È corretto che il liquidatore sia chiamato a rispondere del debito della società cancellata dal R.I.?

22 Febbraio 2024

L’Agenzia delle Entrate notifica al liquidatore di una società di capitali, cancellata dal Registro delle Imprese, una intimazione di pagamento con la quale gli richiede il pagamento delle imposte (Ires/Irap) dovute dalla società estinta.

Dopo la riforma del diritto societario del 2003, l'estinzione della società (di persone o di capitali) conseguente alla cancellazione dal Registro delle Imprese, non comporta il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla stessa ma si determina un fenomeno di tipo successorio in virtù del quale l'obbligazione della società non si estingue ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali.  L'art. 28, comma 4° e 5°, d.lgs. n. 175/14 (c.d. decreto semplificazioni) ha, poi, determinato profondi cambiamenti nell'ambito della responsabilità fiscale delle società estinte prevedendo che “ai soli fini della validità e dell'efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l'estinzione della società, di cui all'articolo 2495 del codice civile, ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese”. 

La ratio legis, ispirata alla tutela dell'interesse pubblico alla riscossione delle imposte, è stata evidentemente quella di dare un'ulteriore strumento all'Amministrazione finanziaria allo scopo di agevolare il soddisfacimento del credito erariale attraverso “una temporanea inefficacia dell'estinzione” in modo da evitare che le azioni di recupero poste in essere dagli enti creditori potessero essere vanificate. Pertanto, l'intento del legislatore è stato quello di “creare” un atto valido nei confronti della società per agire, invece, nei confronti dei soci e dei liquidatori (i quali sono da considerare i veri destinatari della norma), in base ad una disposizione fiscale ad hoc (ancorché espressione di una responsabilità civilistica): si tratta, in particolare, della previsione dell'art. 36 del d.P.R. n. 602/1973 che fissa una particolare responsabilità per i liquidatori, per gli amministratori e per i soci. In sostanza, la “sopravvivenza della società” ai fini fiscali (fictio iuris) ha essenzialmente il fine di individuare nell'accertamento indirizzato alla società un presupposto per la definizione della responsabilità del liquidatore e/o dei soci nei cui confronti il Fisco deve agire con autonome azioni di accertamento e in presenza delle condizioni per poter procedere.

Con particolare riferimento alla figura del liquidatore, il citato art. 36 prevede una specifica responsabilità dei liquidatori che non hanno adempiuto all'obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori, sancendo, altresì, una responsabilità personale, salvo contraria dimostrazione dell'avvenuto pagamento dei debiti tributari, in via preventiva al riparto dei beni ai soci.

Tale responsabilità è parametrata al controvalore dei debiti d'imposta che avrebbero trovato capienza nella relativa graduazione. Per quanto sopra detto, quindi, è da considerarsi illegittima l'intimazione di pagamento, intestata alla società “sopravvissuta” (per fictio iuris, ex art. 28 d.lgs. 175/2014), notificata al liquidatore e che richieda allo stesso il pagamento del debito della società. Potrebbe, semmai, giustificarsi da parte dell'Amministrazione finanziaria una notificazione “per mera conoscenza” dell'avviso di intimazione all'ex liquidatore al solo fine di supportare l'eventuale autonomo atto di accertamento della sua responsabilità personale ex art. 36.