In arrivo il Ddl Nordio: ancora novità in tema di intercettazioni

Cesare Parodi
23 Febbraio 2024

Le finalità dell'intervento sulla disciplina delle intercettazioni contenuto nel DDL «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento giudiziario» - approvato dal Senato e in attesa del “passaggio” verosimilmente finale alla Camera sono estremamente chiare: fornire una maggiore tutela alla riservatezza dei soggetti coinvolti nelle captazioni, intervenendo sulla possibilità di pubblicazione delle intercettazioni, sulle disposizioni in tema di deposito di cui all'art. 268 c.p.p. e sull'utilizzo delle stesse in tema di richieste di misure cautelari.

Premessa

In esito ad un lungo dibattito parlamentare, pare essere arrivata in dirittura d'arrivo la riforma voluta dal Ministro Nordio che ha per oggetto anche e potremmo dire ancora una volta la disciplina delle intercettazioni.

Il disegno di legge è stato approvato al Senato e allo Stato non si intravedono verosimili modifiche in occasione dell'approvazione finale alla Camera. Si tratta, a grandi linee, delle indicazioni del progetto iniziale così che molte delle considerazioni già espresse devono essere confermate. Nondimeno, il testo che potrebbe essere quello finale contiene alcune novità meritevoli di attenzioni, in quanto tutt'altro che secondarie.

A distanza di tre anni dall'entrata in vigore dell'ultima riforma sul tema - prevista dal d.l. 30 dicembre 2019 n. 161 convertito con modifiche con l 28 gennaio 2020 n. 7 - a sua volta frutto di una lunga e tormentata rielaborazione delle indicazioni contenute nel d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216 -  e a brevissima distanza dal  decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105 (in Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 186 del 10 agosto 2023), coordinato con la legge di conversione 9 ottobre 2023, n. 137 «Conversione in legge del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, recante disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione) ancora una volta l'interprete deve farsi carico di ricondurre nuove disposizioni in un quadro generale tale da consentire agli operatori di applicare correttamente puntualmente quelle che sono le nuove indicazioni.

Evidentemente, le indicazioni contenute nella l. 20 gennaio 2020, n. 7, non sono state considerate adeguate e/o sufficienti al proposito, in quanto la finalità di una maggiore tutela della riservatezza traspare in termini lampanti in tutti i punti in tema di intercettazione contenuti nel provvedimento presentato dal Ministro Nordio. La relazione di accompagnamento al DDL «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento giudiziario. Interpretazione autentica dell'articolo 9 della legge 10 aprile 1951, n. 287» è chiarissima al riguardo. Nel menzionare «Gli interventi in materia di intercettazioni a tutela della riservatezza del terzo estraneo al procedimento (articolo 2, comma 1, lettere a), b), c), d), n. 1, ed e), n. 2).» si precisa che «Le modifiche hanno lo scopo di rafforzare la tutela del terzo estraneo al procedimento rispetto alla circolazione delle comunicazioni intercettate».

La nuova disciplina dell'art. 114 c.p.p.

Precisa la relazione al d.l. che con la lettera a) dell'articolo 2, comma 1, si modifica l'articolo 114, comma 2-bis, c.p.p. che attualmente vieta la pubblicazione del contenuto delle intercettazioni sino a quando esse non siano state «acquisite ai sensi degli articoli 268,415-biso 454 c.p.p.». Tale limitazione viene ora resa più stringente prevedendo che il divieto di pubblicazione cada solo allorquando il contenuto intercettato sia «riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento».

L'art. 114 c.p.p., come è noto, contiene un divieto generale di pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto. Divieto di pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto che si “estende” fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare fatta eccezione per l'ordinanza indicata dall'articolo 292 c.p.p.

Quest'ultimo comma è stato modificato proprio con la l. 7/2020, che ha anche inserito il comma 2-bis - per il quale «È sempre vietata la pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni non acquisite ai sensi degli articoli 268,415-biso 454 c.p.p.».

Con la riforma del 2020, il legislatore aveva stabilito che solo gli atti selezionati con le procedure di cui agli artt. 268,415-bis o 454 c.p.p. sono da considerarsi pubblicabili, laddove le altre captazioni – per quanto conosciute alle parti, che ne possono prendere visione con il deposito – “sfuggono” dal regime generale degli atti depositati; atti conosciuti, valutati ma non direttamente disponibili per le parti, in quanto destinati all'archivio riservato introdotto dalla riforma. Tale limitazione non è stata ritenuta sufficiente, considerato che potranno essere pubblicate non solo le parti di intercettazioni entrate nella disponibilità astratta acquisita con le menzionate procedure ma solo quella che avranno superato un vaglio da parte dell'organo giudicante, derivante dall'effettivo utilizzo delle stesse nella motivazione di un provvedimento o con l'utilizza nel corso del dibattimento.

Che ricaduta può avere tale disposizione? Indubbiamente, solo le disposizioni in oggetto sono pubblicabili (fermo restando quanto vedremo infra) le intercettazioni contenute in una misura cautelare; in fase di indagine, è statisticamente improbabile che le stesse siano richiamate in altri atti (quali ad es. ordinanza ammissiva di incidente probatorio) mentre lo stesso provvedimento di rinvio a giudizio normalmente non contiene stralci di intercettazioni. La stesse potranno essere – anche ampiamente- riportate in sentenza (magari, a distanza di anni dai fatti).

Indubbiamente potranno essere considerate riprodotte in un provvedimento le intercettazioni depositate ex artt. 268 e 415-bis c.p.p., laddove le stesse siano riportate nel decreto di archiviazione, che interverrà, comunque, dopo il termine delle indagini. Differente sorte potrà esserci laddove l'archiviazione non sia stata preceduta dall'avviso ex art. 415-bis c.p.p. (o, ovviamente, dalla procedura ex art. 268 c.p.p.)

Resta da capire cosa si debba intendere per “utilizzo nel corso del dibattimento”. Si pone di nuovo un dubbio: solo le intercettazioni oggetto - ad es. - di contestazione a un teste o all'imputato in tale sede, in quanto riportate nel verbale e quindi comunque rese “pubbliche” o anche in altri casi? Difficile allo stato ipotizzare una lettura “estensiva” in tale prospettiva.

Certamente si tratta di una ulteriore selezione di atti già selezionati, ad opera del P.M. e con il controllo ove necessario del G.i.p., in base al principio generale di cui all'art. 268 comma 2-bis c.p.p. Nulla, verosimilmente a questo punto potrebbe sfuggire.  Si tenga presenta, in effetti, che questa “restrizione” dovrà essere applicata tenendo conto delle modifiche alla disciplina generale dell'art. 268 comma 2-bis c.p.p. apportate dal sopra menzionato decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105 , coordinato con la legge di conversione 9 ottobre 2023, n. 137, in particolare laddove lo stesso ha previsto che:  «Il pubblico ministero dà indicazioni e vigila affinché i verbali siano redatti in conformità a quanto previsto dal comma 2 e negli stessi non siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano fatti e circostanze afferenti alla vita privata degli interlocutori, salvo che risultino rilevanti ai fini delle indagini».

Ovviamente, l'intera materia dovrà essere valutata alla luce delle indicazioni contenuto nel ddl n. 969 recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2022-2023, e la risoluzione n. 2 della maggioranza che approva il contenuto delle relazioni, programmatica 2023 (Doc. LXXXVI n. 1) e consuntiva 2022 (Doc. LXXXVII n. 1), sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea.

In base all'art. 4 di tale provvedimento (Delega al Governo per l'integrazione delle norme nazionali di recepimento della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali), è previsto che «Al fine di garantire l'integrale e compiuto adeguamento alla direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, anche al fine di integrare quanto disposto dal decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 188, nonché di assicurare l'effettivo rispetto dell'articolo 27, secondo comma, della Costituzione, il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le procedure di cui all'articolo 31 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari.». In particolare, «Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo è tenuto a osservare, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, anche il seguente principio e criterio direttivo specifico: modificare l'articolo 114 del codice di procedura penale prevedendo, nel rispetto dell'articolo 21 della Costituzione e in attuazione dei princìpi e diritti sanciti dagli articoli 24 e 27 della Costituzione, il divieto di pubblicazione integrale o per estratto del testo dell'ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare, in coerenza con quanto disposto dagli articoli 3 e 4 della direttiva (UE) 2016/343».

La modifica dell'art. 116 c.p.p.

Se la precedente disposizione rappresenta un limite oggettivo alla circolazione delle intercettazioni, quella che ha modificato l'art. 116 c.p.p. aggiunge un limite soggettivo. Per la relazione al d.l., la lettera b) dell'art.  2 comma 1 del d.l. aggiunge un secondo periodo all'articolo 116, comma 1, al fine di escludere comunque il rilascio di «copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione ai sensi dell'articolo 114, comma 2-bis c.p.p., quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori». In base all'art. 116 c.p.p. (Copie, estratti e certificati) «Durante il procedimento e dopo la sua definizione, chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie, estratti o certificati di singoli atti»; tale disposizione è integrata con il seguente periodo «Non può comunque essere rilasciata copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione ai sensi dell'articolo 114, comma 2-bis c.p.p. quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori».  Nella versione approvata dal Senato, a tale disposizione è stato aggiunto «salvo che la richiesta sia motivata dalla esigenza di utilizzare i risultati delle intercettazioni in altro procedimento specificamente indicato». Quest'ultima indicazione- apparentemente “semplice” potrà essere, al contrario, foriera di non pochi problemi ermeneutici. DI fatto, occorre richiamare, ai fini di una corretta applicazione, la disciplina dell'art. 270 c.p.p. – unitamente al complesso coacervo di indicazioni fornite sul tema dalla S.C.- in quanto non è chiaro se la semplice astratta richiesta di utilizzo in altro procedimento delle intercettazioni sia di per sé sola elemento fondante del rilascio delle copia o se tale richiesta possa avvenire solo a fronte di un effettiva possibilità di utilizzo, ossia di utilizzo alle condizioni e nei limiti delineati dal sistema.

Il comma 3 dell'art. 116, non modificato, precisa che «Il rilascio non fa venire meno il divieto di pubblicazione stabilito dall'articolo 114».

Sulla richiesta provvede il pubblico ministero o il giudice che procede al momento della presentazione della domanda ovvero, dopo la definizione del procedimento, il presidente del collegio o il giudice che ha emesso il provvedimento di archiviazione o la sentenza.

Anche la finalità della sopra riportata integrazione è chiarissima: non solo a procedimento in corso ma anche quando lo stesso sarà definito le intercettazioni (ovviamente quelle che avranno già superato il “vaglio” dell'art 114 c.p.p.: le altre sono già comunque destinate all'oblio dell'archivio riservato) potranno essere a disposizione solo delle parti e dei difensori.

In sostanza, di tali atti si vuole elidere non solo la valenza a fini di cronaca, quanto anche la possibilità di “recupero” degli stessi in una prospettiva temporale a lungo termine e a prescindere dall'interesse pubblico che le stesse potrebbero avere assunto.

La modifica dell'art. 268 c.p.p.

La lettera c) dell'art. 2 comma 1 del d.l., interviene sull'articolo 268, commi 2-bis e 6 c.p.p. (norma sulla quale, come già sopra segnalato è intervenuto il decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, coordinato con la legge di conversione 9 ottobre 2023, n. 137). Rispetto al testo modificato da quest'ultimo provvedimento, se da un lato è evidente la finalità della modifica, l'interprete è costretto a uno sforzo di “ricostruzione” del testo che – confidiamo- potrà venire meno nella versione finale della norma.

Il testo del ddl 808 stabilisce che all'articolo 268 l comma 2-bis, dopo le parole: «dalla legge» sono inserite le seguenti: «o relativi a soggetti diversi dalle parti».

Se andiamo a verificare il testo attuale della norma, le parole “dalla legge” non compaiono: «Il pubblico ministero dà indicazioni e vigila affinché i verbali siano redatti in conformità a quanto previsto dal comma 2 e negli stessi non siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano fatti e circostanze afferenti alla vita privata degli interlocutori, salvo che risultino rilevanti ai fini delle indagini». Occorre recuperare il testo precedente, modificato dal d.l. 105/2023: «Il pubblico ministero dà indicazioni e vigila affinché nei verbali non siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano dati personali definiti sensibili dalla legge, o relativi a soggetti diversi dalle parti, salvo che risultino rilevanti ai fini delle indagini».

Ecco che la stessa “interpolazione” risulta problematica in quanto inserire nel testo attuale «o relativi a soggetti diversi dalle parti» si dovrebbe giungere alla seguente soluzione: «Il pubblico ministero dà indicazioni e vigila affinché i verbali siano redatti in conformità a quanto previsto dal comma 2 e negli stessi non siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano fatti e circostanze afferenti alla vita privata degli interlocutori «o relativi a soggetti diversi dalle parti» salvo che risultino rilevanti ai fini delle indagini».

Analoga modifica è stata prevista per il comma 6 dell'art. 268 c.p.p.- rispetto al quale è stata disciplinata la seguente interpolazione del testo originario: «Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso che, entro il termine fissato a norma dei commi 4 e 5, per via telematica hanno facoltà di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. Scaduto il termine, il giudice dispone l'acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche indicati dalle parti, che non appaiano irrilevanti, procedendo anche di ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l'utilizzazione e di quelli che riguardano categorie particolari di dati personali, o soggetti diversi dalle parti, sempre che non ne sia dimostrata la rilevanza. Il pubblico ministero e i difensori hanno diritto di partecipare allo stralcio e sono avvisati almeno ventiquattro ore prima».

La finalità globale delle due modifiche è, evidentemente, quella di imporre una particolare attenzione per gli interessi e la riservatezza anche di tutti i soggetti ai quali accade di essere accidentalmente e/o occasionalmente coinvolti in una captazione. Si può anzi ritenere che tale tutela sia accordata non solo ai soggetti coinvolti nella comunicazione ma anche a quelli estranei rispetto alle stesse, laddove menzionati a vario titolo da quelli coinvolti. Per altro, confrontando il comma 2 bis con il comma 6, emerge una evidente difformità tra il riferimento del comma 6 ai “dati personali” rispetto a quello del comma 2 bis, ove si parla – in termini evidentemente molto più ampi - di “fatti e circostanze afferenti alla vita privata degli interlocutori”.

La modifica all'art. 291 c.p.p.

Il Ddl Nordio interviene, altresì, sul testo dell'art. 291 comma 1-ter, c.p.p. Rispetto al testo attuale: «Quando è necessario, nella richiesta sono riprodotti soltanto i brani essenziali delle comunicazioni e conversazioni intercettate» è stato aggiunto «, in ogni caso senza indicare i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione». Una indicazione di un obbligo per il P.M. di bilanciare le esigenze processuali con la tutela della riservatezza.

In termini generali, l'art. 291 c.p.p. prevede che il pubblico ministero presenta al giudice competente gli

elementi su cui la richiesta di misura cautelare si fonda, compresi i verbali di cui all'articolo 268, comma 2, limitatamente alle comunicazioni e conversazioni rilevanti, e comunque conferiti nell'archivio di cui all'articolo 269, nonché tutti gli elementi a favore dell'imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate.

Con la modifica, l'art. 291 comma 1-ter c.p.p. risulterebbe così modificato «Quando è necessario, nella

richiesta sono riprodotti soltanto i brani essenziali delle comunicazioni e conversazioni intercettate, in ogni caso senza indicare i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione».

Identica modifica viene apportata dalla lettera e), numero 2, al comma 2-quater dell'articolo 292 c.p.p., in riferimento all'ordinanza applicativa della misura cautelare emessa dal giudice. Questo il nuovo testo del comma 2-quater. «Quando è necessario per l'esposizione delle esigenze cautelari e degli indizi, delle comunicazioni e conversazioni intercettate sono riprodotti soltanto i brani essenziali, in ogni caso senza indicare i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione degli elementi rilevanti».

Le due disposizioni sono espressive della medesima finalità e rappresentano anch'esse, come quelle già viste, una ulteriore forma di limitazione della possibilità utilizzo delle captazioni nell'ambito dei provvedimenti, siano esse richieste, siano essi decreti di autorizzazione. Il pubblico ministero dovrà pertanto operare una verifica sulle captazioni, di modo da evitare che nelle richieste anche i brani “essenziali” non contengono i dati riferibili a soggetti estranei.

L'utilizzo del termine parti, anziché “indagati” consente verosimilmente di ritenere che anche le persone offese siano escluse da tale disposizione per evidenti motivi, considerato che la rilevanza delle dichiarazioni di tali soggetti può essere un diretto riflesso delle condotte ipoteticamente illecite poste in essere dagli indagati. Per tutti gli altri soggetti, che non risultano essere indagati o persone offese, dovrà essere effettuata questa ulteriore attività. Sebbene il principio in sé possa apparire ragionevole, si tratta indubbiamente di un aggravio significativo delle attività della polizia giudiziaria prima e del pubblico ministero poi. Un 'aggravio sul piano organizzativo dell'attività si deve ritenere un dato oggettivo, non facilmente confutabile.

Inoltre, il fatto che il legislatore abbia ribadito il principio nell'ambito dell'articolo 292 c.p.p., che riguarda l'attività del giudice, impone di ritenere che anche tale organo è chiamato a un'attività di verifica e controllo sull'osservanza del principio da parte del pubblico ministero, tenendo presente che proprio l'utilizzazione in concreta nell'ambito di provvedimenti delle conversazioni potrà determinarne il venire meno del divieto di pubblicazione, come precisato nel punto precedente.

Resta, infine, da valutare quali sanzioni possano conseguire alla mancata osservanza delle nuove disposizioni. Non possiamo parlare di nullità/inutilizzabilità, mancando – allo stato - un richiamo all'art. 271, comma 1, c.p.p.; ci troviamo di fronte, pertanto, a una irregolarità processuale, in quanto tale non produttiva di effetti in ordine alla validità dell'acquisizione probatoria, eventualmente rilevante solo sotto il profilo disciplinare ai sensi dell'art. 124, comma 1, c.p.p., senza tuttavia una ricaduta sugli esiti del procedimento.

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