguito a procedimenti connessi ad un reato e non solo i provvedimenti che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2014/42/UE. Esso contempla inoltre altri tipi di provvedimenti emessi in assenza di una condanna definitiva. Benché tali provvedimenti possano non esistere nell'ordinamento giuridico di uno Stato membro, lo Stato membro interessato dovrebbe essere in grado di riconoscere ed eseguire tali provvedimenti emessi da un altro Stato membro. Il procedimento in materia penale può comprendere anche indagini penali svolte dalla polizia e da altri servizi di contrasto. I provvedimenti di congelamento e i provvedimenti di confisca emessi nel quadro di procedimenti in materia civile o amministrativa dovrebbero essere esclusi dall'ambito di applicazione del presente regolamento -  permetterebbe, nel determinare l'ambito di applicazione dello strumento regolamentare, l'ingresso della nozione di “materia penale”, elaborata dalla Corte stessa, materia da cui non possono che escludersi gli strumenti di prevenzione personale e patrimoniale, stante l'affermazione, proprio sulla base dei criteri dalla Corte di Strasburgo elaborati, della loro natura non penale.

A complicare lo scenario (Della ragione cit), inserendosi nella scia tratteggiata dalla sentenza della C. Edu, Grande Camera, 23/2/2017, D.T. c. Italia, è intervenuta la sentenza della Corte cost., 27 febbraio 2019, n. 24 che, chiamata ad esprimersi sulla compatibilità costituzionale della nozione di pericolosità sociale riconosciuta in capo ai destinatari delle misure personali e patrimoniali di prevenzione, affronta anche l'annosa questione in ordine alla natura giuridica della confisca prevista dall'art. 24 del d.lgs. n. 159/2011 e riconosce a quest'ultima una funzione meramente ripristinatoria, negando dunque la sua natura sanzionatoria-punitiva ed escludendo, di conseguenza, l'applicazione dello “statuto costituzionale e convenzionale delle pene”. Da questa pronuncia, le tesi che escludevano l'inclusione, all'interno dell'ambito di applicazione del Regolamento 2018/1805, delle ipotesi di confisca di prevenzione, ne escono indubbiamente rafforzate, in quanto la concorde opinione, tra la Consulta e la Corte Edu, in ordine alla natura non penale della confisca in esame, determinerebbe «l'espunzione della misura dal novero dei provvedimenti rientranti nell'obbligo di mutuo riconoscimento operante nel quadro della cooperazione giudiziaria in materia penale».

Richiamando i consideranda n. 16, 17 e 18, il Regolamento richiede che il provvedimento di confisca, emesso dallo Stato che ne auspica il riconoscimento, rispetti le “garanzie della materia penale”: l'opinione congiunta delle Corti in ordine alla natura meramente ripristinatoria della confisca di prevenzione determina – coerentemente con quanto sostenuto – il riconoscimento di un novero di garanzie non necessariamente allineate a quelle previste dalla Costituzione e dal diritto convenzionale per il processo penale.

Su queste basi, la ricomprensione della confisca di prevenzione disciplinata dal d.lgs. n. 159/2011 all'interno dell'ambito di applicazione del Regolamento 1805/2018 cui è dato adeguamento parrebbe molto incerta: invero, si è dinanzi ad una misura non solo considerata avente natura “non penale”, ma anche non corredata delle “garanzie della materia penale”, richieste diffusamente dallo stesso testo regolamentare.

Tali conclusioni dovranno a breve essere riesaminate alla luce del provvedimento della Corte EDU adottato nella vicenda Cavallotti (Corte EDU, Sez. I, 28/8/2023, Applicazione n. 29614/16), da cui emerge una nuova sensibilità, nel contesto delle misure di prevenzione, verso i principi liberal-garantisti del modello di diritto penale ad orientamento costituzionale: in particolare, viene in rilievo il necessario rispetto della presunzione d'innocenza, ovvero la surrettizia qualifica della confisca di prevenzione quale sanzione non penale, come tale violativa, in sostanza, dell'art. 7 della Convenzione europea, nonché dei principi di proporzione e necessità in caso di sentenza di assoluzione in sede penale.

In conclusione

È sufficiente soffermarsi su alcune delle questioni poste dalla Corte EDU al Governo italiano per rendersi conto di come la circolare Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato 12 gennaio 2021 sia stata quanto meno affrettata nelle sue perentorie conclusioni: 

  • Tenuto conto che il primo gruppo di ricorrenti è stato assolto dall'accusa di partecipazione ad un'organizzazione criminale di tipo mafioso, le decisioni dei tribunali nazionali riflettevano l'opinione che essi fossero colpevoli, nonostante l'assenza di un formale accertamento di colpevolezza? In tal caso, vi è stata violazione della presunzione di innocenza, garantita dall'articolo 6 § 2 della Convenzione (si veda A. c. Regno Unito [GC], n. 25424/09, CEDH 2013, e mutatis mutandis G. c. (Paesi Bassi, n. 30810/03, § 47, 1° marzo 2007)?
  • Tenuto conto della qualificazione del provvedimento impugnato secondo il diritto e la giurisprudenza interna (si confronti, inter alia, Corte di cassazione, sentenze 3 luglio 1996, n. 18, 8 gennaio 2006, n. 57, 4880 del 2 febbraio 2015; contra, sentenza n. 14044 del 25 marzo 2013; v. anche, inter alia, Corte costituzionale, sentenze 9 febbraio 2012, n. 21, e 24 febbraio 2019, n. 24), la sua natura e il suo scopo, le procedure coinvolte nella sua realizzazione ed attuazione e la sua gravità, hanno comportato la confisca dei beni dei ricorrenti ai sensi dell'articolo 24 decreto n. 159/2011 costituisce una "sanzione" penale ai sensi dell'articolo 7 § 1 della Convenzione (cfr. A. contro A. Italia (dicembre), n. 52024/99 , § 2, CEDU 2001-VII, C. e C. c. Italia , n. 24920/07 , § 37 del 17 maggio 2011, G. e altri c. Georgia , no. 36862/05 , § 121, 12 maggio 2015, e, mutatis mutandis , B. c. 36862/05, § 121, 12 maggio 2015; San Marino , nn. 20319/17 e 21414/17, § 58 e segg., 8 ottobre 2019, e G.SRL e altri c. Italia [GC], nn. 1828/06 e altri 2, §§ 214 e segg., 28 giugno 2018)? In tal caso, se vi sia stata violazione dell'articolo 7 della Convenzione a causa del provvedimento di confisca nonostante l'assoluzione del primo gruppo di ricorrenti dall'accusa di partecipazione ad un'organizzazione criminale di tipo mafioso (v. G.SRL e altri, cit. sopra, § 251)?

Su queste basi, anche alla luce della nuova opzione della Corte EDU, sarebbe possibile superare la nozione di “pena del sospetto” e osservare che le misure di prevenzione in generale, e conseguentemente anche la confisca di prevenzione, meriterebbero di essere considerate sanzioni penali proprio alla stregua dei noti Engelcriteria (Della Ragione cit.).

E tali conclusioni meritano vieppiù condivisione sol ove si pensi alla viciniore materia delle interdittive antimafia dove anche l'assoluzione, o ancor prima l'archiviazione, può condurre al cd. “ergastolo imprenditoriale” (Sandulli, Il contraddittorio nel procedimento della nuova interdittiva antimafia, giustiziainsieme.it) sulla base della regola di matrice pretoria del “più probabile che non”, in pieno contrasto con l'ulteriore regola che pare doversi desumere dal provvedimento della Corte EDU adottato nella vicenda Cavallotti (Corte EDU, Sez. I, 28/8/2023): «L'interferenza addotta con il godimento pacifico delle proprietà dei richiedenti era basata su una legge sufficientemente prevedibile, come richiesto dall'Articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione?»

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