È valida la procura speciale alle liti analogica allegata alla PEC di notifica del ricorso nativo digitale o depositata con questi
29 Gennaio 2024
Massima In caso di ricorso per cassazione nativo digitale, notificato e depositato telematicamente, è valida la procura speciale alle liti, allegata alla PEC di notifica o alla busta telematica contenente l'atto notificato, anche se trattasi di copia digitalizzata della procura alle liti cartacea, con sottoscrizione autografa della parte e autenticata con firma digitale dal difensore, integrandosi l'art. 83, comma 3, c.p.c. anche senza espressioni indicanti la controversia o l'impugnazione, purché non vi siano enunciati che escludano l'intenzione di proporre ricorso per cassazione. Il caso La Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria emessa dalla Terza Sezione, rilevava che la procura speciale alle liti era una copia digitalizzata di una cartacea, conferita con sottoscrizione autografa della parte, con contenuto generico, presente nella PEC di notifica ed altresì depositata nella busta telematica contenente il ricorso. La Terza sezione rimetteva gli atti al Primo Presidente, il quale disponeva la decisone del ricorso da parte delle Sezioni Unite per questione di particolare importanza. La questione La procura alle liti speciale, che sia copia digitalizzata di una cartacea firmata dalla parte, se allegata ad un ricorso per cassazione nativo digitale, realizza l'apposizione in calce ex art. 83, comma 3, c.p.c.? Le soluzioni giuridiche Le Sezioni Unite smentiscono l'esegesi restrittiva proposta dalla Terza Sezione remittente circa l'art. 83, comma terzo, c.p.c., secondo la quale la “congiunzione” tra copia digitale di procura speciale analogica e ricorso dovrebbe escludersi, considerato come manchi il “documento informatico separato sottoscritto con firma digitale”, l'ultimo periodo del terzo comma concerna solo la trasmissione e non la specialità della procura, e non vi siano specificazioni della procura circa il giudizio interessato, non potendo nemmeno in senso opposto deporre solamente la sottordinata disciplina dell'art. 18, comma 5, del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44. Al contrario, secondo le Sezioni Unite, la fattispecie de qua ricade nell'ambito applicativo dell'art. 83, comma 3, c.p.c., come desumibile da Cass. civ., sez. un., sent., 9 dicembre 2022 n. 36057. Il precedente del 2022, infatti, già ipotizzava l'estensibilità di tale disposizione alla procura cartacea solo successivamente digitalizzata, deponendo in tal senso la centralità del diritto di difesa, il rilievo sociale della professione forense, il principio di lealtà tra magistrati ed avvocati, ma anche la stessa disposizione codicistica citata, che, nell'ultimo e nel penultimo periodo del terzo comma, individua ipotesi alternative di conferimento della procura. In continuità con detta soluzione, le Sezioni Unite in esame ritengono che la norma disciplini tutte le ipotesi di rilascio della procura in calce, analogica o digitale che essa sia, pena sovvertire la “trama complessiva” della disposizione. Non vi è nessun conflitto tra l'art. 83 c.p.c. ed il d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, cui anzi la norma primaria rinvia. Resta efficace e pertinente tale disciplina di fonte ministeriale, sia laddove, all'art. 18, comma 5, sancisce che la procura – anche cartacea e poi digitalizzata - possa ritenersi in calce all'atto notificato qualora nella medesima PEC, sia laddove, agli artt. 13 e 14, rinviando alle “specifiche tecniche” di cui all'art. 34, si ammette l'inserimento dell'atto e degli allegati nella stessa “busta telematica” (art. 14 delle specifiche tecniche), che rappresenta lo “strumento informatico” per la congiunzione “virtuale” tra procura e atto. Tale estensione dell'apposizione in calce esclude che nella procura siano necessarie indicazioni testuali del procedimento specifico, presumendosi la riferibilità allo stesso, salvo che risulti, in modo evidente, la non pertinenza della procura al giudizio di specie. Detta soluzione osserva anche il principio di conservazione (artt. 1367 c.c. e 159 c.p.c.): nel dubbio, la procura va interpretata attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all'atto di produrre i suoi effetti. La soluzione delle Sezioni Unite in esame è conforme alla giurisprudenza di merito. Secondo Trib. Milano, ord. del 23 febbraio 2008, seguita da Trib. Bergamo, sez. III, ord. del 14 marzo 2023, la congiunzione de qua è altresì affermata dall'ancor più esplicito art. 10 del d.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123. Tale disposizione è, peraltro, ritenuta ancora in vigore: seppur l'art. 37 del d.m. 21 febbraio 2011, n. 44 ne abbia sancito la cessazione dell'efficacia, detto art. 37 è disapplicabile in quanto confligge sia con l'art. 4 del D.l. 29 dicembre 2009, n. 193 (come convertito), che impone l'ultrattività del citato regolamento governativo ex art. 17, comma 3, della L. 23 agosto 1988, n. 400 sino all'adozione di un altro della stessa specie, sia con quest'ultima disposizione, la quale stabilisce che i regolamenti ministeriali ed interministeriali non possano essere in contrasto con quelli emanati dal Governo (in tema, P. Lupi, I riferimenti normativi del processo civile telematico, in https://www.giustizia.lazio.it/appello.it/moduli/referenti%20informatici/masi/1%20raccolta%20normativa%20PCT%20-%20a%20cura%20di%20Pietro%20Lupi.pdf ). Osservazioni La sentenza delle Sezioni Unite in commento è condivisibile. Tuttavia, per giungere a tali conclusioni, è preferibile un altro percorso esegetico, maggiormente aderente all'art. 12 delle preleggi, che, lungi dall'assurgere a “vecchio arnese” (in merito Romboli R., Il ruolo del giudice in rapporto all'evoluzione del sistema delle fonti ed alla disciplina dell'ordinamento giudiziario, 2006, 23), costituisce il cardine - non scalfito dalla Costituzione - dell'interpretazione, nonché della differenza tra quest'ultima e il mero arbitrio. In particolare, considerando come tale norma imponga il primato dell'esegesi letterale (così, ex multis, Cass. civ., sez. un., sent., 25 luglio 2022 n. 23051) e, pertanto, escluda l'ammissibilità di una intepretatio abrogans, la soluzione giurisprudenziale in esame era suscettibile di essere tratta anche solo dal testo dell'art. 83, comma 3, ultimo comma, ultimo periodo, c.p.c.. Quest'ultimo in nessun modo potrebbe riferirsi solo alla “modalità della trasmissione” della copia informatica autenticata con firma digitale e non anche al “requisito della specialità della procura”, come pur supposto dalla Sezione remittente: infatti, il periodo in esame concerne “il difensore che si costituisce” – evidentemente – tramite la procura in esame. Opinare diversamente da quest'ultima proposizione imporrebbe di ritenere che l'articolo de quo postuli una già intervenuta costituzione mediante altra modalità; tale ipotesi, tuttavia, confligge con l'esigenza, sancita dalla norma, di trasmettere una “copia informatica autenticata con firma digitale”, e giunge così a limitare – irragionevolmente e senza dato testuale – sia il portato del mancato disconoscimento ex art. 2719 c.c., sia l'efficacia dell'autenticazione e/o della procura confezionata dal pubblico ufficiale in sede di costituzione, pretendendo una aggiuntiva autenticazione della copia con firma digitale solo per la “trasmissione”. La soluzione delle Sezioni unite è anche conforme alle intenzioni del legislatore. Infatti, circa il poi divenuto art. 45, comma 9, della l. 18 giugno 2009, n. 69, modificativo dell'art. 83, comma 3, c.p.c., i lavori preparatori esplicitano come “la terza integrazione al terzo comma dell'art. 83” attenga all'ipotesi in cui “la procura speciale sia stata conferita su “carta”” (così la scheda di lettura n. 33/3 del 23 marzo 2009, A.C. 1441-bis-B, della Camera dei deputati, in http://documenti.camera.it/leg16/dossier/testi/NV1441B0.htm ). Si conferma così l'esattezza del decisum delle Sezioni Unite e si smentisce la Sezione remittente secondo la quale la “specialità della procura” è estranea da tale norma. Tali argomenti risultano più pertinenti dei principi e dei richiami costituzionali, valorizzati sì da Cass. civ., sez. un., sent., 9 dicembre 2022 n. 36057, ma inidonei a determinare un esito “a rime obbligate” per l'esercizio della discrezionalità del legislatore sulla materia de qua. Vi sono, infine, altri effetti inespressi ma consequenziali alla pronuncia in esame, in particolare laddove quest'ultima sancisce un legame, sussumibile anche all'art. 83 c.p.c., tra atto ed allegata procura alle liti, se nella stessa busta telematica ed a prescindere da richiami testuali da parte della procura. In particolare, è possibile esplorare una ipotesi inedita nella giurisprudenza, ovverosia se l'istanza di visibilità del fascicolo telematico, che i difensori di convenuti o terzi chiamati depositino telematicamente, con allegata procura alle liti, ben prima della costituzione di tali parti, possa costituire prova del raggiungimento dello scopo della notifica nei confronti delle stesse, al più tardi quando sia stata concessa la visibilità: infatti, essendo chiara la riferibilità della procura alle liti all'istanza cui è allegata, ed indicando quest'ultima il fascicolo telematico, quanto può dirsi davvero ignaro del giudizio il convenuto o il terzo chiamato presentante tale istanza e pur non ancora costituitosi? Affermare il raggiungimento dello scopo delle notifiche estenderebbe a queste ultime la soluzione di Trib. Rieti, ord. del 20 ottobre 2016 per la conoscenza legale dei provvedimenti, essendosi ivi ritenuto che gli stessi, anche senza la dovuta comunicazione, siano noti alla parte una volta concessa la visibilità richiesta. |