Legittimazione e interesse ad agire in giudizio del condomino contro un abuso edilizio

08 Marzo 2024

Il presente contributo si concentra sull'esame della questione processuale trattata dalla sentenza in commento della differenza tra la legittimazione ad agire e l'interesse a ricorrere, qualora parte ricorrente sia un condomino che contesta interventi edilizi realizzati sull'edificio, specificando che la c.d. vicinitas è requisito intrinseco nella qualità di condomino e fonda solo la legittimazione ad agire, mentre l'interesse ad agire va dimostrato in concreto e sussiste qualora l'intervento contestato sia una sopraelevazione, in virtù dell'operatività dell'art. 1127 c.c.

Massime

1. La regola secondo la quale la c.d. vicinitas non basta a dimostrare l'esistenza di un concreto ed attuale interesse a ricorrere non subisce deroghe neppure laddove ad agire sia un condomino avverso un intervento edilizio che non interessi parti comuni dell'edificio.

2. La tutela del valore architettonico dell'edificio condominiale, astrattamente pregiudicata da qualsivoglia ipotesi di sopraelevazione, integra l'interesse ad agire avverso provvedimenti che ne legittimano il mantenimento.

Il caso 

La legittimazione del condomino ad agire avverso provvedimento di c.d. fiscalizzazione di un abuso edilizio consistente in una sopraelevazione dell'edificio e la fattispecie acquisitiva dell'abuso edilizio

La sentenza del Consiglio di Stato in commento accoglie l'appello promosso avverso la sentenza del TAR per l'Emilia Romagna, sezione II, 6 febbraio 2023, n. 67, limitatamente al motivo relativo all'intervenuta acquisizione al patrimonio comunale del bene oggetto di abuso e alla qualificazione dell'intervento come “nuova costruzione” non suscettibile di c.d. fiscalizzazione, giungendo, tuttavia, alla conferma della sentenza impugnata con diversa motivazione, e, in definitiva, all'accertamento dell'illegittimità e all'annullamento di due provvedimenti del Comune di Modena con i quali era stata disposta la fiscalizzazione dell'abuso edilizio realizzato dall'appellante.

Il giudice di appello, in limine litis, ha condiviso la valutazione del giudice di primo grado in ordine alla sussistenza dell'interesse ad agire di alcune condomine ad impugnare i provvedimenti adottati dal Comune in relazione ad una sopraelevazione realizzata sull'edificio condominiale, distinguendo tale condizione dell'azione da quella della legittimazione ad agire, fondata sulla c.d. vicinitas, intrinseca alla stessa qualità di condomino. In particolare, il Consiglio di Stato ha riconosciuto nella tutela del valore architettonico dell'edificio condominiale l'interesse ad agire avverso provvedimenti che consentano il mantenimento di sopraelevazioni sullo stesso.

Prima di esaminare gli altri motivi di impugnazione, la sentenza ha ricostruito i principi posti a base degli istituti dell'ordine di demolizione di opere eseguite in assenza di permesso di costruire, ovvero in variazione essenziale o totale difformità dallo stesso, dell'acquisizione al patrimonio del comune dell'opera abusiva e della relativa area di sedime e dell'ulteriore sanzione economica, tutti disciplinati dall'art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Ha, quindi, concluso nel senso che la fattispecie acquisitiva delle opere abusive, sebbene automatica, si perfeziona solo in caso di formale accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione e di esecuzione da parte del Comune di adempimenti formali necessari per la formazione del titolo indispensabile per dare luogo ad un cambio di proprietà. Da tale conclusione ha fatto discendere l'assenza della colpevolezza del soggetto tenuto a rimuovere l'abuso, nel caso in cui il Comune non solo non dia corso al procedimento sanzionatorio scandito dalla legge, ma tenga addirittura una condotta contrastante con le finalità dello stesso, ferme restando le eventuali responsabilità, penali, amministrativo-contabili e/o civili dei relativi funzionari.

Applicando tali principi al caso in esame, il Consiglio di Stato, discostandosi dalle conclusioni del giudice di primo grado, ha, quindi, escluso il perfezionamento della fattispecie acquisitiva in considerazione dei provvedimenti adottati dal comune con i quali ha sostanzialmente scelto di non dar seguito alla sanzione originariamente inflitta.

In relazione al motivo di appello che contesta la qualificazione dell'intervento come di “nuova costruzione” anziché di “ristrutturazione”, il giudice di appello non ritiene vincolante un precedente giudicato amministrativo e, dopo una profonda ricostruzione dell'evoluzione normativa sul punto, ritiene ammissibile l'inquadramento della fattispecie come intervento di ristrutturazione edilizia. Tuttavia, condivide le conclusioni del giudice di primo grado in ordine alla illegittimità dei provvedimenti di c.d. fiscalizzazione dell'abuso, specificando che il Comune, applicando la regola generale di cui all'art. 33, comma 2, d.P.R. n. 380/2001, non ha fatto verificare dai propri uffici tecnici la fattibilità del ripristino, e, applicando la normativa specifica per i centri storici di cui all'art. 33, comma 4, d.P.R. n. 380/2001, non ha interpellato la Sopraintendenza.

Ha, infine, escluso, la legittimità della motivazione del Comune in ordine alla difficoltà di individuazione dello “stato legittimato preesistente”, in quanto lo stesso non può farsi risalire ad un tempo anteriore ad un titolo edilizio esistente, rispetto al quale è stato attivato il procedimento sanzionatorio (a seguito della richiesta di sanatoria), a pena, altrimenti, di introdurre una forma di improprio e generalizzato condono di tutte le modifiche intervenute medio tempore, legittimate o meno.

Le questioni

L'interesse ad agire del condomino avverso titoli edilizi; l'automaticità dell'acquisto degli abusi da parte dei comuni e le condizioni della c.d. fiscalizzazione degli abusi

La sentenza in commento affronta una prima questione di rilievo generale sul piano processuale, ovverossia quella relativa alla distinzione tra legittimazione ad agire ed interesse ad agire, anche in relazione al condomino che contesta altrui titoli edilizi, sebbene sia intrinseco nella sua stessa qualità il requisito della c.d.vicinitas, oltre a questioni specificamente riguardanti la disciplina degli abusi edilizi e il loro trattamento sanzionatorio da parte della normativa contenuta nel d.P.R. 380/2001, che, però, verranno riportate in questa sede solo sinteticamente.

La questione processuale è stata già definita in linea generale, in relazione alle impugnazioni di titoli edilizi, dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 22 del 2021, non a caso richiamata dalla sentenza in commento che, però, ne chiarisce la portata in relazione alla peculiare ipotesi di interventi realizzati su un edificio condominiale. La questione attiene, quindi, ancora una volta, alla necessità di distinguere la legittimazione a ricorrere ed interesse a ricorrere, resa complessa nel processo amministrativo, in considerazione della prevalente concezione della legittimazione a ricorrere in concreto, rispetto alla concezione tipicamente astratta del modello civilistico.

In relazione alla disciplina vigente in materia di abusi edilizi, il Consiglio di Stato affronta la questione dell'automaticità  della fattispecie acquisitiva in favore dei Comuni delle opere abusive e delle relative aree di sedime, individuando le scansioni procedimentali necessarie affinchè il relativo procedimento sanzionatorio possa condurre al perfezionamento della stessa, sulla base dei principi espressi dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la recente sentenza Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, dell'11 ottobre 2023, n. 16.

Ulteriori questioni affrontate in materia edilizia sono quella relativa all'ambito di applicazione della disciplina della c.d. fiscalizzazione degli abusi edilizi, con particolare riferimento all'individuazione degli interventi edilizi che possono sfuggire alla sanzione demolitoria e alle condizioni legittimanti l'adozione di siffatti provvedimenti da parte dei Comuni, nonché la questione dell'individuazione dello “stato legittimo” dell'immobile, qualora un titolo edilizia esiste ed è proprio la difformità rispetto ad esso ad aver causato l'attivazione del procedimento sanzionatorio.

La soluzione giuridica

La tutela del valore architettonico dell'edificio condominiale quale fondamento dell'interesse a ricorrere del condomino

La soluzione giuridica che verrà di seguito esaminata riguarda quella prescelta dalla sentenza in commento in relazione alla questione processuale della sussistenza delle condizioni dell'azione della legittimazione a ricorrere e dell'interesse a ricorrere in capo al condomino che contesti interventi che non interessino, o non interessino direttamente, parti comuni dell'edificio.

Sulla scia dei principi già espressi dall'Adunanza Plenaria, con la pronuncia n. 22 del 2021, il Consiglio di Stato chiarisce la necessità di verificare in concreto la sussistenza di un interesse concreto ed attuale, che non può confondersi o risolversi nella mera c.d. vicinitas, ontologicamente intrinseca alla qualità di condomino.

Il giudice di appello, richiamando un altro precedente (Cons. Stato, sez. II, 17 ottobre 2022, n. 8841), specifica, quindi, che l'interesse non può più dirsi attuale, laddove le conseguenze dannose dell'intervento siano già state oggetto di pronuncia risarcitoria favorevole e chiarisce che, in caso di incremento di volumetria realizzato effettuando una soprelevazione, va sempre riconosciuto l'interesse del condomino alla tutela del valore architettonico dell'edificio, in considerazione dell'assoggettamento di tali interventi ai limiti e alle condizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 1127 c.c.

Tale conclusione determina come conseguenza la valutazione di sussistenza dell'interesse ad agire avverso provvedimenti che legittimano il mantenimento di sopraelevazioni sull'edificio condominiale, a prescindere dalla prova di un eventuale pregiudizio statico allo stesso, in quanto astrattamente idonee ad alterarne il valore architettonico, inteso quale valore senz'altro tutelabile nel giudizio amministrativo.

Osservazioni

La tenuta dei principi affermati dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la pronuncia n. 22/2021, al banco di prova degli interventi edilizi condominiali

Il caso oggetto della sentenza in commento, caratterizzato da una peculiare complessità sul piano fattuale, evidenziata nella motivazione, in considerazione dello sviluppo procedimentale seguito dal Comune resistente e della conflittualità sottesa allo stesso, ha consentito di mettere alla prova sul piano pratico-applicativo i principi affermati dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la pronuncia n. 22/2021, in materia di impugnazione di titoli edilizi in relazione alla fattispecie di una sopraelevazione realizzata sul lastrico solare di un edificio condominiale.

Ed invero, tali principi, sebbene non subiscano deroghe in linea di principio quando ad agire ad agire sia un condomino, ontologicamente portatore di un interesse differenziato rispetto alla collettività, in considerazione della sua c.d. vicinitas, vanno, però, adattati alla peculiarità del contesto condominiale con riguardo all'accertamento della distinta ed autonoma condizione dell'azione dell'interesse a ricorrere.

Il Consiglio di Stato, infatti, ritiene implicitamente riconoscibile in capo ai condomini la legittimazione a ricorrere avverso titoli edilizi, anche non riguardanti parti comuni dell'edificio condominiale, in virtù della c.d. vicinitas ontologicamente intrinseca alla stessa qualità di condomino, ma evidenzia la necessità di accertare, anche d'ufficio, se esiste un vantaggio concreto ed attuale che il ricorrente potrebbe effettivamente trarre dalla caducazione del titolo edilizio contestato.

In altri termini, se generalmente l'individuazione e la selezione di soggetti legittimati a ricorrere, soprattutto nel settore edilizio, non è stata mai operazione agevole, data la particolare rilevanza delle esigenze di salvaguardia del rispetto della legalità e dei valori sostanziali in materia, nel caso specifico del condominio, secondo l'impostazione seguita dalla sentenza in commento, non si possono nutrire dubbi sulla legittimazione ad agire dei condomini. La differenziazione della situazione giuridica, connotato della legittimazione ad agire, viene, quindi, ricondotta esclusivamente alla c.d. vicinitas dei condomini, idonea a fondare implicitamente anche la qualificazione delle posizioni sostanziali vantate.

Ne discende che, nel peculiare ambito di interventi edilizi condominiali, per realizzare a pieno il principio di soggettività della giurisdizione amministrativa, è alla condizione dell'interesse a ricorrere che bisognerebbe guardare, imponendo la verifica del potenziale danno per la situazione giuridica soggettiva affermata in giudizio, ovvero dell'effettiva utilità ricavabile con l'esperimento dell'azione. In tal modo, la dicotomia tra concezione soggettiva e oggettiva della giurisdizione viene fondata sulla necessità (o meno) di un interesse a ricorrere e non sull'esistenza (o meno) di una posizione normativamente qualificata.

Il Consiglio di Stato, però, dopo aver affermato tali principi, sembra di fatto escludere la necessità di una verifica in concreto dell'interesse ad agire del condomino, ogniqualvolta sia contestato in giudizio un provvedimento amministrativo che consente il mantenimento di una sopraelevazione sull'edificio condominiale, in quanto assoggettata alla disciplina civilistica si cui ai commi 2 e 3 dell'art. 1127 c.c. Tale disciplina impone, invero, limiti e condizioni all'esercizio del diritto di realizzare sopraelevazioni mediante occupazione della colonna d'aria sovrastante al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio o al proprietario esclusivo del lastrico solare. Oltre al limite rappresentato dal rispetto delle condizioni statiche dell'edificio, al comma 3, l'art. 1127 c.c., prevede il diritto dei condomini di opporsi alla sopraelevazione, «se questa pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio ovvero diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti». Da quest'ultimo limite normativo relativo alla tutela dell'aspetto architettonico dell'edificio condominiale, il Consiglio di Stato fa discendere la sussistenza dell'interesse ad agire del condomino avverso provvedimenti che legittimano il mantenimento di sopraelevazioni, in quanto ritenute sempre astrattamente idonee a pregiudicare il valore architettonico di un edificio.

In definitiva, sebbene nella sentenza in commento si ribadisce la necessità di distinguere la legittimazione ad agire dall'interesse a ricorrere, l'accertamento di entrambe le condizioni dell'azione, nel caso di ricorsi promossi da condomini avverso titoli edilizi relativi a sopraelevazioni, è sostanzialmente agevolato – se non addirittura escluso per il tramite di un meccanismo presuntivoiuris et de iure”- dalla c.d. vicinitas del condomino, quanto alla legittimazione, e, quanto all'interesse ad agire, dalla circostanza che l'attitudine lesiva dei provvedimenti impugnati è già valutata positivamente a monte dallo stesso legislatore, nella previsione di cui all'art. 1127, comma 3, c.c.

Guida all'approfondimento

A titolo esemplificativo:

E. Boscolo, Vicinitas, interesse al ricorso e impianti da sottoporre a V.i.a., in Urb. e app., 1998, 735 ss.; Id., L'interesse legittimo oltre la 'vicinitas', ivi, 1999, 881 ss.

G. Panattoni, La vicinitas è di per sé idonea a fondare la legittimazione al ricorso?, in Diritto proc. amm., 1° settembre 2022, n. 3, p. 617.

F. Saitta, C'era una volta un'azione popolare... mai nata, in Riv. giur. ed., 1° dicembre 2021, n. 6, p. 239.

F. Trimarchi Banfi, L'interesse legittimo attraverso il filtro dell'interesse a ricorrere: il caso della vicinitas, in Diritto proc. amm., 2017, p. 771 ss.

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