Concordato preventivo: transazione fiscale e previdenziale (CCII)

13 Febbraio 2024

Si espone la disciplina dettata dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza in materia di transazione fiscale e contributiva (e strumento del cram down fiscale/contributivo) nel concordato preventivo.

Inquadramento

Il concordato preventivo (art. 84 e ss. CCII) è uno strumento di regolazione della crisi a carattere volontario nel quale l'imprenditore in stato di crisi o insolvenza formula una proposta di soddisfazione ai creditori, corredata da un piano che illustri le modalità, le strategie e i tempi delle attività che il debitore intende compiere per adempiere agli obblighi assunti nella proposta.

Nell'ambito del concordato preventivo, si colloca l'istituto della transazione fiscale e previdenziale, disciplinato dall'art. 88 del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (CCII). Tale istituto – contemplato anche nell'ambito degli accordi di ristrutturazione del debito – consente un pagamento ridotto dei debiti tributari e previdenziali o una dilazione degli stessi.

Si tratta, quindi, di una grande opportunità sia per le imprese in difficoltà finanziaria, che possono chiudere le pendenze con il fisco e gli enti previdenziali, sia per lo Stato che, attraverso questo istituto, è nelle condizioni di recuperare denaro e salvaguardare imprese e posti di lavoro.

L‘oggetto della transazione e le condizioni

Come anticipato, il Codice della Crisi disciplina – in continuità con l'art. 182-bis l. fall. – l'istituto della transazione fiscale e previdenziale nell'ambito della procedura di concordato preventivo all'art. 88 CCII.

Anzitutto, ai sensi del comma 1 dell'art. 88 CCII, possono formare oggetto di transazione i tributi e i relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, nonché i contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti obbligatorie con i rispettivi accessori. Restano invece esclusi dal novero i tributi propri degli enti locali (IMU, TARI, TOSAP/COSAP etc..), le entrate di natura non tributaria gestite dall'Agenzia delle Entrate, i crediti relativi a recuperi di aiuti di Stato dichiarati incompatibili con il mercato comune. La proposta di transazione può essere anche parziale e riguardare una sola parte dei tributi, o dilazionata; in tal caso, restano applicabili per gli altri tributi le condizioni generali previste nel piano concordatario.

L'art. 88 CCII prevede che, salvo quanto previsto per il concordato in continuità dall'art. 112, comma 2, CCII (occorre, sul punto, evidenziare come il richiamo a tale articolo per l'ipotesi di concordato in continuità aziendale sia da intendere come una precisazione circa l'applicazione congiunta di entrambe le norme a tale fattispecie), con il piano di concordato il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato dei suddetti tributi/contributi ad alcune condizioni.

In primo luogo, il piano deve prevedere la soddisfazione dei crediti tributari e contributivi “in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, secondo quanto attestato da un professionista indipendente”.

In altre parole, detti crediti non possono essere soddisfatti in misura inferiore al valore di liquidazione derivante dalla collocazione preferenziale sui beni oggetto di prelazione. Tale regola, pertanto, sancisce una soglia minima di soddisfazione rapportata al valore di liquidazione del bene.

In secondo luogo, in caso di credito tributario o contributivo assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quanto offerto ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie. Tale regola impone un trattamento non deteriore rapportato non già ai beni, ma alle altre categorie di creditori di grado inferiore o con posizione giuridica ed economica omogenea.

In terzo luogo, in caso di credito tributario o contributivo chirografario, anche per effetto di degradazione per incapienza, il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri crediti chirografari ovvero, in caso di suddivisione in classi, dei crediti rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole.

La procedura

Venendo alle regole procedurali, l'art. 88, comma 3, CCII prevede che, contestualmente al deposito presso il tribunale, debba essere presentata al competente agente della riscossione e agli altri uffici competenti sulla base dell'ultimo domicilio fiscale del debitore (identificati con l'ufficio che ha notificato gli atti di accertamento al debitore in relazione ai tributi amministrati all'Amministrazione delle dogane):

  • copia della proposta e della documentazione;
  • copia delle dichiarazioni fiscali per le quali non è pervenuto l'esito dei controlli automatici;
  • copia delle dichiarazioni integrative relative al periodo fino alla data di presentazione della domanda.

La norma non disciplina la forma e il contenuto della proposta di transazione. Tuttavia, la stessa Agenzia delle Entrate, con le circolarinn. 40 del 18 aprile 2008 e 16 del 23 luglio 2018, ha fornito dettagliate e molteplici indicazioni. In particolare, fra i vari requisiti, è richiesto che la domanda sia redatta nel modo il più possibile analitico ed esauriente, in analogia con le regole che disciplinano la redazione della proposta di concordato preventivo.

Ai sensi del comma 3, secondo periodo, l'agente della riscossione, non oltre trenta giorni dalla data di presentazione della documentazione appena richiamata, deve trasmettere al debitore una certificazione attestante l'entità del debito iscritto a ruolo, scaduto o sospeso.

Gli uffici, nello stesso termine, devono poi procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni, alla notifica degli avvisi di regolarità e alla certificazione attestante l'entità del debito derivante i) da atti di accertamento, anche se non definitivi per la parte iscritta a ruolo, nonché ii) dai ruoli vistati, ma non ancora consegnati all'agente della riscossione.

È inoltre previsto che, una volta nominato il commissario giudiziale, sia trasmessa a quest'ultimo, ai fini degli adempimenti di cui agli artt. 105, comma 1, e 106 CCII, copia dell'avviso di irregolarità e delle certificazioni.

Le ultime precisazioni, contenute negli ultimi due commi dell'art. 88 CCII, attengono invece al voto. Questo è espresso dall'ufficio, previo parere conforme della competente direzione regionale, in merito al credito chirografario complessivo (comma 4) e dall'agente della riscossione, limitatamente agli oneri di riscossione di cui all' art. 17 d. lgs. n. 112/1999 (comma 5). Il riferimento al credito chirografario complessivo deve intendersi riferito sia alla graduazione originaria del credito sia alla sua degradazione consequenziale all'incapienza dei beni sui quali insiste il diritto di prelazione. Ciò porterebbe a ritenere che il classamento obbligatorio previsto nell'art. 85, comma 2, CCII riguardi – in caso di incapienza dei beni – solamente la parte degradata in chirografo e non l'intero ammontare del credito.

Il cram down fiscale nel concordato preventivo in continuità

Rispetto all'assetto applicabile in vigenza della legge fallimentare, con il comma 2-bis dell'art. 88 CCII il legislatore continua ad attribuire al tribunale il potere di omologare il concordato preventivo con transazione fiscale “anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all'articolo 109, comma 1, e, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente o non deteriore rispetto all'alternativa liquidatoria”.

Dunque, anche nel Codice della crisi le condizioni da soddisfare ai fini dell'attuazione del c.d. cram down fiscale e contributivo continuano a essere due:

1) la mancanza di adesione da parte dell'Agenzia delle Entrate o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie;

2) la convenienza del trattamento proposto rispetto all'alternativa liquidatoria.

Relativamente al requisito della convenienza, dottrina maggioritaria distingue altresì l'ipotesi in cui si versi in un concordato in continuità piuttosto che liquidatorio; nel primo, infatti, si ritiene che il trattamento dei crediti tributari e contributivi non debba  essere inferiore rispetto a quello che essi riceverebbero in caso di liquidazione giudiziale, mentre, nel caso del concordato liquidatorio, che il trattamento dei creditori pubblici sia conveniente rispetto a quello che essi riceverebbero in caso di liquidazione giudiziale.

Come visto in precedenza, l'art. 88, comma 2-bis, CCII stabilisce che il tribunale dispone la omologazione forzosa della transazione fiscale e contributiva quando l'adesione del Fisco e degli altri enti di previdenza è determinante “ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all'art. 109, comma 1”.

Poiché l'art. 109, comma 1, CCII ha a oggetto il concordato liquidatorio, ci si è chiesti se l'omologazione forzosa debba ritenersi ammissibile esclusivamente in tale tipo di procedura. Questa tesi potrebbe trovare conferma nell'art. 112, comma 2, lett. d), CCII, che consente al tribunale di omologare il concordato in continuità anche in caso di dissenso da parte di una o più classi (cd. “cross class-cram down”), in deroga alla regola generale sancita dal comma 1, lett. f) del medesimo art. 112, secondo cui il tribunale omologa tale tipo di concordato solo se tutte le classi hanno votato favorevolmente.

La giurisprudenza si è recentemente pronunciata sul punto nel senso di escludere l'attuazione del cram down fiscale nel concordato preventivo in continuità (Trib. Lucca n. 62/2023), e ciò per i seguenti motivi:

  • l'art. 88, comma 1 CCII fa salve le diverse previsioni del successivo art. 112, comma 2; inoltre, il comma 2-bis del medesimo articolo, che disciplina il cram down fiscale, richiama l'art. 109, comma 1, CCII, il quale dispone in merito al concordato liquidatorio, ma non l'art. 109, comma 5, relativo al concordato in continuità, né il comma 2 dell'art. 112, che regola la ristrutturazione trasversale in tale tipo di concordato. Ne discende che sotto il profilo letterale non esisterebbe quindi una connessione fra omologazione forzosa e concordato in continuità;
  • un'interpretazione estensiva del citato comma 2 bis deve essere in ogni caso negata in quanto:
    • la direttiva insolvency, nel dettare le condizioni della ristrutturazione trasversale dei debiti, non fa mai riferimento alla (e quindi non consente la) possibilità di considerare un voto non espresso da un creditore, o da una classe di creditori, come un voto adesivo per effetto di una fictio iuris, ma richiede che la proposta sia approvata dalla maggioranza delle classi o da una particolare classe (svantaggiata o interessata);
    • il cram down fiscale è stato pensato nel nostro ordinamento in un contesto in cui non esisteva la regola della priorità relativa, ma solo quella della priorità assoluta: non si può pertanto applicare la stessa soluzione alla diversa ipotesi in cui la distribuzione dei beni futuri avviene non secondo la regola della priorità assoluta ma in base alla regola della priorità relativa, imponendo a un creditore una soluzione che lo penalizza (per quanto attiene la distribuzione del surplus concordatario) in difetto di una sua volontà esplicita, poiché l'approvazione della proposta della maggioranza delle classi richiesta ai fini della omologazione del concordato deve essere infatti esplicita;
    • il cram down fiscale non sarebbe consentito negli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa, in cui l'accordo è imposto anche a creditori non aderenti e, pertanto, ove fosse consentito nel concordato produrrebbe “l'effetto di estendere l'efficacia dell'accordo non solo al creditore pubblico contrario o non aderente, ma anche a tutti gli altri creditori non aderenti”;
    • la disciplina del piano di ristrutturazione omologato consente al debitore, la cui proposta non sia stata approvata dall'unanimità delle classi, di modificare la domanda formulando una proposta di concordato preventivo. Ciò posto, ritenere che l'approvazione della proposta di concordato preventivo sia possibile per effetto dell'applicazione dell'art. 88, co. 2 bis, senza una significativa modifica del contenuto della proposta, darebbe luogo “a un'evidente incoerenza di sistema”.
  • Inoltre, le regole che disciplinano la regola della priorità relativa e il cram down fiscale sono norme di carattere eccezionale, insuscettibili quindi di applicazione analogica.

Sul punto, tuttavia, in dottrina non sono stati condivisi i motivi della suddetta decisione giacché il riferimento all'art. 109, comma 1, contenuto nel comma 2-bis dell'art. 88, al solo concordato liquidatorio e non anche a quello in continuità, non avrebbe lo scopo di escludere l'applicazione del cram down fiscale in quest'ultima procedura. Tale riferimento sarebbe infatti previsto da una norma che attiene alla omologazione del concordato e che ha a oggetto le percentuali di approvazione della proposta; sarebbe stato pertanto incoerente prevedere un analogo riferimento anche con riguardo al concordato in continuità, la cui omologazione prescinde dall'approvazione della proposta da parte di una percentuale dei crediti ammessi al voto, essendo essa consentita in presenza dell'approvazione da parte della maggioranza delle classi. Inoltre, nel comma 2-bis dell'art. 88 CCII è stata trasposta la norma precedentemente recata dal comma 5 dell'art. 48, la quale richiamava, sì, il solo comma 1 dell'art. 109, ma ciò avveniva in un momento in cui quest'ultima disposizione, per quanto attiene alle regole di approvazione della proposta concordataria, non distingueva fra concordato liquidatorio e concordato in continuità e pertanto il richiamo al citato comma 1 dell'art. 109 era necessariamente riferito a entrambi i tipi di concordato. Ad avviso della dottrina, si sarebbe verificato un mancato coordinamento tra le norme citate e non vi sarebbero dunque motivi per non ammettere il cram down fiscale anche nel concordato in continuità.

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