PPT: è inammissibile il deposito via PEC a un indirizzo non previsto dal DGSIA

La Redazione
09 Febbraio 2024

La disciplina transitoria ex art. 87-bis, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 150/2022, pur costituendo integrazione della normativa codicistica, vincola al rispetto delle formalità previste, quali il deposito unicamente presso gli indirizzi di posta elettronica riportati nell’elenco pubblicato sul portale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia.

Il magistrato di sorveglianza di Udine dichiarava inammissibile l'appello proposto avverso un'ordinanza che stabiliva la prosecuzione della misura cautelare, in quanto questo era stato depositato telematicamente presso l'indirizzo dell'ufficio di sorveglianza di Udine e a questo restituito dal Tribunale di sorveglianza di Trieste per la verifica di ammissibilità ai sensi dell'art. 87-bis, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 150/2022, che stabilisce, in via transitoria, il deposito via PEC mediante invio esclusivamente agli indirizzi riportati sul portale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia.

Avverso l'ordinanza, l'appellante proponeva ricorso deducendo la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) c.p.p. con riferimento all'art. 591 c.p.p. e al d.lgs. n. 150/2022.

Parte ricorrente, oltre a evidenziare l'entrata in vigore della disciplina ex d.lgs. n. 150/2022 solo a partire dal 31 dicembre 2022, affermava come il deposito a mezzo PEC degli atti penali fosse meramente facoltativo, considerando che la disciplina transitoria costituisce un'integrazione del deposito analogico stabilito dal codice.

Inoltre, per tutta la durata dell'emergenza pandemica, è stato ritenuto valido il deposito telematico di un atto inviato a mezzo PEC all'Ufficio giudiziario destinatario, anche nel caso in cui questo non fosse inserito nell'elenco redatto dal DGSIA.

Tuttavia, la Corte di Cassazione si è pronunciata per l'inammissibilità del ricorso, alla luce del fatto che, ai sensi dell'art. 87-bis, comma 7, lett. c), d.lgs. n. 150/2022 l'utilizzo un indirizzo PEC non compreso nell'elenco pubblicato sul portale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia comporta l'inammissibilità dell'impugnazione, in quanto trattasi di “un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile […] all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato”.

Inoltre, la disciplina transitoria costituisce integrazione del codice solo nel senso di integrare le ipotesi di inammissibilità stabilite dall'art. 591 c.p.p. e non ammette l'invio a indirizzi diversi da quelli previsti dal DGSIA, come affermato da varie pronunce della giurisprudenza di legittimità (Cass. pen. sez. VI, 9 novembre 2021, n. 46119; sez. III, 29 aprile 2021, n. 26009; sez. I, 2 marzo 2021, n. 17052), secondo cui “è inammissibile la richiesta di riesame trasmessa a un indirizzo di posta elettronica certificata non compreso nell'elenco allegato al provvedimento del 9 novembre 2020 del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia”. Né va dimenticato che la scelta del deposito telematico, quandanche facoltativo, vincola al rispetto delle formalità per esso previste.

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