Il punto d’autore: la volontaria giurisdizione delegata ai notai ad un anno dalla riforma Cartabia

08 Febbraio 2024

A distanza di un anno dall’entrata in vigore della Riforma Cartabia, possiamo cominciare a trarre le prime conclusioni in tema di volontaria giurisdizione e attribuzione al notaio del potere di emettere le autorizzazioni nei casi in cui in un atto pubblico o in una scrittura privata autenticata intervenga un soggetto debole (minore, inabilitato, interdetto o un soggetto beneficiario dell’amministrazione di sostegno) ovvero l’oggetto siano beni ereditari.

La riforma si inserisce in un percorso di degiurisdizionalizzazione del diritto di famiglia, che negli ultimi anni ha valorizzato, da un lato, la autonomia patrimoniale e le capacità decisionali dei coniugi e, dall'altro, ha responsabilizzato non solo i componenti della famiglia, ma anche pubblici ufficiali, come sindaci, pubblici ministeri e notai.

L'art. 21 di detta riforma ha attribuito al notariato una nuova funzione di grande delicatezza nella protezione sia dei minori sia degli adulti incapaci o comunque privi di autonomia, conferendo la facoltà di rilasciare le autorizzazioni necessarie alla stipula dei negozi in cui sono richiesti di prestare il loro ministero.

Infatti, il legislatore ha assegnato al notaio il potere di emettere autorizzazioni non general ma limitato agli atti pubblici che riceve o alle scritture private che autentica. Quella del notaio, pertanto, è un'attribuzione di poteri funzionalmente circoscritta agli atti che poi stipulerà. L'economia di processo sta nell'assegnare al soggetto (notaio), che di fatto andrà ad esercitare una istruttoria tecnica (sull'immobile), il potere di esercitare anche un'istruttoria soggettiva e di matrice sociale sulla necessità od utilità evidente dell'atto per il soggetto debole, attività di indagine sino allo scorso anno demandata esclusivamente al giudice.

La delega legislativa, perciò, specifica e non generale, ha la finalità di permettere un'unica istruttoria, gravando il notaio della responsabilità sostanziale di accertare l'interesse del soggetto debole all'atto, con il beneficio collaterale non indifferente di ridurre il carico giurisdizionale, provando a ripetere la storia di successo della degiurisdizionalizzazione dell'omologa degli atti societari. Il legislatore, però, proprio perché ha attribuito una competenza speciale ai notai, non ha eliminato il sistema precedente, mantenendo in capo all'autorità giudiziaria il potere autorizzativo, secondo le regole processuali di competenza territoriale.

Pertanto, oggi, chi è interessato a compiere un atto di straordinaria amministrazione, che importa la stipula di un atto notarile, ha una scelta: può rivolgersi al giudice per ottenere l'autorizzazione, come sempre ha fatto sino ad oggi, oppure può rivolgersi al notaio, individuato per competenza speciale, ovvero, al notaio incaricato di ricevere l'atto autorizzando.

Il nesso di funzionalità tra l'autorizzazione richiesta e l'atto rende di immediata evidenza come la scelta del notaio costituisca un punto di attenzione: infatti, il notaio è scelto liberamente dalla parte che poi lo andrà a pagare, ma il legislatore ha ritenuto che il conferimento dell'incarico oneroso non possa in alcun modo minare la capacità di valutazione del notaio. Tale figura, infatti, potrà essere chiamata a concedere l'autorizzazione sia dalla parte acquirente che dalla parte venditrice, mantenendo la neutralità necessaria non solo per lo svolgimento della istruttoria tecnica, ma anche per quella soggettiva sociale.

In questo modo, il legislatore rompe parzialmente il nesso di territorialità, permettendo la scelta del notaio su tutto il territorio italiano, ripristinandola solo nell'attribuzione del potere di reclamo, di revoca e di modifica, che incardina territorialmente nel tribunale che sarebbe competente per il rilascio dell'autorizzazione. A tali fini, infatti, il notaio emittente l'autorizzazione deve comunicare alla cancelleria del tribunale competente l'autorizzazione rilasciata e deve effettuare anche la medesima comunicazione al pubblico ministero.

Il cittadino, così, ha il beneficio di potersi scegliere il notaio logisticamente comodo e lasciare allo stesso le incombenze collegate alla parte giurisdizionale dell'autorizzazione.

L'art. 21, che disciplina l'intera delega di funzione, stabilisce anche tutte le regole di forma e di procedura. In particolare, in relazione alla domanda, i requisisti formali non esistono. Lo snellimento delle forme comporta che la richiesta verbale sia ben possibile ed essa verrà effettivamente messa per iscritto a seconda che si proceda o meno alla stipula dell'atto richiesto ovvero a seconda che il notaio ritenga di concedere o meno l'autorizzazione.

Il legislatore, però, ha lasciato alla parte la possibilità di continuare ad avvalersi, nella predisposizione della richiesta, del ministero di un procuratore legale, la cui richiesta scritta comporta che debba contenere il conferimento del potere di rappresentanza. In tale modo, il legislatore ha mantenuto integro il diritto preesistente della parte debole e di chi è preposto alla cura dei suoi interessi, concedendo sempre la possibilità di rivolgersi liberamente al giudice o mediante un avvocato, e ha aggiunto inoltre la possibilità di rivolgersi, sempre liberamente o mediante un avvocato, anche al notaio prescelto. In tale ultimo caso, però, la conseguenza della valutazione negativa della richiesta di autorizzazione sarà necessariamente scritta e comunicata formalmente.

Sotto tale profilo, perciò il legislatore ha migliorato notevolmente la posizione dell'istante, che può scegliere il notaio anche solo per comodità, per prossimità o per pregressa conoscenza, senza doversi preoccupare di rivolgersi al tribunale competente per territorio per il soggetto debole ovvero per l'apertura della successione dei beni della cui eredità si tratta. Inoltre, si presume che il notaio possa garantire una maggior celerità nella emissione della autorizzazione, salvo poi l'attesa dei venti giorni per il reclamo della stessa (il notaio, infatti, non è stato abilitato ad emettere autorizzazioni dotate di provvisoria esecutività immediata).

Sotto il profilo del risultato finito, il legislatore ha affidato al notaio un compito delicato, la cui portata va analizzata con attenzione. Ben vero è, infatti, che il notaio con destrezza opererà una istruttoria completa sul bene immobile, come anche sui documenti e sulla provenienza dei denari, prendendo contezza delle problematiche della famiglia, del soggetto debole e degli interessi coinvolti. Ma ugualmente vero è che il notaio, per quanto attento professionista, non è solito a valutare l'operazione considerando l'interesse specifico di una parte, quanto piuttosto a valutare la operazione nel suo complesso, ponendosi come professionista super partes per eccellenza.

La nuova funzione di soggetto autorizzante richiede una istruttoria soggettiva e sociale estremamente delicata. La valutazione delle ragioni concrete, come anche l'utilità evidente o la necessità per il soggetto debole, sono un necessario sostegno dello schema negoziale, che di per sé potrebbe avere ugualmente un equilibrio economico giuridico.

L'indagine deve avere ad oggetto la sussistenza della necessità, da intendersi quale parametro di conservazione del patrimonio, ovvero dell'utilità evidente, nozione dinamica, attitudine a incrementare il patrimonio in misura considerevole e senza particolari rischi.

In tale ottica, il notariato in questo primo anno ha mostrato di voler accettare la sfida della nuova funzione con molta coscienza e attenzione, tant'è che sino ad ora i reclami noti hanno tutti ad oggetto due situazioni sostanzialmente attinenti la delega di funzioni e non la valutazione di merito effettuata dal notaio. In particolare, i reclami hanno avuto ad oggetto due questioni specifiche: la prima attiene al dubbio che il notaio che rilascia una autorizzazione per la quale è competente per soggetto, ovvero avente ad oggetto beni ereditari, possa effettuare in un'unica soluzione anche la valutazione degli interessi di un eventuale soggetto debole coinvolto. In particolare, se il notaio possa sostituirsi anche al preventivo parere del giudice tutelare nell'emissione di un'autorizzazione a disporre dei beni, ereditari da parte di incapaci, già disciplinata dall'art. 747 c.p.c.

La seconda serie di reclami, invece, ha ad oggetto l'annosa questione, già discussa in sede di volontaria giurisdizione tradizionale, se il provvedimento che autorizza il minore ad un atto di straordinaria amministrazione in presenza di conflitto di interessi da parte dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale possa anche contenere la nomina del curatore speciale.

In entrambe le due situazioni esposte, la linea guida di riflessione deve necessariamente partire dai poteri di istruttoria attribuiti al notaio. L'art. 21 non dispone alcuna specifica in merito, né in relazione alle fonti a cui si deve attenere il notaio, fornendo un elenco esemplificativo e non tassativo, né in merito alle procedure, che si devono intendere libere. La destrutturazione dell'istruttoria concede al notaio, in entrambe le situazioni, di poter effettuare le indagini in maniera non solo approfondita quanto lo farebbe il giudice ma anche in più tempi al servizio del miglior risultato.

Per verificare una applicazione concreta di tali poteri, si può prendere in considerazione l'ipotesi della necessaria nomina del curatore speciale.

Qualora sussista un conflitto di interessi fra i genitori esercenti la responsabilità genitoriale e l'atto autorizzando, opera l'art 320 c.c.

Storicamente, la diatriba sulla necessità che il ricorso alla autorità giudiziaria dovesse unicamente contenere l'istanza diretta ad ottenere la nomina del curatore, piuttosto che chiedere contestualmente la nomina del curatore e l'autorizzazione a compiere l'atto, ha fondato le sue ragioni sul fatto che i due provvedimenti dovessero essere separati non solo strutturalmente ma anche concettualmente; questo per il fatto che il curatore speciale una volta nominato dovesse avere lui stesso il potere di decidere il compimento dell'atto di straordinaria amministrazione, valutando la necessità o l'utilità evidente per il minore; e in caso positivo il curatore speciale potrà adire l'autorità giudiziaria per ottenere l'autorizzazione a tale fine.

A favore di un'unica autorizzazione contestuale, la giurisprudenza ha osservato come l'art. 320, comma 6, c.c. si limiti a disporre che, in caso di conflitto di interessi, il giudice tutelare proceda alla nomina ai figli di un curatore speciale, senza precludere la possibilità di nomina e contestuale autorizzazione; inoltre, dal tenore letterale dell'art. 321 c.c. risulta che nomina e autorizzazione possano essere legittimamente contenute nello stesso provvedimento giudiziale, come accade spesso nella prassi.

A fronte di una prassi giurisprudenziale non sempre uniforme, il dubbio se il notaio possa procedere alla nomina del curatore speciale si pone in primo piano. Due sono le considerazioni necessarie, una contraria, ovvero che l'art. 21 nulla dice in merito, lasciando intendere che la nuova facoltà conferita al notaio abbia ad oggetto solo quanto espressamente delegato; e una considerazione favorevole, relativa al fatto che ragioni di economia processuale fanno ritenere preferibile un'unica autorizzazione.

Inoltre, anche in tale ultimo caso, il curatore nominato non perde ogni potere di valutazione sull'opportunità e convenienza di compiere l'atto, che gli permane fino alla fine e che può esercitare semplicemente rifiutandosi di stipulare l'atto ovvero impugnando il provvedimento o chiedendone la modifica o la revoca.

La flessibilità dell'istruttoria demandata al notaio consente, in tale ultima situazione, un plusvalore: il notaio potrà, infatti, una volta evidenziato il conflitto e la necessità di nomina di un curatore speciale, concedere ai genitori di individuare un soggetto neutro rispetto negozio da nominare quale curatore speciale. Il notaio ha la possibilità di proseguire la istruttoria con il curatore speciale in pectore individuato dai genitori e accertare sia la neutralità all'atto stipulando, sia il suo convincimento alla bontà dell'operazione. Tale convincimento, poi, potrà constare da un foglio di osservazioni che potrà essere allegato all'autorizzazione a riprova dell'approfondita istruttoria svolta dal notaio e del convincimento del curatore della bontà dell'operazione, valorizzando ai massimi termini lo spirito della riforma, senza necessità di rivolgere la domanda di nomina del curatore speciale al giudice e permettendo una economicità di tempo, oltre che di procedura.

In ogni caso, il potere del notaio si limita alla nomina del curatore speciale dell'atto ricevendo e certamente non potrà esondare alle nomine degli altri curatori che svolgano una funzione ulteriore rispetto al mero compimento dell'atto come, ad esempio, il curatore dello scomparso (art. 48 c.c.), il curatore dell'inabilitato (art. 424 c.c.) o il curatore dell'eredità giacente (art. 528 c.c.).

Si deve rammentare, da ultimo, come la nomina del curatore transiti attraverso una delicata valutazione avente ad oggetto le motivazioni che inducono i genitori a compiere l'atto di straordinaria amministrazione (ad esempio a vendere) per capire quanto esse coincidano con l'interesse effettivo del minore e come la scelta genitoriale potrebbe ledere altre prerogative del minore, tutelate dall'ordinamento. In tale ambito di indagine, l'art. 21 non fa cenno all'ascolto del minore, che è oggi cardine del diritto minorile e di famiglia, e che il notaio dovrà valutare in concreto se utilizzare quale metodo di indagine.

Quanto alla seconda situazione di avvenuto reclamo, essa concerne autorizzazioni rilasciate dal notaio aventi ad oggetto beni ereditari, che siano anche di proprietà di un soggetto debole.

La questione verte intorno al fatto che in presenza di entrambe le problematiche alcuni giudici hanno presentato reclamo, affermando che il notaio possa autorizzare unicamente atti aventi ad oggetto beni ereditari o atti nei quali interviene un minore o un adulto soggetto a misure di protezione. In presenza di entrambe le situazioni, ovvero beni ereditari appartenenti a soggetto privo della capacità di agire, il notaio non potrebbe essere competente, salvo aver precedentemente acquisito il parere del Giudice Tutelare richiesto ex art. 747, comma 2, c.p.c.

Il punto dirimente è il fatto che il legislatore ha attribuito effettivamente le due facoltà ma non abbia esplicitato il fatto che possano essere esercitate congiuntamente nella medesima autorizzazione.

Anche in questo caso, le ragioni della soluzione devono fondarsi sulla ampia capacità istruttoria concessa al notaio: egli dovrà effettuare una duplice istruttoria, finalizzata ad una duplice valutazione; da un lato, il notaio dovrà considerare l'interesse dell'incapace, esercitando la funzione del G.T.; dall'altro, il notaio, effettuando la valutazione spettante al tribunale, dovrà considerare gli interessi di soggetti quali creditori, legatari, altri coeredi ecc.

A tal proposito, proprio la Corte d'Appello di Milano (9 gennaio 2024, R.G. n. 1288/2023) ha rigettato il reclamo proposto ritenendo che l'art. 21 attribuisca al notaio “una doppia valutazione, dal momento che impone al Notaio - professionista indubbiamente a ciò qualificato - di valutare e contemperare entrambi gli interessi fra loro contrapposti”. La Corte osserva come «alla interpretazione letterale si affianca una interpretazione di sistema, rilevando come la riforma Cartabia, di cui è espressione il decreto legislativo istitutivo dell'articolo 21 in oggetto, proprio al fine di sgravare l'attività del giudice in tale settore, ha effettuato un intervento volto ad affiancare l'attività del magistrato, senza ovviamente eliminarla». Infatti, «il ricorso al giudice si mantiene qualora le parti interessate anziché incaricare il notaio dell'autorizzazione vogliano rivolgersi al Tribunale territorialmente competente, che nell'autorizzare la vendita di persona incapace deve acquisire il parere preventivo del giudice tutelare».

Un'ultima riflessione meritevole di attenzione, come emersa dall'anno trascorso, attiene alle modalità di reimpiego e al potere concesso al notaio di determinarle.

Il comma 3 dell'art. 21 attribuisce al notaio il potere di determinare le cautele necessarie per il reimpiego nel caso in cui per effetto della stipula dell'atto debba essere riscosso un corrispettivo.

Tale norma, per la miglior attuazione dell'intento della novella, deve essere letta in maniera estensiva, attribuendo alla competenza del notaio ad autorizzare il reimpiego lo stesso campo operativo coincidente a quello dell'autorità giudiziaria, richiamando pur sempre l'art. 372 c.c.

Tale affermazione discende da un concetto strutturale di fondo: il notaio deve indagare la necessità o l'utilità evidente dell'operazione, che nella maggior parte dei casi costituisce il motivo soggettivo che spinge a richiedere l'autorizzazione. Il notaio, perciò, è chiamato ad effettuare una valutazione sostanziale sul progetto economico e il reimpiego è il protagonista del progetto, soprattutto in caso di disposizione di beni di minori e incapaci. I criteri informanti la scelta dell'autorizzazione al reimpiego devono essere la sicurezza e la produttività dell'investimento, ovvero il piano economico complessivo come rappresentato. Diversa, invece, la valutazione del reimpiego in caso di beni ereditari, dove alcune norme imperative non permettono alcuna valutazione e stabiliscono la destinazione necessaria del ricavato.

Nel complesso, si può cominciare ad evidenziare come anche questa degiurisdizionalizzazione a favore del notariato si prospetti come una storia di successo. Le prime autorizzazioni impugnate, infatti, hanno sempre avuto ad oggetto i limiti all'interno dei quali il notaio potesse autorizzare, ma nessun reclamo ha contestato la corretta valutazione degli equilibri effettuata dal notaio, cominciando sin da subito a sgombrare il campo dal dubbio latente che il notaio non potesse essere capace di mantenere la neutralità fra i soggetti coinvolti e rilasciare le autorizzazioni nell'interesse di volta in volta protetto.

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