Grave illecito professionale: rientrano nella fattispecie l’adozione di misure cautelari personali e il decreto di giudizio immediato

07 Marzo 2024

Al di fuori delle cause di esclusione tassativamente nomenclate dall'art. 80 del d.lgs. 50/2016, in presenza di gravi fatti di rilevanza penale conosciuti dalla Stazione appaltante, è demandato alla stessa un margine di discrezionalità con riferimento alla verifica del requisito di cui all'art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016, il quale prevede come causa ostativa alla partecipazione a gare d'appalto e alla stipula dei relativi contratti, previa motivata valutazione della Stazione appaltante, la circostanza che il concorrente abbia commesso un errore grave nell'esercizio della sua attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della Stazione appaltante. Consegue da quanto sopra che può formare oggetto di valutazione, da parte della Stazione appaltante, come grave illecito professionaleex art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016, anche la pendenza di indagini penali o il rinvio a giudizio del legale rappresentante della società, o anche il caso in cui il legale rappresentante o socio di maggioranza della società aggiudicataria sia destinatario di una misura cautelare interdittiva. Tali circostanze, astrattamente integranti fattispecie di “grave illecito professionale” in capo all'operatore economico, devono formare oggetto di valutazione in concreto da parte della singola Stazione appaltante.

Il caso. Una società, risultata aggiudicataria di una procedura di gara pubblica e investita anche dell'esecuzione d'urgenza dell'appalto, ha impugnato il provvedimento di revoca adottato dalla S.A. Tale ultimo atto veniva adottato in ragione di alcune vicende penali che hanno interessato gli amministratori e un consulente della società aggiudicataria.

In particolare, la S.A. informava la Società aggiudicataria di essere venuta a conoscenza di un'indagine penale per corruzione e turbativa d'asta a carico di due amministratori delegati, nonché di un ex consulente della stessa Società, indagine nell'ambito della quale sono state disposte alcune misure cautelari penali.

Ne è seguito, nei mesi successivi, un ampio e approfondito scambio di corrispondenza tra le parti.

A valle di tutti i chiarimenti richiesti ed ottenuti, l'Amministrazione ha preavvisato la ricorrente della propria intenzione di revocare il provvedimento di aggiudicazione, invitandola contestualmente a presentare eventuali osservazioni difensive.

Successivamente, con determinazione dirigenziale la S.A. ha disposto la revoca del provvedimento di aggiudicazione, con contestuale escussione della cauzione e segnalazione all'ANAC.

Avverso tale atto la Società ha presentato ricorso, sostenendo, anzitutto, che il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione avrebbe violato l'art. 80, c. 5, lett. c), d.lgs. n. 50/2016, atteso che la sottoposizione dei due amministratori delegati della società ad una misura di custodia cautelare penale non integrerebbe alcun adeguato mezzo di prova della commissione di un grave illecito professionale, come richiesto dalla lett. c), dell'art. 80 d.lgs. n. 50/2016 ratione temporis vigente; inoltre, il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione sarebbe stato in ogni caso carente sotto il profilo motivazionale, in quanto invece di procedere ad un autonomo apprezzamento del fatto storico in sé e della sua incidenza sull'affidabilità dell'operatore economico, si sarebbe “appiattito” sul contenuto e sulle valutazioni dell'ordinanza penale di irrigazione delle misure cautelari personali.

Il T.A.R. adìto ha rigettato il ricorso con sentenza n. 19902/2023.

Gli elementi costitutivi del grave illecito professionale e l'attività valutativa della S.A.

Nel rigettare il ricorso presentato dalla Società colpita dal provvedimento di revoca dell'aggiudicazione, il g.a. ha preliminarmente osservato che il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione è basato su una specifica causale di esclusione dalla gara, e cioè quella di cui all'art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, a rigore del quale la stazione appaltante può escludere il concorrente dalla gara (e conseguentemente revocare l'aggiudicazione se la fattispecie si realizza dopo l'affidamento del contratto) quando “dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.

Nel caso di specie, la S.A. ha identificato il “grave illecito professionale” nei fatti penalmente rilevanti (id est corruzione e turbativa d'asta) per i quali sono state adottate le misure cautelari personali e il decreto di giudizio immediato a carico di due amministratori e di un ex consulente della società.

Inoltre, il g.a. ricorda che al co. 1, art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016, sono indicati i reati che incidono sulla moralità del concorrente, facendo espresso riferimento, ai fini dell'esclusione automatica dalla gara, alla sentenza definitiva di condanna o al decreto penale o alla sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p.per uno dei predetti reati.

Pertanto, ai fini sopra indicati, non è sufficiente che sia in corso un procedimento penale per l'accertamento della commissione dei reati indicati dal co. 1 dell'art. 80, o che sia stata emessa in tale ambito una misura cautelare o disposto un rinvio a giudizio a carico dei soggetti indicati dalla medesima norma (cfr. in tal senso determina Anac n. 1/2012).

La disciplina di settore non esclude, tuttavia, che determinati fatti di rilievo penale, laddove costituenti ipotesi di grave errore professionale, possano essere valorizzati ai fini del comma 5, lett. c), dell'art. 80 del d.lgs. 50/2016, anche in assenza di una sentenza definitiva di condanna o di un decreto penale o di una sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p.

In altri termini, un determinato fatto penalmente rilevante può essere inquadrato, a seconda del verificarsi dei rispettivi presupposti di legge, all'interno delle due disposizioni normative (rispettivamente il comma 1 e il comma 5, lett. c), dell'art. 80 del d.lgs. n. 50/2016).

Dunque, al di fuori delle cause di esclusione tassativamente nomenclate dal richiamato art. 80 del d.lgs. 50/2016, in presenza di gravi fatti di rilevanza penale conosciuti dalla stazione appaltante, è demandato alla stessa un margine importante di discrezionalità con riferimento alla verifica del requisito di cui all'art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. 50/2016, il quale prevede come causa ostativa alla partecipazione a gare d'appalto e alla stipula dei relativi contratti, previa motivata valutazione della stazione appaltante, la circostanza che il concorrente abbia commesso un errore grave nell'esercizio della sua attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante.

Consegue da quanto sopra che può formare oggetto di valutazione, da parte della S.A., come grave illecito professionale ex art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016, anche la pendenza di indagini penali o il rinvio a giudizio del legale rappresentante della società, o anche il caso in cui il legale rappresentante o socio di maggioranza della società aggiudicataria sia destinatario di una misura cautelare interdittiva.

Tali circostanze, astrattamente integranti fattispecie di “grave illecito professionale” in capo all'operatore economico, devono formare oggetto di valutazione in concreto da parte della singola S.A., come nel caso di specie sarebbe avvenuto.

Infatti, il g.a. ha accertato che l'iter motivazione dell'esclusione non si è affatto “appiattito” sul mero dato formale dell'adozione di misure cautelari penali e del decreto di giudizio immediato a carico degli amministratori e consulenti della società ricorrente, avendo la S.A. compiuto un'autonoma valutazione dei fatti sottesi ai summenzionati provvedimenti penali.

Peraltro, il g.a. ha anche evidenziato che non può sostenersi che i provvedimenti penali adottati (i.e. ordinanze cautelari e decreto di giudizio immediato) non siano mezzi di prova idonei a dimostrare il grave illecito professionale.

Se infatti già gli atti investigativi penali ben possono costituire un adeguato mezzo di prova del grave illecito professionale in base al previgente d.lgs. n. 50 del 2016 (cfr. ex multis TAR Campania Salerno, sez. I, 10 giugno 2022 n. 1626), a fortiori lo può essere un'ordinanza di misure cautelari seguita dal successivo decreto di giudizio immediato.

Ciò trova peraltro conferma nella sopravvenuta disciplina del nuovo codice appalti. L'art. 98, comma 6, lett. g), del d.lgs. n. 36 del 2023, prevede espressamente che costituiscono mezzi di prova adeguati del grave illecito professionale «quanto alla lettera g), gli atti di cui all'articolo 407-bis, comma 1, del codice di procedura penale, […]».

L'art. 407-bis, comma 1, c.p.p., cui rinvia la norma de qua, fa riferimento ai casi in cui il pubblico ministero esercita l'azione penale.

In sintesi, il nuovo codice appalti (d.lgs. n. 36/2023) scolpisce nella legge un'acquisizione che era già stata chiarita dalla giurisprudenza amministrativa sotto il vigore del vecchio codice appalti applicabile nel caso de quo (d.lgs. n. 50/2016), e cioè che eventuali provvedimenti cautelari personali penali - e a maggior ragione eventuali decreti di giudizio immediato - ben possono rivestire natura di mezzi di prova adeguati del grave illecito professionale.

Ciò ovviamente a condizione che i fatti da essi risultanti siano autonomamente valutati dalla stazione appaltante.

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