Tutela cautelare: presupposti della concessione della misura cautelare monocratica e natura dell’ordinanza di remand all’Amministrazione
15 Marzo 2024
Massima Per sua natura il provvedimento cautelare non dovrebbe poter definire il giudizio sull'atto impugnato (né, dunque, potrebbe ordinare di confezionarne uno nuovo, impugnabile con motivi aggiunti, facendo così rinascere il processo dalle sue ceneri sol perché il giudice abbia scelto di non percorrere la via maestra della definizione della causa con sentenza), essendo solo con la sentenza che il giudice deve decidere il giudizio, sicché appare quantomeno opinabile che abbia il potere di (obbligare le parti a) far cessare la materia controversa (circa uno specifico provvedimento) con una mera pronuncia ordinatoria e cautelare. Il caso La domanda cautelare di remand all'Amministrazione Il caso nasce dall'impugnazione della sentenza in forma semplificata del TAR Sicilia, Palermo, con la quale è stata dichiarata l'inammissibilità del ricorso promosso dalla W.T. per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, del provvedimento con cui il Comune di Favara ha denegato la realizzazione di un nuovo impianto, per violazione dell'art. 41, comma 2, c.p.a., ossia per omessa notifica alla società controinteressata. Parte appellante ha formulato istanza di misura cautelare monocratica ai sensi degli artt. 56, 62, comma 2 e 98, comma 2, c.p.a., che il Presidente del CGARS ha rigettato a cagione del fatto che il contenuto della domanda è risultato essere sostanzialmente costituito dal remand all'Amministrazione affinché questa si determinasse nuovamente nelle more del giudizio. La questione I presupposti per la concessione della misura cautelare monocratica La questione giuridica sottesa alla decisione in commento è costituita, da un lato, dai presupposti per la concessione della misura cautelare monocratica e, dall'altro lato, dall'inquadramento sistematico dell'ordinanza di remand. Sotto il primo profilo, ai sensi dell'art. 56 c.p.a., la concessione presidenziale di una misura cautelare monocratica d'urgenza inaudita altera parte postula, in punto di periculum in mora, l'effettiva esistenza di una situazione suscettibile di subire effetti gravi, irreversibili e irreparabili, tali da non consentire di attendere neppure il breve termine dilatorio che deve intercorrere, ai sensi dell'art. 55 c.p.a., tra il deposito del ricorso e la camera di consiglio in cui deve svolgersi l'ordinario scrutinio collegiale sull'istanza cautelare; nonché, in punto di fumus boni iuris, quantomeno la non evidenza di una sua radicale insussistenza. Sotto il secondo profilo, se l'unica misura che viene nella sostanza richiesta è una ordinanza di remand all'amministrazione affinché questa sia costretta a rinnovare la valutazione della vicenda ancor prima che su di essa si decida con sentenza, è necessario valutare se ciò possa essere considerato processualmente compatibile con lo strumento decretale e, più in generale, con la stessa sede cautelare. Le soluzioni giuridiche Compatibilità (o incompatibilità) dell'ordinanza di remand con il sistema della tutela cautelare Nel caso concreto sono stati ritenuti difettare i presupposti di cui all'art. 56 c.p.a., potendo il Collegio, chiamato a conoscere dell'istanza cautelare nel contraddittorio delle parti, eventualmente disporre misure organizzatorie e ripristinatorie. Con riferimento alla richiesta ordinanza di remand, poiché il provvedimento cautelare non può definire il giudizio sull'atto impugnato obbligando le parti a porre fine alla controversia, o tale ordinanza ha natura di mero suggerimento non coercibile rivolto all'amministrazione, oppure l'efficacia della pronuncia sollecitata dal giudice, in difetto di una determinazione amministrativa espressamente assunta con spontanea volizione di definitività e non in esecuzione di uno iussum giudiziale, dispiega effetti solo interinali destinati a caducarsi con la decisione della causa nel merito. Tuttavia, la prima soluzione è facilmente confutabile sulla base della considerazione per cui il giudice adotta sentenze, ordinanze e decreti, ma non formula consigli né inviti alle parti. Con riferimento alla seconda soluzione, la consueta declaratoria di improcedibilità del ricorso avverso l'atto che sia stato poi sostituito per effetto del remand denota un chiaro rifiuto giurisprudenziale di questa opzione. L'unica tutela cautelare possibile risulta allora la misura propulsiva processuale di cui all'art. 55, comma 10, c.p.a. (fissazione, in sede cautelare, dell'udienza per la sollecita definizione del giudizio di merito), in alternativa all'esercizio delle facoltà ex art. 60 c.p.a. (definizione del giudizio in esito all'udienza cautelare con sentenza in forma semplificata) ove ne ricorrano le condizioni. Conclusivamente, il Presidente del CGARS, avuto prevalente riguardo al periculum in mora, e lasciando sostanzialmente impregiudicata ogni definitiva valutazione in punto di valutazione del fumus boni iuris, da riservare alla cognizione del Collegio, ha ritenuto difettare, nel caso di specie, quantomeno una delle due condizioni (il qualificato periculum in mora) cumulativamente richieste dalla legge affinché possa concedersi la misura cautelare monocratica. La domanda è stata pertanto respinta. Osservazioni La tutela cautelare e il principio di strumentalità Ne processo amministrativo, la disciplina della tutela cautelare è stata modellata sul carattere impugnatorio del giudizio ed è quindi stata originariamente configurata solo quale possibilità di chiedere la sospensione dell'efficacia del provvedimento gravato. La successiva evoluzione dell'istituto è andata nel senso della sua atipizzazione, potendo ora la parte domandare una misura comunque idonea “ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso” (art. 55, comma 1, c.p.a.). Il contenuto della misura cautelare è quindi ora suscettibile di varia configurazione coerentemente, anche, con la diversità tipologica dei giudizi allo stato attuale instaurabili dinnanzi al giudice amministrativo. Di conseguenza, in molti ritengono la possibilità, per quest'ultimo, anche di intimare all'amministrazione di assumere determinati atti o di autorizzare esso stesso lo svolgimento dell'attività richiesta dal ricorrente. In questo più “liquido” contesto, è quindi indispensabile tenere ferme le ancore dell'istituto, ossia i suoi presupposti e la sua ratio. Sotto il primo profilo, la decisione in commento ha bene messo in evidenza la necessità di una puntuale valutazione, da parte dell'organo giudicante, sia del periculum in mora che del fumus boni iuris. Con riferimento al secondo aspetto, la riflessione sottesa al decreto in esame riguarda il principio di strumentalità. La tutela cautelare, nel processo amministrativo, ha sempre carattere di strumentalità rispetto alla fase di merito e alla sua conclusione. La misura cautelare deve avere l'unico scopo di assicurare l'efficacia pratica del provvedimento giudiziale definitivo. In nessun caso essa può determinare la definizione del giudizio poiché in una siffatta ipotesi la decisione cautelare diviene essa stessa conclusione della controversia e perde la natura di misura strumentale, funzionale alla assicurazione medio tempore dei suoi effetti, rispetto alla sentenza. In quest'ottica, l'ordinanza di remand pare costituire un ibrido, una via di mezzo tra la non consentita definizione del giudizio ad opera di un provvedimento cautelare e la rimessione alla stessa amministrazione di una nuova determinazione che faccia cessare la materia del contendere. I profili critici che si aprono sono tuttavia molteplici e di non facile soluzione: dalla natura (mero suggerimento o iussum) di una tale misura, alla sorte giudiziale del provvedimento eventualmente adottato dall'amministrazione nella sua osservanza. Si segnala, a questo proposito, la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 14 giugno 2022, n. 4820, che si orienta sul tema con sfumature particolari, più propriamente afferenti alla sorte del provvedimento originario e del giudizio instaurato con la sua impugnazione. Secondo la richiamata decisione, la concessione della misura cautelare del rinvio a nuova determinazione dell'amministrazione resistente anticipa alla sede cautelare gli effetti propri di una pronuncia di merito e, nella maggior parte dei casi, comporta che gli effetti anticipatori non abbiano carattere provvisorio, come dovrebbe essere proprio delle misure cautelari, ma irreversibile. La nuova determinazione dell'amministrazione assunta in esecuzione del rinvio disposto in sede cautelare con l'ordinanza propulsiva, per il principio factum infectum fieri nequit, origina un nuovo assetto del rapporto amministrativo sorto dal provvedimento gravato, “quante volte l'amministrazione effettui una nuova valutazione ed adotti un atto espressione di nuova volontà di provvedere, che costituisca pertanto un nuovo giudizio, autonomo e indipendente dalla stretta esecuzione della pronuncia cautelare, con la conseguenza che il ricorso diviene improcedibile ovvero si ha cessazione della materia del contendere laddove si tratti di un atto con contenuto del tutto satisfattivo della pretesa azionata dal ricorrente”. In dottrina si segnalano: F. FRENI, La tutela cautelare e sommaria nel nuovo processo amministrativo, Giuffrè, 2011. R. GAROFOLI, La tutela cautelare degli interessi negativi. Le tecniche del remand e dell'ordinanza a contenuto positivo alla luce del rinnovato quadro normativo, in Dir. proc. amm., 2022, n. 4, p. 857 ss. |