Infortuni sul lavoro: accertamento dell’ “interesse o vantaggio” e della “colpa di organizzazione” tra “oggettivo” e “soggettivo” nella responsabilità della società

15 Febbraio 2024

La sentenza ribadisce nozione e criteri di accertamento dell'interesse o vantaggio e della colpa di organizzazione quali requisiti della responsabilità della società ex d.lgs. n. 231/2001 la cui prova parimenti grava sull'accusa, con riguardo alla materia degli infortuni sul lavoro: l'interesse, a connotazione finalistica ex ante connesso a trasgressioni antinfortunistiche isolate; il vantaggio come effetto concreto ex post di violazioni sistemiche in termini di risparmio di spesa o massimizzazione del profitto; la colpa di organizzazione consistente nella mancata predisposizione di accorgimenti preventivi idonei rispetto alla quale l'adozione e l'inefficace attuazione dei modelli di organizzazione prefigurati dal legislatore integra mera circostanza di prova. 

Massima

In tema di responsabilità ex d.lgs. n. 231/2001 per infortuni sul lavoro, l'interesse, come valutazione teleologica del reato apprezzabile ex ante, può riguardare anche violazioni isolate mentre il vantaggio corrisponde agli effetti, sia pur esigui, in termini di risparmio di spesa o massimizzazione del profitto obiettivamente derivanti da violazioni sistemiche. La colpa di organizzazione, come la colpa per il reato commesso dalla persona fisica, indica la mancata predisposizione di accorgimenti preventivi idonei rispetto alla quale i modelli di organizzazione prefigurarti dal legislatore integrano non elemento costitutivo ma circostanze di prova.  

Il caso

La dinamica dell'infortunio sul lavoro

Una società per azioni aveva riportato condanna ai sensi dell'art. 25-septies d.lgs. n. 231/2001 in relazione al delitto di lesioni colpose gravissime commesse con violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro per un infortunio avvenuto a danno di un proprio dipendente nel corso di un'operazione di sostituzione di un nastro trasportatore finalizzato a far confluire materiale per la fusione all'interno di un silos: in particolare, a seguito del transito di una componente del carroponte alla cui guida si trovava altro addetto, la vittima aveva subito lo schiacciamento del capo contro uno spigolo della balaustra.

La questione

L' accertamento dell'“interesse o vantaggio” e della “colpa di organizzazione” in relazione all'illecito amministrativo da reato della Società

A parte il motivo sull'erroneo richiamo ai parametri di commisurazione della sanzione amministrativa, il ricorso avverso la sentenza di condanna, peraltro emessa in sede di rinvio dopo precedente annullamento della Corte di cassazione, riguarda la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell'interesse o vantaggio e della colpa di organizzazione della società che, secondo il ricorrente, il giudice di merito avrebbe indebitamente sovrapposto alla violazione della normativa antinfortunistica e alla colpa delle persone fisiche, ritenendoli pertanto dimostrati in re ipsa senza alcun apprezzamento di fatto.

Le soluzioni giuridiche

Interesse in violazione antinfortunistica isolata e vantaggio anche esiguo in violazioni sistemiche, colpa dell'ente come deficit organizzativo e modelli organizzativi come criteri di prova 

Sulla scia di quanto affermato già dalle Sezioni Unite nel caso Thyssenkrupp (Cass. pen., sez. un., 24 aprile 2014, n. 38343), la sentenza adotta soluzioni ormai pressoché consolidate per l'imputazione alla società della responsabilità amministrativa da reato colposo di evento ribadendo, in primo luogo, che l'”interesse” o il “vantaggio”, da valutarsi entrambi avendo come termine di riferimento la condotta e non l'evento, sono alternativi e concorrenti tra di loro in quanto il primo esprime una valutazione teleologica del reato apprezzabile ex ante secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo mentre il secondo ha connotazione essenzialmente oggettiva valutabile ex post sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell'illecito.

Nell'ambito dell'art. 25-septies d.lgs. n. 231/2001 l'interesse postula dunque che l'autore del reato abbia violato, sia pur in modo episodico ed estemporaneo (come in Cass., 22 settembre 2020, n. 29584 in Riv. trim. dir. pen. econ., 2021, n. 1-2, 421; Cass., 24 marzo 2021, n. 12149, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2021, 3-4, 941; Cass., 8 giugno 2021, n. 22256 in Quot, giur., 2021. In senso contrario, Cass., 4 ottobre 2019, n. 3157; Cass., sez. IV, 28 maggio 2019, n. 29538, in Dejure per cui è necessaria la sistematica violazione delle regole cautelari), la normativa cautelare allo scopo di conseguire un risparmio di spesa per l'ente indipendentemente dal suo effettivo raggiungimento, mentre il vantaggio presuppone una violazione sistematica delle norme antinfortunistiche che abbia comportato oggettivamente un risparmio di costi o una massimizzazione della produzione (così già Cass., 23 maggio 2018, n. 3836) sia pur in termini esigui (come già in Cass., 20 aprile 2016, n. 24697; di recente Cass. pen., 12 luglio 2023, n. 39129, in Quot. giur., 2023).

Con riferimento al caso di specie, si è pertanto ritenuto non censurabile l'apprezzamento in fatto svolto dal giudice di merito il quale, motivatamente, aveva ritenuto che gli autori del reato avessero consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di conseguire un'utilità per l'ente costituita dall'evidente risparmio economico connesso, da un lato, alle spese non effettuate relative alla formazione professionale dei lavoratori assegnati all'attuazione dell'operazione di manutenzione, alla protocollazione delle procedure manutentive e alla predisposizione di segnaletica di pericolo e, dall'altro, all'esecuzione delle attività di manutenzione di notte in modo da recare minor intralcio all'attività produttiva.

In secondo luogo, quanto alla struttura dell'illecito collettivo, premesso che la posizione significativa dell'agente e la relazione teleologica tra reato ed ente hanno unicamente la funzione di irrobustire il rapporto di immedesimazione organica (come già chiarito da Cass., 8 gennaio 2021, n. 32899, nel noto caso del disastro di Viareggio) la sentenza ricostruisce l'autentico nucleo fondante il rimprovero soggettivo nella colpa di organizzazione consistente nella mancata predisposizione di accorgimenti preventivi idonei ad evitare la commissione di reati del tipo di quello realizzato che, in tal guisa, rende la responsabilità del medesimo autonoma (come già in Cass. pen.,18 febbraio 2010, n. 27735 ; Cass., 15 febbraio 2022, n. 18413, ; Cass. pen., 28 marzo 2023, n. 21704 su cui L. Cudini, I criteri di imputazione oggettiva della responsabilità amministrativa dell'ente, in Riv. lav. nella Giur., 2023, 12, 1126), giocando la stessa funzione che la colpa assume nel reato della persona fisica quale violazione di regole cautelari. Assimilazione, quest'ultima, in virtù della quale si afferma pure che la mancata adozione e l'inefficace attuazione degli specifici modelli di organizzazione e di gestione prefigurati dal legislatore, rispettivamente agli artt. 6 e 7 d.lgs. n. 231/2001 nonché all'art. 30 d.lgs. n. 81/2008, non può assurgere ad elemento costitutivo della tipicità dell'illecito dell'ente ma costituisce circostanza atta ex lege a dimostrare che sussiste la colpa di organizzazione, la quale va però specificamente provata dall'accusa, ferma la possibilità di prova contraria da parte dell'ente.  Anche in questo caso, si escludono per l'effetto lacune motivazionali della decisione impugnata la quale aveva desunto dalla mancata predisposizione ed attuazione degli specifici modelli di organizzazione e di gestione un deficit organizzativo complessivo comportante, nel caso di specie, omessa adeguata formazione in maniera stabile dei dipendenti, assenza di protocolli per interventi di manutenzione complessi e formazione della relativa squadra, assenza dei divieti di accesso al silos durante lo svolgimento della procedura di manutenzione, carenza di valutazione del rischio sistemico.

Da ultimo, la sentenza ritiene corretto, adeguato e non manifestamente illogico il percorso argomentativo relativo alla quantificazione della sanzione amministrativa ex art. 11 d.lgs. n. 231/2001 incentrato sui medesimi criteri utilizzati per le pene disposte nei confronti delle persone fisiche ex art. 133 c.p. con motivazione tanto più stringente quanto maggiore risulti lo scollamento dal minimo edittale (come già affermato in Cass. pen.,16 aprile 2019, n. 39952). La misura delle 200 quote, prossima alla massima delle 250 prevista dall'art. 25-septies, comma 3, d.lgs. n. 231/2001, era stata infatti raggiunta richiamando, con diffuse argomentazioni, l'estrema gravità del fatto in relazione alle violazioni stabili e permanenti delle regole cautelari e al danno fisico riportato dal lavoratore, la circostanza che il reato presupposto era stato posto in essere da figure apicali della struttura societaria e rilevando che quanto svolto per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e prevenire le conseguenze di ulteriori illeciti era solo frutto dell'indagine e del conseguente processo e non di una effettiva resipiscenza, mentre l'importo delle quote determinato in euro 500,00 era stato rapportato alle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente.

Osservazioni

Oggettivo vs. soggettivo, autonomia vs. rimbalzo

I principi confermati dalla sentenza in commento vanno senz'altro apprezzati quanto allo sforzo di rendere autonomo e colpevole il rimprovero alla società in conformità al vincolo, sia pur non espressamente richiamato, dell'art. 27, comma 1, Cost. da applicarsi anche al tertium genus della responsabilità ex d.lgs. n. 231/2001 in quanto avente natura sostanzialmente punitiva stando ai noti criteri Engel della giurisprudenza CEDU.

Nel contempo va nettamente condivisa, sempre nell'ottica dei vincoli costituzionali della presunzione di non colpevolezza e del diritto di difesa, la previsione di un preciso onere di prova gravante sull'accusa la quale, in tema di colpa di organizzazione, deve indicare in “cosa” consista il deficit organizzativo in assenza del quale il reato non si sarebbe verificato, senza potersi all'uopo limitare a generici richiami all'inidoneità o all'inefficace attuazione del modello né, tantomeno, poter attribuire valore decisivo alla mancata documentazione di quest'ultimo quale elemento costitutivo dell'illecito, potendo diversamente salvare le sorti dell'ente un adeguato sistema di controllo (in termini, ad esempio, di compliance, audit, certificazioni, etc.) sia pur non formalmente ma solo sostanzialmente rispondente ai parametri degli artt. 6 e 7 d.lgs. n. 231/2001 e 30 d.lgs. n. 81/2008.

Ci si limiti, tuttavia, in questa sede a rilevare ancora qualche passaggio di potenziale ambiguità. Anzitutto, nell'ambito della struttura dell'illecito dell'ente il requisito dell'interesse o vantaggio appare ancora avvinto da una indistinta qualificazione oggettiva in termini di rafforzamento del rapporto di immedesimazione organica, contrapposta a quella propriamente soggettiva della colpa di organizzazione, sebbene poi l'interesse costituisca una proiezione finalistica della condotta da rapportare dichiaratamente all'intento che la sorregge.

Ma, soprattutto, dietro la “scarsa consistenza” dell'interesse, ove relativo a violazioni antinfortunistiche isolate realizzate mediante iniziative estemporanee potrebbe bypassarsi l'accertamento di una consapevole finalizzazione della condotta al risparmio di spesa per l'ente trasfigurando di fatto una colpa incosciente in una cosciente: del pari, l'esiguità del vantaggio conseguito potrebbe costituire l'indice dell'assenza di un interesse ex ante quale requisito indefettibile dell'imputazione ai sensi del combinato disposto dell'art. 5, commi 1 e 2, d.lgs. n. 231/2001 ove le violazioni sistemiche siano addebitabili non a deliberate politiche d'impresa ma a generale e diffusa trascuratezza, dimenticanza, inesperienza o reiterata superficialità: a prescindere dalla dubbia compatibilità di un vantaggio esiguo a fronte di violazioni reiterate, si finirebbe quindi per punire l'ente più per il suo modo di essere che per un collegamento finalistico col singolo reato-presupposto.

Tutte situazioni, queste, in cui, al di là del richiamo a mere formule di stile, si annida il rischio di una responsabilità non personale dell'ente. Inoltre, la Corte continua a richiamare un meccanismo di estensioneper rimbalzo” della responsabilità dall'individuo all'ente laddove, per altro verso e condivisibilmente, si valorizza l'autonomia del rimprovero all'ente, nei termini, anche di prova, ormai delineati dalla Cassazione a partire dal caso Impregilo (Cass., 11 novembre 2021, n. 23401 su cui v., per tutti, C. Piergallini, Una sentenza “modello” della Cassazione pone fine all'estenuante vicenda “Impregilo”, in Sist. pen., 17 giugno 2022).

Quanto alla colpa di organizzazione, non convince a pieno l'assimilazione con la colpa della persona fisica perché, se è vero che se ne deve parimenti accertare un nesso causale con la realizzazione del reato-presupposto, d'altro canto il deficit ex d.lgs. n. 231/2001 attiene a una dimensione “pre-cautelare” che mira a prevenire situazioni nelle quali possa verificarsi la violazione antinfortunistica, a differenza delle regole cautelari del d.lgs. n. 81/2008 dirette a scongiurare la realizzazione del singolo infortunio  nell'ambito delle attività lavorative: diversamente, potrebbe venire a sovrapporsi il profilo (macro)“organizzativo” o di “alta vigilanza” con quello strettamente “operativo” (in tema cfr., volendo, ampiamente D. Piva, La responsabilità del “vertice” per organizzazione difettosa nel diritto penale del lavoro», Napoli, 2011, spec. 81 ss. e 138 ss.). Pare, dunque, che debba ancora affinarsi il percorso di graduale ricostruzione della struttura dell'illecito collettivo così come non possa ritenersi del tutto esclusa, sulla base dei medesimi principi sin qui pur apprezzabilmente elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, la possibilità di un appiattimento della responsabilità dell'ente su quella del proprio apicale, tra cui rientra a pieno titolo il datore di lavoro (per come definito all'art. 2, comma 1, lett. b) d.lgs. n. 81/2008), specie ove non risulti documentata l'adozione e l'efficace attuazione dei modelli organizzativi prefigurati dal legislatore.

Riferimenti bibliografici

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F. Consulich, Manuale di diritto penale del lavoro, Torino, 2024.

L. Cudini, I criteri di imputazione oggettiva della responsabilità amministrativa dell'ente, in Lav. giur., 2023, n. 12, p. 1126 ss.

S. Francazi, Interesse e vantaggio dell'ente alla luce dei recenti approdi giurisprudenziali, in Giur. pen., 2022, p. 7.

A. Manna, Il sistema penale in materia di sicurezza del lavoro, Milano, 2023.

V. Mongillo, La colpa di organizzazione: enigma ed essenza della responsabilità “da reato” dell'ente collettivo, in Cass. pen., 2023, n. 3, p. 704 ss.

C. Paliero e C. Piergallini, La colpa di organizzazione, in La responsabilità amministrativa delle società e degli enti, 2006, p. 167 ss.

C. Piergallini, Una sentenza “modello” della Cassazione pone fine all'estenuante vicenda “Impregilo”, in Sist. pen., 17 giugno 2022.

D. Piva, «La responsabilità del “vertice” per organizzazione difettosa nel diritto penale del lavoro», Napoli, 2011.

D. Piva, «Presunzioni di colpa e onere della prova dell'ente: ragioni e spunti per una riforma dell'art. 6 d.lgs. 231/2001», in La responsabilità amministrativa delle società e degli enti, 2018, n. 4, p. 159 ss.

M. Riverditi, “Interesse o vantaggio” dell'ente e reati (colposi) in materia di sicurezza sul lavoro: cronistoria e prospettive di una difficile convivenza, in Arch. pen., 2011, n. 2.