Minimali proposte di correzione/integrazione del CCII in tema di composizione negoziata della crisi alla luce dei principi di effettività ed efficienza

Filippo Lamanna
05 Marzo 2024

Nella composizione negoziata della crisi, il CCII fa riferimento alle “parti” con riferimento alla disciplina della proroga del relativo termine di durata e alla possibilità di concludere un contratto con uno o più creditori. Lo scritto suggerisce minimali modifiche correttive, volte a rendere più chiare ed efficienti le disposizioni di riferimento.

La nozione di “parti” e la proroga del termine di durata della composizione negoziata

Proseguendo nel tentativo di suggerire qualche ulteriore minimale modifica/integrazione del CCII in vista del prossimo “Correttivo”, selezionando, tra le tanti possibili, quelle più “liquide”, ossia di pronta utilità e di semplice attuabilità, mi limiterei qui a due modesti suggerimenti in tema – questa volta - di composizione negoziata della crisi; suggerimenti che, anche se già in certa misura formulati da alcuni commentatori, meritano di essere ulteriormente chiariti, precisati e finalizzati.

Il primo riguarda la necessità di definire il concetto di “ parti ” delle trattative e, al tempo stesso, la disciplina della proroga del termine di durata della composizione negoziata.

Secondo il CCII (art. 17, comma 7), la composizione negoziata della crisi ha una durata massima di centottanta giorni, decorrenti dalla data di accettazione dell'incarico da parte dell'esperto, durata prorogabile di altri centottanta giorni, a condizione che tutte le parti lo richiedano e l'esperto presti il proprio consenso.

La proroga del termine di durata della composizione negoziata della crisi è, evidentemente, una questione tutt'altro che irrilevante, anzi cruciale, in quanto può influire in modo determinante sul buon esito delle trattative e sulla tutela dei diritti e degli interessi delle parti coinvolte. E la più seria criticità al riguardo è costituita proprio dalla necessità che la proroga sia richiesta – come vuole il testo attuale della norma - da tutte le parti.

Infatti, anzitutto, non è chiaro che cosa debba intendersi per “parti”, perplessità che peraltro sussiste non solo ai fini della disposizione in esame. La questione, infatti, è di carattere più generale, non avendo il legislatore speso alcuna parola per definire tale concetto, che necessita dunque, e comunque, di un preciso chiarimento normativo, tanto più – giustappunto - ai fini della disciplina riguardante la proroga delle trattative.

Potrebbe trattarsi, ad esempio, solo delle parti già effettivamentecoinvolte nelle (e partecipanti alle)trattative, o invece, secondo un'accezione più lata, generica ed astratta, di tutte le parti potenzialmente “interessate” alle trattative, ossia di tutti quei soggetti che, sebbene ancora non coinvolti nelle trattative, potrebbero avere comunque un interesse alla composizione negoziata, in quanto titolari di un credito o di un altro diritto nei confronti dell'imprenditore in crisi, o in quanto potenziali acquirenti dell'azienda o di rami di essa.

È chiaro che, ove la necessità di un'unanime richiesta di proroga s'intenda riferita non soltanto alle parti già coinvolte, ma anche a tutte quelle che possano avere un interesse alle trattative, sarebbe arduo pervenire in concreto, in molti casi, a tale unanimità.

A questa distinzione tra parti effettivamente coinvolte e parti solo interessate (ma di fatto non coinvolte) si sovrappone, peraltro, un'ulteriore distinzione concettuale che fa perno sulla specifica “qualità” o sul “peso” delle parti.

È di comune evidenza, infatti, come del resto in molteplici commenti interpretativi è stato rilevato, che le parti non sono tutte uguali, né hanno lo stesso peso e la stessa rilevanza nella composizione negoziata della crisi. Mentre alcune possono essere considerate “strategiche” ovvero “determinanti”, perché detengono una posizione dominante o notevolmente influente nei confronti dell'imprenditore in crisi, o anche semplicemente perché possono offrire soluzioni obiettivamente utili e vantaggiose per il risanamento dell'impresa; altre parti, invece, possono essere considerate solo “marginali” o “non determinanti”, in quanto detentrici di una posizione debole, o defilata, o francamente ininfluente nei confronti dell'imprenditore in crisi, o, ancora, perché non possono offrire soluzioni utili per il risanamento dell'impresa. Ed è chiaro che – non a caso – solo le prime, di norma, vengono effettivamente coinvolte nelle trattative, e non invece le seconde.

Entrambe le distinzioni concettuali (giustapponibili) tra parti coinvolte e interessate, e tra parti determinanti e parti marginali, possono evidentemente influire non poco – oltre che sulla gestione delle trattative, anche – sulla possibilità di proroga del termine di durata della composizione negoziata, qualora si ritenga che sia necessario sempre il consenso di tutte le parti, anche di quelle solo interessate, ma non coinvolte, ovvero delle parti marginali o contrarie alla composizione negoziata della crisi, risultandone un'evidente difficoltà di pervenire in tal caso alla proroga.

Per questo motivo non è da escludere l'opportunità di apportare modifiche correttive al Codice, in tale ambito, prevedendosi espressamente, in via alternativa:

  1. o che la proroga del termine di durata della composizione negoziata della crisi possa essere richiesta solo dalle parti con le quali siano effettivamente in corso le trattative (sulla base dell'implicito presupposto che si tratti solo delle parti “determinanti”), fermo restando il necessario consenso dell'esperto;
  2. o – forse ancor meglio – che la proroga possa essere decisa “unilateralmente” solo dall'esperto, su semplice istanza del debitore, senza il coinvolgimento delle (altre) parti (diverse dal debitore), qualunque estensione logico-semantica si voglia dare al concetto di “parte”.

La prima soluzione avrebbe indubbiamente come pendant una qualche inevitabile riduzione/compressione della tutela dei creditori, già per il fatto stesso che, quantomeno alcuni, resterebbero esclusi dalla possibilità di partecipare alla decisione sulla proroga, pur potendo subire gli effetti negativi della proroga stessa, tra i quali possono essere annoverati, soprattutto, gli effetti inibitori dovuti alle misure protettive, quando richieste (come di solito accade) ed effettivamente concesse (misure che, pur non potendo durare di norma più di 120 gg., possono essere a loro volta prorogate fino a 240 gg., in tal modo potendo estendersi anche durante una parte del massimo periodo di proroga delle trattative); effetti in ragione dei quali i creditori, come ben si sa, temporaneamente non possono esercitare i loro diritti satisfattivi in via esecutiva e nettampoco in via cautelare nei confronti del debitore, né avvalersi degli ordinari mezzi di autotutela contrattuale (art. 18, comma 5, CCII). Inoltre, vi sarebbe il rischio di subire un pregiudizio anche perché il debitore in malafede potrebbe approfittare della proroga (pur da alcune parti non voluta) per favorire alcuni creditori a danno di altri, o per alienare o dissipare il suo patrimonio.

A fronte di tali criticità, vi sarebbe però la convenienza della possibilità di pervenire ad una proroga in modo più semplice e congruo, lasciando decidere solo le parti in grado di influire effettivamente sulle sorti delle trattative. Dal punto di vista del debitore, poi, questa possibilità potrebbe rappresentare certamente un vantaggio, in quanto gli consentirebbe di gestire le trattative senza dover dipendere dal consenso di tutte le parti, anche di quelle marginali o contrarie alla composizione negoziata, beneficiando delle misure protettive per un periodo più lungo, così evitando, all'occorrenza, quando tali misure possano a loro volta fruire di una proroga, anche il rischio di azioni esecutive e cautelari da parte dei creditori.

Ma forse, come dicevo, potrebbe reputarsi preferibile addirittura l'altra alternativa soluzione, quella mirata a conferire al solo esperto – previa istanza del debitore - il potere di decidere della proroga, essendo basata tale soluzione sull'effettiva ratio sottesa alla disciplina della proroga del termine di durata.

Lo scopo perseguito da tale disciplina, infatti, è chiaramente quello di favorire il buon esito delle trattative, scopo che si impone obiettivamente ex se, e che dunque può anche prescindere dalla richiesta o dal consenso di tutte le parti (anche se si trattasse del consenso delle sole parti coinvolte e determinanti), laddove, assecondandosi tale scopo ed applicandosi il principio di effettività, sarebbe certamente più razionale e congruo conferire il potere di decidere la proroga all'esperto, quale soggetto imparziale professionalmente più in grado di valutare con obiettività e competenza se la proroga del termine richiesta dal debitore sia utile o finanche necessaria per il buon esito delle trattative ed il risanamento dell'impresa

La sottoscrizione, all'esito della composizione negoziata, del contratto idoneo al superamento della crisi finalizzato ad assicurare la continuità aziendale

Il CCII, all'articolo 23, comma 1, prevede che, quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di probabilità di crisi o di insolvenza, le parti possono anzitutto concludere un contratto, con uno o più creditori, che produce gli effetti di cui all'articolo 25-bis, comma 1, CCII se, secondo la relazione dell'esperto, è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni.

Alla stregua di come la suddetta disposizione è stata formulata, è ancora una volta problematico stabilire che cosa si intenda per “parti”, difficoltà qui aggravata dal fatto che sono proprio queste “parti” non meglio definite a potere e dovere sottoscrivere il contratto (soltanto) con chi abbia – necessariamente – la qualità di “creditore”.

Al riguardo sono state già avanzate da più Autori proposte di interpretazione correttiva o di modifica del CCII in modo che a sottoscrivere il contratto siano chiamati, da un lato, il debitore, e dall'altro, non necessariamente chi abbia la qualità di creditore, ma anche chi tale non sia, ma abbia comunque un concreto interesse all'operazione di risanamento e sia stato effettivamente coinvolto nelle trattative.

Mi associo (anche) a tale proposta e la rilancio.

La disciplina vigente, in effetti, non consente di valorizzare appieno le potenzialità della composizione negoziata laddove impone la sottoscrizione del contratto solo con chi sia creditore, finanche – per assurdo – quando i creditori non siano stati direttamente coinvolti nelle trattative e/o nell'operazione di risanamento (eventualità che il Codice non esclude affatto). Da ciò una serie di deprecabili inconvenienti, a partire dalla difficoltà di raggiungere il consenso solo con soggetti appartenenti ad una categoria – quella dei creditori – non sempre omogenea, e che può includere anche chi sia disinteressato o addirittura contrario alla soluzione proposta; senza considerare poi la perdita di tempo e di risorse nella conduzione delle trattative anche con creditori non interessati all'operazione di risanamento, ma solo ad ottenere il pagamento dei propri crediti, anche a scapito della continuità aziendale; per finire con la perdita delle opportunità di risanamento, in quanto il contratto, proprio per questi sprechi di tempo, potrebbe non essere sottoscritto entro il termine previsto, o potrebbe essere poi impugnato dai creditori con ulteriore dispendio di tempo, di costi e di energie, compromettendo o rendendo più impervio il successo dell'operazione di risanamento.

Per evitare questi inconvenienti potrebbe dunque risultare utile, verosimilmente, modificare il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza con la specifica previsione che il contratto possa essere sottoscritto dal debitore non necessariamente con i “creditori”, ma anche solo con le parti interessate coinvolte effettivamente nell'operazione di risanamento benché non siano titolari di crediti; categoria in cui potrebbe rientrare, ad esempio, il possibile acquirente di un asset aziendale, o un fornitore strategico, o un partner commerciale, o un finanziatore e così via. Parti, in sostanza, anche diverse dai creditori, che abbiano davvero un interesse diretto ed attuale alla soluzione della crisi, in quanto titolari di un diritto o di un vantaggio derivante dall'operazione di risanamento, o in quanto potenziali beneficiarie della continuità aziendale. Queste parti, inoltre, potrebbero avere una maggiore disponibilità e capacità di negoziazione proprio ai fini della conclusione del contratto, in quanto dotate di risorse economiche, finanziarie, tecniche o professionali utili o necessarie per il risanamento dell'impresa.

Questa proposta di modifica del CCII, quindi, si basa sulla banale considerazione che la parte concretamente interessata può non coincidere necessariamente con chi è creditore, ed è funzionale altresì al principio di efficienza, che impone di semplificare e velocizzare la procedura di composizione negoziata della crisi, evitando di coinvolgere soggetti non indispensabili o portati semmai ad ostacolare l'accordo, così valorizzando al tempo stesso ed ancora una volta il cruciale ruolo dell'esperto, che potrebbe con competenza ed imparzialità individuare le parti più idonee e disponibili a sottoscrivere il contratto. Utilità, questa, che sembra comunque idonea a controbilanciare il rischio di un'eventuale disparità di trattamento in danno dei creditori esclusi dalla sottoscrizione del contratto. Senza peraltro trascurare il fatto che potrebbero comunque introdursi, per mitigare tale rischio, anche alcune condizioni specifiche a maggior tutela dei creditori, prevedendosi ad esempio che essi debbano essere in ogni caso informati e/o consultati, oppure che il contratto debba essere assoggettato ad un controllo esterno di mera legittimità, di carattere omologatorio, da parte del tribunale. Anche questa soluzione ha di mira lo scopo di favorire il risanamento dell'impresa, e non solo il pagamento dei debiti, e si ispira parimenti al principio di efficienza, che impone di semplificare e velocizzare la procedura di composizione negoziata della crisi, coinvolgendo le parti più idonee e disponibili a sottoscrivere il contratto.

Sommario