Istanza di rinvio per legittimo impedimento: non basta l’invio via PEC da parte del difensore

08 Febbraio 2024

Oggetto della questione è se l'istanza di rinvio per legittimo impedimento inviata tramite PEC dal difensore dell'imputato e, benchè tempestiva, ricevuta in cancelleria dopo la celebrazione dell'udienza possa essere causa di nullità della sentenza.

Massima

Pur essendo ammissibile l’inoltro dell’istanza di rinvio per legittimo impedimento a mezzo PEC, da parte del difensore di fiducia dell’imputato, è onere dell’istante accertarsi del regolare arrivo dell’atto così trasmesso alla cancelleria.

Il caso

Il Giudice di Pace di Ragusa condannava per lesioni personali dolose l'imputata alla pena di € 600,00 di multa.

Avverso la sentenza veniva interposto ricorso per cassazione dal difensore di fiducia dell'imputato, denunciando, tra l'altro, l'erronea applicazione dell'art. 179 c.p.p. per violazione del diritto di difesa, in quanto il giudice ometteva di pronunciarsi sull'istanza di rinvio per legittimo impedimento; istanza successivamente rinvenuta, a distanza di giorni, in cancelleria.

La questione

L’istanza di rinvio per legittimo impedimento inviata via PEC dal difensore dell’imputato, tempestivamente prima dell’udienza ma rinvenuta in cancelleria dopo la sua celebrazione, rende nulla la sentenza?

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte ritiene non fondato il ricorso, ponendo a carico dell'istante l'onere di verificare se la richiesta di rinvio sia regolarmente giunta nei terminali della cancelleria del giudice, scaricata e inserita nel fascicolo processuale.

I giudici di legittimità premettono che, in ogni caso, all'udienza per la quale era stata avanzata istanza di rinvio, l'avvocato titolare è stato sostituito per delega orale, da un collega il quale nulla ha in merito eccepito, anzi formulando le proprie conclusioni in sede di discussione. Pertanto, il comportamento del difensore presente ha sanato l'eventuale nullità (già in questi termini, Cass. pen., sez. II, n. 40230/2005).

Peraltro – continuano i giudici di legittimità – essendo stata l'istanza di rinvio inoltrata via PEC, si richiama l'orientamento secondo il quale alle parti private non è consentita l'utilizzazione della PEC per effettuare comunicazioni o notificazioni, né per depositare istanze. Riportandosi all'art. 16, comma 4, d.l. n. 179/2012, conv. in l. n. 221/2012, si afferma che «la genesi e la complessiva disciplina della PEC depongono, in modo univoco, nel senso di far ritenere che il legislatore abbia voluto limitare, nel processo penale, l'uso dello strumento di comunicazione in parole alle sole cancellerie».

Si rammenta, tuttavia, un'apertura da parte di altra posizione di legittimità che, sulla scia di quanto affermato per l'inoltro dell'istanza di rinvio via fax, ritengono che essa non sia irricevibile né inammissibile. Occorre però che l'istante si faccia carico dell'onere di accertarsi del regolare arrivo dell'atto così trasmesso nella cancelleria, e della sua tempestiva sottoposizione all'attenzione del giudice procedente (il quale è tenuto, in tale evenienza, a valutarlo), ove intenda eccepire, in sede di impugnazione, la omessa valutazione dell'istanza.

Pur aderendo a tale ultimo orientamento, ritengono la censura «infondata dal momento che, l'istante, pur avendo documentato di avere inoltrato tempestivamente un'istanza di rinvio via PEC, e pur ammettendo che la comunicazione elettronica fosse giunta a destinazione nella casella del registro generale dell'ufficio del Giudice di Pace di Ragusa, nondimeno non ha assolto all'onere di verificare che questa fosse effettivamente pervenuta nella cancelleria del giudice procedente e tempestivamente portata alla sua attenzione».

Osservazioni

La decisione in commento conferma che è sicuramente a carico dell'istante la prova dell'avvenuto recapito dell'atto inviato via PEC. Da ultimo, si è all'uopo specificato che tale prova si sostanza nella produzione in giudizio dell'originale informatico del messaggio, sottoscritto digitalmente dal gestore di posta elettronica certificata che attesta l'avvenuto recapito nella casella del destinatario (Cass. pen., sez. VI, n. 39460/2023). La «stampa informe» di tale messaggio PEC non è, quindi, sufficiente a dimostrare il recapito del messaggio, quando esso non risulti allegato e annotato al fascicolo processuale (Cass. pen., sez. I, n. 25366/2021).

Con specifico riguardo all'istanza di rinvio per legittimo impedimento, presentata a mezzo PEC dal difensore, per la parte istante che intenda dolersi dell'omesso esame della stessa, incombe l'onere di accertarsi che l'istanza sia entrata nella sfera di disponibilità del destinatario (e a suo carico, pertanto, il rischio di intempestività dell'istanza); onere che può dirsi certamente adempiuto con la verifica che sia pervenuta alla cancelleria. Non altro può pretendersi al soggetto istante, che non può essere onerato di controllare i passaggi interni all'ufficio del giudice, in forza dei quali l'istanza sia posta alla sua diretta cognizione dalla cancelleria" (Cass. pen., sez. I, n. 15868/2021)

La Suprema Corte ha avuto modo di precisare in cosa consista la verifica, della quale è onerata la parte istante, che la richiesta inviata a mezzo PEC "sia pervenuta alla cancelleria".

Proprio per l'atipicità del mezzo, non equiparabile al rituale deposito in cancelleria, va escluso che detta verifica si esaurisca con la mera constatazione della ricezione della istanza nella casella di posta elettronica della cancelleria, dovendo la parte accertare che la PEC sia giunta a effettiva conoscenza del personale di cancelleria, dandone poi adeguata dimostrazione (ad esempio, documentando uno scambio di e-mail che attesti detta conoscenza: Cass. pen., sez. II, n. 35542/2021).

Tali approdi – troppo rigorosi nell'onere probatorio a carico dell'istante – possono ritenersi superati in quanto dall'irrompere dell'emergenza pandemica, è stata dettata una specifica disciplina normativa (quella del d.l. n. 137/2020 e successive modifiche) ove sono previste specifiche modalità e forme di utilizzo della PEC (indicazione di alcuni limitati atti, di tecniche relative ai formati degli stessi e alla sottoscrizione digitale, di particolari indirizzi di posta elettronica certificata in uscita e in entrata). E' a queste ultime a cui quali si dovrà fare riferimento per verificare se la PEC sia giunta in cancelleria.

Ferme restando le condizioni in presenza delle quali l'istanza di rinvio dell'udienza possa dirsi correttamente presentata. Ricorda, da ultimo, Cass. pen., sez. I, n. 41031/2023, richiamando le Sezioni Unite Torchio (n. 4909/2015), «l'impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai sensi dell'art. 420-ter, comma 5, c.p.p., a condizione che il difensore: a) prospetti l'impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni; b) indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l'espletamento della sua funzione nel diverso processo; c) rappresenti l'assenza in detto procedimento di altro co-difensore che possa validamente difendere l'imputato; d) rappresenti l'impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell'art. 102 c.p.p. sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio».

Si ricorda, infine, che l'istanza di rinvio per legittimo impedimento non è compresa nell'elenco dei 103 atti inseriti dal d.m. del Ministro Giustizia del 4 luglio 2023 per i quali è stato previsto il deposito esclusivamente tramite il portale dei servizi telematici (poi trasformato, col successivo d.m. 18 luglio 2023 in doppio binario, col ripristino temporaneo anche del deposito cartaceo). Pertanto, per la richiesta di differimento per impedimento del difensore è, allo stato, sicuramente ammessa la possibilità di invio via PEC (oltre che, ovviamente, cartacea).

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