Il valore probatorio delle stampate dei movimenti bancari sull’home banking

12 Febbraio 2024

Qual è il valore probatorio delle stampate dei movimenti bancari, tratte dall'home banking, e, in generale, delle pagine web?

Massima

Per il conto corrente bancario, la stampa dei movimenti contabili, risultanti a video dall'home banking, è una copia (o estratto) analogica del documento informatico, non sottoscritto, costituito dalla corrispondente pagina web. Essa, pertanto, ex art. 23 del d.lgs. n. 82/2005 (CAD), si presume conforme, per dati ed operazioni in essa riportati, alle scritturazioni del conto, se non vi sono contestazioni chiare, circostanziate, esplicite, e riguardanti, specificamente, la loro non conformità a quelle conservate nell'archivio della banca.

Il caso

Opponendosi al decreto ingiuntivo richiesto e ottenuto dalla banca, i fideiussori di una correntista deducevano l'illegittimità di alcuni addebiti, producendo (non gli estratti conto, bensì) le stampate dei movimenti bancari, tratte dall'home banking. Il Tribunale riteneva inosservato l'onere probatorio dei garanti: le stampate predette, infatti, erano modificabili e prive di una chiara provenienza dalla banca. Nonostante il medesimo avviso della Corte d'appello, la Prima Sezione della Suprema Corte disponeva la trattazione in pubblica udienza, ritenendo meritevole di miglior approfondimento la disciplina di tali documenti.

La questione

Qual è il valore probatorio delle stampate dei movimenti bancari, tratte dall'home banking, e, in generale, delle pagine web?

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione, smentendo il giudice a quo, ritiene che, alle stampate de quibus, debbano applicarsi l'art. 10 del d.P.R. n. 445/2000 (come modificato dall'art. 6 del d.lgs. n. 10 del 2002), l'art. 2712 c.c., nonché gli artt. 1, lett. p), e 23 del d.lgs. n. 82/2005 (CAD), non essendo ratione temporis pertinente l'art. 20, comma 1-bis, del CAD, per l'anteriorità della documentazione alla sua entrata in vigore. In particolare, trattandosi di pagine web non sottoscritte, tale art. 10 rinviava espressamente all'art. 2712 c.c. – contemplante anche le “riproduzioni informatiche” –; lo stampato del website è poi sottoposto al predetto art. 23 del C.A.D., ivi disciplinandosi le copie analogiche di “documenti informatici”, ai quali devono essere sussunte dette pagine, ai sensi dell'art. 1, lett. p), del CAD.

La soluzione della Suprema Corte comporta che debba presumersi la conformità sia delle copie analogiche alle pagine web dell'home banking, sia di queste ultime alle scritturazioni dell'archivio nella banca, con il limite del disconoscimento. Quest'ultimo, tuttavia, deve essere chiaro, circostanziato, esplicito, e contestante difformità tra movimenti bancari nella pagina web e dati presenti nelle scritture della banca; non è sufficiente evocare (come ritenuto dal Tribunale) una generica apocrifia o modificabilità del website senza chiarire se, quando e come ciò sia concretamente avvenuto.

La pronuncia segue la giurisprudenza richiamata in motivazione. Circa la qualificazione di tale documentazione, già Cass. civ., sez. III, ord., 26 agosto 2020 n. 17810 aveva ritenuto sussumibile la pagina web all'art. 2712 c.c.. Per il disconoscimento ivi disciplinato, era già stata enunciata in Cass. civ., sez. VI, ord., 13 maggio 2021 n. 12794 l'esigenza di una contestazione non solo tempestiva, chiara, circostanziata ed esplicita, ma anche indicante gli “elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta”; è solo dopo la formulazione di un disconoscimento siffatto che la conformità dovrà essere vagliata non già secondo gli artt. 216 e ss. c.p.c. (riguardanti la sola scrittura privata), bensì con qualunque mezzo di prova, anche presuntiva (in tema, ex multis, Cass. civ., sez. lav., sent., 17 febbraio 2015 n. 3122).

L'incidentale richiamo della tempestività lascia evincere che la sentenza in esame non condivida l'indirizzo dottrinale, pur citato, secondo il quale il disconoscimento de quo potrebbe essere effettuato “nel corso dell'intero giudizio” (come altresì sostenuto da Cass. civ., sez. L., sent., 18 dicembre 1998 n. 12715, laddove esclude i termini dell'art. 215 c.p.c.). Pertanto, il disconoscimento è ammissibile solo nella prima difesa utile e successiva alla produzione, come ritenuto, ex multis, da Cass. civ., sez. II, ord., 24 febbraio 2023 n. 5755 anche in base all'art. 157, comma 2, c.p.c..

La pronuncia de qua non si esprime, invece, circa il pur riportato dissidio dottrinale sulla natura legale o meno della “piena prova” dell'art. 2712 c.c.

Osservazioni

La sentenza in commento è in parte coerente con gli indirizzi giurisprudenziali maggioritari e consente di trarre significative conseguenze pratiche per gli operatori del diritto.

Anzitutto, si presuppone che il documento informatico o la sua copia analogica debbano essere depositati. Sono, dunque, inammissibili meri link a siti web, negli atti giudiziali, non rispettandosi né gli artt. 165 e 167 c.p.c., né l'art. 87 disp. att. c.p.c., né, oggi, l'art. 20 del CAD, che impone una immodificabilità non soddisfatta da un sito web meramente linkato e non già contenuto in autonomo file e/o stampa depositati nel fascicolo. La giurisprudenza di merito ha confermato tale conclusione (ex multis, Trib. Bergamo, sez. III, sent. 8 gennaio 2021 n. 28 e App. Brescia, sez. I, sent., 7 ottobre 2021 n. 1256).

La sentenza sancisce anche l'attitudine probatoria della realtà riprodotta nella pagina web depositata. La speculare conseguenza dovrebbe essere che i dati non immortalati non siano provati. Tra questi, ad esempio, potrebbero risultare estranei la datazione e l'orario della situazione rappresentata: è quanto ha esaminato Cass. civ., sez. III, sent., 30 novembre 2017 n. 28665, secondo la quale la mancanza del dato temporale sulla fotografia esclude che l'efficacia probatoria della istantanea si estenda ad una precisa data, a prescindere dal disconoscimento. Di diverso avviso è la sentenza in commento: affermare “una generica modificabilità di detta documentazione senza, però, minimamente chiarire se, quando e come tanto sia concretamente avvenuto” non inficia l'art. 2712 c.c., di talché non è il depositante a dover provare, a monte, la datazione di un preciso contenuto sul web, bensì è quest'ultima a divenire res controversa solo dopo l'eventuale disconoscimento. Solo, dunque, per scongiurare il rischio di quest'ultimo è opportuna la produzione della pagina web con un contrassegno indicante la data e l'orario, quando questi ultimi siano anteriori al deposito stesso, così escludendosi che la modifica del sito internet prima della produzione possa ipoteticamente conferire fondatezza ad un successivo disconoscimento. Sicuramente utile e prudenziale a tal fine sarà una duplice modalità per dimostrare il contenuto di un sito in un dato tempo, cumulando sia la sottoposizione della pagina web al timbro postale (di maggior certezza probatoria, ma inidoneo a scongiurare rischi e contestazioni di modifica nell'arco temporale tra il download della pagina e l'apposizione del timbro), sia la collocazione, in un medesimo screenshot, di due pagine web affiancate, l'una del sito di interesse, l'altra indicante ora e data aggiornate ed esatte su un website di diffusa fruizione (soluzione assicurante la contestualità tra contenuto di un sito web e dato temporale, ma sottoponente quest'ultimo alla minor efficacia probatoria ex art. 2712 c.c.). Meno efficace è, invece, un deposito che comprenda orario e data dei sistemi operativi, visibili ai bordi di una schermata: detti dati temporali sono, infatti, suscettibili di modifica da parte del singolo utente.

Tale posizione circa l'efficacia probatoria ex art. 2712 c.c. della pagina web si riscontra altresì per il proprietario della stessa. La sentenza in commento esclude che quest'ultimo debba essere provato a monte dal depositante, assumendo che la riconducibilità del website ad un dato soggetto sia controvertibile solo dopo un puntuale disconoscimento: la pronuncia, infatti, smentisce il Tribunale che aveva ritenuto assente “una chiara provenienza dall'istituto bancario” pur in assenza di specifica doglianza di parte. Nondimeno, è opportuno che il proprietario del sito web sia desumibile dalla produzione ex art. 2712 c.c., onde evitare che il successivo disconoscimento infici tale paternità. Sul punto, non è prudenziale affidarsi al solo indirizzo internet che compaia nella pagina web scaricata, stampata e/o interessata da screenshot: tale riferimento è suscettibile di modifica in ogni tempo e, pertanto, non verificabile ex post con certezza. Maggiore efficacia ha la pagina che comprenda, oltre al dato di interesse, anche la denominazione, l'indirizzo della sede, la partita IVA, o altri riferimenti chiaramente idonei a ricondurre il website al suo proprietario. Almeno in mancanza degli stessi, potrà valutarsi, in aggiunta alla mera pagina web, una alternativa ancor più probante ex art. 2712 c.c.: una registrazione video dello schermo, sul quale si parta dall'homepage del sito (indicante il proprietario), si giunga alla pagina di interesse tramite apposito link ed altresì si affianchi alla stessa un'altra pagina web indicante orario e data esatti per assicurare il dato temporale. Del resto, se è vero che il disconoscimento debba indicare anche gli “elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta” (come indicato anche dalla sentenza in esame), una difesa siffatta risulta molto più complicata contro una ripresa video rispetto ad una mera pagina web.