Accesso civico generalizzato: limitabile solo in presenza di cause ostative legalmente contemplate

26 Gennaio 2024

La pronuncia chiarisce che nell'ambito della disciplina sull'accesso civico generalizzato l'interesse conoscitivo del richiedente costituisce un diritto fondamentale che non necessita di una posizione legittimante né di idonea motivazione.

L'interesse conoscitivo del richiedente è elevato al rango di un diritto fondamentale, non altrimenti limitabile se non in ragione di contrastanti esigenze di riservatezza espressamente individuate dalla legge. Pertanto, l'Amministrazione può negare la divulgazione dei documenti richiesti solo ove tale misura limitativa risulti necessaria per evitare un pregiudizio concreto alla tutela degli interessi pubblici e privati enucleati dall'art. 5-bis d.lgs. n. 33/2013. L'amministrazione vieta, inoltre, l'accesso civico generalizzato nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, l. n. 241/1990.

All'inverso, le norme sull'accesso esoprocedimentale esigono la titolarità di una situazione giuridica legittimante, ma sanciscono la prevalenza dell'interesse conoscitivo difensivo nel conflitto con le contrastanti esigenze di riservatezza.

Massima

L'accesso civico generalizzato si traduce nel diritto della persona a ricercare informazioni nonché a conoscere i dati e le decisioni delle amministrazioni, al fine di rendere possibile quel controllo democratico che l'istituto intendere perseguire. Non occorre verificare la legittimazione dell'accedente né è necessario che la richiesta di accesso sia supportata da idonea motivazione, dal momento che chiunque può visionare ed estrarre copia cartacea o informatica di atti ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria.

L'accesso civico generalizzato, pur consentendo l'ostensione dei documenti richiesti a prescindere dalla dimostrazione di un interesse diretto, concreto e attuale, incontra un limite non superabile nelle cause ostative enucleate dall'articolo 5-bis, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33. Viceversa, le norme sull'accesso esoprocedimentale esigono la titolarità di una situazione giuridica legittimante, ma sanciscono la prevalenza dell'interesse conoscitivo difensivo nel conflitto con le contrastanti esigenze di riservatezza.

Il caso 

Accesso civico generalizzato e diritto d'accesso

Il Supremo Consesso di giustizia amministrativa conferma la legittimità del diniego espresso su un'istanza di accesso civico generalizzato all'Accordo di collaborazione stipulato tra l'Agenzia Industrie Difesa e la Direzione Centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle Frontiere del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno.

A fondamento del rigetto, infatti, rileva la circostanza che il documento oggetto di accesso non costituisce un atto ostensibile poiché «rientra nella categoria dei documenti sottratti all'accesso per motivi attinenti alla sicurezza, alla Difesa e alle Relazioni Internazionali come recita l'art. 5-bis, comma 1, lett. a), c), d) del citato d.lgs. 33/2013».

Il diniego risulta, altresì, sostenuto dal decreto del Ministero dell'Interno del 16 marzo 2022, che, nell'elencare le categorie di documenti sottratti all'accesso per i motivi di sicurezza, difesa e relazioni internazionali, annovera all'art. 2, comma 1, lett. d) «i documenti relativi agli accordi intergovernativi di cooperazione e le intese tecniche stipulati per la realizzazione di programmi militari di sviluppo, di approvvigionamento e/o supporto comune o di programmi per la collaborazione internazionale di polizia, nonché quelli relativi ad intese tecnico-operative per la cooperazione internazionale di polizia inclusa la gestione delle frontiere e dell'immigrazione».

La questione

Elementi distintivi rispetto all'accesso documentale e cause ostative legalmente contemplate   

Dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento, il Consiglio di Stato sostiene che l'accesso civico generalizzato si traduce nel diritto della persona a ricercare informazioni nonché a conoscere i dati e le decisioni delle amministrazioni, al fine di rendere possibile quel controllo democratico che l'istituto intendere perseguire.

Posto che chiunque può visionare ed estrarre copia cartacea o informatica di atti ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria, non occorre verificare la legittimazione dell'accedente né è necessario che la richiesta di accesso sia supportata da idonea motivazione.

Prosegue il Collegio: «per effetto dell'adesione dell'ordinamento al modello di conoscibilità generalizzata delle informazioni amministrative proprio dei cosiddetti sistemi FOIA (Freedom of information act), l'interesse conoscitivo del richiedente è elevato al rango di un diritto fondamentale (cosiddetto “right to know”), non altrimenti limitabile se non in ragione di contrastanti esigenze di riservatezza espressamente individuate dalla legge».

Ne deriva che l'Amministrazione può negare la divulgazione dei documenti richiesti ove tale misura limitativa risulti necessaria per evitare un pregiudizio concreto alla tutela degli interessi pubblici e privati legalmente contemplati. L'accesso civico generalizzato incontra dunque un limite non superabile nelle cause ostative enucleate dall'articolo 5-bis, d.lgs. n. 33/2013.

L'Amministrazione vieta, inoltre, l'accesso civico generalizzato, nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'art. 24, comma 1, l. n. 241/1990.

Le soluzioni giuridiche

L'atto di diniego di accesso civico generalizzato plurimotivato

In via preliminare, si osserva che il provvedimento oggetto di gravame rientra nella categoria degli atti plurimotivati, declinata dalla consolidata giurisprudenza amministrativa nei seguenti termini: «In presenza di provvedimenti motivati con distinte ragioni, ciascuna delle quali di per sé astrattamente sufficiente a sorreggere la volizione amministrativa, la parte che agisce per l'annullamento ha l'onere di aggredire tutti i pilastri motivazionali che reggono l'avversata decisione, pena l'inammissibilità dell'azione, strutturalmente inidonea, quand'anche in toto accolta, a determinare l'annullamento dell'atto, che, al contrario, resterebbe in piedi in virtù delle ragioni non fatte oggetto di censura.

Specularmente, pur ove il ricorrente abbia aggredito tutti i pilastri motivazionali, ove uno dei motivi indicati dall'Amministrazione a fondamento del provvedimento superi il vaglio giurisdizionale (regga, cioè, alle doglianze formulate dall'interessato), il giudice può arrestarsi, posto che, quand'anche gli altri motivi enucleati dall'Amministrazione venissero ritenuti illegittimi, comunque l'atto non sarebbe caducato, stante la piena idoneità del primo motivo a sorreggerne da solo il deliberato. (cfr. Adunanza plenaria, 27 aprile 2015, n. 5 in particolare al § 9.3.4.3)». (Cons. Stato, sez. IV, 16 novembre 2023, nr. 9849; in senso conforme: TAR Lazio, sez. II, 28 dicembre 2023, n. 19902Cons. Stato, sez. III, 16 giugno 2023, n. 5964).

Ciò premesso, la pronuncia in commento ricostruisce brevemente il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento.

L' art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33/2013 stabilisce: «2. Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis».

L'art. 5-bisappena citato prescrive, a sua volta, che: «1. L'accesso civico di cui all'articolo 5, comma 2, è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a:

a) la sicurezza pubblica e l'ordine pubblico;

b) la sicurezza nazionale;

c) la difesa e le questioni militari;

d) le relazioni internazionali;

e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato;

f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento;

g) il regolare svolgimento di attività ispettive.

[omissis]

3. Il diritto di cui all'articolo 5, comma 2, è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990.

4. Restano fermi gli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente. Se i limiti di cui ai commi 1 e 2 riguardano soltanto alcuni dati o alcune parti del documento richiesto, deve essere consentito l'accesso agli altri dati o alle altre parti».

L'art. 24, comma 1, lett. a), l. 241/1990, prevede, sul punto, che: «1. Il diritto di accesso è escluso: a) per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo».

Il citato comma 3, d.lgs. n. 33/2013, contrariamente ai commi precedenti, nell'estendere all'accesso civico generalizzato i limiti relativi all'accesso (documentale) di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990, non esige alcuna motivazione in relazione all'accertamento della mancanza di un pregiudizio concreto alla tutela dell'interesse protetto dalla norma che vieta l'accesso. Trattasi, pertanto, di un rinvio, incondizionato, a fonti di regolazione che fanno riferimento ad atti che restano in ogni caso esclusi dal diritto di accesso.

 Tra le predette fonti di regolazione figurano, ai sensi del citato art. 24, comma, 1, gli atti delle pubbliche amministrazioni, adottati, ai sensi del successivo comma 2, in riferimento agli interessi elencati nel comma 1.

A ciò si aggiunga che nella fattispecie di che trattasi, la fonte di un divieto assoluto all'accesso civico generalizzato è costituita dal decreto del Ministero dell'Interno 16 marzo 2022, che, in attuazione dell'art. 24, comma 1, della legge n. 241/1990, nell'elencare le categorie di documenti sottratti all'accesso per motivi di sicurezza, difesa e relazioni internazionali, annovera, all'art. 2, comma 1, lett. d): «i documenti relativi agli accordi intergovernativi di cooperazione e le intese tecniche stipulati per la realizzazione di programmi militari di sviluppo, di approvvigionamento e/o supporto comune o di programmi per la collaborazione internazionale di polizia, nonché quelli relativi ad intese tecnico-operative per la cooperazione internazionale di polizia inclusa la gestione delle frontiere e dell'immigrazione».

Alla luce delle predette coordinate normative, ai fini dell'attivazione dei limiti di cui 24, comma 1, (tra i quali compare la previsione di ulteriori limiti all'accesso mediante atto della pubblica amministrazione), non occorre una motivazione dell'amministrazione che bilanci in concreto le ragioni sottese alla richiesta di accesso civico generalizzato con quelle cui è informato il contro-interesse tutelato dalla legge o in base alla legge.

Osservazioni

La natura fondamentale dell'accesso civico generalizzato

L'accesso civico generalizzato costituisce un diritto fondamentale che contribuisce al miglior soddisfacimento degli altri diritti fondamentali che l'ordinamento giuridico riconosce alla persona.

La natura fondamentale del diritto di accesso generalizzato rinviene, infatti, fondamento, oltre che nella Carta costituzionale (artt. 1, 2, 97 e 117) e nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (art. 42) anche nell'art. 10 della CEDU, in quanto la libertà di espressione include la libertà di ricevere informazioni e le eventuali limitazioni, per tutelare altri interessi pubblici e privati in conflitto, sono solo quelle previste dal legislatore, risultando la disciplina delle eccezioni coperta da riserva di legge.

L'accesso civico generalizzato si traduce nel diritto della persona a ricercare informazioni, quale diritto che consente la partecipazione al dibattito pubblico e di conoscere i dati e le decisioni delle amministrazioni al fine di rendere possibile quel controllo “democratico” che l'istituto intendere perseguire.

La conoscenza dei documenti, dei dati e delle informazioni amministrative consente, infatti, la partecipazione alla vita di una comunità, la vicinanza tra governanti e governati, il consapevole processo di responsabilizzazione (accountability) della classe politica e dirigente del Paese.

Ai fini dell'accesso civico generalizzato, inoltre, non occorre verificare, così come per l'accesso documentale, la legittimazione dell'accedente, né l'idonea giustificazione dell'interesse giuridico sotteso all'istanza e collegata al documento richiesto in ostensione, dal momento che l'accesso civico “generalizzato” consente a “chiunque” di visionare ed estrarre copia cartacea o informatica di atti “ulteriori” rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria (art. 5, comma 2, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33).

Per effetto dell'adesione dell'ordinamento al modello di conoscibilità generalizzata delle informazioni amministrative proprio dei cosiddetti sistemi FOIA (Freedom of information act), l'interesse conoscitivo del richiedente è elevato al rango di un diritto fondamentale (cosiddetto “right to know”), non altrimenti limitabile se non in ragione di contrastanti esigenze di riservatezza espressamente individuate dalla legge.

Ciò premesso, la disciplina delle preclusioni all'esercizio del diritto di accesso civico “generalizzato” si ricava dall'articolo 5-bis, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, le cui disposizioni contemplano un duplice ordine di cause ostative all'accoglimento dell'istanza di ostensione.

Alla stregua di tale disposizione, l'amministrazione può negare la divulgazione dei documenti richiesti ove tale misura limitativa risulti necessaria per evitare un pregiudizio concreto alla tutela degli interessi pubblici e privati rispettivamente enumerati dai commi 1 e 2 del citato articolo 5-bis.

L'accesso civico “generalizzato” è, invece, escluso in termini assoluti «nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990» (comma 3).

A tal riguardo, occorre evidenziare che la disciplina delle nuove forme di trasparenza amministrativa differisce significativamente rispetto all'ordinario regime di ostensione documentale previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241. Ed invero, l'accesso civico “semplice” e “generalizzato”, pur consentendo l'ostensione dei documenti richiesti a prescindere dalla dimostrazione di un interesse diretto, concreto e attuale, incontra un limite non superabile nelle cause ostative enucleate dall'art. 5-bis, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33.

Viceversa, le norme sull'accesso esoprocedimentale esigono la titolarità di una situazione giuridica legittimante, ma sanciscono la prevalenza dell'interesse conoscitivo “difensivo” nel conflitto con le contrastanti esigenze di riservatezza.

Ne deriva che all'ampliamento (rispetto all'accesso documentale) della platea dei soggetti che possono avvalersi dell'accesso civico generalizzato corrisponde un maggior rigore normativo nella previsione delle eccezioni poste a tutela dei contro-interessi pubblici e privati (rispetto a quanto si prevede con riferimento all'accesso documentale).

La lettera della disposizione di cui al comma 3 del citato d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, e l'evidenziata ratio sottesa all'istituto dell'accesso civico generalizzato non attribuiscono all'amministrazione, in sede di esame della richiesta di accesso, alcun potere valutativo suscettibile di estrinsecarsi nella fissazione di un limite modale.

Ne discende che alle pubbliche amministrazioni è demandato non un potere discrezionale illimitato nella individuazione delle categorie di documenti inaccessibili, ma un potere che può essere esercitato in relazione ai “soli” casi di esclusione previsti dall'art 24, comma 1, l. n. 241/1990. Trattasi, pertanto, di una discrezionalità limitata, e quindi coerente con il principio di legalità (nella sua duplice dimensione legalità-indirizzo e legalità -garanzia).

Peraltro, le stesse linee guida dell'ANAC evidenziano la natura di eccezioni assolute da riferire alle situazioni di cui al citato comma 3 dell'art. 5-bis, le quali non richiedono l'esplicitazione di ulteriori motivazioni nel caso di negato accesso, atteso che «possono verificarsi circostanze in cui potrebbe essere pregiudizievole dell'interesse coinvolto imporre all'amministrazione anche solo di confermare o negare di essere in possesso di alcuni dati o informazioni (si consideri ad esempio il caso di informazioni su indagini in corso). In tali ipotesi, di stretta interpretazione, se si dovesse pretendere una puntuale specificazione delle ragioni del diniego, l'amministrazione potrebbe disvelare, in tutto o in parte, proprio informazioni e dati che la normativa ha escluso o limitato dall'accesso, per tutelarne la riservatezza (pubblica o privata)» (Linee Guida ANAC).

Ciò, oltre a confermare la fondatezza della motivazione del diniego all'ostensione - laddove esclude l'accesso in quanto afferente a documenti categoricamente sottratti all'esibizione, in base a disposizioni normative specifiche ex art. 24, comma 1, lett. a), l. n. 241/1990 - rende adeguata, nel suo complesso, la motivazione addotta in quanto da essa è agevolmente ricavabile il pregiudizio concreto che potrebbe derivare all'interesse pubblico alla riservatezza del documento, laddove alle Amministrazioni coinvolte fosse imposto, soltanto per motivare il diniego, di rendere espliciti i contenuti di un documento riservato.

Guida all'approfondimento

In dottrina si segnala:

M. MANCINI, La tutela del cittadino di fonte alla p.a., Milano, Giuffrè, 2013.

D. GIANNINI, L'accesso ai documenti, Milano, Giuffrè, 2013.

M. I. QUARANTINO, M. CHIRILLI, Il diritto di accesso. Questioni processuali, Milano, Giuffrè, 2008.

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