L’omessa subordinazione della sospensione condizionale agli obblighi di legge non rende illegale la pena patteggiata

12 Febbraio 2024

È inammissibile il ricorso del pubblico ministero avverso la sentenza di patteggiamento che non abbia subordinato la sospensione condizionale della pena all'adempimento degli obblighi prescritti dall'art. 165 comma 5, c.p., non vertendosi in un caso di pena illegale.

Questione controversa

La questione controversa riguarda l'ipotesi in cui la sentenza di patteggiamento, recependo l'accordo tra le parti, abbia omesso di subordinare la sospensione condizionale della pena all'adempimento degli obblighi necessariamente previsti dall'art. 165 comma 5, c.p., nei casi riguardanti i reati ivi indicati (nel caso di specie, quello di cui all'art. 609-bis c.p.): può in tali casi ritenersi “illegale”, nei termini di cui all'art. 448 comma 2-bis, c.p.p., la pena applicata?

Possibili soluzioni
Prima soluzione Seconda soluzione

Un primo orientamento ritiene che in un caso del genere sia possibile parlare di illegittimità, ma non anche di illegalità di una pena, che, pur essendo contraria a specifiche prescrizioni di legge, sarebbe comunque astrattamente compatibile con le norme che la disciplinano (1).

Secondo l'opposto orientamento, l'istituto della sospensione condizionale incide sulla effettiva e concreta applicazione della pena, sicché la violazione delle norme che ne disciplinano l'applicazione integrerebbe un'ipotesi di illegalità ricorribile - in caso di definizione del procedimento con sentenza di applicazione della pena - ai sensi dell'art. 448 comma 2-bis, c.p.p. (2).

(1) Con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 165 comma 2, c.p.: Cass. pen., sez. VI, 12 settembre 2022, n. 36772; Cass. pen., sez. III, 23 aprile 2021, n. 35485;

con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 165 comma 5, c.p.: Cass. pen., sez. VI, 10 marzo 2022, n. 23416; Cass. pen., sez. VI, 17 febbraio 2022, n. 9690, entrambe relative al reato di maltrattamenti in famiglia;

con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 164 comma 4, c.p.: Cass. pen., sez. VI, 23 giugno 2022, n. 29950;

con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 164 comma 2, n. 1, c.p.: Cass. pen., Sez. VI, 22 febbraio 2022, n. 18976; Cass. pen., Sez. VI, 13 giugno 2022, n. 35627.

    

(2) In questo si sono pronunciate: Cass. pen., sez. IV, 18 novembre 2022, n. 47202; Cass. pen., sez. II, 27 gennaio 2020, n. 11611; Cass. pen., sez. V, 13 novembre 2019, n. 49481; Cass. pen., sez. VI, 14 marzo 2019, n. 17119; Cass. pen., sez. IV, 6 novembre 2018, dep. 2019, n. 5064, tutte riferite alla fattispecie di cui all'art. 165 comma 2, c.p.

Rimessione alle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. III, 26 gennaio 2023, n. 7239
  • I giudici rimettenti erano chiamati a scrutinare il ricorso per cassazione del Procuratore generale avverso la sentenza di patteggiamento emessa nei confronti dell'imputato tratto a giudizio per i reati di cui agli artt. 81,609-bis, 609-ter comma 2 e 612 comma 2, c.p.: si denunciava l'illegalità della pena di anni uno e mesi otto di reclusione applicata, poiché la stessa era stata condizionalmente sospesa, ed il beneficio non era stato subordinato - come avrebbe dovuto essere obbligatoriamente fatto ai sensi dell'art. 165 comma 5, c.p., così come novellato dall'art. 6 l. n. 69/2019 - alla partecipazione dell'imputato a percorsi specifici di recupero presso enti o associazioni qualificanti.
  • Ad avviso del ricorrente, gli istituti che incidono sul trattamento punitivo e sulla concreta ed effettiva applicazione delle sanzioni non potrebbero ritenersi estranei al concetto di legalità della pena: in particolare, la concessione della sospensione condizionale della pena subordinata all'adempimento di obblighi legali non atterrebbe alla sola fase esecutiva, poiché garantisce che il comportamento del reo, dopo la condanna, si adegui a quel processo di ravvedimento che costituisce lo scopo precipuo dell'istituto stesso della sospensione condizionale della pena, consentendo al condannato di acquisire maggiore consapevolezza delle conseguenze dannose che sono derivate dalla propria condotta illecita ed essendo maggiormente rispondente all'interesse dell'ordinamento a che la risposta sanzionatoria sia la più calibrata possibile al caso concreto.
  • La Terza Sezione ha accertato l'esistenza del contrasto ormai radicatosi nella recente giurisprudenza di legittimità, ed ha rilevato che lo stesso non poteva dirsi sopito alla luce dei principi statuiti dal massimo consesso nomofilattico nei suoi più recenti interventi in materia di illegalità della pena: in particolare, Cass. pen., sez. un., 31 marzo 2022, n. 38809, Miraglia, e Cass. pen., sez. un., 31 marzo 2022, n. 47182, Savini, attenendo a ricorsi avverso sentenze diverse da quelle di patteggiamento, non si erano confrontate con l'angusto perimetro delineato dall'art. 448 comma 2-bis, c.p.p.; Cass. pen., sez. un., 14 luglio 2022, dep. 2023, n. 877, Sacchettino si era, invece, occupata delle modalità di calcolo della pena patteggiata.
  • Il ricorso è stato, pertanto, rimesso alle Sezioni Unite, alle quali è stato sottoposto il seguente quesito: «Se sia ammissibile il ricorso del pubblico ministero avverso la sentenza di applicazione della pena in relazione alla omessa subordinazione della sospensione condizionale della pena all'adempimento degli obblighi necessariamente previsti dall'art. 165, comma 5, c.p. nei casi di sentenza riguardanti i reati ivi indicati».

Informazione provvisoria

Le Sezioni Unite, all'esito della camera di consiglio del 28 settembre 2023, hanno dato soluzione «negativa» al quesito loro sottoposto, sul rilievo che «l'omessa subordinazione della sospensione condizionale all'adempimento degli obblighi previsti dall'art. 165, comma 5, c.p. non determina l'illegalità della pena che sola consente il ricorso ai sensi dell'art. 448, comma 2-bis, c.p.p.».

Le motivazioni delle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. un., 28 settembre 2023, n. 5352
  • Dopo aver ripercorso il contrasto interpretativo insorto nella giurisprudenza di legittimità, e dopo aver ricordato che, per effetto dell'art. 448 comma 2-bis, c.p.p., introdotto dalla l. n. 103/2017, una sentenza di applicazione della pena è ricorribile solo per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto ed all'illegalità della pena o della misura di sicurezza, le Sezioni Unite hanno individuato i caratteri della pena illegale, rilevando che «è pena illegale ab origine quella che non corrisponde, per specie ovvero per quantità, sia in difetto sia in eccesso, a quella astrattamente prevista per la fattispecie incriminatrice», ovvero quella «determinata dal giudice attraverso un procedimento di commisurazione basato su una norma successivamente dichiarata illegittima, con conseguente reviviscenza, o comunque con conseguente applicabilità, di una cornice edittale più favorevole».
  • Come scolpito nei più recenti arresti sul tema, nella nozione di illegalità rientra «solo la pena che non sia prevista, nel genere, nella specie o nella quantità, dall'ordinamento» (Cass. pen., sez. un., 31 marzo 2022, n. 47182, Savini), e che, pertanto, si collochi «al di fuori del sistema sanzionatorio come delineato dal codice penale, perché diversa da quella positivamente prevista» (Cass. pen., sez. un., 14 luglio 2022, dep. 2023, n. 877, Sacchettino): se ne deve, pertanto, necessariamente inferire che «le questioni attinenti all'applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena siano estranee a detta nozione».
  • Ed invero, annotano le Sezioni unite, la natura e le funzioni dell'istituto rivelano che la sospensione condizionale della pena «da un lato è negativamente volta a evitare l'esecuzione della pena, dall'altro, pur risultando uno strumento alternativo al carcere, conserva una positiva portata sanzionatoria, in quanto il condannato dovrà astenersi dal commettere ulteriori reati della stessa indole e sarà anche obbligato ad adempiere alle eventuali prescrizioni cui il beneficio sia stato subordinato»: essa è, pertanto, senz'altro estranea alla nozione di “pena”, poiché interviene in un momento successivo a quello della determinazione della pena, prescrivendo la «astensione a tempo» della sua esecuzione; e, anche nel caso in cui le prescrizioni alle quali essa deve essere subordinata abbiano (come nel caso di specie) carattere afflittivo, la sospensione condizionale non può comunque essere assimilata alle pene, «il cui elenco è tassativamente indicato dall'art. 17 c.p. e il cui contenuto è, altrettanto tassativamente, disciplinato nei capi II e III del titolo II del libro I del codice penale».
  • «Ne consegue - conclude la Corte - che non può certamente discorrersi di illegalità della pena (che è già stata interamente e definitivamente determinata), con riferimento alla sua sospensione condizionale».
  • Le Sezioni Unite hanno, dunque, risolto la questione controversa statuendo il principio di diritto secondo cui «La sentenza di patteggiamento con cui sia stata concessa la sospensione condizionale della pena non subordinata, come concordato tra le parti, agli obblighi di cui all'art. 165, comma 5, c.p., necessariamente previsti in relazione ai reati ivi contemplati, non è ricorribile per cassazione, non determinando tale omissione un'ipotesi di illegalità della pena».

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