Collocazione del figlio presso il genitore che ne garantisca il miglior interesse
12 Febbraio 2024
Massima L’eventuale trasferimento della madre presso il nuovo marito, in altra città, costituisce una sua libera scelta, non una necessità; pertanto, l’autorizzazione in tal senso costituirebbe grave lesione del diritto alla bigenitorialità del minorenne, non giustificato dal perseguimento di un interesse per lui superiore. Il caso Il Tribunale di Monza è chiamato a pronunciarsi su una vicenda che sorge dalla richiesta avanzata dalla madre del minore, collocataria del medesimo, che chiede la revisione degli accordi in precedenza convenuti con l’ex coniuge per la regolamentazione del loro rapporto con il figlio. Nella fattispecie, la donna chiede al Tribunale di autorizzare il trasferimento del figlio con sé presso altra città rispetto a quella di origine, per potersi ricongiungere con il nuovo marito. Il padre si oppone a tale richiesta, sostenendo che il trasferimento non sia decisione presa nell’interesse del minore e che non sia sostenuto e giustificato da nessun’altra ragione se non dalla mera soddisfazione personale della madre. Il padre precisa, peraltro, che nei precedenti accordi era stata espressamente esclusa la possibilità di trasferimento del figlio in una diversa città, in considerazione del fatto che, già all’epoca, era in corso la relazione della madre con colui che poi sarebbe divenuto l’attuale marito, e il padre temeva tale eventualità. Dalla descrizione dei fatti e dall’analisi degli accordi precedentemente assunti tra i genitori, emerge che, nonostante il figlio viva presso l’abitazione della madre, lo stesso trascorra molto tempo anche con il padre. Quest’ultimo è, dunque, presente in egual misura nella vita del figlio, partecipando attivamente alla sua vita privata e scolastica ed esercitando la sua responsabilità genitoriale congiuntamente alla madre, in un regime di concordato affido condiviso. Nel rispetto del quadro normativo vigente in materia e sulla scorta di tali importanti rilevamenti e considerazioni, il Tribunale di Monza respinge le richieste avanzate dalla madre e qui di seguito analizzeremo le ragioni di tale decisione. La questione Il perseguimento del miglior interesse del figlio minore e il diritto alla bigenitorialità hanno maggior peso rispetto al legittimo interesse del singolo genitore a voler, legittimamente, vivere una nuova vita sentimentale (nella fattispecie, matrimoniale)? Le soluzioni giuridiche Sul caso in questione, il Tribunale di Monza ritiene che le domande avanzate dalla madre non possano trovare accoglimento partendo dalle disposizioni previste dall'articolo 2 della Costituzione e dall'articolo 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) che sanciscono il diritto alla bigenitorialità e quello all'identità personale. “Elementi costituitivi dell'identità personale, intesa nella sua precisa e integrale dimensione psico-fisica, sono tra gli altri, il nome, la nazionalità, le relazioni familiari, la paritaria discendenza da entrambe le figure genitoriali (cfr. articolo 8 CEDU; cfr. anche art. 8 Convenzione New York sui diritti del Fanciullo, ratificata con legge n. 176/1991). Vediamo come l'identità personale sia, dunque, preservata attraverso la tutela dei predetti elementi. Strumento di promozione della identità personale è, peraltro, la paritaria partecipazione di entrambi i genitori alle determinazioni educative che riguardano il minore, anche in caso di disgregazione della coppia genitoriale.” La bigenitorialità, quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, costituisce dunque un diritto fondamentale del minore; le sue limitazioni si giustificano solo ove sussista una condizione di pregiudizio, a tutela del suo supremo interesse. Il Tribunale adito evidenzia, inoltre, che l'identità personale si alimenta anche nella conservazione di stabili rapporti familiari: l'articolo 24, paragrafo 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE prevede il diritto del minore di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con entrambi i genitori, salvo che ciò non sia in contrasto con un suo interesse superiore; la disposizione è espressamente informata dall'articolo 9, par. 3 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, già citata. E dunque, il minore, anche ove i genitori non convivano, ha diritto a intrattenere con entrambi contatti regolari e diretti, che consentano lo sviluppo di relazioni personali e la conservazione del legame con entrambi gli individui da cui egli è stato generato e che ne costituiscono il primo riferimento affettivo. Il Tribunale di Monza, nella decisione qui in commento, rammenta che anche nella giurisprudenza della CGUE, una misura che ostacoli il minore a intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i suoi due genitori potrebbe essere giustificata soltanto da un interesse del minore di rilevanza tale da comportarne il prevalere sull'interesse sotteso al citato diritto fondamentale. Rileva, inoltre, che - fermo il limite del supremo interesse del minore – «la bigenitorialità costituisce anche espressione di un diritto fondamentale del genitore, ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione, sottolineando che, anche nella giurisprudenza della CEDU, il godimento da parte del genitore e del figlio della reciproca compagnia è elemento fondamentale della vita familiare, direttamente discendente dall'articolo 8 della convenzione e che tale diritto può essere compresso soltanto dall'interesse superiore del minore». Osservazioni Nella vicenda qui in commento, i genitori, al termine della loro relazione, hanno congiuntamente regolamentato i rapporti relativi al figlio minorenne con accordo recepito con decreto dal Tribunale. Oggi la ricorrente chiede l'autorizzazione al trasferimento in altra città, peraltro non poco distante dall'attuale, portando quale unica sopravvenienza le nozze contratte con il compagno, ora marito. Non vi sono, pertanto, motivazioni economiche, dato che la ricorrente lavora stabilmente nella città attuale e non ha ancora reperito alcuna attività lavorativa nella città dove vorrebbe trasferirsi insieme al figlio. Il Tribunale di Monza, nella sentenza qui in commento, considera che “l'eventuale trasferimento costituisce, dunque, una libera scelta per la madre e non una necessità”, ritenendo che l'eventuale autorizzazione al trasferimento costituirebbe grave lesione del diritto alla bigenitorialità del minore, non giustificato dal perseguimento di un interesse per lui superiore. Il Collegio, invero, rammenta che in questa materia il focusdeve essere posto sui minori e sui loro bisogni prima che su quelli degli adulti e osserva che, allo stato, il figlio minore gode pienamente della presenza di entrambi i genitori e trascorre con loro tempi sostanzialmente simili. Emerge, altresì, dalla memoria del nominato curatore speciale, un ulteriore elemento prezioso su come il minore sia un bambino allegro, empatico e socievole, così come dalla relazione stilata dalla Scuola Materna frequentata dal medesimo si legge di un bambino sereno che ha instaurato una buona relazione con le insegnanti e con i propri pari e che vive con interesse e impegno le proposte didattiche, risultando entrambi i genitori interessati al suo andamento scolastico. In aggiunta, dalla memoria del curatore speciale del minore emerge un ulteriore elemento degno di apprezzamento, rappresentato dal fatto che il padre non possa trasferirsi nella città ove la madre vorrebbe spostarsi, poiché la sua attività lavorativa risentirebbe notevolmente della perdita di clientela. Il trasferimento del figlio con la madre soddisferebbe, dunque, esclusivamente le esigenze di stabilità, anche economica della madre, ma sacrificherebbe completamente quelle del figlio, costretto a lunghe e faticose trasferte tra le due città, distanti più di duecento chilometri, al termine delle lezioni scolastiche, con radicale compromissione del rapporto con un padre con cui, oggi, vive per 16 giorni al mese e ciò con evidente lesione del suo diritto alla bigenitorialità. Gli impegni legittimamente assunti dalla madre verso il marito non sono più rilevanti di quelli che ella ha nei confronti del figlio, e del diritto del medesimo di avere un'organizzazione di vita regolare e conservare ampi e significativi rapporti con il padre che, non avendo operato differenti scelte di vita, continua a vivere nell'attuale città. Il Tribunale di Monza considera, altresì, che le legittime esigenze familiari della ricorrente non sono meno meritevoli di tutela nemmeno del diritto alla bigenitorialità del padre che si troverebbe comunque a subire le altrui scelte di vita, limitando radicalmente e incolpevolmente il proprio rapporto con un figlio che ama e di cui si prende cura nella quotidianità. Incide poi senza dubbio nella decisione del Collegio il fatto che, nel caso di specie, il padre non svolga attualmente trasferte lavorative, che sarebbero comunque, nel caso, limitate a tre o quattro giorni al mese. Il medesimo ha affermato tramite il suo avvocato che, qualora tali trasferte dovessero aumentare, egli potrebbe cambiare attività lavorativa per poter mantenere lo status quo in relazione alla frequentazione con il figlio. Ove, invece, fossero accolte le domande della madre, e il figlio venisse autorizzato a trasferirsi insieme a lei in diversa città, il padre potrebbe vedere suo figlio per tre fine settimana al mese (come detto, per un totale di sei pernottamenti rispetto agli attuali sedici), ma dovrebbe trascorrere uno di questi fine settimana in albergo nell'eventuale nuova città di residenza del figlio, con evidente compromissione della possibilità di vivere con il figlio un'auspicabile realtà domestica. Il Tribunale di Monza rileva, peraltro, come - in caso di trasferimento - gli oneri economici sulle spalle del padre aumenterebbero notevolmente, andando così a esaurire le sue risorse e rendendo, di fatto, incompatibile alle sue condizioni economiche tale diverso scenario organizzativo, così penalizzando la frequentazione tra padre e figlio. Il Tribunale di Monza stabilisce che, ove la ricorrente, nell'esercizio di una sua facoltà, decidesse comunque di trasferirsi in altra città per raggiungere il marito, il figlio minorenne verrà collocato anagraficamente presso il padre e la madre potrà vederlo e tenerlo con sé con le modalità previste in sentenza, eventualmente appoggiandosi alla propria famiglia di origine che vive nell'attuale luogo di residenza del minore, e ciò al fine di garantire comunque ampia frequentazione tra la madre e il figlio. Al collegio giudicante, tale soluzione appare meno gravosa di quella prospettata dalla ricorrente per non determinare oneri economici connessi al pernottamento alberghiero del padre, consentendo altresì alla madre un ulteriore aspetto degno di nota, vale a dire il poter godere della frequentazione con il proprio figlio nell'intimità di in un ambiente domestico |