Le tre tappe di questa evoluzione
1. ANNI 2000-2003
Gli interventi in materia di trasparenza nascevano con l'obiettivo di correggere l’asimmetria informativa nella relazione intermediario-cliente. Alla base di questa esigenza vi era la convinzione che il consumatore fosse un soggetto pienamente razionale e perfettamente in grado di elaborare le informazioni che gli venivano fornite. Pertanto, si riteneva che il riequilibrio potesse ottenersi promuovendo una maggiore trasparenza formale e ampliando la quantità di informazioni da fornire al cliente.
Alla stessa logica corrisponde anche la previsione di obblighi di sottoscrizione specifica di determinate clausole contrattuali, in questo modo richiamandosi l'attenzione del contraente debole su aspetti particolarmente delicati, sempre sulla base del presupposto che questi fosse in grado di comprenderne il significato e la portata giuridica ed economica.
La risposta normativa si rinviene in due atti: la delibera CICR del 2000 e le istruzioni di vigilanza in tema di trasparenza emanate nel 2003.
La delibera del CICR del 2000 era, in realtà, intervenuta per regolamentare un fenomeno specifico: la capitalizzazione in senso tecnico nelle operazioni in conto corrente, perché lì c’era una capitalizzazione asimmetrica a seconda che fossero a carico del cliente o a beneficio del cliente, mentre per i finanziamenti con rimborso rateale veniva preso in considerazione solo il problema dell’eventuale produzione di interessi in caso di ritardo di pagamento delle singole rate.
Un assetto più compiuto in termini di trasparenza si ha solo nel 2003 con le istruzioni di vigilanza per le banche in tema di trasparenza, appunto.
Questo primo nucleo di disciplina attribuiva una rilevanza centrale ai profili della trasparenza informativa in sede precontrattuale.
Le istruzioni richiedevano di avere nel c.d. foglio informativo, che doveva essere messo a disposizione del cliente prima della stipulazione del contratto, informazioni sulle condizioni economiche dell'operazione o del servizio e sulle clausole contrattuali non strettamente economiche che li regolavano. In particolare, fogli informativi dovevano contenere:
- informazioni sulla banca e sulle caratteristiche rischi tipici dell'operazione o del servizio;
- condizioni economiche dell'operazione;
- clausole non strettamente economiche nel contratto;
Oltre a ciò dovevano anche riportare le informazioni sui principali diritti e obblighi del cliente.
È interessante osservare che, a fronte di questo catalogo piuttosto ricco, non era contenuto alcun riferimento specifico alle modalità di rimborso dei prestiti. Più precisamente, non era previsto, neanche in capo all'intermediario, di fornire in sede di informativa precontrattuale il piano di ammortamento; segno che forse, all’ora, le questioni relative all'ammissibilità e all’intrinseca comprensibilità delle indicazioni in merito al piano di ammortamento dei finanziamenti non erano avvertite come un'area problematica.
Però è importante sottolineare che già la disciplina del 2003 introduceva l'obbligo di includere, sia nel contratto che nel documento di sintesi (il documento riepilogativo delle principali condizioni applicate), un indicatore sintetico di costo (ISC), calcolato conformemente alla disciplina sul TAEG, il quale rappresenta una sintesi dei costi complessivi dell’operazione, la cui finalità è di consentire al consumatore di confrontare in maniera rapida e immediata le offerte, includendo tutte le condizioni, e valutarne quindi la convenienza economica, anche rispetto alle alternative.
Questo obbligo di inserire l’ISC-TAEG, che prima era previsto solo per il credito al consumo, in Italia viene per la prima volta esteso nel 2003 anche ai mutui, anticipando di fatto una previsione che a livello comunitario sarà introdotta solo nel 2014 con la direttiva sui mutui.
2. DAL 2009 CON LE DISPOSIZIONI DI TRASPARENZA
Una delle principali acquisizioni della teoria economica moderna è rappresentata dalla consapevolezza che i reali meccanismi decisionali si discostano dal modello presupposto delle teorie classiche del consumatore perfettamente razionale: il consumatore è razionale in senso limitato per una serie di limiti cognitivi.
L'evoluzione della normativa di trasparenza si basa proprio sulla consapevolezza dei limiti cognitivi che caratterizzano i processi decisionali.
Agli intermediari, quindi, si chiede sempre più di veicolare informazioni salienti, nel senso di quelle veramente utili, secondo modalità standardizzate, al fine di:
- favorire il confronto tra prodotti presenti sul mercato, perché è proprio attraverso il confronto che è possibile scegliere intermediario e offerta contrattuale più rispondenti alle proprie esigenze;
- agevolare la verifica dell'adeguatezza delle caratteristiche del prodotto o del servizio rispetto alle proprie possibilità ed esigenze.
La risposta normativa si rinviene nelle nuove disposizioni di trasparenza emanate nel 2009.
Questa disciplina dedica grande attenzione all'informativa precontrattuale e all'esigenza di assicurarne una standardizzazione, sul presupposto che, soprattutto per i consumatori, sia importante poter accedere a informazioni omogenee, presentate in modo che sia possibile il confronto, facendo peraltro affidamento sull'assenza di sorprese al momento del contratto.
Viene, così, prescritta la relazione di fogli informativi per tutti i prodotti, tra cui mutui. Per i mutui, inoltre, viene chiesta anche la predisposizione di un foglio comparativo, che riporti per ciascun mutuo offerto dallo stesso operatore: tasso di interesse, durata minima e massima, modalità di ammortamento, periodicità rate, TAEG, per garantire un confronto anche tra i diversi prodotti lo stesso produttore.
L’informativa precontrattuale deve essere standardizzata: le disposizioni del 2009 contengono un prototipo di foglio informativo per il mutuo ai consumatori, testimoniando un'attenzione della disciplina secondaria verso chiarezza e comprensibilità dell'informazioni sull'ammortamento. In particolare, il documento dovrà indicare: il tipo di ammortamento prescelto, la tipologia di rata e la periodicità.
Ulteriori requisiti poi riguardavano l'informativa precontrattuale personalizzata, che deve essere fornita al cliente quando è iniziata una trattativa. Per i contratti di mutuo a tasso fisso occorre che il documento di sintesi con l'informativa precontrattuale personalizzata, che poi deve essere unita al contratto, riporti anche il piano di ammortamento. Qua l’idea era che la chiarezza e la comprensibilità delle informazioni sul rimborso del mutuo fossero meglio assicurate da un riepilogo puntuale delle somme dovute alle varie scadenze, piuttosto che dal ricorso a formule lessicali, che spieghino nel dettaglio le modalità di calcolo degli interessi, o a espressioni matematiche, la cui esigenza di precisione si scontra poi con un livello di tecnicismo che probabilmente all'utente-tipo sfugge.
È sempre del 2009 la previsione che impone agli intermediari di mettere a disposizione dei clienti le c.d. Guide in parole semplici, redatte dalla Banca d'Italia: esse consistono in volumetti che spiegano al cliente cosa deve fare prima di sottoscrivere un mutuo, a cosa deve guardare e cosa deve considerare. Queste riconoscono, per la prima volta, l'esigenza di coniugare le finalità di trasparenza con quelle di educazione finanziaria dei clienti.
È utile ricordare che per i contratti di credito al consumo, la direttiva del 2008, che è una direttiva di armonizzazione massima e su cui poi è stata modellata naturalmente la normativa nazionale, prevedeva il diritto del consumatore a ricevere, in qualunque momento e senza spese, una tabella di ammortamento con importi dovuti, piano di ammortamento e interessi. Per cui, per certi versi, nella prospettiva del legislatore comunitario, nell’ambito dei contratti di credito ai consumatori, per una chiara rappresentazione al cliente delle modalità di funzionamento del prestito, ciò che davvero occorre è un dettagliato piano di ammortamento che deve essere fornito al cliente che ne fa richiesta in qualunque momento.
Nelle disposizioni del 2009 cominciano a essere introdotte anche norme volte a riequilibrare direttamente il rapporto fra banca e cliente, non solo sul piano informativo, ma promuovendo una correttezza sostanziale dei comportamenti: esemplificativamente, alle banche e agli intermediari finanziari si chiede di dotarsi di procedure interne per l'assistenza al cliente che svolgano attività formative dirette alla rete di vendita.
3. IL RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA MUTUI
Ormai gli studi di behavioural economics hanno definitivamente confermato i bias cognitivi e comportamentali a cui siamo tutti esposti e che richiedono una tutela basata su strumenti che tengono conto delle effettive modalità di funzionamento del nostro processo decisionale.
Alcune evidenze di indagini nazionali e internazionali mostrano come i consumatori siano poco attrezzati a decodificare concetti e informazioni di natura matematica. Un'indagine della Banca d'Italia, ripetuta ogni tre anni e basata su metodologie condivise con l’OCSE, mostra che:
- solo il 50% degli adulti italiani comprende il concetto di interesse semplice:
- tra coloro che non conoscono nemmeno lo strumento mutuo, solo 45% conosce il concetto;
- tra coloro che conoscono lo strumento mutuo, la percentuale sale un pochino, fino al 54%;
- tra coloro che hanno un mutuo, il 60% sa cos'è un tasso di interesse semplice;
- se passiamo all'interesse composto, l'assoluta maggioranza della popolazione (80% circa) non comprende il concetto di interesse composto e questa percentuale sale di poco anche tra coloro che hanno un mutuo.
Dal punto di vista dei requisiti dell'informativa al cliente, queste evidenze sulle distorsioni e sulle competenze si traducono nel tentativo di assicurare che ai clienti siano presentate in maniera davvero comprensibile le informazioni necessarie e utili perché prenda decisioni consapevoli.
Si assiste, dunque, al passaggio da un approccio di disclosure piena a un modello di trasparenza sostanziale, con l'obiettivo di far comprendere al cliente gli elementi essenziali dell'operazione che intraprende, anche se non ne conosce tutti i presupposti teorici e le implicazioni tecniche
Questa è la linea che ha seguito la normativa comunitaria materia di credito immobiliare del 2014, a cui hanno fatto seguito il recepimento nel TUB e le disposizioni di trasparenza riviste nel 2016.
L'informazione al cliente si declina secondo un approccio graduale che parte da un ambito generale, svincolato dall'avvio della trattativa (informazione pubblicitaria, informazioni generali) fino a una piena personalizzazione rivolta al cliente specifico. Quindi, informativa generalizzata, personalizzata e poi contratto contribuiscono, nella logica della direttiva mutui, ad assicurare il perseguimento di finalità di tutela del cliente e di promozione dell'efficienza del mercato.
Nello specifico le informazioni di carattere generale (su finanziatore, caratteristiche del credito, documentazione da fornire per consentire la valutazione del merito creditizio) devono essere riportate in modo chiaro e comprensibile e sono disponibili per il consumatore in qualunque momento.
Le informazioni personalizzate, basate anche sulle informazioni ricevute dal singolo consumatore, da fornire prima che questi sia vincolato, consentono al consumatore di prendere una decisione informata e consapevole sulla conclusione del contratto, valutando le diverse implicazioni. Sono fornite secondo modello standardizzato, il prospetto informativo europeo standardizzato (PIES), prima che il consumatore sia vincolato da un contratto di credito, quindi consentendogli di fare dei confronti.
La disciplina di matrice europea prevede che in questa informativa personalizzata, fornita attraverso il PIES, siano inclusi:
- un piano di ammortamento personalizzato, da cui emerga con chiarezza quanto il mutuatario deve pagare per capitale interessi;
- le informazioni sul tipo di credito, e in particolare le modalità di rimborso di capitale e interessi, precisando se il contratto prevede il rimborso periodico del solo capitale, dei soli interessi o di entrambi;
- la tabella di ammortamento (in particolare quando il tasso di interesse è fisso per tutta la durata del credito).
L'idea è che questa informativa sia funzionale a garantire che il consumatore possa giungere effettivamente a una decisione consapevole: messo in condizioni di conoscere le caratteristiche sia in termini di costi che di condizioni, questi può valutare se il contratto proposto sia davvero adatto alle sue esigenze e alla sua situazione finanziaria, anche in rapporto ad altre offerte.
Altre previsioni dispongono che:
- prima della conclusione del contratto, il consumatore ha diritto a un periodo di riflessione di almeno sette giorni, in cui l'offerta rimane vincolante;
- il contratto dovrà essere conforme all'offerta formulata.
Alla focalizzazione delle richieste di trasparenza in questi termini, corrisponde anche un rafforzamento, sia nella disciplina comunitaria che di riflesso in quella nazionale, delle richieste in materie di correttezza sostanziale: gli orientamenti dell'EBA (Autorità Bancaria Europea) in materia di dispositivi di governo e di controllo sui prodotti bancari al dettaglio, richiedono agli intermediari di disegnare dall'origine prodotti che siano davvero nell'interesse dell'utente finale, testandoli prima con una serie di procedure.