Trasferimento al notaio delle autorizzazioni sugli affari di volontaria giurisdizione relativi a minori, incapaci e disabili
26 Febbraio 2024
Massima L'autorizzazione alla vendita di bene di provenienza ereditaria, rilasciata dal notaio nell'interesse di persona sottoposta ad amministrazione di sostegno ex art. 21 d.lgs. n. 149/2022, non richiede il parere del giudice tutelare previsto dal capoverso dell'art. 747 c.p.c. Il caso L'autorizzazione alla vendita di immobile di provenienza ereditaria rilasciata dal notaio rogante ai sensi dell'art. 21 d.lgs. n. 149/2022, nell'interesse di persona sottoposta alla misura protettiva di amministrazione di sostegno, è stata reclamata da parte della procura della repubblica presso il Tribunale di Milano, in forza dell'assunto secondo cui la stessa sarebbe stata emessa in violazione dell'art. 21 citato, dato che non era stato acquisito il preventivo parere del giudice tutelare territorialmente competente. La questione Al reclamo avanzato dal P.M. il decreto di rigetto della Corte ambrosiana perviene alla conclusione della non necessità del parere del giudice tutelare ex art. 747 c.p.c., in forza dell'assunto rinveniente nella ratio posta a fondamento dell'innovazione del 2022; in particolare, consistente nell'esigenza di “sgravare l'attività del giudice in tale settore ”, degiurisdizionalizzando l'attività autorizzativa in materia di volontaria giurisdizione. All'interpretazione riguardante l'intenzione del legislatore della riforma, si affianca una considerazione letterale. La Corte valorizza il dato testuale, come emergente dal capoverso dell'art. 21 d.lgs. cit., laddove quest'ultima norma richiama l'art. 747, comma 4, c.p.c. dettato in tema di vendita di legato di specie. In proposito, si evidenzia come il nuovo disposto dettato dall'art. 21 non possa applicarsi congiuntamente all'art. 747, capoverso (che richiede il parere del g.t.). Osservazioni Preliminarmente, va dato atto della condivisibilità delle conclusioni cui il decreto della corte d'appello in epigrafe è pervenuta, non disgiunto da una valutazione di persistente utilità del ruolo del p.m. nel processo civile (v. art. 70 c.p.c.) a tutela delle posizioni dei soggetti fragili e, più in generale, quale presidio di garanzia necessario ad assicurare un controllo di legalità degli atti e delle attività inerenti il patrimonio di soggetti fragili. Il decreto in epigrafe offre lo spunto per valutare in anteprima la nuova disciplina dettata dall'art. 21 d.lgs. n. 149/2022 (di riforma del processo civile), in tema di autorizzazioni al compimento degli atti di volontaria giurisdizione, la cui competenza può essere rimessa ai notai, in forma concorrente rispetto alla tradizionale funzione in materia esplicata dal giudice tutelare (a norma del combinato disposto degli artt. 320,374 c.c. e 411 c.c., disposizione quest'ultima che richiama, tra l'altro gli artt. 320 e 374, in riferimento alle autorizzazioni relative al patrimonio di persona beneficiaria di amministrazione di sostegno). Sotto la rubrica, “Attribuzione ai notai della competenza in materia di autorizzazioni relative agli affari di volontaria giurisdizione”, dispone l'art. 21 d.lgs. n. 149/2022: “le autorizzazioni per la stipula degli atti pubblici e scritture private autenticate nei quali interviene un minore, un interdetto, un inabilitato o un soggetto beneficiario della misura dell'amministrazione di sostegno, ovvero aventi ad oggetto beni ereditari, possono essere rilasciate, previa richiesta scritta delle parti, personalmente o per il tramite di procuratore legale, dal notaio rogante.2. Il notaio può farsi assistere da consulenti, ed assumere informazioni, senza formalità, presso il coniuge, i parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo del minore o del soggetto sottoposto a misura di protezione, o nel caso di beni ereditari, presso gli altri chiamati e i creditori risultanti dall'inventario, se redatto. Nell'ipotesi di cui all'articolo 747, quarto comma, del codice di procedura civile deve essere sentito il legatario.3. Ove per effetto della stipula dell'atto debba essere riscosso un corrispettivo nell'interesse del minore o di un soggetto sottoposto a misura di protezione, il notaio, nell'atto di autorizzazione, determina le cautele necessarie per il reimpiego del medesimo.4. L'autorizzazione è comunicata, a cura del notaio, anche ai fini dell'assolvimento delle formalità pubblicitarie, alla cancelleria del tribunale che sarebbe stato competente al rilascio della corrispondente autorizzazione giudiziale e al pubblico ministero presso il medesimo tribunale.5. L'autorizzazione può essere impugnata innanzi all'autorità giudiziaria secondo le norme del codice di procedura civile applicabili al corrispondente provvedimento giudiziale. 6. Le autorizzazioni acquistano efficacia decorsi venti giorni dalle notificazioni e comunicazioni previste dai commi precedenti senza che sia stato proposto reclamo. Esse possono essere in ogni tempo modificate o revocate dal giudice tutelare, ma restano salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in forza di convenzioni anteriori alla modificazione o alla revoca.7. Restano riservate in via esclusiva all'autorità giudiziaria le autorizzazioni per promuovere, rinunciare, transigere o compromettere in arbitri giudizi, nonché per la continuazione dell'impresa commerciale”. In passato si era evidenziato che la materia dei controlli sugli atti di straordinaria amministrazione riguardanti il patrimonio di minori e disabili “mostrava su di sé le tracce del tempo”, necessitando di opportune semplificazioni, nell'ottica del risparmio delle scarse risorse del giudiziario, eliminando inutili e dispendiose complicazioni burocratiche. In tal senso la Commissione di studio presieduta dal prof. Alpa aveva formulato talune proposte innovative trasfuse in un elaborato consegnato nel 2017 al Ministro della Giustizia. In quest'ottica, si era, tra l'altro, previsto che il ricorso in materia di volontaria giurisdizione avanzato dal notaio si doveva intendere accolto una volta decorsi 15 giorni dalla sua presentazione, con l'introduzione di una sorta di silenzio assenso. Queste proposte innovative in materia hanno evidentemente fatto breccia nel legislatore delegato. In modo particolare, l'idea di attribuire ai notai talune competenze in materia di volontaria giurisdizione, tradizionalmente di competenza del giudice tutelare a tutela di posizioni di minori, interdetti, inabilitati e soggetto sottoposti ad a.d.s., si riviene trasparente nel progetto di legge delega formulato dalla Commissione presieduta dal prof. Luiso. L'obiettivo della novella processuale consisteva nel conseguire “un sicuro effetto deflattivo ” sul numero dei procedimenti pendenti, garantendo maggiore speditezza nell'esercizio della giurisdizione, sgravando il ruolo del giudice, il cui controllo sarebbe stato, comunque, fatto salvo, in funzione di controllo successivo, così determinando una sorta di “degiurisdizionalizzazione” di queste competenze. L'allegato ministeriale (c.d. Luiso), in particolare, proponeva il “trasferimento ai notai delle funzioni amministrative, nella volontaria giurisdizione, attualmente assegnate al giudice civile e al giudice minorile, se prive di collegamento con l'esercizio della giurisdizione ” (art. 9). Il criterio proposto è stato trasfuso nella legge delega (v. art. 1, comma 13, lett b, della l. n. 206/2021). Il legislatore delegato ha dato piena attuazione alla previsione di delega, disponendo il trasferimento ai notai di funzioni civili in materia di volontaria giurisdizione per l'autorizzazione alla stipula di “un atto pubblico o scrittura privata autenticata nei quali interviene un minore, un interdetto, un inabiltato o un soggetto beneficiario di a.d.s.”, previa “richiesta scritta delle parti” (art. 21, 1° comma, d.lg. n. 149). Tuttavia, il legislatore ha conservato “un doppio binario”, ben potendo l'interessato “alternativamente rivolgersi al notaio o al giudice” (come precisa la Relazione Illustrativa al d.lgs. n. 149) e come del resto emerge testualmente (“possono essere rilasciate”). L'innovazione introdotta in materia di volontaria giurisdizione dall'art. 21 d.lgs. cit. incide sulle funzioni esplicate tradizionalmente dal g.t. in tema di autorizzazione al compimento di atti di straordinaria amministrazione riferiti al patrimonio di soggetto incapace o sottoposto alla misura dell'a.d.s., come pure su quelle (di competenza del tribunale) “aventi ad oggetto beni ereditari”, sgravando percentualmente il carico di ruolo della giurisdizione. La novella incide sul regime autorizzatorio affidato agli artt. 320 (per i minori in potestate) e 374 (per gli interdetti, in combinato disposto con l'art. 411 c.c., in tema di a.d.s.). Ebbene, le autorizzazioni previste da queste disposizioni normative per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione ivi elencati, laddove esigano “la stipula degli atti pubblici e scritture private autenticate ” per i quali interviene il rappresentante del minore o del disabile, in via alternativa e facoltativa, possono essere trasferite al pubblico ufficiale (notaio) e da lui direttamente rilasciate, senza rivolgersi al tribunale. Con la novella si instaura un trasparente collegamento tra atto privato, che richiede l'intervento del pubblico ufficiale, ed autorizzazione di volontaria giurisdizione. Il parametro che il notaio è tenuto ad applicare, in sostituzione del g.t., per il rilascio dell'autorizzazione rimane quello della “necessità o utilità evidente”, codificato in tema di autorizzazione per gli atti dei minori in potestate, dall'art. 320, 3° comma, c.c., seppur dotato di valenza generalizzata. L'atto è “necessario” se va compiuto per evitare un danno a carico del patrimonio dell'incapace oppure se apporta una “utilità evidente”, ipotesi riscontrabile nel caso in cui lo stesso rechi vantaggio patrimoniale indubbio, cioè fondato su elementi certi e verificabili (Masoni, 20-21). Vanno ora verificati i singoli atti le cui autorizzazioni (exartt. 320 e 374 c.c.) possono essere, in linea teorica, trasferiti alla competenza notarile. Anzitutto, se riguardanti beni immobili, sono trasferibili al notaio le competenze in materia di autorizzazione agli “acquisti” ed alle “alienazioni ” (n. 1 e 2 dell'art. 374 c.c.) in quanto, ad substantiam actum, richiedono la redazione per atto pubblico o scrittura privata autenticata per il trasferimento della proprietà o altro diritto reale (v. art. 1350 c.c.). Lo stesso vale per l'accettazione di eredità che, per quando riguarda gli incapaci, va fatta con beneficio di inventario (art. 484 c.c., per atto di notaio), come pure per la rinuncia all'eredità (art. 519) e per l'accettazione delle donazioni, che pure fa fatta per atto pubblico (art. 782 c.c.) (art. 374, n. 6, c.c.). Sempre per atto pubblico o scrittura privata si concedono le ipoteche volontarie (art. 2821 c.c.), di talchè anche questa autorizzazione potrebbe essere concessa dal notaio. Formalmente non sarebbe invece ammesso l'intervento del pubblico ufficiale per la costituzione del pegno che non necessariamente esige la forma notarile (v. art. 2784 e seg. c.c.). Potrebbe essere degiurisdizionalizzata anche l'autorizzazione a procedere allo scioglimento di una comunione (art. 320, comma 3, c.c.) in quanto, se l'oggetto comprende diritti su beni immobili, l'atto esige la forma pubblica notarile. Con riguardo ad autorizzazione a “contrarre mutui” (art. 320, comma 3, c.c.), tanto per i mutui attivi che per quelli passivi, anche qui subentra il criterio della forma dell'atto che si è prescelto di adottare. Se si tratta, ad es., di mutuo ipotecario, l'atto pubblico si impone e la competenza è trasferibile al notaio rogante; se invece trattasi di mutuo contratto con istituto di credito che tale forma non esige (come nel caso di finanziamento acceso sottoscrivendo una scrittura privata non autenticata), l'autorizzazione rimane nella competenza del g.t. Non sono trasferibili le autorizzazioni a contrarre locazioni ultranovennali (artt. 1572 e 374, n. 8, c.c.) che non richiedono la forma pubblica ad substantiam, essendo unicamente richiesta la forma scritta ad substantiam con riferimento alla conclusione di contratti di locazione ad uso abitativo (art. 1, comma 4, l. n. 431/1998). Neppure è ammesso l'intervento notarile per autorizzare a “riscuotere i capitali” (art. 374, n. 3, c.c.). L'ultimo comma dell'art. 21 riserva infine all'autorità giudiziaria le autorizzazioni per “promuovere, rinunciare, transigere o compromettere in arbitri giudizi”, come pure “ per la “continuazione dell'impresa commerciale”. La disposizione richiama testualmente la parte conclusiva dell'art. 320, 3° e comma 5, c.c. Strettamente connesso al profilo autorizzatorio si pone il comma 3 dell'art. 21 d.lgs. n. 149: “ove per effetto della stipula dell'atto debba essere riscosso un corrispettivo nell'interesse del minore o di un soggetto sottoposto a misura di protezione, il notaio, nell'atto di autorizzazione, determina le cautele necessarie per il reimpiego del medesimo”. Il legislatore sembra avere implicitamente richiamato il criterio che deve seguire il g.t. per il reimpiego di denaro del soggetto incapace, dettato dall'art. 372 c.c. (i capitali vanno investiti in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, beni immobili, etc.). Per eliminare profili di dubbia interpretazione, il decreto correttivo della riforma del processo civile ha stabilito che il notaio, nell'atto di autorizzazione, “stabilisce il modo di reimpiego”, ripetendo la formulazione lessicale usata dal codice civile e che applica il g.t. Laddove poi il notaio cui le parti si siano rivolte per “iscritto” non possa o non voglia provvedere al rilascio dell'autorizzazione, le stesse saranno libere di rivolgere altrove la loro richiesta, ovvero di richiederla al giudice. Da questa rapida elencazione di atti autorizzabili da parte del notaio emerge chiaro che molteplici sono le attività che possono essergli demandate, realizzando l'auspicio legislativo che si pone a fondamento della novella, ovvero, quello di garantire una riduzione del carico della giurisdizione. Una volta resa l'autorizzazione da parte del notaio, la stessa va “comunicata”, a cura del notaio, alla cancelleria del “tribunale che sarebbe stato competente al rilascio della corrispondente autorizzazione giudiziale” ed “al p.m. presso il medesimo tribunale” (art. 21, comma 4). In forza del principio di libertà di forme degli atti, sembra che la comunicazione in discorso possa essere inviata con ogni mezzo che fornisca garanzia di sicura ricezione della stessa. La comunicazione in discorso serve agli effetti dell'annotazione dell'autorizzazione a cura della cancelleria nel corrispondente registro. Mentre la comunicazione al p.m. mette in condizione quest'ultimo di valutare il tenore dell'autorizzazione, agli effetti dell'eventuale proposizione del reclamo (su cui il comma 5: infra). Anche se la norma non lo precisa, da un punto di vista logico, l'atto autorizzativo va comunicato anche alle parti richiedenti “per iscritto” l'autorizzazione ex comma 1° (genitori del minore, amministratore di sostegno, etc.), sempre agli effetti dell'eventuale presentazione del gravame. La norma in esame è importante perchè ci pare, implicitamente, detti un criterio di competenza territoriale per l'individuazione del notaio a cui rivolgere la richiesta di autorizzazione, che viene individuato in quello che trovasi ad operare presso “il tribunale che sarebbe stato competente al rilascio della corrispondente autorizzazione giudiziale”. Trattasi di criterio di competenza territoriale inderogabile (arg. ex art. 28 c.p.c.), applicabile anche per l'autorizzazione notarile. Il comma 5 dell'art. 21 dispone: “l'autorizzazione può essere impugnata innanzi all'autorità giudiziaria secondo le norme del codice di procedura civile applicabili al corrispondente provvedimento giudiziale”. Viene qui tradotta quell'opportuna cautela richiamata dalla Relazione c.d. Luiso (p. 100): “l'eventuale vaglio giurisdizionale per la tutela dei diritti eventualmente incisi sarebbe comunque assicurato nella fase successiva all'adozione del provvedimento, con apposito ricorso giurisdizionale, che sarebbe pertanto solo eventuale”. A tutela delle ragioni delle parti ed a tutela delle posizioni soggettive dei soggetti implicati, minori o disabili, la riforma non esclude la facoltà dell'eventuale impugnazione giurisdizionale dell'autorizzazione, da attuarsi “secondo le norme del codice di procedura civile applicabili al corrispondente provvedimento giudiziale”. Trasparente è il richiamo compiuto agli artt. 739 c.p.c. (reclami delle parti) e 740 c.p.c. (reclamo del p.m.), con riguardo ai procedimenti in camera di consiglio. Contro i decreti del g.t. è dato ricorso al tribunale in composizione monocratica se il provvedimento ha contenuto patrimoniale, mentre contro quelli del tribunale si dà ricorso alla corte d'appello, che pronunzia in camera di consiglio (art. 739 c.p.c., novellato). Legittimati attivi alla proposizione del reclamo sono quanti furono parte del procedimento autorizzatorio avanti al notaio; ovvero, le parti richiedenti l'autorizzazione ed il p.m. in qualità di garante ed a tutela degli interessi degli incapaci. La legittimazione non compete certo il g.t. a cui non è stato richiesta alcuna autorizzazione e neppure il notaio rogante. Il termine di proponibilità del reclamo sembrerebbe raddoppiato, rispetto al regime ordinario dettato dagli artt. 739 e 740 per le autorizzazioni giudiziali che è fissato in dieci giorni. Per le autorizzazioni notarili il termine di reclamo è di venti giorni, termine decorrente dalla “notificazione e comunicazione previste nei commi precedenti” (v. art. 21, comma 6, che sembra speculare al disposto affidato all'art. 741, 1° comma, c.p.c.). Opportunamente, il decreto correttivo della riforma del processo civile innova il comma 5, disponendo che la cancelleria “dà immediata comunicazione al notaio dell'impugnazione” e del provvedimento che la definisce. Nell'ottica di permettere al medesimo di sapere se potrà procedere a rogare l'atto. Non essendo stata richiamata dal comma sesto la possibilità, “se vi sono ragioni d'urgenza”, di disporre che il decreto autorizzativo “abbia efficacia immediata” (art. 741, 2° comma), in questa sua nuova veste autorizzativa il notaio non può concedere l'esecutività immediata. Ex 4° comma il notaio è tenuto a dare “ comunicazione” alle parti interessate (oltrechè alla cancelleria) del provvedimento autorizzativo, non anche a provvedere alla “notificazione”, attività necessaria per la decorrenza del termine di reclamo (come dispone l'art. 739, capoverso, c.p.c.). A tale adempimento sarà tenuto la parte interessata a far decorrere il termine, come pure a rendere definitivamente “efficace” l'autorizzazione notarile. Tuttavia, nella versione innovata della norma per effetto del decreto correttivo alla riforma del processo civile, si prevede di eliminare il riferimento alla “notificazione”; cosicchè la decorrenza del termine di impugnazione di venti giorni rimarrebbe agganciata alla sola “comunicazione” notarile prevista dal quarto comma, in tal modo eliminando ogni perplessità. Il comma sesto della norma novellata conclude, riferendosi all'art. 742 c.p.c. e precisando che l'autorizzazione può sempre essere revocata o modificata “dal giudice tutelare” (rectius: tribunale; v. Santarcangelo, 104; Pepe). Con chiaro riferimento alla riacquisizione della competenza giurisdizionale ed esclusiva della fase di revoca o modifica dell'atto, non più alternativamente riferibile al notaio. Il decreto correttivo della riforma del processo civile, innovando il comma 6 dell'art. 21, dispone infine che il provvedimento di modifica o revoca dell'autorizzazione sia comunicato al notaio che ha rilasciato autorizzazione. Riferimenti Masoni, Il giudice tutelare, Milano, 2018, 46 e ss.; Santarcangelo, Volontaria giurisdizione: richiesta ed autorizzazione per vendita di bene ereditario, in Not., 2023, 1, 101 e ss; Palazzo, L'autorizzazione notarile di volontaria giurisdizione. Nuova attribuzione o evoluzione della funzione?, in Not., 2023, 5, 510; Pepe, Novità in tema di competenza giurisdizionale notarile, in Riv. Not, 2023, 3, 753; Costinel Malatesta, Volontaria giurisdizione, in La riforma Cartabia del processo civile, a cura di Tiscini, Pisa, 2023, 1136 e segg. |