Il nuovo comma 5-bis dell'art. 25-bis del d.lgs. n. 546/1992
In questo contesto normativo ed interpretativo si inserisce il nuovo comma 5-bis che si compone di due periodi.
Il primo periodo prevede che “Gli atti e i documenti del fascicolo telematico non devono essere nuovamente depositati nelle fasi successive del giudizio o nei suoi ulteriori gradi”. Per le problematiche che il primo periodo pone, rinviamo al nostro contributo “Nuovo deposito nei successivi gradi di giudizio di documenti già depositati nel processo tributario telematico: dalla possibilità giurisprudenziale al divieto legislativo foriero di problemi”, in questa rivista.
Il secondo periodo prevede che “Il giudice non tiene conto degli atti e dei documenti su supporto cartaceo dei quali non è depositata nel fascicolo telematico la copia informatica, anche per immagine, munita di attestazione di conformità all'originale”.
A tale secondo periodo dedichiamo la nostra attenzione.
Il secondo periodo del comma 5-bis non solo abbandona il terreno della possibilità, ma crea un obbligo di attestazione munito addirittura di sanzione.
La sanzione processuale è quella dell'inutilizzabilità del deposito telematico di documenti in forma cartacea privi di attestazione di conformità all'originale, nonostante l'infelice e non tecnica formula utilizzata (“il giudice non tiene conto”).
Ci domandiamo, dunque, se veramente il giudice non potrebbe utilizzare, ad esempio:
- un contratto notarile depositato in copia non attestata conforme, che certamente prova il fondamento del ricorso del contribuente che non era più, nell'anno di imposta in contestazione, proprietario dell'immobile assoggettato a IMU?
- la quietanza di pagamento della definizione agevolata priva di attestazione, che certamente comporterebbe la declaratoria di cessazione della materia del contendere?
Gli esempi rendono ancor più inquietante la questione.
I difensori dovranno acquisire l'originale o la copia autenticata del documento cartaceo da produrre con attestazione di conformità e dovranno anche conservarla.
Ricordiamo che, fino ad ora, quasi mai la parte ha consegnato al difensore il documento in originale o in copia autenticata, fornendoglielo comunemente in semplice fotocopia, addirittura, per e-mail o fotografia su WhatsApp.
Non è specificato se l'attestazione dovrà essere apposta su ogni singola copia o possa, invece, essere eseguita una sola volta per tutte le copie depositate, indicate in modo analitico. (Preferisce l'ultima soluzione Alberto Marcheselli, “La farmacia dei sani – Special edition riforma fiscale – La decisione semplificata nella riforma fiscale – Parte seconda – Pasticci vecchi e nuovi in tema di processo telematico: la digitalizzazione e il cartaceo di ritorno”, in Diritto tributario, 31 dicembre 2023).
Non è specificato, inoltre, se l'attestazione verrà prodotta in automatico dal PTT o se dovrà essere scritta e redatta dall'utente.
Un interessante recente contributo interpretativo, per scongiurare le indicate problematiche, ha collegato il secondo periodo del comma 5-bis al primo periodo (relativo al divieto di deposito nei gradi successivi di atti e documenti già presenti nel fascicolo telematico del grado precedente) e ha prospettato l'applicazione “ortopedica” del secondo periodo agli atti e ai documenti di processi ibridi nati “cartacei” e successivamente divenuti telematici e ancora pendenti (Alberto Michelis, con postilla di Alberto Marcheselli, Art. 25-bis comma 5 bis D.Lgs. 546/1992: con la riforma fiscale nasce davvero un onere di attestare la conformità di tutti i documenti? in Diritto tributario, 4 gennaio 2024).
Tale Autore afferma:
“Poiché dal luglio 2019 tutti gli atti sono depositati telematicamente, o come documenti informatici (muniti di firma digitale) o come copia per immagine, la disposizione deve fare necessariamente riferimento ad atti o documenti cartacei, prodotti in giudizio prima del luglio 2019, di cui non esista una corrispondente copia per immagine.
Ciò potrebbe accadere, ad esempio, in relazione a contenziosi iniziati prima del 2014 (ossia prima dell'avvio anche in via sperimentale del processo tributario telematico e dell'applicazione del d.m. 23 dicembre 2013, n. 163), non ancora definiti, magari a seguito di rinvio dalla Cassazione o di altri eventi che hanno determinato una particolare lentezza del processo.
In tali ipotesi potrebbe effettivamente verificarsi che, accanto a documenti digitalizzati, depositati dopo il luglio 2019, si rinvengano documenti depositati fra il 2014 e il 2019 in forma cartacea la cui copia per immagine è stata estratta ed attestata conforme dalla segreteria ai sensi dell'art. 12 d.m. n. 163/2013 e, addirittura documenti allegati ad un ricorso antecedente all'anno 2014 prodotti solo in forma cartacea, mai digitalizzati e privi di qualsivoglia attestazione di conformità (da chiunque rilasciata).
La collocazione della disposizione immediatamente a seguito della disposizione che disciplina l'unicità del fascicolo processuale per tutti i gradi di giudizio, e il conseguente esonero, per il difensore della parte, di ridepositare in appello tutti i documenti prodotti in primo grado, potrebbe spiegare allora la necessità di una copia informatica per immagine di quegli atti e documenti esistenti solo in formato cartaceo.
Se così fosse, il riferimento della disposizione dovrebbe però riguardare solo le produzioni ante 2014, ossia le uniche ad essere prive di certificazione di conformità.
Letta in questa prospettiva la previsione dell'attestazione di conformità da parte del difensore, assumerebbe una propria coerenza ed una portata molto definita: non si tratterebbe di attestare la conformità della copia per immagine a chissà quale documento cartaceo di incerta paternità e completezza fornito dal cliente, ma al contrario, si dovrebbe attestare la conformità della copia per immagine al documento cartaceo depositato presso la Cancelleria in una determinata e ben individuata fase processuale.
In tal modo verrebbe salvato il tenore letterale della novella, senza determinare implicite alterazioni al significato degli altri commi dell'art. 25-bis e, soprattutto, senza creare regimi speciali di attestazione di conformità, diversi e più gravosi di quelli disciplinati dal CAD”.
La stessa postilla al contributo citato, tuttavia, con altrettanta precisione, osserva che, così interpretata, “la norma imporrebbe al difensore di attestare la conformità di documenti che sono già in possesso del giudice (sia pure inferiore) e l'imposizione di un onere al difensore appare sproporzionata per diversi motivi”.
Aggiungiamo che le Sezioni Unite della Corte di cassazione, con la sentenza n. 4835 del 16 febbraio 2023, in materia di prova documentale nel processo civile, hanno statuito il principio di "non dispersione (o di acquisizione) della prova" operante per i documenti prodotti sia con modalità telematiche, che in formato cartaceo, che comporta che il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un'efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio.
La sentenza del 1° febbraio 2024 n. 3005 della Corte di cassazione, sez. trib., ha applicato il citato principio al processo tributario telematico, imponendo al giudice di appello il dovere di esaminare i documenti cartacei versati in atti di primo grado.
Osserviamo anche che una scrittura privata prodotta nel giudizio di primo grado tributario in copia cartacea, se non disconosciuta nei modi e nei tempi di cui all'art. 215 c.p.c., si ha per riconosciuta e impone al giudice di utilizzarla.
Analoghe considerazioni possono svolgersi in relazione alle riproduzioni meccaniche (art. 2712 c.c.) e alle copie fotografiche di scritture (art. 2719 c.c.) che non siano state disconosciute.
Tali scritture, riproduzioni e copie, versate in atti di primo grado quando non esisteva il PTT e non disconosciute dalla controparte, fanno già parte del materiale probatorio del quale il giudice anche di grado successivo deve tenere conto.
Immaginare di doverle depositare obbligatoriamente di nuovo con attestazione di conformità, pena la loro inutilizzabilità, non convince, proprio perché non disconosciute e facenti parte, come tali, del materiale probatorio.
La soluzione sopra prospettata porterebbe a prendere atto che, nonostante le conferme giurisprudenziali sull'utilizzabilità in appello telematico del documento cartaceo in atti di primo grado, il legislatore avrebbe imposto – comunque - un obbligo di nuovo deposito telematico con attestazione di conformità dei documenti cartacei, ancorché non disconosciuti, già presenti nei processi tributari nati pre-telematici.
La soluzione, che rappresenta una forma di interpretazione restrittiva, ha il pregio di escludere l'obbligo generalizzato di attestazione di conformità per tutti gli atti e i documenti dei quali i difensori detengono l'originale o la copia conforme, con l'obbligo anche di conservarla, ma imporrebbe ai difensori dei processi ibridi, l'obbligo di depositare, con attestazione, ciò che è già in atti, in modo cartaceo.
La norma, così intesa, potrebbe essere affetta da illegittimità costituzionale:
- ex art. 77 Cost., per eccesso di delega, ispirandosi l'art. 19 della l.d. n. 111/2023 alla semplificazione del processo tributario anche tramite l'informatizzazione che dovrebbe snellire gli adempimenti, anziché duplicarli;
- ex art. 24 Cost., per violazione del diritto di difendersi provando, imponendo l'obbligo di provare due volte lo stesso fatto.
Il comma 5-bis – letteralmente inteso - costituirebbe un regime più rigido di quello previsto dal Codice dell'amministrazione digitale e di quello previsto dal processo civile telematico.
Infatti, l'art. 22, comma 3, del CAD recitando “Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle Linee guida hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all'originale non è espressamente disconosciuta” permette di valorizzare le copie non disconosciute.
Anche il processo civile telematico è meno gravoso, nel quale “In ordine, infine, ai depositi telematici di copie conformi attestate dall'avvocato invece, fatto salvo quanto previsto dalle norme speciali in tema di esecuzioni e i relativi contrasti giurisprudenziali esaminati in quella sede, si segnala che non si è ancora formata una univoca giurisprudenza ma che una valida soluzione è fornita dall'art. 2172 c.c. [rectius 2712 c.c.] che stabilisce come le riproduzioni informatiche facciano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime.
Ne consegue che, salvo che la legge non prescriva espressamente il deposito di una copia conforme come, ad esempio, nel caso dell'iscrizione a ruolo nelle esecuzioni, il deposito di una copia di atto o provvedimento del Giudice priva di attestazione farà piena prova salvo disconoscimento” (Nicola Gargano, Luca Sileni, Giuseppe Vitrani, Il codice del PCT commentato, terza edizione 2023, Giuffrè Francis Lefebvre, p. 334).
Inoltre, l'art. 196-octies, comma 2, disp. att. c.p.c. prevede che il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore, il commissario giudiziale e il liquidatore giudiziale possono estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti di cui al primo comma [atti di parte, degli ausiliari e del giudice] e attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico ovvero allegati alle comunicazioni telematiche. Il comma prosegue affermando che tali copie analogiche e informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico o dall'allegato alla comunicazione telematica e munite dell'attestazione di conformità hanno la stessa efficacia probatoria dell'atto che riproducono.
E' stato correttamente osservato che “è opportuno chiarire che lo stesso incipit dell'articolo limita tali poteri ai soli atti processuali di parte, e degli ausiliari del Giudice nonché ai provvedimenti del giudice stesso, rimanendo pertanto esclusa la possibilità di attestare la conformità dei documenti allegati ai depositi telematici” (Nicola Gargano, Luca Sileni, Giuseppe Vitrani, op.cit., pag. 316).
Nel processo civile, anche nel caso speculare di attestazione di conformità da analogico a digitale, l'art. 196-novies disp. att. c.p.c. si riferisce agli atti processuali di parte e ai provvedimenti del giudice, nati cartacei e depositati in copia informatica attestata dal difensore e dagli altri soggetti legittimasti, senza alcun riferimento ai documenti.
Dunque, nel processo civile i documenti vengono prodotti nel fascicolo telematico e da esso estratti senza attestazione, con minor rigore di quello imposto - invece - dal comma 5-bis anche per i documenti nel PTT.