Licenziamenti collettivi e diritto di informazione e consultazione dei lavoratori: la questione della mancata designazione dei rappresentanti dei lavoratori

29 Febbraio 2024

Con sentenza del 5 ottobre 2023 C-496/22, la CGUE ha stabilito che l'art. 1, § 1, comma 1, lett. b), l'art. 2, § 3 e l'art. 6 della Direttiva 98/59/CE sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che non prevede alcun obbligo per un datore di lavoro di consultare individualmente i lavoratori coinvolti da un progetto di licenziamento collettivo, nel caso in cui tali lavoratori non abbiano designato i rappresentanti dei lavoratori, e che non obbliga gli stessi a procedere a una simile nomina. Esiste tuttavia un obbligo giuridico dell'UE per gli Stati membri di adottare tutti i provvedimenti utili affinché vengano designati dei rappresentanti dei lavoratori e che «i lavoratori non si trovino in una situazione in cui, per motivi indipendenti dalla loro volontà» siano impossibilitati a designare tali rappresentanti.

La decisione della CGUE

La sentenza della CGUE del 5 ottobre 2023, C-496/22 verte sull'interpretazione dell'art. 1, § 1, comma 1, lett. b) Direttiva 98/59/CE, e dell'art. 6 della Direttiva 98/59/CE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, come modificata dalla Direttiva (UE) 2015/1794.

In particolare, la CGUE si è pronunciata su una controversia relativa all'obbligo per il datore di lavoro, nell'ambito di un progetto di licenziamento collettivo, di procedere all'informazione e consultazione individuale dei lavoratori, in assenza di rappresentanti dei lavoratori designati per difendere i loro interessi.

La Corte ha affermato che le disposizioni della citata Direttiva 98/59/CE non prevedono il suddetto obbligo per il datore di lavoro e pertanto le sue disposizioni devono essere interpretate nel senso che  non ostano a una normativa nazionale che, in assenza di rappresentanti dei lavoratori, non imponga al datore di informare e consultare individualmente ciascun lavoratore coinvolto dal progetto di licenziamento.

Ciò non toglie tuttavia, a detta della Corte, che le disposizioni della Direttiva obblighino gli Stati membri a adottare tutti i provvedimenti necessari affinché i lavoratori siano informati, consultati e possano intervenire tramite propri rappresentanti in caso di licenziamenti collettivi, rendendo effettive le disposizioni della Direttiva stessa.

Massima

L'art. 1, § 1, comma 1, lett. b), nonché l'art. 2, § 3 e l'art. 6 della Direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, come modificata dalla Direttiva (UE) 2015/1794, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 ottobre 2015, devono esser interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che non preveda alcun obbligo per un datore di lavoro di consultare individualmente i lavoratori coinvolti da un progetto di licenziamento collettivo, nel caso in cui tali lavoratori non abbiano designato i loro rappresentanti, né ostano a una normativa nazionale che non obblighi detti lavoratori a procedere a tale designazione, a condizione che tale normativa consenta, in circostanze indipendenti dalla volontà degli stessi lavoratori, di garantire la piena efficacia delle disposizioni della citata direttiva.

Il caso

Una società rumena che, nel contesto della pandemia da SARS COV2,  ha subito una significativa riduzione della propria attività nazionale procede alla soppressione di 128 posti di lavoro.

Detta società, in particolare, nel maggio 2020 notifica l'intenzione di avviare il procedimento di licenziamento alle autorità pubbliche coinvolte (Centro per l'Impiego di Bucarest, Ispettorato del lavoro in Romania e Ispettorato territoriale del lavoro del Comune di Bucarest), ma non procede in tal senso né nei confronti dei rappresentanti dei lavoratori, il cui mandato era scaduto nel mese di aprile senza che ne fossero stati nominati di nuovi, né individualmente nei confronti di ciascun lavoratore coinvolto dalla procedura di licenziamento.

Uno dei lavoratori licenziati impugna il licenziamento ma il ricorso viene respinto in primo grado.

Il lavoratore propone appello dinanzi alla Corte d'Appello di Bucarest evidenziando che la società datrice avrebbe dovuto obbligatoriamente informare e consultare i lavoratori individualmente anche in assenza di un sindacato o di rappresentanti designati per difendere gli interessi dei lavoratori.

La società appellata, dal canto suo, sostiene di esser stata dispensata dal procedere individualmente alla informazione e consultazione dei lavoratori stante il mancato coordinamento dei dipendenti per la nomina di nuovi rappresentanti e l'assenza una norma nella legislazione nazionale che preveda che la procedura di informazione e consultazione possa esser svolta nei confronti dei dipendenti considerati individualmente.

La Corte d'Appello di Bucarest, giudice del rinvio, ritiene che l'art. 2, § 3, Direttiva 98/59/CE, in combinato disposto con l'art. 6 della stessa Direttiva, vada interpretato nel senso che la fase di informazione e consultazione dei lavoratori sia obbligatoria nell'ambito di una procedura di licenziamento collettivo anche in assenza di rappresentanti dei lavoratori.

Allo stesso tempo, il giudice del rinvio rileva che altri organi giurisdizionali nazionali d'appello chiamati a pronunciarsi sull'interpretazione e applicazione delle medesime disposizioni sono giunti a conclusioni opposte, basandosi su una interpretazione letterale della Direttiva secondo cui i rappresentanti dei lavoratori sono gli unici soggetti “beneficiari” dell'obbligo di informazione e consultazione e di conseguenza i datori di lavoro non sono tenuti a rispettare la fase di informazione e consultazione dei lavoratori.

In ragione di tali contrapposte posizioni della giurisprudenza nazionale, il giudice del rinvio decide di sospendere il procedimento e sottoporre alla CGUE due questioni pregiudiziali concernenti l'interpretazione dell'art. 1, § 1, comma 1, lett. b) e dell'art. 6 Direttiva 98/59/CE.

Le questioni pregiudiziali: sull'obbligo di consultazione individuale dei lavoratori nel procedimento di licenziamento collettivo, in assenza di designazione di loro rappresentanti

La CGUE rileva che le due questioni pregiudiziali, che abbracciano anche la disposizione dell'art. 2, § 3 Direttiva 98/59/CE, vadano trattate congiuntamente in quanto relative alla medesima questione, ossia se la direttiva citata osti a una normativa nazionale che non preveda alcun obbligo per un datore di lavoro di consultare individualmente i lavoratori coinvolti nel progetto di licenziamento qualora gli stessi non abbiano designato i propri rappresentanti e che non obblighi allo stesso tempo i lavoratori a procedere a una simile designazione.

La Corte ricorda innanzitutto che l'obiettivo principale della Direttiva è quello di far precedere i licenziamenti collettivi da una fase di consultazione dei rappresentanti dei lavoratori coinvolti e dall'informazione dell'autorità pubblica competente (così CGUE, 17 marzo 2021, C-652/19).

Per giurisprudenza costante della Corte, infatti, il richiamato diritto all'informazione e consultazione è destinato ai rappresentanti dei lavoratori e non ai lavoratori considerati individualmente e, in particolare, l'art. 2, § 3 della direttiva conferisce ai lavoratori coinvolti una tutela collettiva e non individuale. (v. CGUE, 16 luglio 2009, C-12/089; CGUE, 13 luglio 2023, C-134/22).

La Corte evidenzia sul punto come anche l'art. 3 della Direttiva 98/59/CE, relativo all'obbligo di notifica del progetto di licenziamento all'autorità pubblica competente, preveda nei soli confronti dei rappresentanti dei lavoratori l'obbligo di consegna di una copia della notifica stessa, con possibilità per questi ultimi di presentare osservazioni all'autorità pubblica.

Ne discende che le disposizioni della Direttiva non prevedono alcun obbligo di informazione e consultazione individuale dei lavoratori coinvolti da un progetto di licenziamento.

A rafforzare tale constatazione la Corte evidenzia che, nonostante i lavori preparatori della Direttiva 98/59/CE prevedessero l'intenzione di introdurre una disposizione per l'informazione individuale dei lavoratori coinvolti dal progetto di licenziamento nel caso di mancanza di loro rappresentanti, la stessa non è stata poi effettivamente adottata.

Ciò in quanto l'informazione e consultazione rivolta a ciascun singolo lavoratore non consentirebbe di raggiungere lo stesso obiettivo della consultazione dei rappresentanti dei lavoratori, ossia la possibilità di evitare i licenziamenti collettivi o almeno attenuarne le conseguenze.

Gli interessi dei lavoratori considerati individualmente non corrispondono a quelli dei lavoratori nel loro insieme e i lavoratori considerati singolarmente non sono legittimati a intervenire a nome dei lavoratori nel loro insieme.

Alla luce di tali considerazioni la Corte afferma che le disposizioni della Direttiva 98/59/CE non ostano a una normativa che non impone al datore di lavoro di informare e consultare individualmente i lavoratori coinvolti dal progetto di licenziamento, in assenza di loro rappresentanti.

Allo stesso tempo la CGUE si sofferma sulla questione della nomina dei rappresentanti dei lavoratori, mutuando alcuni principi già espressi in un proprio precedente giurisprudenziale relativo alla Direttiva 75/129/CEE (poi sostituita dalla Direttiva 98/59/CE qui in commento).

Nella citata pronuncia la Corte afferma che è contraria al diritto dell'Unione una normativa nazionale che ostacoli una tutela incondizionatamente garantita ai lavoratori da parte di una Direttiva. Gli Stati membri sono pertanto obbligati a adottare tutti i provvedimenti necessari affinché i lavoratori siano informati, consultati e possano intervenire tramite propri rappresentanti in caso di licenziamenti collettivi (si v. in tal senso CGUE, 8 giugno 1994, C-383/92, punto 21 e 23).

Ciò in quanto il carattere seppur limitato dell'armonizzazione parziale garantita dalla citata Direttiva 75/129/CEE, per quanto riguarda le norme di tutela dei lavoratori in caso di licenziamento collettivo, non può privare di effetto le disposizioni della Direttiva stessa e pertanto gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutti i provvedimenti affinché siano designati i rappresentanti dei lavoratori e conseguentemente siano rispettati gli obblighi previsti dalla direttiva in tema di informazione e consultazione(si v. in tal senso CGUE, 8 giugno 1994, C-383/92, punto 25).

Trasponendo tali principi nel caso di specie, la Corte afferma che, benché la Direttiva 98/59/CE non abbia quale scopo quello di armonizzare le modalità e procedure di designazione dei rappresentanti dei lavoratori negli Stati membri, né di prescrivere un simile obbligo a carico dei lavoratori, spetta agli Stati garantire l'effettività delle disposizioni della Direttiva stessa. Di conseguenza, gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutte le misure utili affinché i rappresentanti dei lavoratori siano designati o, almeno, i lavoratori non si trovino in situazioni che rendano loro impossibile designare tali rappresentanti, per cause indipendenti dalla propria volontà.

A detta della Corte, spetta quindi al giudice del rinvio interpretare il diritto nazionale (nel caso di specie rumeno) al fine di valutare se le disposizioni che disciplinano la designazione dei rappresentanti dei lavoratori e definiscono la durata del mandato di questi, siano tali da garantire la piena efficacia agli artt. 2 e 3 della Direttiva 98/59/CE sull'informazione e consultazione dei lavoratori.

Laddove il giudice del rinvio dovesse conseguentemente ritenere che il diritto interno non è conforme alla Direttiva 98/59/CE e trattandosi di una controversia tra privati, spetterà a lui tener conto della giurisprudenza della Corte che consente alla parte lesa dalla non conformità del diritto nazionale al diritto dell'Unione di ottenere dallo Stato il risarcimento del danno subito (così CGUE, 7 agosto 2018, C-122/17).

Il campo di applicazione della Direttiva 98/59/CE nella giurisprudenza della CGUE: la questione della violazione dei criteri di scelta nella procedura di licenziamento collettivo

In più occasioni la CGUE è intervenuta a delineare l'ambito di disciplina di cui alla Direttiva 98/59/CE.

In particolare, la Corte ha specificato che la direttiva sui licenziamenti collettivi ha quale obiettivo quello di far precedere il licenziamento collettivo da una consultazione dei rappresentanti dei lavoratori (finalizzata ad evitare o ridurre i licenziamenti e ad attenuarne le conseguenze attraverso misure di riqualificazione dei lavoratori), nonché dall'informazione all'autorità pubblica competente.

La Direttiva 98/59 garantisce, dunque, solo un'armonizzazione parziale delle norme a tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi, occupandosi esclusivamente della procedura da seguire (si v. CGUE, 21 dicembre 2016, C-201/15).

In alcun modo essa si propone di realizzare un meccanismo di compensazione economica generale a livello dell'Unione in caso di perdita del posto di lavoro, né armonizza le modalità di cessazione definitiva delle attività di una impresa (così CGUE, 21 dicembre 2009, C-323/08).

Di conseguenza, le modalità di tutela da accordare ai lavoratori oggetto di un licenziamento collettivo illegittimo per violazione dei criteri di scelta e la definizione degli stessi criteri di scelta sono un tema privo di collegamento con gli obblighi di consultazione e di notifica previsti dalla Direttiva.

Con l'ordinanza del 4 giugno 2020 in C-32/20 e della sentenza del 17 marzo 2021 in C-652/19, la CGUE ha infatti affermato con una certa perentorietà che i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare nell'ambito delle procedure di licenziamento collettivo e la tutela conseguente alla loro violazione non rientrano nel campo di applicazione della Direttiva 98/59/CE, né di altra fonte europea.

In particolare, la CGUE si è dichiarata incompetente a decidere la questione di compatibilità con gli artt. 20 e 30 della Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione europea (di seguito Carta) della diversità di tutela contro il licenziamento collettivo illegittimo per violazione dei criteri di scelta prevista per i lavoratori assunti prima e dopo il 7 marzo 2015, posta dai giudici italiani (Corte d'Appello di Napoli e Tribunale di Milano) in seguito all'entrata in vigore del d.lgs. n. 23/2015.

Nella questione proposta dai giudici nazionali, secondo la Corte, non entra in gioco il diritto dell'Unione, in particolare la Direttiva sui licenziamenti collettivi 98/59/CE invocata come tramite per attrarre la normativa italiana in contestazione nell'orbita di influenza della Carta.

La CGUE ha specificato infatti che, perché possa rientrare nel campo di applicazione di una Direttiva, non basta che una normativa nazionale sia stata adottata in occasione dell'attuazione di una Direttiva ma è necessario che si tratti di una normativa adottata in attuazione degli obblighi specifici derivanti dalla Direttiva.

A richiamare il pensiero della Corte di Giustizia sul processo di armonizzazione parziale della disciplina dei licenziamenti collettivi di cui alla Direttiva 98/59/CE, a cui in alcun modo possono ricondursi i criteri di scelta o le tutele da somministrare in caso di violazione di tali criteri, è stata di recente anche la Corte costituzionale in occasione della pronuncia n. 7 depositata il 22 gennaio 2024.

Si tratta della pronuncia con cui la Corte costituzionale, respingendo le questioni di incostituzionalità prospettate dalla Corte d'Appello di Napoli, cristallizza i contenuti dell'art. 10 d.lgs. n. 23/2015 ritenendo del tutto legittima la tutela indennitaria per i lavoratori assunti a partire dal 7 maggio 2015 e licenziati al termine di una procedura collettiva di riduzione di personale, viziata, a detta gli interessati, da incongruità del criterio di scelta.

Riferimenti giurisprudenziali

Giurisprudenza della CGUE:

  • Sull'obiettivo della Direttiva 98/59/CE di far precedere i licenziamenti collettivi da una fase di consultazione dei rappresentanti dei lavoratori coinvolti e dall'informazione dell'autorità pubblica competente: CGUE, 17 marzo 2021, C-652/19.
  • Sul  diritto all'informazione e consultazione destinato ai rappresentanti dei lavoratori e non ai lavoratori considerati individualmente e, in particolare, sulla tutela collettiva e non individuale che l'art. 2, § 3 della direttiva conferisce ai lavoratori coinvolti: CGUE, 16 luglio 2009, C-12/089; CGUE, 13 luglio 2023, C-134/22.
  • Sull'obbligo degli Stati membri di adottare tutti i provvedimenti necessari affinché i lavoratori siano informati, consultati e possano intervenire tramite propri rappresentanti in caso di licenziamenti collettivi: CGUE, 8 giugno 1994, C-383/92, punto 21, 23 e 25.
  • Sull'obbligo per gli Stati membri di adottare tutti i provvedimenti affinché siano designati i rappresentanti dei lavoratori e conseguentemente siano rispettati gli obblighi previsti dalla direttiva in tema di informazione e consultazione: CGUE, 8 giugno 1994, C-383/92, punto 25.
  • Sull'armonizzazione parziale delle norme a tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi di cui alla direttiva 98/59/CE: CGUE, 21 dicembre 2016, C-201/15; CGUE, 21 dicembre 2009, C-323/08.
  • Sul campo di applicazione della direttiva 98/59/CE in cui non rientrano i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare nell'ambito delle procedure di licenziamento collettivo e la tutela conseguente alla loro violazione: CGUE, 4 giugno 2020, C-32/20; CGUE, 17 marzo 2021, C-652/19.

Giurisprudenza della Corte costituzionale:

  • Corte cost. 24 gennaio 2024, n. 7

Sul tema si rimanda a Licenziamenti collettivi: nelle more della nuova rappresentanza sindacale, il datore che non informa e consulta i singoli lavoratori non viola il diritto UE

Per maggior approfondimento, si rimanda a: 

G. Livi, Licenziamenti collettivi (Dir. 98/59/CE): il difetto dell'informativa all'Autorità pubblica non incide sulla posizione individuale del lavoratore 

E. Boghetich, Corte di giustizia UE: licenziamento collettivo e applicazione di un regime meno vantaggioso per i lavoratori assunti con il Jobs Act