Separazione addebitata alla moglie violenta nei confronti del marito

La Redazione
01 Marzo 2024

La Cassazione ricorda che, in tema di separazione dei coniugi, le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole e anche quando siano concretizzate in un unico episodio, non solo la pronuncia di separazione personale, ma anche la dichiarazione dell’addebito.

Il Tribunale di Napoli pronunciava la separazione dei coniugi con addebito all'ex moglie. La decisione veniva confermata in appello dove veniva ritenuto sufficiente a confermare l'addebito un episodio di aggressione da parte della donna nei confronti del marito che, in realtà, costituiva uno dei ripetuti episodi di violenza posti in essere dall'appellante, a seguito dei quali si era consumata la crisi matrimoniale.

La soccombente ha impugnato la pronuncia in Cassazione dolendosi per l'omessa considerazione della sentenza penale del Tribunale che l'aveva assolta dal reato di maltrattamenti in famiglia per insussistenza del fatto. Secondo la ricorrente «questa omissione, riguardando una risultanza istruttoria di cui la parte aveva esplicitamente dedotto la decisività, violerebbe, inoltre, il disposto dell'art. 115 c.p.c.».

Il motivo risulta inammissibile. La Corte ricorda infatti che «il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l'omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di portata tale da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. civ. n. 16812/2018Cass. civ. n. 19150/2016)». Il documento non esaminato, infatti, non rappresentava alcun fatto decisivo nel contesto della decisione assunta dalla Corte d'Appello che si fondava su una ricostruzione più ampia della crisi matrimoniale della coppia e non avrebbe dunque potuto consentire diverse conclusioni sulla domanda di addebito.

In tal senso, viene inoltre specificato che «le risultanze della sentenza penale assumevano natura di prova atipica (cfr. Cass. 5947/2023) ed erano rimesse al prudente apprezzamento del giudice del merito all'esito di un confronto critico con le altre risultanze del processo».

Con ulteriore profilo di ricorso, la donna lamenta che la Corte territoriale, nel ravvisare la sussistenza di un nesso causale tra la pretesa violazione degli obblighi matrimoniali e la crisi coniugale facendo riferimento alla scansione temporale dell'unico evento esaminato ai fini dell'addebito, abbia disatteso il costante orientamento giurisprudenziale sul tema.

Anche in questo caso però la doglianza non coglie nel segno. Secondo la giurisprudenza di legittimità, «le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole – quand'anche concretantisi in un unico episodio di percosse –, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l'intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore, e da esonerare il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, restando altresì irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale» (tra le altre, v. Cass. civ. n. 27324/2022).

In conclusione, la Corte non può che rigettare il ricorso e condannare la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione.

(Fonte: Diritto e Giustizia)