Concordato nella liquidazione giudiziale: quali regole per la transazione fiscale-contributiva?

12 Marzo 2024

Alcune considerazioni sulla applicabilità dello schema ex art. 88 CCII (ivi compreso il meccanismo del cram down) alla falcidia dei crediti tributari e/o contributivi in ambito di concordato nella liquidazione giudiziale.

All'interno del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza  - come già nella riformata legge fallimentare - non esiste alcuna norma che consenta di estendere al concordato nella liquidazione giudiziale le regole ex art. 88 CCII in tema di trattamento dei crediti tributari e contributivi nel concordato preventivo.

Tuttavia, l'art. 240, comma 4, CCII dispone, in via generale (e, dunque, senza alcun riferimento espresso ai crediti fiscali-contributivi), la possibilità di prevedere pagamenti falcidiati nei confronti dei creditori privilegiati in ambito di concordato nella liquidazione giudiziale.

Secondo tale norma, la proposta di concordato può prevedere un soddisfacimento parziale dei crediti prelatizi, a condizione che il relativo trattamento non sia peggiorativo rispetto a quanto realizzabile in sede di liquidazione dei beni e/o diritti su cui sussista la prelazione, previa attestazione dell'esperto indipendente. In ogni caso, il trattamento previsto nella proposta di concordato con riferimento a ciascuna classe di creditori non può determinare alterazioni nell'ordine delle cause legittime di prelazione.

Ciò premesso, è evidente come non possa sussistere in ambito di concordato nella liquidazione giudiziale alcun generalizzato “divieto” di falcidia dei crediti fiscali-contributivi.

Ciò contrasterebbe, da un lato, con la stessa previsione di cui all'art. 240, comma 4, CCII (può essere previsto il soddisfacimento parziale di ogni creditore prelatizio, purché il trattamento non sia peggiorativo rispetto all'alternativa liquidazione).

Dall'altro, un divieto di falcidia dei crediti fiscali-contributivi, consentendo la loro antergazione rispetto ai crediti prelatizi di rango superiore, contrasterebbe con il precetto di non alterazione delle cause legittime di prelazione previsto dallo stesso art. 240, comma 4.

In questo quadro, è allora da chiedersi se la falcidia dei crediti tributari e/o contributivi in ambito di concordato nella liquidazione giudiziale debba avvenire secondo lo schema ex art. 88 CCII, ivi compreso il meccanismo del cram down nella fase di omologazione, oppure in forma “libera”, al di fuori, cioè, dell'istituto della transazione fiscale, dunque, in questo caso, senza possibilità per il proponente di accedere alla ristrutturazione “forzosa” dei crediti erariali-contributivi.

Chi scrive ritiene che la falcidia dei suddetti crediti di titolarità degli enti pubblici in ambito di concordato nella liquidazione giudiziale debba seguire le “regole” che disciplinano la transazione fiscale-contributiva ex art. 88 CCII, e ciò avuto riguardo alla funzione che riveste la sopra citata norma nel contesto concorsuale. Tale disposizione individua precisi limiti circa la possibilità di soddisfacimento non integrale dei crediti erariali-contributivi, nella particolare prospettiva degli enti pubblici e, dunque, nel loro interesse.

Il legislatore, con riferimento a tali crediti, qualora siano assistiti da privilegio, ha previsto che il trattamento non sia peggiorativo, in termini di quantum, tempi di pagamento e garanzie, rispetto a quello offerto ai creditori con grado di privilegio inferiore ovvero, in caso di formazione di classi, a coloro che abbiano posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli degli enti pubblici.

Con riferimento ai crediti erariali-contributivi aventi natura chirografaria, anche a seguito di degradazione per incapienza, il trattamento non può essere diverso rispetto a quello proposto agli altri chirografari ovvero, nel caso di formazione di classi, rispetto a coloro nei confronti dei quali sia previsto un trattamento più favorevole.

Il legislatore, con la transazione, attesa l'obbligatorietà del classamento del credito erariale-contributivo, ha di fatto statuito la possibilità per l'ente pubblico di proporre opposizione all'eventuale omologa della procedura ogni qualvolta il proponente preveda un soddisfacimento non integrale del credito di titolarità del creditore statale. Se si ritenesse non “estendibile” la transazione fiscale-contributiva al concordato nella liquidazione giudiziale, la posizione degli enti pubblici sarebbe equiparata a quella di ogni altro creditore, valendo – con riferimento all'approvazione della proposta ed al giudizio di omologazione – le regole previste dagli artt. 244, comma 1, ultimo periodo, CCII (facoltatività di classamento) e 245, comma 5, CCII (mancanza di cram down in caso di assenza di classi). 

Il legislatore, con la transazione fiscale-contributiva, ha inteso regolare la posizione dei creditori pubblici, chiamandoli ad esprimersi – all'interno di un set di norme conformato allo stesso interesse pubblicistico – secondo criteri “oggettivi”, correlati a valutazioni di natura strettamente tecnica in ordine ai profili di convenienza della proposta di trattamento.

Per tali ragioni, si ritiene che il trattamento dei crediti tributari-contributivi in ambito di concordato nella liquidazione giudiziale – il quale, al di là delle differenze “teleologiche” rispetto al concordato preventivo, pur ne segue lo schema procedurale – debba conformarsi all'iter di cui all'art. 88 CCII (in giurisprudenza, in senso conforme, si vedano: Trib. La Spezia, 14 gennaio 2021; Trib. Teramo, 19 aprile 2021; Trib. Firenze, 21 febbraio 2022. Contra: App. L'Aquila, 18 gennaio 2021).

Del resto, una delle finalità che indusse il legislatore dell'emergenza ad introdurre nell'ordinamento concorsuale il cram down fiscale-contributivo è stata quella di prevenire che l'ente pubblico “respingesse” proposte di trattamento più convenienti rispetto alle alternative liquidatorie, “trincerandosi” dietro non giustificabili dinieghi.

Applicare in via analogica al concordato nella liquidazione giudiziale le norme sul cram down previste per il concordato preventivo – ma anche per gli  accordi di ristrutturazione (art. 63 CCII) e per il concordato minore (art. 80 CCII) – consentirebbe di ricondurre al foro concorsuale, in modo integrale e con completezza sistematica, la cognizione sul diniego dell'ente pubblico.

D'altra parte, un differente trattamento dei crediti fiscali-contributivi rispetto al concordato preventivo non potrebbe essere giustificato per la circostanza che (solo) la seconda procedura sarebbe funzionale al mantenimento degli assetti produttivi e, più in generale, alla continuità aziendale.

Quanto sopra, considerato, da un lato, che la ristrutturazione “forzosa” del credito pubblico opera anche in caso di concordato preventivo liquidatorio, e che, dall'altro, il concordato nella liquidazione giudiziale può soddisfare le stesse finalità di cui sopra, intervenendo in prossimità dell'apertura del concorso, se del caso anche previo autorizzato esercizio provvisorio d'impresa ovvero autorizzato affitto d'azienda.