PPT: Inammissibile il deposito presso un indirizzo PEC non abilitato

La Redazione
06 Febbraio 2024

La causa di inammissibilità prevista dall’ art. 87-bis d.lgs. n. 150 del 2022 non ammette interpretazioni tali da alterare la lettera della norma, pur con il fine di valorizzare la capacità dell’atto di raggiungere lo scopo a cui era preposto. Come evidenziato dalla S.C., legittimare la possibilità di scrutinare, caso per caso, l'"effettività" dell'inoltro del ricorso presso indirizzi di posta non abilitati implicherebbe, l'affidamento della legittimità della progressione processuale ad imprevedibili (in quanto non imposti dal legislatore) controlli della cancelleria su caselle di posta non abilitate al ricevimento delle impugnazioni. In tal modo, si contravverrebbe alla ratio di semplificazione delle comunicazioni e di accelerazione dell'iter processuale che informa la revisione delle regole del processo penale effettuata dal d.lgs. n. 150 del 2022.

La Corte d'appello di Reggio Calabria riteneva il ricorso inammissibile perché presentato mediante PEC a un indirizzo non compreso tra quelli che il Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati aveva certificato.

Veniva proposto ricorso per cassazione avverso tale provvedimento che, però, la Corte di Cassazione dichiarava inammissibile.

Nella disamina effettuata dai Giudici di legittimità viene affermato che il «portale del processo telematico» è ancora in via di sperimentazione. Sin tanto che il portale non è pienamente funzionante, trova applicazione l'art. 87-bis della c.d. Riforma Cartabia e a tenore di tale disposizione, il deposito telematico mediante PEC è consentito presso gli uffici giudiziari destinatari individuati «in apposito provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati, pubblicato nel portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia».

Nella disposizione transitoria sono previste anche delle specifiche ipotesi di inammissibilità:

  • «quando l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel registro generale degli indirizzi elettronici di cui al comma 1;
  • quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, […] all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro provvedimenti resi in materia di misure cautelari, personali o reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, […] all'ufficio competente a decidere il riesame o l'appello».

Secondo il Collegio, quindi, l'art. 87-bis d. lgs. n. 150 del 2022 individua una specifica ipotesi di inammissibilità del deposito telematico non derogabile. A riprova di ciò i Giudici prendono le mosse dall'art. 12 delle preleggi secondo cui «non si può ad essa [legge] attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore». Sebbene derogare alla previsione del deposito telematico a indirizzi elettronici non abilitati si insinuerebbe nel c.d. favor impugnationis, cioè del diritto fondamentale dell'imputato a impugnare, le Sezioni Unite hanno affermato che «non può, tuttavia, tradursi nell'attribuzione al diritto vivente di una potestà integrativa della voluntas legis, né quindi consentire l'individuazione di diverse forme di presentazione del ricorso rispetto a quelle volute dal legislatore» (cfr. Sez. Unite, 24 settembre 2020, n. 1626). Sebbene le c.d. Sezioni Unite Bottari abbiano ammesso l'ammissibilità del ricorso presentato a un ufficio diverso da quello designato dalla legge, richiamata dal ricorrente, non può trovare applicazione al caso di specie poiché si riferisce al deposito in luoghi “fisici” e non al deposito telematico.

Quanto al percorso del deposito telematico, questo risulta disciplinato in maniera puntuale dal legislatore e poiché il legislatore ha previsto come sanzione l'inammissibilità del ricorso presentato non in ossequio alle regole imposte quanto alla presentazione delle impugnazioni, non è possibile ammettere alcuna interpretazione adeguatrice o estensiva che valorizzi il perseguimento del fine dell'impugnazione perché anziché rendere più celere l'operato della giustizia e, quindi, inserirsi nel quadro dell'agevolazione e semplificazione operato dal processo telematico, allungano e complicano ulteriormente i tempi del procedimento. In tal modo «si contravviene alla ratio di semplificazione delle comunicazioni e di accelerazione dell'iter processuale che informa la revisione delle regole del processo penale effettuata dal d.lgs. n. 150 del 2022».

(Fonte: dirittoegiustizia.it)

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.