Decreto legislativo - 12/01/2019 - n. 14 art. 258 - Effetti sulla societa' dell'apertura della liquidazione giudiziale nei confronti dei sociEffetti sulla società dell'apertura della liquidazione giudiziale nei confronti dei soci 1. La liquidazione giudiziale aperta nei confronti di uno o più soci illimitatamente responsabili non determina l'apertura della liquidazione giudiziale nei confronti della società. InquadramentoLa norma, corrispondente all'art. 149 l. fall., a sua volta rimasto invariato a seguito della riforma del 2006, nel disporre che l'apertura della liquidazione giudiziale del socio che eserciti un'autonoma attività di impresa o che sia socio illimitatamente responsabile di altra società dichiarata fallita, non determina l'apertura della liquidazione giudiziale della società, prende in considerazione il caso opposto rispetto a quello disciplinato dall'art. 257 c.c.i.i., prevedendo una regola opposta al meccanismo dell'estensione ivi previsto. La norma va coordinata con l'art. 2288 c.c. (a sua volta modificato dall'art. 382 c.c.i.i.) che prevede l'esclusione di diritto del socio nei confronti del quale è stata aperta o è stata estesa la procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata, norma che, sebbene dettata a proposito della società semplice, è applicabile anche alla società in nome collettivo e all'accomandita semplice. Il coordinamento tra le due norme opera nel senso che l'esclusione di cui all'art. 2288 c.c. non potrebbe operare se la liquidazione giudiziale del singolo socio comportasse anche quella della società, sicché l'art. 258 c.c.i.i. può essere considerata una norma sostanzialmente ripetitiva della regola contenuta nell'art. 2288 c.c. L'automatico scioglimento del rapporto sociale comporta il diritto ad ottenere la liquidazione della quota. Particolarmente discussa a tal proposito è stata la questione se il diritto alla liquidazione costituisca un diritto del socio ovvero della massa e quindi possa essere esercitato dal curatore, problema destinato a riflettersi sulla soluzione dell'ulteriore dubbio se l'eventuale credito della società verso il socio escluso possa o meno essere compensato con il controcredito alla liquidazione della quota, compensazione destinata ad operare ex art. 155 c.c.i.i. nel caso in cui il diritto si reputi di pertinenza del socio escluso, soluzione accolta dalla giurisprudenza precedente all'entrata in vigore del c.c.i.i.. Altre questioni particolarmente dibattute in dottrina e giurisprudenza riguardano l'applicabilità della norma nell'ipotesi di apertura della liquidazione giudiziale a carico del socio accomandatario di una società in accomandita per azioni e quella dell'individuazione del tribunale competente a dichiarare l'apertura della liquidazione giudiziale della società dopo che sia già aperta quella del socio illimitatamente responsabile. Singoli aspetti problematiciL'applicabilità dell'art. 2288, comma 1, c.c. alle società in nome collettivo ed alle società in accomandita semplice non è pacifica in dottrina: mentre la tesi prevalente è in senso affermativo (Pajardi Paluchowski, 794; Leuzzi, 1), secondo altra opinione (riferita da Nastri, 1327) l'esclusione di diritto del socio in tali società sarebbe incompatibile con la regola posta dall'art. 2305 c.c. che, a differenza dell'art. 2270 c.c., preclude ai creditori particolari di chiedere la liquidazione della quota del socio finché dura la società. Sull'estensione del disposto di cui all'art. 149 l. fall. alla società in accomandita per azioni, alla tesi secondo la quale l'individuazione dei singoli tipi societari contenuta nell'art. 147, comma 1, l. fall. ne confermerebbe l'applicabilità al socio accomandatario di società in accomandita per azioni (Pellegrino, 178), si contrappone l'opinione di chi, non ritenendo applicabile l'art. 2288 c.c. alla s.a.p.a., alla quale ai sensi dell'art. 2454 c.c. sono applicabili le norme relative alla società per azioni in quanto compatibili, ritiene che l'accomandatario fallito cesserebbe di essere socio accomandatario ma resterebbe nell'ambito della società quale socio limitatamente responsabile, escludendo dunque che debba pervenirsi alla liquidazione della quota (Del Bene, Bonfante, 364). Quanto al problema dell'individuazione del tribunale competente in caso di dichiarazione di fallimento della società successiva alla dichiarazione del fallimento del socio, in dottrina è diffusa l'idea che le due procedure mantengano una certa autonomia, potendo tuttavia gli organi delle stesse attuare uno stretto coordinamento ispirandosi alle regole poste dall'art. 148 l. fall. (Caridi, 1969). Sulla questione della compensazione, la giurisprudenza, sulla scia di S.U. n. 22659/2006 , ha affermato, sebbene con specifico riferimento al credito vantato dal socio di una società cooperativa escluso dalla società per effetto della dichiarazione del suo fallimento, che il credito relativo alla quota di liquidazione vantato dal socio di una cooperativa escluso dalla società per effetto della dichiarazione di fallimento (ovvero, ai sensi dell'art. 2533, n. 5, primo comma, c.c., nel testo introdotto dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, a seguito della delibera di esclusione che è in facoltà della società adottare in caso di fallimento del socio) nasce o comunque diviene certo esclusivamente nel momento in cui interviene quella dichiarazione (o quella delibera), con la conseguenza che, non potendosi considerare detto credito anteriore al fallimento, viene a mancare il presupposto necessario, ai sensi dell'art. 56 della legge fallimentare, per la compensabilità dello stesso con i contrapposti crediti vantati dalla società nei confronti del socio (Cass. n. 19955/2011). Accoglie invece la soluzione affermativa Cass. n. 9678/2000 secondo cui l'art. 56 l. fall. prevede, quale unico limite per la compensabilità dei debiti verso il fallito-creditore, l'anteriorità al fallimento del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte; la compensazione fallimentare è pertanto applicabile non solo quando il credito del terzo non è ancora scaduto alla data della dichiarazione di fallimento ma anche quando tale scadenza riguardi il credito del fallito; conseguentemente, poiché il credito del socio escluso a seguito della dichiarazione di fallimento, relativo alla liquidazione della quota o al rimborso delle azioni, diviene liquido ed esigibile al momento della delibera di esclusione successiva alla dichiarazione di fallimento ma rinviene il suo fondamento causale nella costituzione del vincolo sociale (antecedente al fallimento), deve ritenersi ammessa la compensazione dei contrapposti crediti del socio e della società essendo il debito di quest'ultima debito verso il fallito e non verso la massa. Più di recente, sulla pertinenza alla massa attiva fallimentare del credito avente ad oggetto la liquidazione della quota si è espressa Cass. n. 5449/2015 secondo cui «la dichiarazione di fallimento del socio illimitatamente responsabile di società di persone determina la sua esclusione di diritto dalla società, ai sensi dell'art. 2288 c.c. – applicabile, come nella specie, ex art. 2293 c.c., alla società in nome collettivo – ed il bilanciamento tra la tutela della società e la massa creditoria del fallimento del socio si realizza, da un lato, evitando alla società l'eventualità pregiudizievole di avere il fallimento nella compagine e precludendo al fallimento di vendere la quota in via esecutiva; dall'altro, nel rendere oggetto della massa attiva fallimentare il credito di liquidazione della quota». Circa il problema dell'individuazione del tribunale competente, secondo Cass. n. 15105/2001 «qualora una persona fisica sia socio (illimitatamente responsabile) di più società operanti in luoghi diversi, il conflitto di competenza eventualmente sorto in relazione alla dichiarazione di fallimento della persona fisica deve essere risolto, in base al generale principio della prevenzione, che esige unicità di procedura concorsuale nei confronti del medesimo soggetto, dichiarando la competenza del giudice che, per primo, ne ebbe a dichiarare il fallimento». BibliografiaCaridi, Commento agli artt. 146.154 l. fall., in La riforma della legge fallimentare, a cura di Nigro, Sandulli, Torino, 2006; Del Bene, Bonfante, Ulteriori profili concorsuali societari, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, diretto da Panzani, Torino, 2014; Irrera, Sub art. 149, in Il nuovo diritto fallimentare. Commentario, a cura di Jorio, Fabiani, 2007; Leuzzi, Fallimento del socio ed esclusione automatica dalla società di persone, in Ilfallimentarista.it; Marzo, Fallimento e liquidazione giudiziale delle società, Dalla legge fallimentare al codice della crisi, Milano, 2021; Nastri, Sub art. 258, Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, diretto da F. Di Marzio, Milano, 2022, 1325 ss.; Pajardi Paluchowski, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2008; Pellegrino, Fallimento delle società, Padova, 2007; Tomasso, Sub art. 149, Codice commentato del fallimento, diretto da Lo Cascio, Milano, 2015. |